Prof.Plum – I Germi della Rivolta

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Cantori della catastrofe post-industriale ne circolano a frotte ormai da un trentennio: quanto è facile cadere nel cliché dell’asfissia metropolitana; quanto è già stato scritto e musicato. Vale la pena continuare a battere sentieri tanto largamente sfruttati? Il Prof. Plum non si esime dal farlo, senza abusarne.
Il Prof. Plum non è uno dei personaggi indagati per omicidio e per gioco in Cluedo, ma un collettivo di tre giovani innocenti della provincia comasca sinceramente incazzati dello status quo. In tempi in cui le pose di sterile radicalismo chic vanno tanto per la maggiore, è quantomeno degno di nota il fatto di riuscire a cantare il disagio con rabbia credibile.

Orgogliosamente autoprodotto, l’EP omonimo di Prof. Plum è un disco viscerale, primordiale, urlato con energia grezza. Spegnimi, il primo brano, riflette senza mezzi termini sui mali dell’iniquità e la frustrazione da essa derivati («la gente che ha idee migliori/ è quella che poi si taglia le vene»). Sonorità alla Verdena e qualche scivolone naif nelle liriche («mordi quel labbro con rabbia isterica/ finché poi sanguinerà»), è forse questo il brano meno incisivo del lavoro, che prosegue strutturandosi maggiormente con Uomini che cadono. Sullo sfondo rovinoso di pompieri ex-incendiari arresi per convenienza («ti ricordi di quelli che già vincevano?/ Ora sono grandi e ci sorridono/ c’era chi voleva fare la rivoluzione/ sognava barricate, ora aspetta la pensione»), il Prof. Plum rende gloria alla coerenza dei veri vincitori, che restano in gioco fino alla fine col rischio sensibile di perdere: «continuerò a modo mio/ io che amo anche gli uomini che cadono/ se non altro perché sono quelli che attraversano».

Il momento più interessante dell’EP giunge senz’altro a 7 dì, 7 che, dopo un attacco molto – troppo? – vicino a quelli di Scoff e Breed dei Nirvana, prosegue con liriche dense e martellanti, sui toni del sarcasmo più crudo che smaschera senza mezze misure il giornalismo malato e sensazionalista di regime: «Settimana degli stupri, cosa fate così agghindate? /Cosa sono quei calzoni anti-aderenti?/ Suvvia, lasciate che la notizia venga a me! /Suvvia, anche i fronzoli, ché al ricamo ci penso io». “Cani-azzanna-uomo” al guinzaglio dei potenti, cinismo da prima pagina a coprire i delitti di chi ha abbastanza grana per manipolare penne fedelissime e accondiscendenti. Questo è il quadro squallidissimo, illustrato senza fare sconti e rigettato con disgusto in un crescendo finale di rivolta lucidissima: «[…] finché la poltiglia si mescola al nero con sciami di mosche a giurare il vero/ questo è il tuo nulla, io mi dimetto! Attacca cane!».

Il più bello dei mondi e Le città chiudono la parabola dell’EP, riflettendo sulla lobotomia omologatrice imposta da “l’andazzo generale” di memoria Ferrettiana, da quella “forma sublime mamma” che “nutre protegge impera”, Cosa nostra, e causa nostra silentemente abbracciata per consuetudine. I Marta sui Tubi di Muscoli e dei, e poi Vasco Brondi con le sue luci fredde sul paesaggio – ma soltanto di scorcio. In primo piano sta piuttosto l’ammutinamento. Prof. Plum è ancora sul piano dell’esperimento, del work in progress germinale. C’è materia pregiata su cui lavorare, un granito cristallino e ruvido su cui intervenire con cautela per non snaturarne il vigore.

  • Genere: Punk/Elettrico
  • Etichetta: Autoproduzione
  • Voto: 4/5
  • Data di uscita: 16 Dicembre 2011

Last modified: 16 Dicembre 2011

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