In questa seconda parte, Alberto Casiraghi ci parlerà della loro musica e della scena indipendente italiana, della loro vita, di “Dalla Ruggine“, della scena underground di Italia anni ’90, dei suoi sogni e delle sue paure. Buona lettura.
Nel disco, spaziate dalla psichedelia sixties, al Post Rock, dal Funky al Prog ed al Math, passando per il Noise e il più classico Rock italiano. Quello che viene fuori è un suono difficile da inquadrare eppure non proprio originalissimo. Voi come lo definireste?
Non lo definiamo. Non credo che abbia questa importanza, anche perché per esperienza, ognuno trova nella nostra musica quello che vuole. Per esempio, tu citi il funky, che io non porterei mai come esempio. Certo, capisco che il basso di Trappole possa ricordare l’epoca del cross-over o delle cose alla Fugazi, anche perché quel brano fu scritto con il precedente bassista. E anche il prog è una cosa lontana dai nostri interessi, se con prog intendi quel genere preciso. Se invece si intende un modo di scrivere dove la progressione degli accordi e delle armonie è un fattore importante allora siamo anche prog. Se intendi Genesi e Yes, allora ti dico che siamo fuori strada. Ma anche qui, io sono un malato della scuola canterburyana, anche se quello non è comunemente denominato prog. Comunque ritornando alla domanda, se èproprio dobbiamo ci definiamo, un po’ scherzosamente, Indie Psychedelic Post Rock Post Punk, il che vuol dire tutto e niente.
C’è qualche nome nuovo che vi assomiglia o vi piace molto? Sia italiano che straniero, ovviamente.
Artisti che ci piacciono ce ne sono molti e i nomi li ho fatti prima. Non credo che però ci sia qualche gruppo che ci assomigli. Pur essendo assolutamente convinto che tutta la musica rock contemporanea sia in qualche modo derivata, e quindi musiche assolutamente nuove e inedite è difficile ascoltarne, sono altrettanto sicuro che il nostro sia un calderone musicale molto personale. Non inedito, sicuramente derivato da tutto quello che c’è stato prima e da tutto quello che abbiamo ascoltato e amato, ma altrettanto personale. E’ la somma del tutto quel che conta; la sua sincerità e la sua onesta.
Una domanda personale. Cosa avete fatto dal 2001 al 2012? Oggi pensate di dedicarvi solo alla musica o farete anche altro?
Se con “dedicarci alla musica” intendi che possiamo vivere di essa, ti rispondo di no. E’ assolutamente utopico pensare che in Italia si possa campare con questo mestiere, ed è così anche per gli artisti molto affermati. In Italia in questo momento è già un miracolo se per un concerto si venga pagati. Solo dieci anni fa le cose erano nettamente diverse. Ovviamente abbiamo tutti un lavoro, una famiglia, i nostri affetti e le nostre passioni. Anche per una questione anagrafica le nostre vite private sono molto strutturate. Riuscire a suonare costantemente è già di per sé un mezzo miracolo. E in parte con questo ti ho risposto alla domanda riguardante cosa abbiamo fatto in questi dieci anni. Abbiamo vissuto: alcuni di noi si sono sposati, alcuni di noi hanno avuto figli, alcuni di noi hanno dovuto cambiare lavoro, alcuni di noi hanno cambiato compagna. Siamo in cinque: metti solo in fila due di queste vicende – di solito ricorrenti nella vita di ognuno – e capisci in fretta come sia stato possibile entrare in un buco di così tanti anni. E’ molto banale, ma altrettanto vero. Quello che facciamo è un misto di passione, sacrificio, determinazione, visionarietà e amicizia. Però, perché tutto funzioni nelle nostre vite private deve esserci un minimo di serenità, altrimenti viene a mancare automaticamente la concentrazione e la volontà di mettersi totalmente in gioco. Non è che queste cose si decidono a tavolino. Molto spesso succedono e quando te ne sei accorto sono già passate. Ecco, quando ci siamo accorti che avevamo deragliato erano passati un bel po’ di anni. Ma quando ce ne siamo accorti e abbiamo capito cosa era successo, e cosa volevamo fare da lì in avanti, siamo ripartiti.
Come già detto, il vostro disco è nato nel 2001. I pezzi che possiamo ascoltare oggi sono esattamente gli stessi di allora? E l’idea della vecchia lavatrice in copertina e del nome “Dalla Ruggine” è cosa nuova, immagino.
Dalla ruggine è stato pubblicato nella stessa forma del master che abbiamo prodotto del 2002. Non abbiamo fatto aggiunte e variazioni nel frattempo, e oggi si può ascoltare quello che si sarebbe potuto ascoltare dieci anni fa, ne più ne meno. Oggi non suoniamo quasi più quei brani dal vivo, tranne Allucinazione ipnagogica. E’ un’evoluzione naturale, cercare nuove strade, nuovi stimoli. Nella scaletta degli ultimi concerti ci sono quasi tutti i brani del nuovo disco che stiamo ultimando e addirittura brani nuovissimi. Però, pur essendo passato molto tempo e avendo oggi un suono diverso credo ci sia una continuità tra quello che suonavamo allora e quello che proponiamo oggi. Almeno, noi pensiamo che ci sia. Non so se questo viene avvertito da chi ci viene a sentire dal vivo.
