E’ un artista affermato e seguito in Campania, ha grinta e talento e il pubblico presente al suo show è un ulteriore conferma. E’ Valerio Jovine che si esibisce ancora una volta a Bacoli, questa volta al Vibes grazie all’associazione Vakllà che di tanto in tanto delizia qualche giovane partenopeo (in verità sono davvero tanti). Cominciamo a dire che la zona Flegrea deve molto a questa associazione perchè è una delle poche che riesce veramente a soddisfare quella fetta di ragazzi amante del Reggae, del Folklore e delle serate costruite all’insegna della buona musica. In qualche modo mi sento in dovere di omaggiare i ragazzi di Vakllà perché riescono a proporre una serata di ottima qualità in una zona dove puoi solo sognartela la buona musica. Ebbene, come anticipavamo questa volta ad esibirsi c’è Valerio Jovine. E’ Venerdì 24 Luglio e il Vibes di Bacoli è abbastanza pieno. Nessun artista di supporto, Valerio si esibisce da solo e fa divertire il pubblico con le sue canzoni che, a Napoli, oramai conoscono quasi tutti. La sua musica è adrenalina: riesce a farti ballare, divertire e pensare. Si è trattato di uno show che ha visto solo apici: con “Vivo in un Reality Show” e “Me So Scetat e Tre” si è compresa la bravura dell’ artista; con “Superficiale” si viene trasportati da soavi melodie che, accompagnate dalle parole, pare quasi di esser in un altro universo. Con “Napulitan” il pubblico va in delirio, la cantano e la ballano tutti, la canzone è quasi un inno e da l’ impressione di far mostrare anche un senso di appartenenza ai presenti. In questa data Valerio Jovine presenta anche il suo nuovo singolo: “Fulmini”. Come tutti gli artisti anche lui omaggia i suoi beniamini e lo fa con: “Roots, Rock, Reggae” di Bob Marley, “Like a Virgin” di Madonna (questa la canzone che lui presentò al programma The Voice su Rai2 nel 2014) e “Curre Curre Guagliò” dei 99Posse. E’ stato uno show stupendo e senza dubbio degno di nota. Qualche anno fa Valerio Jovine al programma The Voice disse: “L’ importante per me è far conoscere la mia musica e le mie parole, portarla in tutta Italia è la mia ambizione”, di questo passo il suo obbiettivo sarà sicuramente raggiunto.
redazione Author
New Real Disaster nel rooster Indelirium
La Punk Rock band di Lucca New Real Disaster entra a far parte dell’etichetta Indelirium Records con un nuovo Ep, The Truth, The Lie and The Compromise, composto da sei brani e che vedrà la luce il prossimo 5 settembre. Il primo singolo estratto è “We Are”. Lo trovate al link seguente. Buon ascolto:
A Vasto la XXIII edizione del New Acoustic Music Festival
Dopo la clamorosa anteprima di luglio con lo splendido concerto di Mick Harvey & Band, arrivano le date “classiche” del New Acoustic Music Festival, che anche stavolta godranno dell’atmosfera magica dei Giardini d’Avalos. Due date di grande attrattiva che vedranno sul palco due autori straordinari quali Miles Cooper Seaton e Flavio Giurato, supportati rispettivamente da Miriam Ricordi e 3 Fingers Guitar.
Aprirà la serata di martedì 25 la scanzonata e spregiudicata cantautrice pescarese Miriam Ricordi, di ritorno da diversi festival italiani ed europei e fresca della realizzazione del suo primo album grazie ad un riuscita campagna di crowfunding.
A seguire l’atteso Miles Cooper Seaton, musicista americano fondatore e leader dell’avventuroso collettivo Akron/Family, con il quale ha realizzato sette dischi a cavallo tra tradizione folk, ricerca psichedelica e divagazioni kraut-rock, che gli hanno permesso di supportare artisti del calibro di Michael Gira (per la cui etichetta Young God pubblica diversi lavori), Keiji Haino, William Parker, Hamid Drake e la Sun Ra Arkestra. Nel tour italiano MCS esegue i brani del suo album solista Phases in Exile, che fanno rivivere l’intensità del disco d’esordio della band madre e strizzano l’occhio alla Ambient/Drone music più estatica, mescolando elementi spirituali di diverse tradizioni con i valori conflittuali dei movimenti artistici Punk e della controcultura.
