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Tre Allegri Ragazzi Morti: a Dicembre il nuovo disco

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“Nel Giardino dei Fantasmi” è il nuovo album dei Tre Allegri Ragazzi Morti in uscita il 7 Dicembre per La Tempesta Dischi.

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In uscita l’8 settembre il nuovo album di Giuseppe Cucè – Attraversando Saturno

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l brano IL CIELO BLU accompagnerà l’uscita dell’album “Attraversando Saturno”prevista per l’8 settembre 2012.

L’album sarà pubblicato L’8 settembre 2012 su tutti i canali digitali iTunes, Amazon…. e sarà possibile acquistare il cd fisico attraverso l’official Web Site. Raffinato cantautore siciliano, ritorna sulla scena musicale nazionale con il suo nuovo album Attraversando Saturno la cui uscita è prevista per l’8 settembre 2012. Nel suo primo album, “La Mela e il Serpente” (2008) i suoni della sua terra erano sicuramente più marcati. O ggi, con “Attraversando Saturno” le sue sonorità sono più pop con sfumature jazz dal gusto retrò.

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Michael Kiwanuka – Home Again

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Ne  parlano oramai tutti di questo ventiseienne ugandese ma trapiantato a Londra, e ne parlano come la nuova stella ascendente della piazza inglese e non solo; Michael Kiwanuka cresciuto a pane e Otis Redding, Marving Gaye, Curtis Mayfield per citarni alcuni, mette nella sua musica tutto il calore della spiritualità, valori, umanità e una sfilza di emozioni che non nascondono l’essenzialità di suoni vintage come forza e stile delle perle che la storia della musica ci ha donato; “Home again” è il passo ufficiale di questo giovane cantante e polistrumentista, uno stupendo viaggio attraverso la delicatezza e la passione contenute nel gospel e soul, poesie doloranti e maestose che ascoltarle ti trafiggono l’anima e felicemente ti colorano la faccia di nero.

Dieci tracce, dieci gemme di vissuto al 100%, una tracklist morbida e setosa che gira nello stereo come una carezza scottante, l’ombra di Sam Cooke che avviluppa tutto e tutti ed una onestà di fondo che fa di questo “emergente” un artista già con le doti dei grandi crooner, un ragazzo che con le sue armonie già parla al mondo allargato degli ascolti, agli orecchi delle moltitudini; per lui non valgono tecniche o geometrie di note, ma il modo, il sentimento con cui queste canzoni devono raggiungere gli ascoltatori, perché come dice lui stesso “.. la musica non deve essere ferma nella canzone, ma fermarsi nell’animo per poi guardarci dentro..”.

Non servono tante parole per descrivere un ritaglio di cielo come questo disco, occorre donarsi e arrivare al centro focale di queste musiche e lasciare momentaneamente il mondo ed i suoi carichi assurdi fuori dalla porta, poi in silenzio rivalutare parole come speranza “Home again”, accarezzare la fratellanza “I wan’t  lie”, ritrovare il senso giusto del dove camminare “Tell me a tale” oppure tra le tante, scandagliare nel profondo la tua interpretazione di un dio “I’m getting ready”, e credetemi, ascoltare cose cosi nei tempi bui che corriamo, oltre che un sollievo, suona come una strana ma stupenda benedizione.

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“Diamanti Vintage” Alan Sorrenti – Aria

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Chi è passato, nel lontano 1972,  dalle parti del prog italiano, senz’altro non avrà potuto non essere magicamente ammaliato dalla voce melodiosa e aliena – apparentemente stonata o fuori giro – del cantautore musicista napoletano Alan Sorrenti che con lo stupendo vessillo sonoro “Aria” inizia a volare nella musica “alternativa” che in quegli anni era aeroporto per centinaia di band e solisti che volevano “dire” in maniera  non conforme la loro poetica ed i loro intimi canti.

