Per molti aspetti non ritengo di essere un tipo particolarmente coraggioso. E non lo sono sicuramente nella adolescenziale attività di guardare film dell’orrore.
Mi fa senso uno schizzo di sangue, mi fanno paura le visioni oniriche, provo ribrezzo per i denti gialli dei “mostri” e sono terrorizzato dagli artigli, persino quelli del docile Edward Mani di Forbice non mi fanno tuttora dormire la notte se imbecco il suo trailer in televisione.
In sostanza sono un infimo cagasotto, quelli che vengono presi spaventosamente in giro alle scuole medie. Ma nonostante ciò, dopo qualche frustrazione giovanile, ora espongo con fierezza questa fifa, e direi che ci vivo benissimo stando alla larga dalle varie “attività paranormali” e da streghe che scorazzano nei boschi.
E’ quindi molto difficile ritrovarmi a commentare qualcosa da cui vorrei stare ben lontano e il disco di Ass-OlO, progetto parallelo di Madrasko (tamburi nei biellesi Barbarian Pipe Band, andate a vedere chi sono che meritano), è tutto ciò che io mai vorrei ascoltare nelle casse del mio stereo. In ogni caso il buon “censore” riesce sempre a convogliare in un meandro del suo cervello le emozioni per dare libero sfogo alla razionalità e all’imperturbabile giudizio super partes. Pratica che in genere a me riesce malissimo in genere. Non riesco mai ad ibernare il cervello, isolando questi stramaledetti battiti cardiaci, ma questa volta ci proverò perché penso ne valga la pena.
I brani di Ass-OlO scorrono lenti e pesanti, quasi come fossero per l’ascoltatore un pesante macigno da trasportare. La ricchezza di sonorità è immensa, un’opera omnia di atmosfere tetre e oscure parole. Un horror movie in LP, che parte con la malata e ambigua figura del pagliaccio in “C-l-OW-n-S” e passa in rassegna alieni, robot umanoidi che ballano a tempo di techno (“Io vedo gli Aglieni”) e orge spettrali, per finire con “Amo-Ur” dove pare che un cuore venga tranciato in mille pezzi da una stridula sega digitale.
“La Pinacoteca” è un turbolento mare di suoni che si infrange in irregolari scogli elettronici e il risultato è un fastidioso frastuono sperimentale che ti fa tremare il midollo osseo. E’ una stridula orgia di mistero e di tensione, incontri di boxe tra suoni analogici e suoni digitali, tra realtà e incubo.
Madrasko riesce a creare una forte tensione, un’infinita attesa che si protrae in tutti i 10 brani del disco e non è forse questa la formula vincente dei grandi registi del terrore?
In definitiva questo è un grande lavoro, una sperimentazione malata che scava nelle viscere più buie della mente umana. Un sorriso beffardo e demoniaco.
Ora lasciatemi in pace, estirpo questo disco dalla mia playlist e per seppellire gli incubi mi ascolto la canzone più schifosamente allegra di Wilson Pickett.
Last modified: 25 Gennaio 2012