Mercoledì 27 invece sarà la volta di 3 Fingers Guitar, ovvero Simone Perna, songwriter savonese viscerale, inventivo e di notevole forza espressiva, autore del recente osannato Rinuncia all’Eredità, devoto al Post-Punk e al Rock newyorchese più maledetto, come anche alle musiche italiane meno convenzionali.
E dell’anticonvenzionalità ha fatto la sua bandiera il cantautore e regista Flavio Giurato, quintessenza dell’outsider musicale, eclissatosi per dedicarsi alla televisione per oltre 20 anni dopo l’exploit anni ’80 dei capolavori Il Tuffatore e Marco Polo, e riaffiorato dopo gli appelli di un culto sempre più pressante con il nuovissimo e imperdibile La Scomparsa di Majorana, disco ostico ma di grande poesia, venato da mantra chitarristici dal sapore a volte etnico, altre volte apocalittico, altre ancora intimista, che lascia spazio alle sterminate fantasticherie a cui Giurato si consegna senza mediazioni e che si chiude con l’impressionante “La grande distribuzione”, uno dei vertici dell’intera produzione italiana di teatro-musica.
Il Festival è realizzato in collaborazione col Comune di Vasto, Rockambula e l’Associazione Sideshow.
Programma:
martedì 25 agosto
-Miriam Ricordi
-Miles Cooper Seaton
mercoledì 26 agosto
-3 Fingers Guitar
-Flavio Giurato Trio
Inizio concerti ore 21.30
Ingresso gratuito(la quota di € 1,50 richiesta all’ingresso è dovuta per la visita ai giardini)
Per maggiori informazioni:
www.namfestival.it
FOXTROTT, il debut album esce il 6 Novembre
A Taller Us, in uscita il 6 novembre 2015 via One Little Indian Records con distribuzione Audioglobe, è il primo full lenght di FOXTROTT, anticipato dal singolo Driven. Ricco di impulsi creativi ed originali, come spiega la stessa Marie-Helene “Il mio obiettivo per questo album era trovare l’equilibrio perfetto tra ritmo e frequenze, ottenendo il giusto stile di produzione ed utilizzando la voce ed i testi per comunicare le giuste emozioni. È stata questa la grande sfida che ho voluto imporre a me stessa”.
STREETAMBULA MUSIC FESTIVAL: Tutto pronto per la terza edizione!
Giunge alla terza edizione l’evento musicale indipendente più importante di tutta la Valle Peligna (AQ) organizzato dall’associazione culturale Nuove Frontiere e dalla webzine Rockambula. Rispetto alle passate edizioni, Streetambula non sarà più un contest ma un vero e proprio festival che vedrà protagonisti i Thegiornalisti, la band Indie Pop rivelazione dell’anno. Ad affiancare la formazione romana ci saranno ben altri sei gruppi, che inizieranno le loro esibizioni dalle 17:00 circa.
Giocano in casa The Old School con il loro rinnovato Garage Rock; sempre abruzzese ma di tutt’altra zona lo Psych Rock dei teramani I.Muri e il Rock alternativo ed etereo di scuola anni 90 degli À L’Aube Fluorescente. Arriveranno invece dal resto della penisola i fiorentini Cento, e quindi, a dare un tocco New alla manifestazione i The Last Project di Pavia e i talentuosi torinesi We Are Waves.
La scaletta e l’orario preciso dei singoli eventi è ancora da definire; per ogni aggiornamento e informazione seguite la pagina facebook dell’evento.
Vi ricordiamo che, come ogni anno, nella Piazza Garibaldi di Pratola Peligna (AQ) (ingresso gratuito) oltre al palco e ai musicisti troverete stand gastronomici, etichette, dischi, curiosità e tanto altro.
L’appuntamento è dunque per
Sabato 29 Agosto 2015
Piazza Garibaldi
Pratola Peligna (AQ)
Ore 17:00 Ingresso Gratuito
Di seguito il divertente trailer in perfetto stile Lo-Fi/Streetambula
Info: Silvio 3400690969 Fabio 3482935906 Riccardo 3389365610
I Bologna Violenta lavorano ad un nuovo disco
Dopo lo split in collaborazione con i Dogs for Breakfast, i Bologna Violenta non hanno tradito le aspettative degli ascoltatori e stanno lavorando al loro primo disco. A partire da quest’anno la one-man-band composta da Nicola Manzan si è trasformata in un duo dopo l’ingresso del batterista Alessandro Vagnoni. L’annuncio compare sulla loro pagina Facebook:
“Incredibile a dirsi, ma ci sono varie cose in uscita per i prossimi mesi. Forse anche il disco nuovo, ma più avanti, visto che comunque non è finito. Bervismo in ripartenza.”