Con dalla sua il violino jazzato di  Jean Luc Ponty (Mahavishnu Orchestra, Zappa e Tony Esposito) ed altri musicisti, Sorrenti  sperimenta e modula nuovi meccanismi melodiosi, altrettante partiture interpretative  che mescolavano poetica psichedelica, mediterraneo soffuso e un cantos libero da dogmi e schermature, una timbrica personale che subito lo porta all’attenzione di addetti ai lavori e ad un pubblico che – proprio in quei frangenti – era sempre più innamorato intellettualmente da una certa cultura “assorbita” da  idiomi sonori  e dettagli tra oriente e terra nostra, praticamente una fusion antesignana dell’odierna world; lunghe suite, atmosfere volatili e suggestive sono la predominante di questo disco, quattro “pezzi” di non facile assunzione di primo ascolto, ma una volta rodato lo spirito introspettivo e illuminante, è come intraprendere un viaggio, un trip, che svezza categoricamente ogni indugio a forma di  interrogativo.

Si potrebbe definire – con il pregio dell’unicità – pop-folk progressive o folklorico, una tipologia aerea di ambient vissuto a ipnosi psichedelica che si espande per tutta la durata della tracklist; testi onirici e d’amore contorto ma dolce, sono la tramatura lirica che va a trasformarsi in canzoni che hanno passato indenni quasi trent’anni di musica come la lunga suite di “Aria”, l’inno melodioso che fa da traino  a tutto il lotto e hit indimenticabile “Vorrei incontrarti”, il mantra trasversale tra un tripudio di mellotron, flauti, basso che ricorda molto da vicino le atmosfere dei Van Der Graaf GeneratorLa mia mente” e il finale lunare dove l’ancia di Andrè Lajdi ricama in maniera stupefacente “Un fiume tranquillo” degna chiusura di un sogno sonoro che Sorrenti – l’anno dopo – riproverà a replicare in “Come un vecchio incensiere all’alba di un villaggio deserto” ma che purtroppo ne uscì come un’anatra zoppa dopodiché l’artista partenopeo si perse in strade di seconda, sempre più rivolte ad un pop commerciale fino a scomparire del tutto dalla scena.

Una pietra miliare del progressive “fiabesco” italiano e di quella immensa Napoli che guardava alla musica come modalità per esternare l’anima di un popolo con l’arte al posto del sangue.

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Che rumore fanno i Negrita?

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CASTAGNOLE LANZE – 30/08/2012

Ammiccanti ma anche outsider sul ciglio del precipizio commerciale. Eclettici ma particolarmente piacioni. Stanno in piedi nonostante qualche sbucciatura alle ginocchia, senza perdere entità e stile, senza scivolare in quel vortice di pochezza così invitante e appetitoso. I Negrita sono una delle band più longeve e pure del panorama italiano, sempre freschi, astutamente coraggiosi e perché no pure fortunati, con lo spirito a mezz’aria tra poesie alla luna e serate etiliche giù in città.

La location piemontese che ospita questa tappa estiva del “Dannato Vivere” Tour è il Contro Festival di Castagnole Lanze, manifestazione ormai decennale: ben rodata ed insediata nella ridente cittadina astigiana dalla grande entità eno-gastronomica. Il contorno è sicuramente suggestivo e pittoresco: piccola piazzetta di paese, colline ad abbracciarla, bambini in braccio ai genitori, qualche zaffata di canna, chiesetta e un balcone a lato del palco con tre vecchine molto attente ai ritmi sfoderati dalla band arentina. Tutto schiacciato in una realtà agricola così viva e così sanguigna che paradossalmente accoglie alla perfezione tutto questo rock’n’roll multietnico.
Il fumo alle 21.45 invade l’esile palco e i Negrita zompano su come dei ragazzini sulle note dell’intro “Pape Satan” già caldi per attaccare “Cambio”, giusto per dirci che gli anni non sono stati così feroci con loro e il grido di rivoluzione non si è ancora spento.

