A Burial At Sea – Close to Home

Written by Recensioni

Un post-rock trionfante e contaminato che incanta, emoziona e travolge come un’onda che si infrange su una scogliera.
[ 23.02.2024 | Pelagic Records | post-rock, math rock, shoegaze ]

L’Irlanda del Nord, l’inspiegabile bellezza dei suoi panorami che lasciano a bocca aperta. Il fascino indescrivibile delle incantevoli scogliere che cadono a picco sul mare e tolgono il fiato, quelle sferzate di vento tagliente che talvolta ti costringono a chiudere gli occhi e quasi ti fanno perdere l’equilibrio. E quei magnifici colori, gamme di verde che tendono al blu e viceversa, il mare che sembra confondersi con il cielo; quelle sfumature che durante le fortunate giornate di sole appaiono quasi irreali, da non poter essere riprodotte in nessun’altra tavolozza.

Se avete mai avuto la fortuna di poter visitare questi luoghi meravigliosi, vi risulterà facile comprendere come essi abbiano influenzato i paesaggi sonori tratteggiati dagli A Burial At Sea, in attività dal 2018 e attualmente stanziati a Liverpool, ma sempre legati indissolubilmente alla propria suggestiva terra d’origine.

Close to Home, secondo LP del collettivo guidato da Patrick Blaney e Dara Tohill, è il successore dell’eponimo debutto pubblicato nel 2020 ed è una vera e propria dichiarazione d’amore ai posti, alla cultura, alle persone che ne hanno forgiato, più o meno intenzionalmente, intenzioni e direzioni.
Dal granitico post-rock di Mogwai e God Is an Astronaut, costeggiando certe evocative stratificazioni di Nothing e This Will Destroy You, la band rielabora le proprie influenze ed ispirazioni in un mix stilistico unico, dal forte potenziale emotivo.

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Chi già apprezza il sound dei gruppi sopra citati non potrà trattenere un fremito di esaltazione fin dai primi secondi di páirc béal uisce, maestosa opener sorretta da un vertiginoso ventaglio di atmosfere, in cui armoniose chitarre diventano protagoniste e sembrano disegnare a mano libera ricordi lontani che riaffiorano in superficie dalle onde di un impetuoso oceano.

Che sia melodia oppure efferatezza, che sia la mente oppure il cuore a confidarsi, l’album riesce nell’obiettivo di mantenere coerenza ed omogeneità in tutte le proprie differenti sfaccettature. La compattezza di un’impeccabile sezione ritmica sposa sempre alla perfezione gli intenti di ogni evoluzione chitarristica, sia nei passaggi più serrati ed incendiari che in quelli maggiormente equilibrati e onirici.

Si alternano episodi più vicini al versante math (tor head, GORSE BUSH ON FIRE), veri e propri imponenti muri di suono (down to the floor) e momenti più introspettivi, che sviscerano il lato più morbido e meditativo delle sonorità della band: si prenda ad esempio objects of the house, una delle perle dell’intera opera, ma anche la trattenuta e sognante malinconia che sfocia nel jazz di NEW old.
E ancora, restando in tema di contaminazioni jazz, impossibile non citare la bellezza di everything you are not e del suo delicato arpeggio che costruisce, passo dopo passo, un crescendo mozzafiato di sensazioni contrastanti.

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Con estrema solidità, indubbia abilità compositiva e – soprattutto – una straordinaria capacità di emozionare che non è affatto scontata, gli A Burial At Sea ambiscono ad una meritata posizione fra i nomi già scolpiti nell’Olimpo del post-rock. Ed è esattamente ciò che vorremmo augurare loro, in trepidante attesa di poterli mettere alla prova in versione live.

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Last modified: 22 Febbraio 2024