Rockambula va in vacanza
Anche per la redazione di Rockambula Webzine è giunto il momento del meritato riposo estivo. Torneremo dopo ferragosto con tanti nuovi articoli, recensioni e quant’altro. Continuate comunque a inviare materiale, richiedere recensioni o chiedere un parere sul vostro operato. Per noi il riposo è anche ascoltare tanta musica. Continuate a seguirci sulla pagina Facebook perchè in questi giorni faremo un bel ripasso di tutte le cose belle che abbiamo scritto in questo 2015 e vi proporremo sempre tanta ottima musica. Ci vediamo presto. Buone vacanze a tutti.
Africa Unite
Con grandissimo onore, ospitiamo sulle pagine di Rockambula una storica band Reggae italiana. Sono gli Africa Unite con Bunna e Madaski, ovvero i fondatori e membri principali. Con immenso piacere siamo riusciti a scambiare qualche parola con queste due icone. Tra qualche chicca passata, l’uscita del nuovo disco intitolato Il Punto di Partenza e uno sguardo sulla realtà di oggi, siamo riusciti nella realizzazione di un’interessante intervista tutta da gustare.
Ciao ragazzi e benvenuti su Rockambula, è un grande onore per noi ospitarvi. Cominciamo l’ intervista dicendo un po’ come sono cambiati gli Africa Unite dal 1981 ad oggi?
MADASKI: Direi che non siamo più tanto ”ragazzi” (ride), ma ci piace sentircelo dire. Nell’albero genealogico degli Africa ci sono talmente tanti rami. Io e Bunna siamo i sopravvissuti, ne siamo estremamente felici.
BUNNA: Gli Africa Unite sono sicuramente cambiati da quegli anni in cui si cominciò questo viaggio fino ad oggi. Innanzitutto quando cominciammo avevamo una grossa dose di ingenuità, l’ingenuità di un gruppo che si innamora di un genere e cerca di capire come imparare a riprodurlo suonando. Tutto è cominciato senza un preciso progetto, suonavamo perché ci divertiva e anche perché era l’unico modo per promozionarci. Negli anni abbiamo capito che cosa volevamo e quali scelte sarebbero state più importante da fare affinché gli Africa potessero provare ad avere un loro carattere musicale ed essere riconoscibili. Oggi, siamo contenti di essere ancora qui, dopo tutto questo tempo, a lavorare sul progetto con lo stesso entusiasmo che ci ha fatto muovere i primi passi.
Sempre in questo arco di tempo come è cambiata la vostra scena musicale e come il mercato, considerando che avete vissuto sia l’epoca delle musicassette, che dei dischi fino agli mp3 di oggigiorno?
MADASKI: Il mercato è cambiato tantissimo, passando attraverso i vari supporti e i vari formati, fino quasi all’annullamento odierno. È cambiato molto l’atteggiamento delle persone, fino a pochi anni fa c’era più ricerca e fidelizzazione, la musica non mainstream era cercata e amata come cosa particolare. Ora si trova tutto a portata di mano e, se questa cosa ha risvolti positivi, in parte, dall’altra viene meno proprio quella voglia del possedere il prodotto musicale che, un tempo, era rappresentato dal disco, o vinile o cd.