Ed è vero: il grido si sente ancora e si sente per tutte le due ore di show, ma è impossibile non accorgersi che ora è un po’ più pilotato e soffice. Il sound della band è ancora fresco e vivo, suona moderno e voglioso, ma anche patinato e ammorbidito. La “colpa” (se di colpa si dovesse trattare) è forse dei “nuovi” elementi: il tamarissimo John Type, scratcher e campioni, e il matematico Cristiano Dalla Pellegrina, batterista da quasi dieci anni con la band ma che pare un po’ spaesato sui classiconi più aggressivi. Pare che loro rimettano tutto in regola, rendendo più piacevole e morbida la “vibra buona”, una bella levigata per tutti i tipi di orecchio. A discapito però del calore e dell’esuberanza dei veterani Pau, Mac, Drigo e Franky.
La scaletta si destreggia principalmente tra gli album anni 2000 facendo spiccare lo splendore e la genuinità dei brani tratti da “HellDorado”: “Radio Conga”, “Salvation”, “Che rumore fa la felicità” e “Notte Mediterranea” tentano in ogni modo di scatenare un pubblico eterogeneo (e a dir la verità neanche troppo numeroso) più attento a “non far tardi che il giorno dopo si lavora” piuttosto che lasciarsi andare alla fiesta multirazziale ben arredata dal combo toscano. La scelta del dj è sicuramente adattata alla grande nei brani di nuova produzione, anche se per un romantico come me una bella sezione fiati e percussioni renderebbero anomala l’onda, molte volte strozzata dalla digitalizzazione.

I Negrita sono sicuramente a loro agio sul palco, è la loro seconda dimora e si nota. Tranquilli e sciolti in mezzo a questa piccola realtà contadina, che sembra farli sentire a casa. Pau stupisce per la grande espressività sprigionata dalle corde vocali, ma rimango un po’ incredulo quando si interfaccia con il pubblico, l’intrattenimento tra un pezzo e l’altro non è sicuro dei più riusciti.
“Il giorno delle verità” e “Uno giorno di ordinaria magia” sono i momenti di Drigo, chitarrista ipnotico e tecnicamente impeccabile. Sfodera un gusto straordinario nel suo finger picking che sa essere morbido e indiavolato al momento giusto. La vera punta di diamante di questa band è proprio lui, rizza i peli delle braccia ogni volta che accarezza le corde. Dietro le quinte Mac lo fomenta alla grande con un tocco più aggressivo ma mai invadente: i nostri Ron Wood e Keith Richards. Le chitarre però paiono spesso soffuse quando invece ci vorrebbe una bella spinta, “Transalcolico” e “Mama Maè” sono troppo omogeneizzate e appiattite. E sprigionate quel rock’n’roll che avete nel sangue!
Perfetto è invece il processo di “modernizzazione” di “A modo mio”, il reggae comanda le gambe dei presenti in piazza, l’unico momento in cui nessuno pare più pensare molto alla sveglia dell’indomani.

Le ballate sono intense e vere, altro sintomo che i Negrita lavorano col cuore. Gli episodi più riusciti arrivano a sorpresa dal loro ultimo (e a mio avviso mediocre) album: “Brucerò per te” è ruvida e spinge il corpo ad una danza lenta e riflessiva, sotto una luna che sopra di noi si fa spazio tra le nubi, una preghiera al cielo matura e passionale, e poi la splendida “La vita incandescente” dove Pau dimostra per l’ennesima volta di essere un grande paroliere, diretto e profetico. “Ho imparato a sognare” invece viene tirata fuori, troppo stridente e americana, e nonostante il grande coro da stadio resta una forzatura in una scaletta per il resto quasi perfetta.
“Gioia infinita” chiude il cerchio dopo più di due ore e la gente si scatena in questo ritmo fricchettone che apre pista alle note dell’outro “Baby I love you” (The Ramones), in cui i ragazzi poggiano gli strumenti a terra e salutano con enorme calore un pubblico di certo non memorabile.

Bene. Dopo tutto questo non saprei dire se i Negrita sono la migliore band italiana, lo pensavo fino a ieri. Sicuro posso dire che sono una band che se la vive bene in mezzo alle sue mille contraddizioni.
Però di questa serata ricorderò due episodi chiave che vanno oltre il sound e oltre il singolo show: le tre vecchine sedute sul balcone per le intere due ore e la schiena rotta del papà di fianco a me che si è subito l’euforia della figlioletta di 6 anni. E qui io mi fermo e mi inchino davanti alla potenza della musica pop.

