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Dope Body – Natural History

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Impegno senza compromesso su pazzie incontrollate, e tutto in salsa psicotropa come solo la migliore scena del Copycat Building di Baltimora sa dare e diffondere; Dope Body, quattro sciamani dell’industrial noise si agitano a dismisura tra le dieci pugnalate che costituiscono il secondo album, Natural History, disco successore di quel dannato Nupping che li fece conoscere lungo i marciapiedi di quell’America sozza e ruvida che prova a trinciare ogni forma di melodia per poterla riassembrarla in una stordente fusione di arty-punk e nichilismo, roba scottante per chi cerca – sui border del rock urbano di nuova generazione – i latrati, i sanguinamenti o le epilettiche vicissitudini di un Dan Deacon ed i suoi Wham City.

Ribellioni chitarristiche e posture alla Henry Rollins, abrasioni Pissed Jeans style e squadrature che prese ed ascoltate da lontano in certi frangenti riportano in ballo Talking Heads di primo pelo, sono le crude e fragorose credenziali che il quartetto americano colora di noise a rotta di collo, quel noise casinaro e ben architettato che mantiene fede all’understatement di una poliedria immacolata di peccati lirici; dieci tracce dal trattamento shock in ogni secondo della loro durata, che oltre che ha farsi belle sulla corta distanza di ascolto, riescono poi a primeggiare nella realizzazione di un sottofondo “musicale” che inquieta di piacere come una casalinga violenza psicologica che uno fa a sé stesso, quella dolce e onesta dose di masochismo, che ognuno di noi nasconde e caldeggia nell’intimo.

Loro definiscono il loro sound “industriabalismo”, e non hanno torto credete, fatevi smangiucchiare le dita della mano dagli ingranaggi rettili di “Shook”, “Beat” o  “Out  of my mind”, fatevi venire un attacco epilettico per montare il ritmo che “Road dog” vi lancia, ed una trinciatina d’orecchi? “Weird mirror” vi soddisferà, e se poi siete ancora idonei per un altro un altro “piacevole supplizio” iniettatevi “Lazy slave” nelle vene e tutti i vizi dei bassifondi del Maryland saranno vostri per un bel pezzo.

Suono radicale e prestazioni aliene eccellenti, cosa si può chiedere di più da un disco?

 

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Hoquets, da Settembre in tour per presentare BELGOTRONICS

Written by Senza categoria

Se ancora non avete avuto occasione di ascoltare questa band, è arrivato il momento di farlo e di gustare un disco nuovo e veramente unico nel suo genere.
Gli “Hoquets” sono un trio internazionale che propone canzoni in inglese, francese e fiammingo e che suona strumenti intitolati appunto “hoquets” , “singhiozzi”, assemblati a mano con legno, corde rotte, lattine, e altri materiali del loro atelier di Bruxelles.
La loro musica è colma di energia, di percussioni e sonorità che creano dipendenza .
Il loro album “Belgotronics” uscito con marchio Crammed Discs vanta featuring importanti come Greg Saunier (Deerhoof), Naoki Otani (Maher Shalal Hash Baz), Yann Tambour (Stranded Horse), Marc Melià Sobrevias & Tanja Frinta (Lonely Drifter Karen).
Dal 5 settembre saranno in Italia per 3 tappe del tour europeo iniziato lo scorso 2011.
Ecco le date:
5 sett – Breganze (VI) – Pomopero
6 sett – Roma – Circolo degli Artisti
8 sett – Acquaviva (SI) – Live Rock Fest ’12

Per info e dattagli:
http://www.crammed.be/
http://www.hoquets.net/
http://www.facebook.com/hoquets

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Playa Do Rei degli Wemen: ecco il video!

Written by Senza categoria

Playa Do Rei degli Wemen, primo singolo estratto dallo split album The Hacienda / Wemen, in uscita per Black Candy Records lunedì 24 settembre tramite Audioglobe, da oggi è anche un videoclip.

Un video fatto in casa, con un green back artigianale e in cui un omaggio ai Clash di Rock The Casbah convive con un tocco d’ironia su quei personaggi estivi che il gruppo milanese classifica come “manzi da spiaggia”. Girato in un angolo desolato di Milano, il video è diretto dal batterista della band, Francesco Peluso che, d’accordo con gli altri membri del gruppo, ha puntato sul prendersi poco sul serio.

