Che il duo parmigiano avesse una particolare predilezione per il vintage, i b-movie anni 60/70 e i suoni ancestrali e tribali era evidente già con l’esordio Snuff Safari ed altrettanto lampante era che i Lourdes Rebels avrebbero avuto un futuro lungo davanti e sarebbero diventati una delle punte di diamante della nuova scena sperimentale italiana. Il nuovo album, Lolita, ancora una volta a dir poco fantastico nell’artwork, riprende la psichedelia e la ricercata confusione di due anni fa incanalandola verso nuovi territori anche antitetici tra loro come non poteva che essere nel loro stile apparentemente senza regole precise.
Attrezzi del mestiere per confezionare il tutto, come sempre una miscela di strumentazione standard quindi basso, sintetizzatori e chitarra elettrica a cui si affiancano drum machine, tastiere, sampler, tastierine giocattolo e, ovviamente, microfoni filtrati all’eccesso; con tutto questo a disposizione, l’idea era quella di ricamare un delirante concept album sull’opera di Nabokov, un prodotto che mirasse, come in parte la Lolita del maestro russo, a rompere le convenzioni (qui non sociali ma) musicali dell’ascoltatore medio, obiettivo praticamente irraggiungibile considerando che siffatto ascoltatore raramente tende ad avvicinarsi a lavori come questo, difficoltà che finisce per essere anche uno dei capi d’accusa degli stessi Rodolfo Villani e Luigi Bonora. Tolte di mezzo certe digressioni sociologiche, per modo di dire, quello che resta è la musica ed ancora una volta i Lourdes Rebels svelano che è quello che sanno fare meglio. I dodici brani sono un susseguirsi di congiunture differenti una dall’altra, dall’ironia stile Ween di brani come “Rimini Rimini Rimini!, alle esasperazioni soniche dal sapore The Residents di “Hirya Bats”, dalla Psichedelia più farneticante alle reminiscenze Post Punk passando per il Garage/Psychobilly di “My Socrates”, le atmosfere esotiche di “Humbert Humbert” e per un’Elettronica decomposta, deforme e malsana.
Se dalle promesse di Snuff Safari vi aspettavate già ora il capolavoro, mi dispiace dirvelo ma c’è ancora da attendere; Lolita è solo, se non vi basta, una conferma di talento e coraggio; un bel calcio nelle palle al presenzialismo con la bandana in testa e un biglietto da cento euro in mano, un cazzotto a spaccare il naso dei vari “mi metti Despacito”, “la musica italiana fa schifo”, “il Rock è morto nei Settanta” e una manganellata dietro il collo dei “Cambogia è il futuro della musica italiana”.
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Last modified: 20 Febbraio 2019