Siamo in Israele, crepuscolo della civiltà, terra sacra nota per aver dato vita alle religioni monoteiste più influenti del pianeta e ai conflitti più sanguinari della storia dell’umanità ma, di certo,non per aver contribuito in maniera interessante all’evoluzione della scena musicale. Però è proprio dal Vicino Oriente che arriva quest’album cazzuto, diretto, oscuro ma nello stesso tempo piacevolmente orecchiabile grazie a una line-up classica ed essenziale. Shahar Yahalom al basso, Alex Levy alla batteria, voce e chitarra Noga Shatz: loro sono le Echo Bench, tre ragazze che senza mezzi termini fondono abilmente Noise, Post-Punk e un tocco di Pop smaliziato costruendo un sound dall’atmosfera magnetica, a tratti rarefatta ed equilibrata. Suoni scarni, grezzi e lievemente offuscati s’intrecciano alla voce tanto infantile quanto pungente della Shatz che richiama l’enfasi teatrale e disperata di Siouxsie, l’isterismo un po’ addolcito di Lydia Lunch e la carica energica di Exene Cervenka; insomma, ciò che di meglio il gentil sesso abbia mai offerto alla musica Rock. Quest’album d’esordio si apre con l’ammaliante “The Same Mistake” brano dall’incedere quasi meccanico, una sonorità nostalgica e trasognata che stride con la traccia successiva, “Out of The Blue” (la mia preferita), dall’indole imprevedibile e discontinua che con la sua schizofrenia No-Wave ha suscitato in me più di un brivido. Singolare la track numero tre, “High Noon” riempita da un riff penetrante che richiama sensuali sonorità esotiche che con disinvoltura si mescolano ad un soft e personalissimo Psychobilly. L’album procede con coerente attitudine Garage-Noise (“After Party” e “High Roller”) e spirito da Riot Girl fino all’ultima funerea traccia “Flesh a Bone”, il cui basso alla Steve Severin orchestra un teatrino oscuro e ipnotico. Echo Bench è un album che, in fin dei conti, concede poco spazio alla novità, un esordio carico di riferimenti a un passato estremamente sfaccettato, dal retrogusto anni ottanta ma non per questo privo di qualità e intuizioni creative. Disco finemente retrò testimone di un talento destinato a imboccare, si spera, una strada del tutto personale.Non a caso ci ha creduto anche Colin Newman leader dei Wire, che, colpito dal loro stile, ha recentemente realizzato un remix di “French”, nona traccia dell’album.
Artefice di questa brillante scoperta è l’etichetta discografica italiana V4V che, con cinica ironia, amadefinirsi indipeRdente e vi da la possibilità di scaricare gratuitamente dal sito l’intero album di Echo Bench.
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Last modified: 20 Febbraio 2022