Lo split album in cui è contenuto il brano è composto da sei tracce, tre dei fiorentini The Hacienda e tre degli Wemen (al loro esordio discografico).

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Soundlabs Festival

Written by Live Report

Il Soundlabs Festival nasce dalla passione per la musica e dalla volontà di coinvolgere il pubblico abruzzese ma anche quest’anno ha fatto registrare ottimi numeri di presenze sia da fuori regione sia dall’estero.
Il programma come sempre era all’altezza delle aspettative ma ad entusiasmare i presenti è stata anche la cornice che lo ha ospitato; Castelbasso, in provincia di Teramo, infatti è uno dei borghi più affascinanti d’Italia e le sue piazze ben si prestano ad eventi del genere.
La tenacia e la volontà che da anni contraddistingue lo staff del festival hanno permesso il perfetto svolgimento della manifestazione.
Punta di diamante dell’edizione 2012 è stato sicuramente Thurston Moore, cofondatore e chitarrista dei newyorkesi Sonic Youth, che attualmente giacciono in un limbo dopo le vicende interne che hanno scosso il gruppo e costretto i suoi membri a concentrarsi in progetti solisti come in questo caso.
Tuttavia il concerto del biondo ed altissimo chitarrista ha offerto spunti di altissimo livello grazie anche alla band che lo supportava nelle escursioni sonore fatte di armonia e rumorismi continui.
Nella calda giornata del 26 luglio Moore è stato preceduto dagli Amelie Tritesse, interessante progetto artistico abruzzese che ha proposto brani dal loro cd/libro di esordio “Cazzo ne sapete voi del Rock and Roll”, curioso lavoro in bilico tra tra rock ed elettronica, acustica e parlato.
Ad essi sono seguiti i cantautori John Wolfington, nato artisticamente sotto l’etichetta Smell Like Records diretta da Steve Shelley, batterista dei Sonic Youth, e Nigel Wright, diciannovenne dal timbro vocale già maturo nonostante la giovane età che ha proposto un concerto intriso di brani tratti dalla sua ultima fatica discografica che era disponibile anche nel merchandising in una curiosa edizione in download digitale attraverso un libretto molto curato nella grafica che presentava al suo interno un codice esclusivo con cui scaricare l’intero album.
Il giorno successivo ad aprire l’evento sono stati i Delawater, side project indie rock di alcuni membri dei già citati Amelie Tritesse, che in poco più di trenta minuti di esibizione hanno tirato fuori brani dal loro esordio tutto in vinile realizzato sotto la sapiente guida del famoso produttore Mattia Coletti.
Successivamente i britannici Let’s Buy Happiness si sono lasciati andare nella loro musica caratterizzata dalla voce della frontwoman Sarah Hall che spesso viene accomunata a quella di Bjork.
Se fossi in voi terrei strettamente d’occhio questa interessante formazione, perché ne vale davvero la pena, credetemi!
Alle 21:30 circa è stato quindi il turno degli A Classic Education, formazione nota per lo più al pubblico oltralpe ma che si sta guadagnando un folto seguito anche qui in Italia.
Guidati dal cantante italo-canadese Jonathan Clancy in quasi un’ora di concerto hanno coinvolto il pubblico presente con il loro rock ‘n roll condensato da atmosfere molto fifties e sixties.
A chiudere la giornata sono stati gli inglesi Veronica Falls, band per metà al maschile e metà al femminile, dal sapore retrò e dal sound che ricorda da vicino i minimalisti Velvet Underground ma anche le grandi formazioni garage / post punk dei primi anni ottanta.
Se volete scoprirli meglio vi consiglio di acquistare un loro ep contenente sei covers di artisti famosi quali Rolling Stones e David Bowie.
Quando lo inserite nel vostro lettore cd sicuro continuerete ad ascoltarlo di continuo…E’ troppo bello e si presenta anche in un’ottima confezione bicolore bianca e blu che rende il lavoro piacevole sia all’ascolto sia al tatto.
L’ultimo giorno è stato inaugurato invece da Orlando Ef, cantautore abruzzese qui accompagnato dalla sua fedele band in cui milita anche il chitarrista dei Reverse Hole.
Le sue canzoni molto artigianali e homemade presentano arrangiamenti curatissimi in ogni dettaglio e si sono ben prestate nella dimensione live.
Dopo di lui IlSogno IlVeleno, alias Alex Secone, che ha anche presentato precedentemente anche il festival in un mini concerto presso lo stabilimento Le Canarie di Pescara.
Il suo esordio “Piccole Catastrofi” è stato già ben accolto da critica e pubblico e potrebbe essere una delle migliori nuove proposte italiane…
Come sempre il Soundlabs è fucina di talenti da scoprire e assaporare!
Anche il progetto tutto siciliano Dimartino nato dalle ceneri dei Famelika potrebbe essere la novità indie dell’anno, il loro live è infatti molto curato in ogni minimo dettaglio ed arrangiamento nonostante sul palco si presentino solo in tre!
Melodie ben strutturate e testi diretti, comprensibili e quanto mai sinceri sono il loro fiore all’occhiello, per cui non lasciatevi sfuggire il loro ultimo lavoro in studio.
A chiudere la rassegna è stato lo svedese Jens Lekman col suo indie-pop ironico ma mai troppo melenso.
Durante i tre giorni è stato anche girato un documentario dell’evento sotto la direzione della russa Evka Bychkova e sono stati condotti dei labs atti alla formazione di nuovi giovani talenti nelle arti musicali e visive.
Arrivederci quindi al 2013 con la diciassettesima edizione del Soundlabs Festival!

