L’universo sonoro dell’artista nato a Istanbul è fatto di BPM che viaggiano tra le onde di un mare mosso, sotto l’occhio imperscrutabile di un tramonto invernale.
[ 24.01.2025 | Not Too Much | EDM, techno, deep house ]
Una corona di spine, o di pugnali, o di oggetti appuntiti in legno non identificabili. Pezzi di corteccia? Forse. Lo sguardo rivolto ad una luce divina che proviene dall’alto, le spalle nude che lasciano intravedere delle clavicole sporgenti che sembrano chiedere pietà, la stessa del Cristo sulla croce o della Mater Dolorosa.
Qui, però, siamo di fronte ad una pietà mescolata ad un piacere primordiale, quasi catartico. Sembra che la misteriosa entità in copertina non veda l’ora di essere rapita da quel fascio celestiale che abbaglia e allo stesso tempo annerisce, come se tra godimento e sofferenza non vi fosse alcuna distinzione.
La sensazione di fare un profondo tuffo nel vuoto, tra le rovine di un paesaggio industriale che traccia il confine tra sonoro e silenzio, essere umano e natura, in solitudine ma accompagnato da continui echi di terre vicine e lontane, nel grigiore di un’umanità perduta ma, probabilmente, ancora recuperabile.
Not Too Much, letteralmente tradotto come “non così tanto”: un po’ bianco e un po’ nero, un po’ enigmatica techno e un po’ house-dance dai toni più penetranti e meditativi, su uno sfondo interculturale che non passa inosservato.
Suleyman Onur Genc, è lui a celarsi sotto lo pseudonimo di Not Too Much. Produttore e musicista nato ad Istanbul ma adottato da una vibrante East London, nasce come chitarrista e negli ultimi quindici anni si dedica al campo delle produzioni musicali di altri artisti.
Sarà per il suo background di ascolti, o per i costanti impulsi creativi che un paese come l’Inghilterra gli ha trasmesso, fatto sta che soltanto a cavallo tra il 2022 e il 2023, tirando un bel sospiro di sollievo, decide che vuole produrre e realizzare i propri brani, restando probabilmente fedele a ciò che più ricreava una sorta di connessione con le sue origini.
Il peso delle vite altrui.
I primi lavori pubblicati risentono infatti di quelle influenze tipiche del Medio Oriente: esempi lampanti sono i singoli Hope Town e Rootless, accomunati da ritmi dance mistici e bizantini, in cui si respira l’aria di un’Europa che abbraccia non solo il continente asiatico, ma anche altre facciate del mondo.
Con l’arrivo del primo album omonimo marchiato Not Too Much, ci si aspetterebbero coordinate sonore simili, ma è qui che invece si percepisce l’urgenza di un tocco che giunga in modo più diretto e concreto a tutti i fan di sonorità che si avvicinano al genere EDM e affini.
I BPM salgono, il ritmo si fa ansiogeno, le luci si spengono: diamo il benvenuto ad una nuova versione di Not Too Much, quella che osserva, che riflette, che getta nelle sue idee tutti i contrasti che è abituato a vivere quotidianamente, in una metropoli in continuo movimento.
FOMO, ovvero Fear Of Missing Out, espressione utilizzata ad indicare quella sensazione spaventosa e angosciante di perderci qualcosa ritenuto importante a livello social (e), è anche uno dei brani che compone il disco, forse quello che più va incontro al grande pubblico deep house. Le vite apparentemente performanti degli altri si riversano nei nostri stati umorali in maniera a volte fin troppo invalidante, ed il nostro Suleyman lo ha evidentemente vissuto (o lo vive ancora) nel suo campo d’azione, dove la musica diventa sfida continua all’ultima uscita discografica, puntando ormai sempre più sulla quantità che sulla qualità.
Make Me Dance, da buon apripista, fa intendere che attraverso la dance music si possono comunque creare giochi di luce e ombra, attraverso momenti riflessivi e scariche adrenaliniche che invitano a lasciarsi andare, anche in circostanze meno piacevoli, perché proprio da esse si coglie il vero senso della vita.
Ansie, claustrofobie e domande impossibili.
To Failures, a tutti i fallimenti. Riporre speranza e trovare sollievo nelle cadute, semplicemente perché siamo esseri umani. La voce femminile quasi cibernetica dà una carica energetica senza eguali, convincendoci davvero che è ok naufragare nelle incertezze, rivestendoci di quel senso di normalità che – ancora una volta – troppo spesso perdiamo.
Flow, scorri. Un’esperienza quasi ultraterrena in atmosfere deep dark house, ansiogene e claustrofobiche, perfette per un videogioco a tinte cyber-horror, che sfocia in Still Flows, continua a scorrere. Finalmente ci liberiamo da quella terribile sensazione di ignoto: i beat tornano a farsi sentire, spingendo su ritmi travolgenti ma che lasciano ancora poco respiro.
Le sonorità techno avanzano sempre più incontrastate, rendendo arrendevole qualsiasi tentativo d’uscita. Exile è la rincorsa più sfrenata verso la fuga, aumentando i battiti cardiaci fino allo sfinimento. Second Chance. Non siamo (almeno alcuni di noi) meritevoli di una seconda opportunità? Alla fine, diremo tutti in coro di sì.
Not Too Much scava nell’animo e nel pensiero umano in una società governata da tanti mali, primo fra tutti, forse, proprio l’essere umano. Ci sono soluzioni? No. Sì. Non lo sappiamo. Nel dubbio, balliamoci su.
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Last modified: 1 Febbraio 2025