La musicista milanese ha portato il suo sound eclettico e personale nella meravigliosa cornice del piccolo ma suggestivo teatro marchigiano.
FOTO © Ricky Antolini
Siamo tornati a far visita alla rassegna culturale Mount Echo’, appuntamento ormai fisso per marchigiani e non solo – detto, infatti, da un’abruzzese – che pone al centro del proprio universo il legame viscerale tra esistenza, arte e musica. Avevamo salutato l’anno appena trascorso con un live dei Vanishing Twin che aveva lasciato i nostri cuori e le nostre menti sospesi nel buio stellato di dicembre, anticipando un Mount Echo’ Volume 8 dal sapore etereo ed eterno, pronto a tracciare un segno indelebile.
Il nuovo capitolo si è posizionato ai posti di blocco sabato 27 gennaio con il giovane cantautore britannico Ethan P. Flynn, che ha aperto il giro di danze all’interno dell’affascinante Teatro Delle Logge di Montecosaro.
È sempre una gioia per gli occhi ritornarvi, con quell’abbraccio familiare che avvolge il suo pubblico sin dalla prima scalinata che conduce alla porta principale. La sua essenza ospitale e raccolta ha il potere di rompere le barriere tra artista e spettatore, dipingendo una realtà sonora unica e irripetibile. Questo è esattamente quello che è successo con Marta Del Grandi, ospite della rassegna sabato 17 febbraio.
Artista eclettica e sensibile, ha rilasciato il suo secondo album in studio dal titolo Selva per la Fire Records il 20 ottobre 2023, ottenendo il plauso della critica, del pubblico che la seguiva già dagli esordi e di quello che l’ha piacevolmente conosciuta più recentemente. Avendola già personalmente vista suonare in un altro contesto, non potevo lasciarmi sfuggire l’occasione di riproporre a me stessa la medesima esperienza con una formula diversa e con emozioni raddoppiate.
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Qualche minuto prima delle 22.00 le luci si abbassano e fanno il loro ingresso sul palco i due musicisti che accompagnano Marta nel tour di Selva da ormai un po’ di mesi a questa parte: Gabriele Segantini (batteria, percussioni, controller midi) e Iris Soledad Galibariggi (sax baritono, cori, tastiere). Meritatissimo scroscio di applausi.
E poi c’è lei, che in carne e ossa arriva dopo il suono del tacco delle sue favolose scarpe stile anni ‘50/’60 (credo, non saprei, non me ne intendo ma mi piacevano molto), ad illuminare un teatro in trepidante attesa: Marta. Sul suo volto si riescono a decifrare sentimenti di gioia, sana agitazione, gratitudine, speranza. Pura e reale, una di noi. Un essere umano come tanti che però ha scelto di condividere con il mondo il suo talento e la sua arte, i suoi pensieri e la sua musica, con i suoi tempi e i suoi spazi, senza rincorrere quelli degli altri.
I delicati suoni di chitarra di Two Halves riscaldano timidamente l’atmosfera e preparano il terreno alle note eteree che la voce di Marta andrà ad accarezzare, facendo sognare ad occhi aperti gli spettatori. Sogni che diventano sempre più tangibili man mano che il suono di Selva procede e si espande nell’aria, con le coinvolgenti melodie di Chameleon Eyes e Mata Hari, e con una versione super travolgente dai ritmi ancora più tribali di Snapdragon, in cui Marta sperimenta con la sua voce giochi di colori e sfumature, tirando fuori l’anima soul, quella pop, quella R&B (e chi più ne ha, più ne metta) divorando il palco assieme agli irrefrenabili colpi di batteria e agli impulsi seducenti di sax, in simbiosi gli uni con gli altri.
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Non solo musica, ma anche intrattenimento spontaneo e divertente tra un pezzo e l’altro, in cui Marta ringrazia Mount Echo’ dell’invito, sottolineando che su quel palco passano molti dei suoi artisti preferiti della scena internazionale e che lei, italiana, si sente ancor più onorata di far parte della rassegna. In seguito ci spiega com’è nato l’unico brano in italiano dell’album, la title track, con ironia e naturalezza, come se stesse parlando dal palco a tanti suoi amici di vecchia data che non vede da un po’ di tempo, per poi svelare l’ispirazione avuta nel creare l’incantevole ballad Marble Season e infine narrare il mito della ninfa Ametista e del dio Bacco, tra le risate di un pubblico sempre più curioso dei suoi aneddoti, a cui sono seguite due tracce del precedente lavoro Until We Fossilize, ovvero Amethyst – per l’appunto – e Somebody New.
Dopo circa 45 minuti il trio posa gli strumenti e si unisce al centro del palco in un commovente abbraccio, tra gli applausi entusiasti di tutti, per poi uscire quasi in punta di piedi, con la discrezione che contraddistingue i talenti più umili e le anime più belle. Dopo pochissimi minuti fa un secondo ingresso soltanto Marta, che sorride, imbraccia la sua chitarra e ci regala l’ultimo emozionante atto composto dalle profondissime Stay e End of the World Pt.1. Quando finirà il mondo? Se lo chiede anche lei. Di certo quello che è avvenuto sul palco del Teatro Delle Logge è stato un trionfo sincero e colmo d’amore della Vita per la Musica e nella Musica, grazie a Marta, Iris e Gabriele.
I prossimi appuntamenti di Mount Echo’ Volume 8 sono: domenica 14 aprile con il trio australiano The Necks e domenica 19 maggio con la band no wave britannica Drahla. Da non perdere!
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Last modified: 26 Febbraio 2024