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“Diamanti Vintage” Radio Birdman – Radios Appear

Written by Articoli

L’Australia dei mitici Radio Birdman, folgori istantanee che durarono quanto una eclissi di sole, guarda all’America stupendamente laida del garage di Detroit, quella dei stordimenti elettrici di MC5, Stooges, ma la lingua popolare li vuole collocati tra le ortiche del punk sebbene i rifferama del chitarrista Deniz Tek lasciano all’immaginazione scenari molto più distanti dell’azzardata approssimazione; e questo bel disco “Radios Appear”, bardo assoluto della loro parabola, in pressappoco cinquantatre minuti di scalmane di gruppo, lascia il segno indelebile della grande nevrosi rock che correva in quel periodo già tanto agitato di suo, e che li colloca come agguerriti rivali dei newyorkesi Television, quelli  di Marquee Moon, che da tempo graffiano la scena dell’East Side.

Chitarrismi forsennati, ansie, urgenze espressive e la vivacità di una epoca di rinnovamenti e scoperte culturali, sono le prerogative principali di queste dodici canzoni di una tracklist che rimarrà impressa per l’eternità, il manifesto musicale di questo sestetto indimenticabile che dall’altra parte del mondo fornì una risposta inequivocabile alle alte baronie elettrificate esistenti non con l’aggressività ma con la baldanza innica e corale di una gioventù ribelle che contrapponeva al tagliente e crestato cosmo punk sovraffollato di sputi e droga la sbavatura (a modo) di canaglie di (buona famiglia); un album in cui la band cita il sommo Edgar Allen  Poe  “ Descent into maelstrom”, traccia monumento ad un tocco di chitarra febbrile e ad una voce – quella di Rob Youngher – al top dell’immaginifico, poi una marea di solforazioni anni Cinquanta che si immolano in “New race”, “What gives?”, “Do the pop”, la bella arietta grigia  che tira in “Man with golden helmet”, un trucilo di wave che si insinua dentro “Hit them again” per arrivare al pezzo forte contenuto nel numero dieci della scaletta, quella stupenda cover di “You’re gonna miss me”, grande successo di Roky Erickson ed i suoi 13th Floor  Elevator.

Diabolico rock’n’roll, una vera celebrazione negli anni dei terremoti ideologici e di costume.

 

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High Frequency – S/T

Written by Recensioni

Se uno volesse essere cinico e cattivo, basterebbe dire, signori e signori ecco a voi i marchigiani High Frequency, una delle migliori cover band dei Pearl Jam, e  Eddie Vedder ringrazia di cuore e STOP!  Ma poi, presi un po’ dal cuore, dalla tenerezza ma anche da un senso di giustizia di dire le cose in faccia in serietà e per non illudere la band di turno o verso chi ci “vuol provare” ad andare una tacca più su dell’anonimato totale, lasciamo correre queste dieci tracce senza troncarle di botto ed archiviarle nell’oblio ancor più totale di quell’anonimato, anche perché scavando a fondo in questa tracklist molto ingegno d’insieme, professionalità e verso acuminato, non di creatività certamente, ma di una crescita ed intelligenza musicale “purtroppo” non trasferita in un qualcosa di personale, di propria mano o perlomeno, di un senso collimante, ma mai come è dato sentire a quattro orecchi spalmato su un copia ed incolla spudorato della band di Seattle “Sunny Rain” su tutte, fatto bene ci mancherebbe, ma sempre copia in colla è, e quello che viene da dire immediatamente, ma perché perdere tempo poi ad ascoltare queste tracce quando ci sono gli splendidi originali ovunque?

