Un nuovo album in uscita proprio oggi, l’Irlanda come nuova casa, un piatto del ‘600 sopravvissuto miracolosamente: il mondo di Anna B Savage è più ricco e vivo che mai.
In copertina: Anna B Savage © Katie Silvester
Oggi è il giorno di You & i are Earth, il terzo album in studio di Anna B Savage. Avevamo già accennato alla sua musica in un articolo scritto ai tempi dell’uscita di in|FLUX, l’album precedente nel febbraio del 2023 sempre per City Slang.
Questa volta abbiamo avuto l’opportunità di discutere direttamente con l’artista inglese (ormai residente stabilmente in Irlanda), la quale si è avvalsa della collaborazione di molti noti musicisti irlandesi per la realizzazione di questo nuovo lavoro: Anna Mieke (la cui voce è presente in Agnes), Kate Ellis e Caimin Gilmore (Crash Ensemble), Cormac Mac Diarmada (Lankum) e la produzione di John “Spud” Murphy (produttore di band come Lankum, black midi, Caroline e musicista in ØXN e Percolator).
Ciao Anna! Allora, la prima sensazione che ho avuto dopo l’ascolto del disco è stata quella di un assoluto senso di calma e serenità. Sembra quasi che il tormento che esprimevi nei primi due album abbia lasciato spazio a nuovi sentimenti, non è così?
Già, calma e serenità. Credo che siano cose molto importanti a cui non sentivo di avere accesso prima. Negli ultimi anni in generale sono riuscita a diventare un po’ più calma e serena, più felice. Sono molto lieta che questo venga fuori dall’album, perché è decisamente un qualcosa che volevo esprimere.
La mia impressione è che questo tuo nuovo segmento sia ben identificato nella differenza tra il video di The Ghost, canzone del precedente album, e quello di Agnes.
Sono video molto simili per le inquadrature in primo piano, per te ricoperta da qualcosa, per i dettagli delle mani. Nel primo però eri evidentemente sofferente, nel secondo invece sembri un’altra Anna…
Non avevo mai pensato a questo confronto, ma vengono entrambi dal mio cervello e quindi capisco il motivo per cui possano sembrare simili e pertanto rappresentare me in due versioni differenti. The Ghost è stata molto importante per colmare il divario tra il mio primo e secondo album, perché è tesa ma allo stesso tempo ha un suono più vivace.
Molte credo siano mie ossessioni. Mettermi a terra o dentro la terra è una fissazione che, come vedi, viene fuori in The Ghost e ovviamente un sacco anche in Agnes. E poi adoro le mani, ho sempre amato le mani.
Riesco a vederli come complementari; non lo avevo pianificato, ma mi piace la tua chiave di lettura.
Posso chiederti chi o cosa è esattamente Agnes? Si tratta di una persona, di uno spirito o di un qualcosa della tua fantasia?
Direi che è una sorta di personaggio della mia immaginazione, una specie di spirito. È buffo che abbia fatto uscire Agnes come primo singolo quando non mi piace dire troppe cose su di essa, dal momento che appartiene alla mia sfera privata.
L’Irlanda per me è intrisa di mitologia e folklore, e molto di tutto ciò è presente nei paesaggi, nella letteratura, nella poesia. Mentre imparavo il folklore irlandese, creavo al tempo stesso il mio personale folklore, le mie personali fiabe. Agnes viene proprio da lì.
Puoi dirmi invece qualcosa sulla storia del piatto che ha ispirato il titolo del disco?
L’ho scoperto grazie a Internet, qualche anno fa è stato parecchio postato. Il piatto con su scritto “You & i are Earth” è stato scoperto in una fognatura di Londra ed è tutto ciò che so in merito. Non si sa chi l’abbia fatto, da dove venga né per chi sia stato creato. Credo sia una delle cose più romantiche che abbia mai visto.
Avevo scritto una canzone con quel titolo, ma soltanto alla fine ho deciso di intitolare in quel modo anche il disco. Non solo perché il piatto ben rappresentava quel senso di serenità che volevo esprimere nell’album, ma perché volevo essere in qualche modo parte del suo lignaggio che credo abbia ispirato molti. Il piatto è circolare, il vinile è circolare, il CD è circolare.
Magari un giorno, quando non ci sarò più, qualcuno troverà il disco e questo sarà una testimonianza dell’amore per il mio partner e per l’Irlanda.
Ho sempre apprezzato l’enorme sincerità della tua musica. Non ti senti un po’ sovraesposta?
Sembra strano, ma non mi sento molto sovraesposta. Suppongo sia perché il mio pubblico non è enorme, ho un buon seguito ma non immenso. Oppure per via del fatto che l’unica cosa di cui sono davvero sapiente è me stessa, mi sentirei più esposta se provassi a parlare di cose che non conosco o che conosco poco.
Ciò che mi ha fatto penare di più per via della sincerità è stato il fatto che la gente non si aspettava che fossi una persona tridimensionale, divertente o scherzosa. Accadeva soprattutto ai tempi del primo album, pensavano fossi sempre seria: mi parlavano dopo un concerto e mi dicevano: “ehi ma è stato divertente chiacchierare con te, pensavo fossi più difficile!”.
A causa della sincerità di quel disco, forse qualcuno ha ritenuto rappresentasse la totalità della mia persona, e questo naturalmente non è possibile.
Parliamo un po’ di Irlanda. Come è nata la tua relazione con questo Paese e come è cambiata nel tempo?