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Note su ali di farfalla: notte per Federica e Serena

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Dopo Afterhours, Marlene Kuntz, Bandabardò, Brunori Sas, Pan Del Diavolo e Giorgio Canali, la serata di beneficenza dedicata a Federica e Serena, le due studentesse teramane scomparse sotto le macerie del terremoto aquilano, ospiterà in un sola serata un concentrato di stelle della scena musicale italiana: Calibro 35, Offlaga Disco Pax, I Cani, Bugo, Amelie Tritesse, Gesamtkunstwerk.

Il festival sta diventando un appuntamento fisso per gli appassionati di musica grazie al messaggio di solidarietà e altruismo che lo contraddistinguono e alla sapiente selezione dei gruppi, sempre onorati di essere ospiti della kermesse teramana; per dimostrare l’attaccamento che lega i musicisti alla causa, quest’anno sia gli Offlaga Disco Pax che i Calibro 35 hanno scelto la “notte per Federica e Serena” come unica esibizione per l’Abruzzo e le Marche, mentre I Cani, gruppo rivelazione della scena indie italiana molto sensibile alle tematiche dell’associazione, ha deciso di suonare per la prima volta nella regione adriatica, proprio sul palco della manifestazione teramana. Bugo ha scelto di tornare in Abruzzo per la seconda volta perché sensibile alle tematiche dell’associazione.

Le scorse edizioni hanno rilevato la presenza di migliaia di appassionati che attraverso il loro contributo hanno permesso all’associazione di devolvere importanti somme di denaro a favore di diverse realtà territoriali del volontariato e del terzo settore, quali l’associazione Cireneo Onlus per l’autismo, l’Associazione Italiana Persone Down – sez. di Teramo (presso cui operava Serena Scipione), la Croce Bianca Italiana – sez. di Montorio al Vomano (presso cui operava Federica Moscardelli). Il ricavato dell’evento di quest’anno sarà destinato all’istituto educativo assistenziale “Castorani” di Giulianova (Teramo).
Note su ali di farfalla è sia il modo migliore per raccogliere fondi a favore del volontariato e per ricordare Federica e Serena che un’occasione imperdibile per i musicomani abruzzesi a marchigiani.

Gli artisti sono disponibili per le interviste sia nei giorni precedenti al festival che prima e dopo il concerto, contattare il referente stampa per concordare data e orario.

Apertura dei cancelli ore 19 – inizio dei concerti sarà 19,30 circa.
Biglietti: prevendita 8 – botteghino 10
Info: 3405617185 – 3404005981 – www.federicaeserena.org
Referente per la stampa: Andrea Di Nisio – adinisio33@gmail.com – 320.611.98.45

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Dustman – Sad Baby Home

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Quanto peso diamo al packaging di un disco? E dai video promozionali? E agli abiti a puntino dei musicanti? Quanto il nostro orecchio al giorno d’oggi è influenzato dalla pagina Facebook e dal relativo spam che un gruppo spara in continuazione? Forse troppo, e forse stiamo perdendo il contatto fisico con la musica nuda, spogliata di ogni contorno. Come se tra noi e il suo corpo ci fosse una barriera che non ce la fa assaporare in pieno. Un preservativo che ci impedisce di godere della bellezza e semplicità di suoni che vivono da soli anche senza la giacca giusta e tanti finti amici digitali. Stiamo perdendo il contatto? Forse però non è mai esistita questa primordiale naturalezza nella musica pop. Ed non è proprio un controsenso dare del “pop” ad un uomo privato del suo vestito patinato?

L’uomo in questione ha una maglietta sgualcita in foto, ma si mostra in questo album più nudo che mai. Solo 71 amici su Facebook, un disco Verbatim con il titolo scritto a pennarello e una copertina ritagliata a mano e incollata posticcia. Il “naturalista” in questione si chiama Dustman, viene da Brescia e suona tutto lui in questo “Sad baby home”. Ad accompagnarlo (e a dare grande qualità) la voce celestiale, perforante e nebulosa di Elise.

Detto questo io altre informazioni nel web su questo personaggio non ne ho trovate, quindi mi limito a parlare di ciò che sento. Mi lascio trasportare dal lento flusso dell’album e annego la stupida foga di chi ascolta per giudicare.

