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La band inglese torna con un album estremamente solido e convincente, una bella conferma dopo l’ottimo debutto di due anni fa.
[ 14.10.2022 | Physical Education | alt rock, grunge, shoegaze ]
Energia e vitalità, robustezza e melodia. Sono questi gli ingredienti principali che caratterizzano I Don’t Belong Anywhere, il nuovo album degli October Drift che arriva due anni dopo l’acclamato debutto con Forever Whatever.
In uscita per Physical Education, il secondo lavoro in studio della band inglese è un tripudio di muri di suono impreziositi da strofe accattivanti e ritornelli orecchiabili.
Rumore e melodia sono proprio i due aspetti che più contraddistinguono questi dieci nuovi brani, una dicotomia che gli October Drift dimostrano ancora una volta di saper maneggiare in maniera davvero invidiabile.
Il titolo del disco è un condensato perfetto dell’estetica e dell’attitudine del quartetto di Taunton, che fa della sua non appartenenza a nessuna scena particolare il proprio vessillo; la sua indipendenza artistica lo rende di fatto quasi un unicum nell’attuale panorama musicale britannico, di solito piuttosto corporativo.
Il decollo avviene con Airborne Panic Attack, che è anche il brano più indicato per saggiare la potenza sonora che i quattro sono in grado di sprigionare: il riff con cui si apre è tremendamente robusto e muscolare, un trionfo di chitarre roboanti in pieno stile guitar rock accompagnato da un ritornello esplosivo e da una sezione ritmica quadrata e incisiva.
Difficile immaginare un’apertura più potente e concitata.
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Sebbene la band sia giustamente orgogliosa del fatto di non sentirsi dentro nessun genere specifico, qualche etichetta per descriverne il sound bisogna pure utilizzarla. E allora non si possono non citare le reminiscenze grunge che, come nel caso di Insects, faranno sussultare i cuori di molti nostalgici, così come le distorsioni stratificate e vorticose che la avvicinano a una certa estetica nu gaze. Avete presente i Nothing? Ecco, a livello di muro di suono siamo pressappoco da quelle parti.
La grandezza della band del Somerset sta tutta nella sua capacità di riuscire a suonare maledettamente orecchiabile nonostante una matrice sonora così densa e distorta.
Waltzer, forte di un ritornello diretto ed estremamente melodico, è uno degli episodi più classicamente alt rock del disco. Un brano che potrebbe quasi essere una hit a tema arena rock, non fosse per le solite, immancabili chitarre che attentano all’integrità uditiva di chi mal digerisce ondate di feedback e distorsioni.
Un indie rock altrettanto distorto è il leitmotiv di Webcam Funerals, scritta dal cantante Kiran Roy dopo aver assistito tramite webcam al funerale di una sua cara amica tenutosi durante il lockdown passato. L’assurdità e lo straniamento derivanti dall’esperienza sono i principali fautori dell’oscurità di un brano che riporta alla mente i Cloud Nothings più cupi e introspettivi.
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Dai ganci melodici di Bleed agli echi post-punk di Lost Without You, passando per il sorprendente e salvifico organo che apre Ever After, l’album scorre via compatto e solido.
Dopo una tale sbornia elettrica, la chiusura riflessiva e acustica affidata a Old and Distant Memory sa quasi di catarsi, per un finale mistico che fa calare il sipario su un disco che di fatto non presenta filler né cali di tensione degni di nota.
I Don’t Belong Anywhere è un lavoro estremamente coeso e granitico, viscerale e intriso di pathos. Un disco che riesce ad andare oltre le proprie influenze e ad emanciparsi dalle solite etichette preconfezionate, cosa non così scontata oggigiorno.
Con questa uscita, gli October Drift si confermano una band piena di talento e ricca di creatività, ormai perfettamente in grado di seguire la propria strada artistica. E siamo al cospetto anche di una invidiabile maturità, se si pensa che si parla appena del secondo album in studio.
Dopo questa convincente conferma, il futuro (ma anche il presente) sembra proprio essere dalla loro parte.
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Last modified: 26 Ottobre 2022