BUNNA: Agli inizi, il pubblico che vedevamo ai concerti era un pubblico molto connotato. Il pubblico del Reggae, di allora, condivideva tutta una serie di elementi estetici e non solo che lo accomunavano. Per fortuna negli anni il pubblico che viene ai nostri concerti è un pubblico assolutamente eterogeneo, un pubblico che è solamente accomunato dalla passione per la musica e per l’atmosfera che solo ai live si può respirare. Questo sicuramente anche perché gli Africa sono sempre partiti dal Reggae come ispirazione originaria ma hanno molto spesso cercato delle soluzioni musicali che sconfinavano dal genere stesso. Abbiamo sempre avuto un approccio sicuramente trasversale. La scena musicale è sicuramente cresciuta sia dal punto di vista di chi la musica la fa che da quello di chi la musica l’ascolta. Ci sono state negli anni, molte situazioni gruppi, festival, trasmissioni radiofoniche dedicate, che hanno propagandato la musica Reggae e la sua ideologia ed hanno inevitabilmente fatto crescere il pubblico. La nostra generazione ha vissuto poi i vari passaggi dalla cassetta al vinile, al cd ed infine agli mp3. Con questi cambiamenti, penso, sia inevitabilmente cambiato anche l’approccio alla musica ed agli artisti che la producono. Quando compravamo un vinile lo facevamo perché adoravamo quel gruppo, perché eravamo curiosi di capire un po’ di più su i musicisti, c’era molta affezione. Questa cosa, col passare del tempo, mi sembra stia venendo meno gradualmente. Le nuove generazioni si ritrovano con lettori mp3 imballati di brani che il più delle volte non ascoltano neppure, sono sempre alla ricerca della cosa più nuova che c’è come se questa fosse la cosa più importante. Ormai siamo arrivati al punto in cui, per assurdo, anche il download è superato. Perché andare ad occupare una parte dell’hard disc con dei file, quando è ormai tutto disponibile on demand? Ormai la musica è come l’acqua, che abbiamo a casa, quando la vuoi apri il rubinetto quando non ne vuoi più lo chiudi.
“Il Punto di Partenza” è il titolo del vostro nuovo disco. È un lavoro davvero personale e introspettivo. È una sorta di rivincita o un modo per affermare una volta e per tutte la propria posizione?
MADASKI: Certo, ma affermare la propria posizione dovrebbe essere una cosa normale e quotidiana per chi è musicalmente sincero e ispirato, anche se a volte non è così purtroppo, ma sono contento non sia il nostro caso.
BUNNA: Il Punto di Partenza è un disco nel quale gli Africa prendono posizioni e distanze su e da tutta una serie di cose. Un disco che, come sempre, cerca di essere rappresentativo di quello che siamo e coerente con quello che siamo sempre stati. Un disco che segna un nuovo punto da cui ripartire, con un’attitudine che sia attuale rispetto ai tempi che stiamo vivendo ma che nel suo interno vuole usare la musica per provare a dire delle cose, fornire degli spunti di riflessione sulla realtà che viviamo ogni giorno.
Adoro “L’Attacco al Tasto”, una canzone che ha totalmente rapito il sottoscritto. Ma cosa può essere un attacco al tasto, cioè, che tipo di esperienza o avvenimento vi ha portato a scrivere questa canzone e a considerare la questione proprio come un punto di partenza?
MADASKI: L’attacco al tasto è il primo esercizio di approccio al pianoforte, la base della tecnica pianistica, con la quale si determina la posizione della mano sulla tastiera. In questo testo ho fatto un parallelismo tra la vita e lo studio dello strumento che ha influenzato tutta la mia carriera musicale.
BUNNA: Madaski con questo testo ha voluto raccontare, la sua personale esperienza di approccio alla musica e nello specifico allo studio del pianoforte, usando questa esperienza per tracciare un parallelo rispetto alla difficoltà di fronte alle quali spesso ci troviamo nell’affrontare la vita. Sottolineando l’importanza della determinazione, costanza e del lavoro per ottenere dei buoni risultati, in qualunque ambito.
Sempre riguardo la canzone “L’Attacco al Tasto” successivamente ne è stata realizzata una versione con gli Architorti. Come è nata questa collaborazione e perché vi siete applicati sulla rivisitazione di questa traccia?
MADASKI: Marco Robino, leader degli Architorti ha scelto il brano, evidentemente ispirato dal contenuto e ne ha creato una versione per archi e pianoforte, io la trovo stupenda.
BUNNA: La nostra collaborazione con gli Architorti non è una novità. Abbiamo, anni addietro, condiviso un progetto “Corde in Levare” nel quale il maestro Marco Robino (fondatore dell’ensemble) ha riscritto tutta una serie di brani del nostro repertorio per quintetto e per orchestra. Il risultato è stato un tour di parecchie date in cui Madaski dirigeva l’orchestra ed io cantavo i brani degli Africa su tessiture orchestrali di archi. Un’esperienza difficile ma suggestiva. Quelle emozioni ci hanno fatto ripensare a quanto potesse essere bello chiedere agli Architorti di rifare un lavoro di riscrittura simile a quello, che avevano fatto anni addietro, per un brano nuovo. Così il maestro Robino coadiuvato da Marco Benz Gentile , nostro attuale chitarrista, già membro di Architorti, ha provveduto alla riscrittura del brano “L’Attacco al Tasto”.
