5 dischi italiani del 2020 che ascolto ma che non dovrei ascoltare.
Tra le tante cose brutte di questo 2020 non possono mancare quei dischi che non avresti voluto ascoltare, quelli che ascolti ancora ma solo per amore consapevole della delusione che ti hanno arrecato, quei dischi che ti fanno innervosire e fare il cacacazzo nelle discussioni tra amici mentre la tua ragazza sbuffa e ti dice: “ma perché devi sempre rompere i coglioni?”.
Eccovi allora alcuni di questi dischi e perdonatemi se parlo anche del vostro idolo. In fondo questo è tutto un gioco, ed è solo musica quella di cui chiacchieriamo. Giusto?
Ghali – DNA
Che fine ha fatto Ghali? Neanche il tempo di domandarcelo come ce lo chiediamo di quel vecchio amico che t’inculi poco e non vedi da mesi senza sapere se si è sposato, è emigrato a Berlino o lo hanno arrestato finalmente, e lui eccolo che torna con un disco avvolto nel mistero ed evidentemente ambizioso. Ambizioso e basta perché già dalle prime tracce le orecchie iniziano a sanguinare. Giù Per Terra è tra le cose più brutte che ho ascoltato negli ultimi dieci anni: orrenda la base, il testo, la melodia e il ritornello e tracce seguenti come DNA non migliorano di molto la situazione. Nella seconda parte il disco sembra farsi più interessante ma il danno è fatto. Per favore, non fatemi sentire ancora che “Ghali è proprio forte!”.
Brunori Sas – Cip!
Quanto si gasano i vecchi giovani e i giovani vecchi a citare il Brunori? Fa tanto intellettuale, lo so, e Brunori, che ormai ha fatto il grosso nella sua carriera e se ne fotte di voi che continuate a dire che scimmiotta De Gregori, lo sa benissimo. Capiamoci bene, il motivo per cui uno come Brunori Sas si trova in questa lista non è il fatto che abbia sfornato un brutto disco quanto piuttosto che non abbia fatto il contrario limitandosi a scrivere esattamente quello che ci si aspettava da lui. Se voleva dare buoni argomenti a chi porta avanti la tesi che siamo di fronte al miglior cantautore di ultima generazione, Cip! non basta, mi dispiace e alla fine rompe pure un po’ i coglioni quell’aria da “cantiamo tutti insieme felici sui balconi”.
Tutti Fenomeni – Merce Funebre
A conferma dell’onestà intellettuale di quest’articolo (ahahahahaha) finisco per metterci un artista che ho amato tanto in un recente passato e che ascolto spesso, anche con il suo primo full length Merce Funebre. Per me, Tutti Fenomeni è quello di Vuole Soltanto Me, quello che cantava di ketamina e coca, quello che fuma in faccia alle guardie, quello dell’overdose di ostriche, che mette coca sulla sua bimba, quello che sogna la più figa della festa che moriva di overdose nella vasca con lui.
Che fine ha fatto? Andato, sparito, finito, e non sappiamo quanto la colpa sia della voglia di passare attraverso canali che altrimenti gli avrebbero chiuso le porte in faccia, di qualche mese in un centro di recupero o se sia tutta colpa di Niccolò Contessa, quello de I Cani, che al disco ha messo mano come produttore anche artistico (finendo per caratterizzarlo anche troppo). In conclusione, Merce Funebre è un disco carino e simpatico, con una manciata di canzoni che ascolterete volentieri, ma che cazzo di fine ha fatto Tutti Fenomeni?
Bugo – Cristian Bugatti
Una vita a essere indie senza volerlo, a inseguire un successo che sembrava irraggiungibile, a far finta di essere Vasco sotto il palco, in mezzo alla gente, nella speranza che qualcuno ci cascasse. Alla fine la grande occasione arriva col Festival di Sanremo, in compagnia di quel fantastico disastro di Morgan, ma la canzone è carina e nulla più. Dietro le quinte però sta succedendo un disastro, disastro pronto a deflagrare sul palco dell’Ariston. Cosa che prontamente accade catapultando Bugo nel tanto atteso mondo della notorietà, anche se probabilmente per una via che lui stesso non avrebbe voluto solcare. Poi arriva la pandemia e – puff – il nostro Bugo riscompare e torna esattamente dove stava.
A questo punto, finito il clamore, restano un disco e nove canzoni, certamente le più pop che Bugatti abbia mai scritto, ma non è questo certo un punto a suo sfavore, giacché le sue intenzioni di raggiungere il grande pubblico non le ha mai nascoste. Il problema è che il Bugo che ci ha fatto innamorare quando ci facevamo a pugni nei camerini e voi giocavate coi Pokemon è quello senza peli sulla lingua, quello sgangherato di Casalingo, Io mi rompo i coglioni e Pasta al burro.
Ovvio che un artista cresca, e con lui la sua musica si trasformi in qualcosa di diverso, ma non è detto che con la crescita e la maturazione aumenti anche la qualità di quello che fai. Bugo vuole essere un artista pop, lo voleva anche Daniel Johnston, che famoso ci è diventato senza diventare pop. Noi lo vogliamo solo per quello che è e se è sincero e oggi è questo, camperemo lo stesso senza ascoltarlo come lui camperà lo stesso senza il mio apprezzamento, Morgan permettendo.
Pop X – Antille
Ammetto di aver scoperto i Pop X prestissimo, già dalle prime cose. Ammetto di aver ascoltato tanto ‘sta robaccia ed essermi gasato con quelle canzonacce brutte, fatte male, ma talmente stupide che mi aiutavano a non prendermi troppo sul serio, io che per ovvi motivi la musica dovrei prenderla sempre seriamente.
Da qualche tempo, però, sono gruppi come i Pop X che mi fanno girare le palle più dei trapper che scrivono minchiate convinti di essere poeti, più dei cantautori che invece di scrivere canzoni ammucchiano frasi buone per postare la vostra foto in piscina senza sembrare superficiali, più delle cazzate di Sanremo, più dei vecchi amori musicali che finiscono per deluderti. Mi fanno altamente girare le palle perché ammetto di amare i gruppi che fanno palesemente e volutamente schifo, ne ho un fottuto bisogno ma poi va a finire che c’è gente che li prende sul serio e te ne parla come se fosse questo il futuro della musica italiana.
Rimettiamo le cose a posto, questa è merda, ascoltatela, ridetene, mandate le canzoni come Secchio agli amici per farvi due risate ma smettetela, vi prego, di chiamare la merda ‘mousse al cioccolato’.
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Last modified: 4 Dicembre 2020