Ora con il massimo rispetto per la formazione marchigiana, ma forse stavano solo scherzando, è un disco di vere cover, tracce da worm-up prima di buttare giù l’ordito per il disco quello vero, quello che li farà stare in piedi davanti alla critica musicale per una ricerca sonora personale, uno scandagliare testi e liriche appropriate alle loro sensazioni, anche perché non si capisce il senso di spendere soldi e soldoni più il tempo impiegato  per una registrazione che rifà il verso a  cose “d’altri” sentite e risentite attraverso la storia del rock.

Nell’attesa del disco “veritiero” riponiamo queste tracce nei cassetti delle “miscellanee. Della serie, quando la forza e la potenza c’è ma viene sprecata per nulla.

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Davide Matrisciano – Traffico di pulsazioni (9 modi di intendere il frastuono)

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Davide Matrisciano è un polistrumentista campano che viene definito e si autodefinisce “paroliere ermetico”.
Fresco della sua collaborazione con la casa di produzione cinematografica indipendente tedesca Brandl Pictures il musicista ha sfornato ad aprile di quest’anno “Traffico di pulsazioni (9 modi di intendere il frastuono)”.
Un disco ambient degno di essere accomunato ai lavori del grande Patrick O’Hearn (famoso bassista che militò prima nella Frank Zappa Band e poi nei Missing Persons con il futuro Duran Duran Warren Cuccurullo) o al progetto “Spectrum pursuit vehicle” che uscì firmato da Vincent Clarke (ex Depeche Mode e Yazoo e ora negli Erasure) e Martyn Ware (membro fondatore di Heaven 17 e Human League).

Facile poi sconfinare mentre si ascolta “Passeggio tra luci psichedeliche” in piene atmosfere kraftwerkiane dense di kraut rock o magari, se volete sentirvi più vicini alla nostra Italia, ai Bluvertigo del loro periodo più new wave.
Incredibili visioni” vi aprirà poi la mente immergendovi in paesaggi incontaminati dandovi l’impressione alla fine della canzone di trovarvi in un mondo post olocausto nucleare…
In “Noia e affanno” invece grande spazio viene dato alla tecnica degli armonici in un raffinato background scandito da una deliziosa rhythm machine.
L’impressione ascoltando queste nove tracce è che il confine fra suono e silenzio non sia mai troppo netto, l’autore lascia infatti decidere all’ascoltatore quando è il caso di alzare o abbassare il volume.
Semplicemente geniali poi le accelerazioni e i frequenti cambi di tempo in “Spine inermi” secondo singolo estratto dall’album…
Avete presente i primi dischi di Franco Battiato, quelli più sperimentali?

Ecco, qualcosa di simile!

A breve Davide si metterà già al lavoro sul secondo album che invece verterà sull’indie pop ed electropop e che uscirà verso la fine del 2013, inaugurando cosí ufficialmente la susa carriera di cantautore (del resto nasce tale).
Da questo disco invece è stato appena estratto il terzo singolo “Gente in piazza” a cui è stato abbinato anche un video che sta riscuotendo un discreto successo su Youtube.
Io lo vedrei perfetto come sottofondo musicale di un cortometraggio (da appassionato del genere invito anzi Matrisciano a pensarci concretamente).

Se vi invece vi piace semplicemente la musica strumentale questo è proprio il disco che fa per voi…

 

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Melatti – Quando le ore e i minuti sono uguali Ep

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A chi si arrovella il cervello per cercare di scovare in qualche anfratto di un qualcosa che non sia oscurità, confusione, insicurezza e delusione da far circuitare tra l’aria da respirare e un sogno che sia una vera via d’uscita dal tutto, consiglio caldamente questo Ep del quartetto romano dei Melatti,  “Quando le ore e i minuti sono uguali”, e credo sia quella insperata salvezza che può fare molto, ma anche la chiara dimostrazione che dal basso può arrivare – per stazionarsi in un alto senza limite –  musica, concetto e poesia come fossero finalizzate al racconto magico di quello che si ha dentro.