Parlando delle altre collaborazioni, nell’album avete come ospiti Raphael e i More No Limiz. Come è nato l’approccio con i due artisti?
MADASKI: Sono amici da molto tempo, ho prodotto alcuni dei loro dischi, diciamo che sono dei personaggi che abitualmente frequentano il mio studio e che, sia io, sia Bunna stimiamo molto.
BUNNA: Le collaborazioni che facciamo nei nostri dischi derivano sempre da un’amicizia e dalla stima che nutriamo per certi artisti. Anche questa volta è andata così. Raphael pensiamo sia un grande talento della nuova scena reggae italiana, More No Limiz è un giovane e bravo cantante con il quale ci è capitato di condividere il palco più di una volta e quindi ci siamo resi conto, anche nel suo caso, della particolarità della sua voce e delle sue tessiture melodiche. Quindi se possiamo far conoscere nuovi talenti al nostro pubblico lo facciamo molto volentieri.
Per quanto riguarda il tour cosa ci dite? Dove suonerete nei prossimi giorni? Una data a Napoli è prevista?
MADASKI: Molto difficile suonare a Napoli. È da molto che manchiamo, a noi farebbe molto piacere ma, spesso, non siamo noi a determinare l’ubicazione delle date, ma i promoter locali a chiamarci.
BUNNA: Abbiamo finora fatto una decina di concerti e ne abbiamo ancora un bel po’, fino alla fine settembre. Il calendario è ancora aperto e siamo convinti, per come sta andando, che si aggiungeranno ancora parecchie cose. Napoli, per ora, non è prevista ma ci piacerebbe molto ripassare di lì a suonare. Se succederà, lo saprete! Tenete d’occhio il nostro sito: www.africaunite.com e se ancora non l’avete fatto scaricatevi il disco, è gratis!!!!
In trent’ anni vi sarà capitato di tutto: qualche idea vi sarà maturata, altre ancora saranno mutate e qualche obbiettivo sarà cambiato ma attualmente gli Africa Unite a cosa aspirano?
MADASKI: A fare ciò che più ci piace, con molta onestà. Suonare e continuare ad esprimere le nostre idee, indipendentemente dal genere, cercare di essere originali e fortemente connotati, insomma ci piace essere Africa Unite.
BUNNA: Gli Africa aspirano a suonare il più possibile perché quella è la dimensione che più ci rappresenta, che più ci diverte. Speriamo che il pubblico continui a frequentare i nostri concerti e che il ricambio generazionale che c’è sempre stato continui ad esserci.
Bisogna sempre ricordarsi che un gruppo deve tutto al suo pubblico perché è grazie a lui che si possono continuare a fare i concerti. Il giorno in cui non puoi più contare sul supporto e sulla presenza dei tuoi fan, puoi appendere la chitarra al chiodo.
Prima di concludere vi piacerebbe condividere con i nostri lettori un bel ricordo che hanno gli Africa Unite di un episodio che è accaduto nell’ arco della carriera?
MADASKI: Sono negato per queste cose!!!!!
BUNNA: Suonare in Giamaica è sicuramente stata, per me, un’esperienza indimenticabile.
Nel 1991, andare a suonare il Reggae dove questa musica è nata è stata per noi, gruppo italiano, una cosa che sicuramente non dimenticheremo mai. Ci sarebbero moltissimi altri episodi, magari meno esotici, ma non meno emozionanti da raccontare, ma ci vorrebbero troppe parole. Lasciamo che parli la musica!!!!!
Bene ragazzi l’ intervista si chiude qui, concludete come meglio vi pare.
MADASKI: Avere la possibilità di esprimersi attraverso la musica è una cosa stupenda ma sempre più difficile, occorre riflettere bene su questo concetto perché è alla base della nostra attività. Non tutti nascono musicisti e la tecnica non serve poi a così tanto, anche se è indispensabile per muoversi in questo ambiente. E’ sempre necessario avere ben chiaro cosa dire prima di salire su un palco. Bisogna essere curiosi.