“Mystic rain” apre le danze e ci porta lentamente sulle nuvole, da cui non scendiamo più fino alla fine. La voce di Elise ben si incastra agli onirici arrangiamenti del misterioso Dustman, e anche la title track rimane soffice nonostante accarezzi superfici più ruvide e patinate. La voce del compositore prende invece piede in alcuni episodi, più diretti e terreni (anche forse per la sua non perfetta intonazione) come la dilatatissima e inglesissima “Anything is lazy” che mi sarei immaginato però un pelo più chitarrosa. Quando poi i due uniscono le forze vocali nel blusaccio marcio ma (stranamente) trendy di “Little Mary” i White Stripes sono dietro l’angolo, ma rimandi celestiali vanno anche al (meraviglioso) disco sfornato dall’insolito duo Robert Plant e Alison Krauss. E poco importa se “Color TV” è imprecisa nell’esecuzione e naif per la poca pericolosità tra strofa e ritornello, tutto questo ci rimanda un po’ a terra e rende tutto meno fluttuante e più vero e carnale.

“Sad baby home” si barcamena nella sua totalità tra mura sconnesse e vento leggiadro, tra blues soffocato e la possenza della più facile musica leggera, tra ritmiche e atmosfere ipnotiche per esplodere nel finale con due gemme. “Black Sand” è orientaleggiante e sensuale, una passeggiata notturna nel deserto contornato da miraggi. “A horse in the sun” è poesia per le orecchie, tra Florence and The Machine e il miglior rock da cameretta dei Counting Crows (ah perché no, anche dei Perturbazione), il suo ritornello perfora tutte le barriere e la carne si mischia al fluire delle note.

Altro che precauzioni e rivestimenti farlocchi, questo è un disco intimo senza barriere o sorprese particolari. Un fiume di sonorità nude e allo stesso tempo incredibilmente pop. Che magnifico controsenso!

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Martinicca Boison – Marianne

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L’11 agosto mi è capitato casualmente mentre ero in vacanza di assistere a un live dei Martinicca Boison a Lama dei Peligni (Ch) durante una rassegna intitolata semplicemente “Festa della musica” che ogni anno ospita nomi di spicco del panorama musicale italiano quali Gang ed Extra.
La curiosità verso questo gruppo di cui avevo solo sentito parlare è stata pienamente appagata e non ho saputo resistere alla tentazione di comprare il loro ep “Marianne” ed una loro tshirt al banchetto del merchandising.
Questo compact disc, datato 2010, contiene purtroppo solo quattro brani (per giunta di brevissima durata) ma di certo non vi deluderà durante l’ascolto.
L’opening title track è una ballata melodica intrisa di atmosfere delicate che sfocia in un rock piacevole poco prima di un ritornello durante il quale la voce di Lucia Sergenti si intreccia con quella di Lorenzo Ugolini.
“Dumpalumpa” è una minisuite formata dal brano omonimo, da “Da da un pa” (scritta da B. Canfora / D. Verde) e da “Oompa loompa” (scritta da L. Bricusse e A. Newly); davvero un curioso esperimento insolito nel panorama musicale italiano.
“Pensieri di un pattinatore notturno (versione 2010)” è caratterizzata da bellissimi assoli dei fiati dopo un’apertura davvero particolare con la chitarra acustica.

Chiude il lavoro “L’invitato non è felice” registrata dal vivo presso l’Auditorium “Le Fornaci” a Terranuova Bracciolini in provincia di Arezzo il 23 Aprile 2010 in occasione dello spettacolo teatrale “LA vita è come un dente – musica, vita e parole da Boris Vian” che li ha visti esibirsi con Pierfrancesco Bigazzi.
Curiosamente il lavoro è stato interamente masterizzato da Dan Findley a Hong Kong presso il “Disuye”.
Erriquez Greppi della Bandabardò ha invece prodotto artisticamente i primi tre brani di questo ep che si presenta in una carina edizione in gatefold cardsleeve.
Se avete quindi la possibilità cercate di procuravi questo compact disc e magari cercate di andare a vedere questa band dal vivo, in una dimensione in cui offre sicuramente il meglio di sè.
Una piccola annotazione: il voto è dovuto solo alla breve durata del supporto e potrà apparire quindi fuorviante poiché questo è un lavoro davvero da non farsi sfuggire.
Qualche brano in più (magari almeno un paio) avrebbero giovato sicuramente ad accrescere il valore di questo già prezioso ep.