Quello che gira in queste cinque tracce è una creatività di penna che va a braccetto con lo stupore pronunciato, un’idea di base che non rimane mai immutata ma incontra una serie di espedienti intimi che la ibridano all’altezza del cuore e nella profondità degli spazi narrati, ed è proprio da qui, da questi luoghi sonori visitati e vissuti,  imbastiti da questa formazione, che prende il via la liberazione interiore, quella via d’uscita di cui sopra; cinque pezzi, cinque inganni sonori concepiti con un senso retrò coinvolgente, una piccola opera che fa efficacia con percorsi apparentemente velati dalla spiritualità di Zampaglione, SinigalliaE così è l’amore”, “Sono davanti a te”, eccelsa traccia dedicata all’Annunciata del pittore Antonello da Messina,  un alito leggiadro e malinconico di Fossati L’uomo più fortunato”, poi una strizzata di cuore nel ricordo del giornalista Giuseppe D’Avanzo, le sue indagini, le sue occhiate le sua parola ferma contro la mafia che sono rimesse in gioco nella appassionante “Io avanzo”, traccia che vede la partecipazione del chitarrista di Peter Gabriel David Rhodes, e che già da sola regge tutto l’Ep.

Alberto Fiori voce, Menotti Minervini basso, Giorgio Amendolara tastiere, pianoforte e Andy Bartolucci alla batteria non hanno dubbi sull’elettroacustica pop che caratterizza la loro anima musicante, il loro modo di muovere sentimenti, storie e chili di note soffuse, la loro poetica sonorizzata non ha angoli, solo curve addomesticate e atmosfere da abbracciare come un amore che non si rivede da tempo, come un rapporto da ricostruire dopo un temporale della vita; e lasciarsi rapire dal tremore emozionale di “Empatia” è solo un dettaglio sospeso, un momento sottolineato all’infinito, curioso di capire se poi queste ore e quei minuti sono veramente uguali.

Sommessamente fantastico.

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UN OMAGGIO A GIOACHINO BELLI: ADRIANO BONO E LA BANDA DE PIAZZA MONTANARA IN CONCERTO AL TEATRO VALLE OCCUPATO

Written by Senza categoria

Venerdì 7 settembre 2012, nel giorno del 221° anniversario della nascita del poeta ottocentesco, si svolgeranno a Roma una serie di eventi celebrativi dedicati ai dissacranti sonetti romaneschi del Poeta, alla satira vecchia e nuova, alla tradizione delle Pasquinate, alla poesia a braccio e molto altro ancora.

Sarà l’occasione per presentare il primo album da solista di Adriano Bono: il titolo del lavoro è 996 vol.1 – i sonetti romaneschi di Giuseppe Gioachino Belli. Si tratta di un vero e proprio concept-album formato da canzoni tratte dai dissacranti sonetti romaneschi del poeta. “996” era la firma crittografica con la quale G. G. Belli siglava le sue opere (996 sta infatti per “ggb”), che non sono mai state pubblicate con il poeta in vita perché considerate troppo audaci per la Roma Papalina del XIX secolo.
I primi eventi saranno nel pomeriggio: due flash mob poetici che coinvolgeranno direttamente la cittadinanza, prima di fronte alla statua del Belli a Trastevere e poi di fronte alla statua di Pasquino vicino Piazza Navona.

Grazie al lavoro di Adriano Bono e La Banda De Piazza Montanara, l’opera del grande poeta tornerà a brillare, trasformata in canzoni fruibili e di facile memorizzazione e supportata dal sound sperimentale che spazia dal rock al folk, dal reggae alla musica elettronica.

“Ho sempre amato i sonetti di Belli, che tanto hanno influenzato il mio stile autorale. Ho cominciato a trasformarli in canzoni per facilitarne la memorizzazione. Credo che, a quasi due secoli di distanza, i sonetti siano ancora estremamente attuali. A volte basta cambiare poche parole per farli sembrare scritti oggi. Altre volte sono di valore assolutamente universale senza cambiare una sola virgola. Spero che questo progetto serva a rendere l’opera di Belli più popolare che mai” – commenta Adriano Bono.

