Capita a volte di temere una parte di sé, tanto da tenerla a bada, nasconderla, sperando che non si faccia mai viva, cadendo nell’illusione di riuscire sempre a domarla qualora avesse la malsana intenzione di uscire allo scoperto. Ma siamo quello che siamo e fingere può farci morire. A volte si muore. Però a volte capita anche di rinascere, non senza dolore, sia chiaro. E’ in questo genere di considerazioni che si traduce Matrice di ?Alos, alias Stefania Pedretti. Già membro di OvO e Allun, Stefania è al suo terzo lavoro da solista che fonde insieme elementi Doom, Metal ed Elettronica con il risultato di un disco carico di dolore, di quello che accompagna la genesi di ognuno di noi, ogni nuovo inizio, quando nel corso della nostra vita ci capita di dover morire e poi rinascere. Vita e morte. Vita è morte. Un dualismo presente in tutto il disco, meno percepibile in “Ecate”, la traccia più oscura, dove la disperazione prende la forma di versi quasi animaleschi su bassi cupi ed effetti elettronici, Dualismo più evidente in “Luce/Tenebre” dove la voce, protagonista indiscussa del disco, si fa al contempo cupa e intensa, un continuo andirivieni tra luce e tenebra appunto. Oppure in “Ignis Red Elixer”, caratterizzata da bassi che richiamano meccaniche che pulsano in una maniera sempre più intensa; è la macchina della vita che prende forma. Una crescita di intensità che arriva fino alla title track “Matrice”, dove la sezione ritmica diviene più presente, costante ed incisiva; un orologio che scandisce un nuovo ritmo biologico alla vita. Il disco termina con “Hyle”, ultima traccia, una sorta di rituale magico di suoni improbabili riprodotti nei modi più disparati, chitarre laceranti e distorsioni estreme, che nella sua versione live, alla quale ho avuto modo di assistere al Blah Blah di Torino il 26 marzo 2015, vede ?Alos inginocchiarsi a terra e, come uno sciamano, dare forma e sostanza ad un’esibizione carica di un’intensità emotiva spiazzante, che guarirà i presenti dalle proprie costrizioni mentali, catapultandoli nel mare immenso della sperimentazione sonora. E’ questa la fine. No. E’ questo il nuovo inizio. Non è indispensabile la terapia del dolore, ma alle volte è necessaria per arrivare in quel luogo ameno e troppo spesso buttato nel dimenticatoio, ma che in realtà desideriamo raggiungere da sempre: noi Stessi.
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Last modified: 1 Aprile 2015