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Cursive – I Am Gemini

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Non cambia nemmeno una virgola nella storia sonante degli americani Cursive, nello shoegazer sono nati e con lo  shoegazer vogliono arrivare alla pensione, Tim Kasher non ne vuole sentire di “rifare il trucco” a questa band che dal 1997 non ha mai abbandonato l’estetica – oramai abbastanza datata – di un emo-core che ha dato tutto e che poteva funzionare appunto negli anni novanta, quello che è cambiata è la line-up della formazione del Nebraska e l’apparizione di Kasher stesso in alcune esperienze parallele ma nulla da certificare se non queste tredici tracce che fanno companatico dentro “I am Gemini” il nuovo e settimo disco in studio, ma che non fanno altro che eco e riassunto “delle puntate precedenti”, ovvero nulla di nuovo all’orizzonte.

Sempre perfetti nella coesione d’insieme e nell’impatto circostanziato, non hanno mai ceduto nulla, mai aderito ai dettami dell’industria discografica e dei media del settore, ma purtroppo ostinati a perseguire – in maniera poi ortodossa – i riferimenti della loro genesi sonica, come se non si sapesse che poi fossilizzarsi su di una formula super collaudata anche dai santi porta alla fine, all’oblio; loro intendono questo disco un concept in quanto, tra i solchi vive la storia di Cassius e Pollok gemelli divisi e abbandonati e che si ritrovano, anni dopo, al centro di una strana storia familiare, ma la parola concept è troppo grossa, e quello che rimugina sotto è un disco  – ovviamente con livelli e picchi professionali indiscutibili – di stanca, come se la band avesse finito la linfa creativa e sciolto i muscoli anchilosati.

La tracklist scorre quasi nell’indifferenza, Interpol e Bloc Party scorrazzano liberamente come spiritelli ispirativi “Gemini”, “Drunken birds” e “The sun and the moon”, mentre la tribalità esaurita di “Double dead”, l’isteria emo a giugulare espansa “Wowowow” e la catarsi mid-jazzata da un pianoforte “This house a lie” portano in evidenza un manifesto di leggerissima novità, un tentativo d’altro che invece si rivela aleatorio all’arrivo di “A birthday Bash” e “Eulogy for No Name”, ambedue elegie Lou Reediane che non fanno altro che puntare la loro antenna sonora verso il passato più che remoto.

I Cursive sono tosti, sono come le capre, o così o niente, e a pensare che tendenzialmente in tutto il mondo le pensioni le porteranno molto più in la col tempo fintanto che taglieranno pure l’emo e lasceranno solo il core. Forse in quel momento topico i nostri cambieranno strada. Forse.

 

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_resetfestival TORNA IL 7 E L’8 SETTEMBRE A TORINO