La Banda deve il suo nome a uno dei luoghi più citati nel canzoniere e nel mondo Belliano, ossia l’omonima Piazza Montanara.
Adriano Bono, cantautore romano (ex-Radici nel Cemento) dal 2009 è impegnato in diversi spettacoli e progetti come: The Reggae Circus, Artisti Contro Il Nucleare, La Minima Orchestra.

Programma di venerdì 7 settembre:

ore 18.30: flash mob poetico ai piedi della statua del Belli (Piazza Giuseppe Gioacchino Belli): tutta la cittadinanza è invitata a scegliere un sonetto romanesco del poeta e a recitarlo ai piedi della sua statua.
ore 19.30: flash mob poetico ai piedi delle statua di Pasquino (Piazza Pasquino): la cittadinanza è invitata a comporre una pasquinata per declamarla ai piedi dell’omonima statua.
Gli autori delle Pasquinate più belle saranno invitati a declamare le proprie composizioni durante lo spettacolo serale sul palco del Teatro Valle Occupato.

ore 20.30: Aperitivo Romanesco presso il Teatro Valle Occupato, che seguirà un menù dettato dal Belli stesso nel sonetto “Er pranzo de le Minente” (http://it.wikisource.org/wiki/Sonetti_romaneschi/Er_pranzo_de_le_Minente)
ore 21.00: Concerto-spettacolo di presentazione dell’album “996 vol.1”: musica rock, folk, reggae ed elettronica, si fondono con poesia, teatro e visual art in uno spettacolo che riporta in vita i personaggi e le atmosfere raccontate da Belli nei suoi sonetti.
Tra gli ospiti, l’attore MAURIZIO MOSETTI (http://www.youtube.com/watch?v=4YdVk5KBmcI – http://www.mauriziomosetti.htmx.it/)

Per approfondimenti:
http://www.adrianobono.it/
http://ilgrafomane.blogspot.it/2010/06/la-banda-de-piazza-montanara.html
www.teatrovalleoccupato.it

line up:
Adriano Bono: voce, ukulele
Federico Camici: basso e cori
Andrea Cota: chitarra e cori
David Assuntino: tastiere e cori
Pierluigi Campa: batteria

Web: www.reverbnation.com/adrianobonoelabandadepiazzamontanara

Facebook: www.facebook.com/adriano.bono.fanpafe/app_2405167945
http://www.facebook.com/events/297471617026928/

PER INFORMAZIONI
Nausicaa Milella
mob. +39.3475070014
email nausicaa.booking@gmail.com

Elena De Vito
Mob. +39.3925825161
Email elenote.booking@gmail.com

Via del Teatro Valle, 21
Roma, Venerdì 7 Settembre 2012, ore 21

Presentazione live dell’album “996 vol. 1”
dedicato ai sonetti romaneschi di Giuseppe Gioachino Belli
Ingresso a sottoscrizione, a sostegno del Teatro Valle Occupato

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MISCELA ROCK FESTIVAL: UNA MISCELA ESPLOSIVA!

Written by Senza categoria

7/8/9 SETTEMBRE MISCELA ROCK FESTIVAL – STRAMBINO (TO)

Il tempo inganna è vero. Ma spesso gratifica anche chi la passione riesce a tenerla un po’ al guinzaglio e riesce a non buttare via tutte le forze picconando troppo forte dall’inizio. Pazienza e sogni a piedi ben inchiodati, aspettando di crescere, il lento flusso che ingrandisce il cervello e i muscoli.
E questo i ragazzi del Miscela Rock Festival lo sanno bene. Il festival canavese del “presobenismo” è nato ormai 10 anni fa, sotto un misero tendone. Un festival tra amici, come ricordo per due ragazzi prematuramente scomparsi, e la nota “memorial in musica a Ivan e Ciki” ha ancora una degna grandezza nel cartellone, nonostante ora il palco sia 10 volte, l’evento coinvolga numerosi addetti ai lavori e sia prevista addirittura la presenza di un’area campeggio. I miscelari ci tengono a sottolineare che la direzione dei watt sparati non è solo orizzontale ma anche verticale, verso il cielo.
E che festa sia, di quelle più vere e passionali e parliamo pure di festa provinciale, con quella genuinità che molte volte si disperde nelle nostre mura metropolitane. E per aumentare ulteriormente il distacco dalla città ecco finalmente un bel festival ad “impatto zero” e socialmente attivo, leggete un po’ cosa ci dicono:

Il MRF è un evento a “Impatto Zero®” , compensa tutte le emissioni di Co2 prodotte nell’ambiente attraverso azioni eco-sostenibili certificate da LifeGate quali la piantumazione di nuovi alberi, la raccolta differenziata, l’uso di materiale biodegradabile, la provenienza dei cibi a Km0 e infine la promozione di azioni eco-sostenibili attraverso canali e iniziative dedicate.
Oltre all’impegno verso la musica indipendente ed emergente e l’attenzione per le tematiche ambientali, MRF è diventato negli anni un appuntamento dove trovano spazio iniziative ed azioni a sfondo sociale: “Scuolina di Addis-Yeka Forest”, “U.G.I. “ , “Insieme per Matilde”.
Tutti e tre i progetti vedono come protagonisti i bambini e le loro famiglie. Dal progetto di sostegno alimentare diretto ai piccoli bimbi etiopi della Scuolina di Addis, all’appoggio verso le famiglie che lottano contro malattie infantili, spesso incurabili.

Quest’anno per il Miscela e per i suoi ragazzi l’evento è grandioso e la celebrazione dei 10 anni (quanti sono i festival che vantano 10 anni consecutivi di attività in Italia? me ne vengono in mente ben pochi…) propone una sorta di greatest hits.
Il tutto si svolgerà a Strambino (TO) tra il 7 e il 9 settembre con tre serate dalla grande personalità, con alcune tra le migliori band piemontesi.
Se siete di queste parti fate un giretto, anche solo per vedere il divertimento negli occhi dei presenti. Il pretesto è la musica, l’amicizia è il fine.

PROGRAMMA:

VENERDI 7 Settembre dalle ore 21
-METAL NIGHT-

BIOSYSTEM55 – JADISH – BRAIN DEAD – KIINO – VURTULA – TASTE REVENGE
+ Musica in acustico tutta la notte nel camping gratuito del MRFX

SABATO 8 Settembre dalle ore 16
-ROCK PARTY-

FREE JAM SESSION //
EFEM SYSTEM – MAAK – MED IN ITALI – F.O.O.S. – THE AFTERGLOW – WASTE PIPES – SOUL NASSAU – RAVANA CLUB
+ Musica in acustico tutta la notte nel camping gratuito del MRFX

DOMENICA 9 Settembre dalle ore 16
-COLORED VIBE-

FREE JAM SESSION //
MONELLI ANTONELLIANI – DENIMOR – HOLLYWOOD NOISE – LA MUFFA – BLACK LIONS – 2 FAT MEN AUDIOGRAFFITI
+ Musica in acustico tutta la notte nel camping gratuito del MRFX

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Pat Metheny – Unity Band

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Questo stupendo disco “Unity Band”, ha riportato il grande chitarrista Pat  Metheny in studio dopo trentuno anni  (< 80/81>) di sperimentazioni e perlustrazioni nello sconfinato e variegato mondo free jazz, e lo fa in quartetto che vede,  oltre la sua fulminante chitarra,  il sassofonista Chris Potter, Ben Williams al contrabbasso e Antonio Sanchez alla batteria; è come un ritornare a casa, al jazz dell’origine, con partiture melodiche sempre messe in primo piano, orditi molto più protesi nell’armonizzazione e una valanga di improvvisazione, insomma nuovo materiale che l’artista americano del Missouri, rivolta e stila in nove tracce che pigiano forte sulle emozioni, sulle redenzioni stilistiche e delle reinvenzioni al sapore forte di Freddie Hubbard e Shorter.

Con l’arrivo del sax tenore nella formazione dell’artista, il perno architettonico è spostato decisamente sul versante jazz sofistico, si lasciano leggermente le asimmetrie fusion per accostarsi più al dettame misto, ma poi da qualsiasi punto lo si ascolta, il disco reinventa il jazz e lo spara nel futuro futuribile, lo evidenzia in maniera talmente autentica che segna la profondità come influenza progressiva di riferimento per generazioni a venire; la spiritualità libera di Metheny è percepibile in ogni centimetro sonoro del disco, tutto riporta a quella straordinaria iridescenza in cui il musicista gioca, parla, svisa, inventa sulle sonorità del suo istinto perennemente oscillante, vivo e mai statico e sempre al centro di una fulminante sequenza di cose meravigliose come le arcate zigrinate di “Roofdogs”, il contrappunto chitarristico slow dal profumo East-sideInterval Waltz”, l’algebra soft latin che ricama “New year”, il gattonare free di “Come and see” per arrivare alla fusion delle fusion di “Signal (Orchestrion Sketch)” splendido “incrocio” tra suoni, un robot e la perizia musicale di “esseri umani” al servizio della magnificenza.