Il primo tuffo profondo dentro l’Irlanda fu quando avevo ventuno anni e stavo completando il mio master in scrittura e poesia creativa. I miei insegnanti erano irlandesi e abbiamo studiato un sacco di poesia irlandese, anche contemporanea.
Mi sono innamorata di quella poesia, ho adorato Paul Muldoon e Seamus Heaney, la cui produzione è così calorosa anche quando è brutale. Il modo in cui Heaney usa il linguaggio e i suoni penso sia perfetto! Quindi nel 2020 sono finita a studiare proprio in Irlanda per il mio secondo master ed è stato allora che mi sono trasferita lì. Adesso la sento come casa mia.
La tua casa fisicamente e la tua casa come artista.
La quasi totalità degli artisti con cui hai collaborato per questo disco sono irlandesi. Sappiamo bene come la scena irlandese sia particolarmente viva negli ultimi anni e come artiste e artisti amino supportarsi tra di loro con un grande senso di comunità. Da musicista inglese, ti sei sentita accolta dalla scena irlandese?
Assolutamente sì, mi sono sentita abbracciata.
Non sento di esserne parte, non mi sentirei a mio agio dicendo il contrario, ma ho conosciuto e incontrato più musicisti in Irlanda che in Gran Bretagna. L’Irlanda è piccola, quindi ci si ritrova facilmente. Ho portato con me Rachael Lavelle in tour alcuni anni fa, è una buona amica; poi il mio partner è nella musica e ha amici che lavorano nell’industria musicale. Mi sento molto fortunata a poter parlare di questa scena.
Scena irlandese che è cresciuta in maniera esponenziale e credo sia molto più eccitante di quella inglese. Non voglio essere irrispettosa nei confronti di quest’ultima, ma credo che la Brexit ci abbia rovinati. La nostra capacità di esportare e importare musica è stata pesantemente danneggiata.
La mia canzone preferita nell’album è Mo Cheol Thù, che dal gaelico irlandese possiamo tradurre in Tu sei la Mia Musica.
Il gaelico irlandese è un argomento parecchio attuale visto tutto il rumore attorno ai KNEECAP, al loro film e alla questione della lingua. Qual è il tuo rapporto con essa?
Quella canzone riguarda il non avere conoscenza di una lingua e scoprire una piccola cosa che la riguarda e che mi fa sentire un po’ come quando ho visto il piatto con su scritto “You & i are Earth”.
“Mo Cheol Thù”, “You’re My Music”, è la cosa più bella che io possa pensare. Imparare quel frammento è stato affascinante e ho voluto rendergli omaggio.
Poi in qualche intervista mi è capitato che qualcuno abbia iniziato a parlarmi in gaelico e mi sono trovata a dover dire “Mi dispiace molto, ma non parlo gaelico”, oppure qualcuno che mi abbia chiesto se pensassi a questa come a una sorta di appropriazione culturale.
Adesso credo che forse non avrei dovuto metterlo in una canzone, poiché sono preoccupata che la mia intenzione non sia colta e venga fraintesa. Sono una fan onesta delle cose a cui sento di esprimere la mia gratitudine e la mia sincerità.
A me sembra evidente sia completamente genuino.
Sono davvero sconvolta dal fatto che una delle opere del colonialismo sia stata lo sradicamento della lingua e della cultura. Ho vissuto in Canada per un po’, quindi sono consapevole di tutta la cultura indigena che lì è andata perduta a causa del colonialismo britannico.
Sono molto interessata al gaelico irlandese, non l’ho ancora imparato ma mi piacerebbe farlo e ho letto alcuni libri a proposito. Uno di questi è 32 Words for Field di Manchán Magan ed esplora come il linguaggio sia profondamente radicato nel paesaggio. Nel gaelico irlandese ci sono letteralmente trentadue parole per dire field, per via del paesaggio e dei differenti tipi di terreni. Leggere questo libro è stato affascinante ed è un po’ imbarazzante da persona inglese che parla solamente inglese.
Molte delle cose che scopro sulle altre lingue sono questioni a cui non avevo mai pensato, le loro relazioni con i luoghi e con la cultura. Ogni cosa che ho scoperto del gaelico irlandese è bellissima.
Visto che siamo in tema letterario e che prima hai nominato il tuo amore per Seamus Heaney, c’è una sua poesia in particolare che assoceresti al tuo album?
Direi una poesia chiamata Clearances (qui il testo completo, ndr).
Essa contiene il verso “her breath in mine”, in relazione al volto della madre che si avvicina al suo. In I Reach for You in My Sleep canto “your breath in mine” in riferimento al mio partner e questo per me è un esplicito rimando a Seamus Heaney.
Ultima domanda. Volevo chiederti se avevi qualche ricordo della tua esperienza ad Ypsigrock 2022, che è anche la prima occasione in cui ti ho vista dal vivo.
Certamente. Puoi suonare lì solo una volta, giusto?
Esatto. Ypsi Once.
Beh allora quella è stata la mia esperienza completa e un po’ mi rattrista perché vorrei tornarci. Amo la Sicilia, l’Italia e tutte le persone che ho incontrato sono state straordinarie. Andai col mio partner ed eravamo lì già qualche giorno prima, visto che avevo dei giorni liberi. Entrare in ogni ristorante e avere il miglior cibo, incontrare le persone più amichevoli della vita è stato così gioioso!
Beh, non puoi tornare come artista ma puoi tornare come fan!
E questo è verissimo!
***
Un sentito ringraziamento ad Anna B Savage per il suo tempo con noi. Ascoltate You & i are Earth, un disco meraviglioso di una persona meravigliosamente umana.
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Last modified: 23 Gennaio 2025