BUNNA: La musica può far ballare, riflettere, viaggiare la si può sentire su un giradischi, in un’autoradio, un lettore mp3, ma la magia che si può respirare ad un concerto è una cosa unica. Quell’ alchimia che si innesca tra chi suona e chi ascolta non si può riprodurre in altro modo se non facendone parte. 1Luv!!!
Patti Smith performs Horses 27/07/2015
Patti Smith performs Horses @ Flowers Festival Collegno (TO) – 27/07/2015
Vedere un concerto di lunedì sera è una pratica tanto inusuale quanto liberatoria. Rende più piacevole l’inizio settimana e meno noiosa la presenza pesante della domenica. Vedere poi uno dei più suggestivi concerti della tua vita dietro casa tua, in una cornice come quella del Flowers Festival, rende il tutto memorabile.
Ad aprire le danze ci pensa la giovanissima Erica Mou che da sola con la chitarra fa suonare un’orchestra mentre ci bacia, tanto per citare una delle sue dolci e soffici canzonette. Non c’è trucco e non c’è inganno, semplicemente Erica con la sua chitarra acustica crea ritmi e arpeggi, mixati egregiamente dal suo piedino sulla loop station. Coraggio e una vocina che sotto sotto ci grida in faccia tutte le sue emozioni.
Dopo il breve set della cantautrice pugliese aspettiamo appena mezz’ora e sul palco salgono quattro uomini canuti e una donna, più canuta di tutti loro. Il pubblico non è numerosissimo ma per Patti Smith e la sua band questo non è certo un buon motivo per abbassare la guardia e per non dare la giusta veste ad uno degli album fondamentali per la storia della musica popolare. I cavalli di quarant’anni fa ricominciano il loro cammino con “Gloria”: epica, teatrale, una preghiera al cielo stellato che ricopre il palco. Tutti fermi, tutti ammutoliti, a parlare ci pensa la Sacerdotessa (ora capisco perché viene comunemente chiamata così e mai appellativo fu più azzeccato). Jesus died for somebody’s sins but not mine, una sentenza di una potenza disarmante, già sentita miriadi di volte su disco, ma che dal vivo prende vita e pare fredda come una lama che trafigge la nostra pelle rilassata. Sarà un lunedì sera forte, intenso, magico, avvolgente come la tragica danza Reggae di “Redondo Beach”. I cavalli iniziano a galoppare dopo la solenne marcia di “Gloria”. Galoppano per scappare, per fuggire via dalle tenebre, per poi viaggiare in un’altra dimensione con la jazzaggiante “Birdland”. Parole e musica si fondono in un’eterna poesia che vaga tra le nostre orecchie. Il senso di smarrimento è forte, il senso di impotenza davanti a tanta bellezza è immenso. Patti ha quasi settant’anni e si dimena come una ragazzina che vive per i suoi ideali e per i suoi sogni, la sua lotta interminabile è pitturata poi da una band spaventosa. A comandare la ciurma un eccelso Lenny Kaye, da sempre insieme a Patti, capace di accarezzare e poi martoriare la chitarra che è, a seconda del mood del pezzo, il suo amore, la sua disgrazia ma anche il suo organo sessuale.
“Free Money” è violenza pura e grande Rock’n’Roll prima del lato B di Horses aperto con “Kimberly”, governata da un bel basso pulsante e di nuovo quel Reggae ossessivo . La voce di Patti è prepotente come quarant’ anni fa, una foga che ci spacca le orecchie. Sinceramente non saprei dire se ci sono state pecche tecniche, stecche, cali di voce o cazzate del genere. Quelle le posso sentire se il mio cervello è attivo e presente. Qui sono stato immerso in uno stato fuori dal razionale, la musica mi ha rapito e in questa dimensione nulla sembrava fuori posto. “Break It Up” è un inno alla libertà e la voce della signora Smith trema leggermente quando ci incoraggia ad aprire le braccia e sentire lo spirito di Jim Morrison che vaga nell’aria. La terra zozza e la polvere di stelle si amalgamano in “Land”, onirica e realista, tirata all’inverosimile. Dieci minuti di incastri ritmici, sali-scendi continui, passaggi che vanno dai richiami Soul di “Land of 1000 Dancers” alla furente parte di “La Mer(de)”, per finire nei cori disperati di “Gloria”, ripresa con enfasi da un pubblico che è vero portento questa sera (per fortuna ho visto anche meno cellulari alzati del solito!). “Land” è un capolavoro e non si discute, qui i cavalli vanno a tutta velocità per poi rallentare increduli davanti a questo fiume di parole così ribelli e così fuori dagli schemi. Joey Dee Daugherty, altro storico compagno di Patti alla batteria, inventa ritmi e suona nervoso e dolce, con una versatilità che raramente ho incontrato. Per altro Joey si improvvisa pure bassista nell’ultima perla di Horses. “Elegie” è una canzonetta a detta della Sacerdotessa, dedicata a suo tempo a Jimi Hendrix. Ora, ci dice Patti, tutti noi abbiamo perso qualcuno di caro e con questo ci rende parte attiva della canzone, che nel mezzo regala un saluto ad altri grandi amici del mondo della musica, scomparsi anche loro il questi quarant’anni. E così sono applausi a scena aperta per Lou Reed, Joe Strummer, The Ramones al completo nella loro prima formazione e tantissimi altri miti della musica americana.