Ogni suono è una goccia di concretezza senza legami, una goccia di virtù esemplare che coinvolge e disarciona anche i più barricati nel purismo o nell’ortodossia, una goccia che ti disseta l’animo e ti da la certezza che nella vita qualcosa di magico – anche se sei con i piedi a terra – può succedere, non spesso, ma può succedere davvero.

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Area 765 – Volume Uno

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Sarà un retaggio della scuola, ma per me settembre è mese di bilanci, di nuovi progetti, di buoni propositi da non realizzare mai (fortuna che ho smesso di ripromettermi di smettere di fumare).E forse è anche colpa di tutta la pioggia che sta cadendo in questi giorni, che rende un po’ pigri e un po’ più malinconici, ma, insomma, a settembre ci si guarda dentro un po’ prima di ricominciare col solito tran tran che a mala pena ci dà il tempo di incrociare noi stessi nello specchio la mattina.

Gli Area 765 potrebbero essere un buon sottofondo ai nostri pensieri.
Nati dalle ceneri dei Ratti della Sabina, formazione storica laziale con alle spalle una carriera live esaltante e promettente, gli Area 765 nascono nel 2011 e a maggio di quest’anno si presentano al pubblico con una nuova fatica discografica, questo Volume Uno che già dal nome sembra garantire un seguito. Sette tracce finemente arrangiate (la band si compone di sette elementi che con equilibrio cooperano alla realizzazione dei pezzi), caratterizzate soprattutto dalla forza dei testi, mai banali per la scelta lessicale, intonati con voce calda, su un tappeto musicale a tratti rock, a tratti folk, ma sempre dal sapore leggero italiano.

E “leggero” va bene giusto per definire il debito con la tradizione pop nostrana, perché tutt’altro spessore e tutt’altro peso caratterizza le liriche. Gli Area 765 si guardano dentro e indietro (come dicono in Kant vs Dylan Dog, che tratta della spensieratezza della gioventù con una certa nostalgia, “delle risa incontrollate davanti al professore / […] / il motorino è un’astronave per portarci fino al mare”) e proiettano lo sguardo avanti e si interrogano su ciò che sarà (come in Galleggiare “Tra le cose che potrei e quelle che posso”), talvolta con una punta di disillusione (“Tra il dire e il fare spesso piove”, come recita Nonostante) . Il tempo la fa da padrone e scandisce ogni riflessione (“E in tutto questo io mi perdo spesso / Ancora adesso io mi perdo spesso” dice Spesso piove e “come ti va la vita / come vanno le tue scarpe” in Scarpe ) ed è tema centrale dell’ep, quasi una fissazione.
Tanto che c’è da chiedersi se non si potesse fare anche qualcosa di meno.
Non fraintendetemi: questi ragazzi sono bravi e non hanno nulla da invidiare a musicisti affermati e popolarmente acclamati, ogni singolo brano è costruito con attenzione e dedizione, due qualità che non sono facili né da investire né da trasmettere attraverso una canzone. L’intero ascolto però è faticoso e pesante, anche in una giornata di pioggia di settembre col tè caldo in una mano e la testa piena di pensieri. C’è troppa malinconia, troppa delusione e disillusione – che si traducono anche in una resa quasi monocorde della linea melodica vocale, che alla lunga annoia- tanto smarrimento da essere veramente difficile l’identificazione, abbastanza da averne il rifiuto. Non sono, per farla breve, il tipico gruppo adolescenziale depresso, anzi: è proprio la consapevolezza di quanto detto, l’esperienza accusata, sofferta, raccontata, traccia dopo traccia, a schiacciare l’ascoltatore.
Gli Area 765 non inducono solo alla riflessione, ma lasciano l’amaro in bocca.
Che comunque significa aver saputo, con tanta forza, esprimere qualcosa.

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