Il Neo Soul e l’R’n’B non hanno mai subito grosse fasi di smarrimento ma, negli ultimi tempi, indicativamente da Channel Orange di Frank Ocean del 2012, la qualità delle loro produzioni è cresciuta notevolmente tanto quanto il numero degli artisti dalle rosee promesse. Se in ambito Soul soprattutto la figura predominante, forse l’unica davvero sopra le altre, è quella di D’Angelo, si sono alternati tanti protagonisti capaci di tirare fuori canzoni straordinarie e, più raramente, interi album memorabili. Quello che sembra mancare è proprio un antagonista positivo al già citato musicista di Richmond. Poi è arrivato Anderson .Paak che, in realtà, era sulle scene già da diversi anni (inizio decennio, all’incirca) con qualche produzione alle spalle che tuttavia non aveva nulla di davvero eccezionale. Poi è arrivato Anderson .Paak con Malibu e la storia è cambiata radicalmente perché il nuovo lavoro del ragazzo di Oxnard è qualcosa che gli appassionati del genere non sentivano da anni, certamente tra le migliori uscite in ambito Neo Soul, R’n’B degli ultimi venti anni.
Non ci sono ricercate forzature tese a estreme contaminazioni nella sua musica, non c’è una disperata indagine verso l’originalità a tutti i costi e neanche un imbastardimento con generi poco affini ma utili ad ampliare pubblico e gradimento. La musica di Malibu è genuina, moderna e fluida, con ogni brano perfettamente incastonato a precedente e successivo tanto da creare una tracklist con un crescendo ritmico e lirico d’intensità mai ascoltata. Tra i molti elementi che fanno di Malibu un inno alla bellezza nera, non mancano incursioni nel mondo del West Coast Hip Hop e, se è banale l’accostamento con il suo rappresentante attuale più influente e talentuoso, Kendrik Lamar, non bisognerebbe tralasciare anche l’impronta di artisti come Dr. Dre e tutta la scena anni 90 (che il quasi trentenne ha potuto seguire attentamente). Riduttivo parlare di Malibu come d’un grande album Soul o R’n’B, impossibile catalogarlo come una semplice uscita Rap datata 2016, limitante soffermarsi esclusivamente sull’aspetto lirico e lo stesso sarebbe andare a insistere su quello strumentale. È un album dall’estetica roboante, che sa farsi ascoltare con facilità pur non essendo banalmente disadorno. A impreziosire il tutto, alcune collaborazioni, non sempre dal sapore imprescindibile ma che danno un piccolo valore aggiunto a un disco che comunque avrebbe conquistato uno spazio cospicuo (“The Waters” feat. BJ the Chicago Kid, ”Am I Wrong” feat. ScHoolboy Q, “Without You” feat. Rapsody, “Room in Here” feat. The Game e “The Dreamer” feat. Talib Kweli). Assodato che Malibu resterà nella storia del genere, la speranza è che l’artefice, Anderson .Paak, non faccia la fine delle tante promesse bruciate dal tempo.
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Last modified: 11 Febbraio 2016