Horses è concluso, i cavalli rallentano per poi fermarsi a guardare. E così l’ultima parte di concerto, che pensavo potesse avere il sapore di greatest hits, ci regala perle e non perde affatto il filo logico. “Privilege (Set Me Free)” sembra essere la continuazione di “Break It Up” con quella frase iniziale I see it all before me: the days of love and torment, the nights of rock’n’roll. Tanto Jim Morrison da farlo ricordare ancora una volta. Poi quella imprecazione: goddamn, così violenta e viscerale che gela la spina dorsale. Patti poi esce dal palco e la scena rimane sulla sua band che intona un medley dedicato ai Velvet Underground. Quarant’anni di Horses e cinquanta di Velvet Underground dice Lenny Kaye con il venticello di Collegno tra i capelli lunghi e bianchi. A cantare non solo lui ma anche Tony Shanahan e il figlio di Patti Jackson Smith, abilissimi anche nei numerosi cambi strumento durante il set. “Rock’n’Roll” è una pura sassata, la band poi si rilassa ma gli spigoli rimangono vivi in “I’m Waitin’ For The Man” cantata a squarciagola da tutto il Flowers. In “White Light, Whit Heat” Patti risale sul palco a battere le mani e ballare, le star le lasciamo a casa questa sera, solo ottima musica e tanto, ma proprio tanto, da imparare.
“Because The Night” è commovente, delicata, dedicata al marito scomparso ormai vent’anni fa. La rabbia però ritorna nell’immensa voglia di ribellione di “People Have The Power”. Alla fine Patti intona “My Generation”, inno immortale che pende dalle sue labbra. Una canzone che farebbe ridere addosso a qualsiasi musicista vecchio. Ma lei no, la fa sua, la rende viva e vegeta. Rivive così lo spirito di Keith Moon e la Sacerdotessa onora un altro highlander del Rock come Pete Townshend. Intanto la signora, con un piglio tanto divertente quanto sadico, masturba la chitarra, staccandogli tutte le corde ad una ad una con precisione chirurgica.
La musica di Patti Smith è ancora bella e dannata, proprio come la sua New York, come i suoi vestiti eleganti ma in qualche modo Punk, come i suoi sputi sul palco, come i sorsi di thè e gli occhiali da vista indossati per leggere poesie sul palco, come i suoi occhi vecchi ma per niente stanchi e come il suo sorriso rassicurante. Fonte di gioia, di vita, di saggezza e di una voglia indescrivibile di libertà.
Nuova release per Mario Sp e Davis Rosario
Esce oggi la nuova produzione targata Bosom degli artisti Mario Sp e Davis Rosario. I due brani, “Jake Green” e “Smarter Opponent” sono ascoltabili e acquistabili direttamente dal sito dell’etichetta, cliccando qui. Di seguito trovate tutti i link degli artisti e il Soundcloud di Mario Sp.
Il Video della Settimana: RB.Novembre – Persa (Chinandoti su di me)
“Persa (Chinandoti su di me)” è il primo singolo estratto dall’album di esordio di RB.Novembre, progetto solista di Gabriele Squartecchia, un Dream Pop devoto all’Elettronica che incontra un Songwriting stringato, in un interessante connubio di sonorità internazionali e cantato in lingua madre.
Dopo un EP di cinque tracce nell’estate dello scorso anno ( Moti Perpetui in un Cortile Interno, https://soundcloud.