Per quanto riguardo la copertina con la lavatrice e il titolo “Dalla ruggine” entrambe sono state decise a ridosso della pubblicazione dell’album. Cercavamo un concetto che potesse esplicitare queste canzoni riesumate da un cassetto, ma anche il fatto che in qualche modo gli Alanjemaal tornassero a suonare seriamente. Per caso, navigando in internet, un po’ di tempo fa, nel portfolio fotografico di una mia amica – una giovanissima e bravissima fotografa, Marta Rossetti http://www.flickr.com/photos/marta_vs_elan/ – ho visto questa foto di una lavatrice arrugginita. Mi è subito sembrata un’immagine molto semplice, ma con una forte valenza poetica, tanto che il titolo è stata una conseguenza spontanea e immediata.
Che differenze avvertite tra la scena rock italiana di inizio millennio e quella attuale, non solo in ambito compositivo e artistico?
Non so se ci sia differenza. O meglio, non vorrei che le differenze che io noto siano dettate dal fatto che per me gli anni dell’entusiasmo quotidiano per quello che sento e della scoperta continua sono passati da un pezzo. E’ una pura questione anagrafica. Non so se sia questo il motivo, ma mi sembra che sia più accentuata l’intenzione di emulare i modelli, confronto a dieci/venti anni fa. Certo, prima c’era sicuramente più ingenuità e magari meno perizia tecnica. Ora qualsiasi gruppo alle prime armi ha un bagaglio tecnico che io negli anni 80 mi sognavo. C’è più consapevolezza dei propri mezzi ma anche meno genuinità, meno spontaneità. Ma ripeto, magari è solo come la vedo io. Ma la cosa che più mi preme è la differenza che trovo tra il pubblico, e questo lo dico da ascoltatore che va a vedere un sacco di concerti ogni anno. Ecco, trovo che ci sia meno attenzione per l’esibizione live, meno voglia di sentire musica dal vivo, ma soprattutto meno voglia di lasciarsi stupire e magari andare a sentire qualcosa che non si conosce minimamente. Vedo molta pigrizia e molto disinteresse verso la cultura in generale. E per me questo è un grosso problema.
Il mio tormentone. L’arte è prostituzione, diceva Baudelaire. Si può (soprav) vivere oggi, solo della propria arte?
No, almeno in Italia è escluso se non per una cerchia ristretta di nomi. E non penso che cambierà.
Quale è il vostro sogno di musicisti e la vostra paura più grande?
Il nostro sogno è semplicemente quello di comporre la miglior musica possibile, quella che a noi per primi piacerebbe ascoltare. La paura più grande è che nonostante averla scritta a nessuno importi.
Una brutta domanda, alla quale vi sfido a dare una bella risposta. Chi è la grande truffa dell’Indie italiano?
Sinceramente non so cosa rispondere. Ci sono tante band che non mi piacciono, ma non so se si possono definire “truffatori dell’indie italiano”. Anche perché a malapena potrei definire “indie italiano”.
Dove potremo ascoltarvi nei prossimi mesi, dal vivo?
Fosse per noi in tutta l’Italia. Più probabilmente in Lombardia.
Che differenze ci saranno tra “Dalla Ruggine” e il prossimo album?
Il prossimo album è composto solo da brani cantati, mediamente più corti, mediamente più semplici. Più rock che post rock. Magistrali dice che suoniamo come una band degli anni 70. Non sono molto d’accordo, ma è anche vero che faccio fatica a definire il nostro suono.
Sceglierete ancora la strada del download gratuito?
Dipende se troviamo un’etichetta o meno che ci pubblichi il cd. Il download gratuito può comunque essere una opzione, da affiancare alla vendita del cd, per la promozione del gruppo.
Vi siete mai chiesti dove sarebbero potuti arrivare gli Alanjemaal se il disco fosse uscito undici anni fa? Cosa vi siete risposti?
Obiettivamente, non molto lontano. E questo al di là del valore intrinseco del disco. Eravamo convinti già da allora che il cd avrebbe trovato poco pubblico, e questo soprattutto per la non facile catalogazione in uno stile. Se ci pensi, per un gruppo delle nostre dimensioni questo può essere un problema. Al di là di ciò, c’è sempre da rapportarsi con le dimensioni del mercato discografico italiano, che proprio in questo decennio si sono ridotte ai minimi termini. Certo, probabilmente avremmo suonato molto di più in giro e oggi non saremmo qui a promuoverci come se il gruppo si fosse appena formato. Cosa che ci mette in concorrenza – che brutto concetto – con band i cui componenti hanno mediamente dieci o venti anni in meno di noi. Questa è una vera difficoltà.
Alanjemaal Dalla Ruggine Silvio Don Pizzica
Last modified: 17 Gennaio 2013
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