Ambizioso e ricco di contrasti, l’EP di debutto del sestetto di Brighton è un inno alla poesia del quotidiano.
[ 15.11.2024 | Blitzcat | art rock, experimental rock, post-punk ]
Non mi capita spesso – a dire il vero quasi mai – ma ho avuto una nitida impressione sin dai primissimi ascolti dell’EP di debutto dei Flip Top Head: questi sei pezzi sarebbero una colonna sonora ideale per un’immaginaria trasposizione cinematografica di alcuni racconti brevi di Peter Cameron.
Ne condividono la stessa essenza, nebulosa e nostalgica, talvolta cruda, a tratti imperscrutabile. In comune hanno un’incondizionata passione per la poesia delle piccole cose, della vita di tutti i giorni, in tutti i suoi aspetti: quelli felici, quelli tristi, quelli in apparenza semplicemente indifferenti.
In certi momenti ci si illude che nulla stia accadendo, e invece tutto cambia all’improvviso; e, appena chiudiamo il libro e lo appoggiamo sul comodino, una tempesta di emozioni contrastanti ci investe in pieno petto.
Pare abbastanza chiaro che il sestetto di Brighton abbia costruito la propria identità seguendo la scia lasciata dall’enorme fenomeno dei Black Country, New Road (che qui abbiamo cercato di identificare sotto l’etichetta di BMNRcore).
Up Like A Weather Balloon, dietro l’apparenza di una tetra copertina più adatta ad una band doom metal, racchiude in realtà molto di più di un semplice esercizio di stile suonato da dei cloni qualsiasi. Un’interessante vena prog, una spiccata tendenza all’art rock e al free jazz, l’ambizione e la grandezza di un’orchestra intera; ma, soprattutto, un’armonia ed una ricercatezza nella composizione e negli arrangiamenti che riescono davvero a fare la differenza.
Una band di contrasti.
Assimilabili per certi tratti ai più noti connazionali English Teacher e Honeyglaze, ma molto più eclettici e variegati, i Flip Top Head fanno del contrasto il proprio punto di forza: luci ed ombre perfettamente miscelati come su una tela di Caravaggio, che restituiscono quell’intensa sensazione di disagio che solo i BC,NR prima dell’addio del frontman Isaac Wood avevano saputo garantire.
Un songwriting ispirato e raffinato impreziosisce sonorità curate e poliedriche: nei testi troviamo vere e proprie gemme di poesia quotidiana, fortuiti incontri con sconosciuti, piccole casualità.
Di contrasti, quindi, si parla. Del più palese, forse, ovvero quello fra la voce di Bowie Bartlett, in grado di mutare un abile spoken word in un melodico cantato fuori da ogni standard (come nell’opener I Can’t Wait Until I’m Old); e dell’inconfondibile timbro di Bertie Beer, che già denota spessore e personalità, attingendo in egual maniera alle performances del già citato Isaac Wood, ma anche dagli episodi più quieti e meno schizofrenici di Geordie Greep nei black midi.
L’armonioso connubio fra le due voci spicca in particolare nella successiva Weightlifter e nel suo drammatico crescendo di fiati.
Un esordio sorprendentemente maturo.
È sorprendente notare come una band così fresca e nuova, ancora sul trampolino di lancio, possa suonare tanto rodata e già identificabile. Ne è un esempio So Much For Mole Catching, indubbiamente uno dei brani più azzeccati dell’intero lotto, con quel tocco barocco ma non esageratamente forzato che nella coda finale riporta alla mente persino i primi Arcade Fire, ma anche la conclusiva Jesse Paints The Houses, nella sua straniante ripetitività ipnotica.
Up Like a Weather Balloon è il luogo giusto in cui approdare se siete alla ricerca di qualcosa di “veramente” nuovo da ascoltare e non temete di essere sopraffatti da un’ondata di sensazioni contrastanti; come dopo la lettura di un breve racconto, frammento senza inizio né fine di qualcosa che un po’ in fondo vi appartiene, vi sentirete meravigliosamente incompiuti ma soddisfatti.
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Last modified: 28 Novembre 2024