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Il _resetfestival torna a Torino venerdì 7 e sabato 8 settembre 2012 per la quarta edizione titolata FAMMI SENTIRE.
Forte della sua storia e della sua formula – 6 aree dedicate, 60 band partecipanti e 25 mila spettatori per l’edizione 2011 – il _reset è l’unico festival nel suo genere, autofinanziato e gratuito per il pubblico, che non cede alle lusinghe del mainstream o a ciò che è già affermato. L’obiettivo è dare lo spazio, i mezzi e un tempo dedicato ad artisti e progetti nuovi ridisegnando il concetto di piazza per la musica: tutto ciò che è emergente trova spazio in un luogo esteso come Piazza Vittorio. La piazza della città, solitamente riconosciuta come location per l’esibizione di artisti celebri ed eventi di brand, diventa, grazie a _reset, palcoscenico di ciò che merita attenzione a prescindere dalla notorietà.
Il 7 e l’8 settembre Torino sarà cornice di musica nuova e punto di riferimento per il circuito indipendente della penisola. Jazz, rock, elettronica, pop, in set acustico o elettrico, in solo, in duo o con una band: il _reset accoglie ogni genere e ogni formazione e diventa il luogo di una triplice possibilità, quella degli artisti di farsi sentire, quella degli addetti ai lavori di ascoltare e poter scoprire nuovi talenti e quella del pubblico di incontrare ciò che piace e sperimentare ciò che non si conosce. Un festival che esce dagli schemi tradizionali degli headliner e dei main stage, termini che danno per scontato la maggiore attrattiva di alcuni gruppi rispetto ad altri, per offrire spazio agli emergenti, cercando per ciascuno la collocazione ottimale.
Ecco quindi che il _resetfestival vol.4 per l’edizione #FammiSentire si amplia rispetto alla cornice consueta di Piazza Vittorio, portando eventi diversi in luoghi altrettanto diversi.
Dalle 17 alle 24 spazio ai concerti delle tre aree di Piazza Vittorio. Sul palco saliranno tra gli altri:
_ Venerdì 7: ExXtra, We Are Waves, Le Maschere di Clara, The Chicless, Arturocontromano e Thomas;
_ Sabato 8: Levante, Daniele Celona, Ila Rosso, Francesco C, Nymphea Mate, The Grooming, Karenina, Zocaffe, Toxic Tuna e Garden of Alibis.
La piazza sarà protagonista anche degli aperitivi serali, che coinvolgeranno tutti i locali dei celebri portici in un abbraccio di accoglienza ad artisti e pubblico.
Ogni pomeriggio il _reset sarà inaugurato alle 16.00 da artisti jazz e di classica contemporanea selezionati tramite il web per creare quell’atmosfera di intimo ascolto che ha decretato il successo di eventi come gli House Concert nell’insolita cornice del cortile della Fondazione Accorsi, in Via Po 55.
Le due giornate del festival si concluderanno invece con i decibel e l’innovazione di scena dalle 23 alle 3 del mattino negli spazi dell’arte, del design e della cultura di Bunker (Via Paganini, 0/200): il venerdì sera vedrà sul palco Barriera Hip-Hop (capitanato da Mastafive), Serpenti, 2 Fat Men e il sabato 10135, Killanation e Nadàr Solo. Ad accompagnare le esibizioni live al Bunker ci saranno poi dj set e live set di Gemini Excerpt DjLiveSet, Melody Makers, Saim0n, The Recommended, Giuliano Di Bello e Ste & Tato (RockTv).

_resetfestival crea per l’imminente edizione uno spazio oltre il palco grazie ai workshop presso lo Sharing Torino in Via Ribordone 12: sabato 8 settembre i professionisti di settore, particolarmente sensibili alla nascita di nuove realtà musicali, iscutono sulle tematiche che gravitano attorno alla musica al fine di fornire ai partecipanti reali strumenti per la costruzione e la gestione di una carriera attraverso una risposta a tre domande cardine:

10.30 – 11.45 Musica: DOVE LA METTO?
rispondono: Giordano Sangiorgi (Coordinatore Mei, presidente di Audiocoop), Max Monti (produttore artistico, Quintorigo), Pietro Camonchia (Manager e fondatore di Metatron Group).
In un’epoca in cui la produzione musicale è alla portata di tutti grazie alle nuove tecnologie, la crisi dei negozi di dischi e la non-soluzione degli e-commerce, unita, almeno in Italia, ad una diffusa mancanza di curiosità da parte del pubblico, il vero dubbio di ogni musicista nasce su temi come la distribuzione e il posizionamento della musica. E allora, la musica nuova che nasce dal basso, album o EP, cd, vinili o file, su quale vetrina ha senso provare a posizionarla? Nei negozi di dischi? All’autogrill a fianco della collection dei Queen e Gigi D’Alessio? Su i-Tunes e altri digital store? Al banchetto nei concerti?

12.00 – 13.15 Musica: COME LA PRESENTO?
rispondono: Salvatore Perri (CEO, Dunter), Giuseppe Ravello (CEO, Sounday Music).
Riuscire a farsi sentire in rete non è così facile! Il web insegna che a vincere sono due logiche: il denaro investito in un posizionamento/intasamento o la creatività (come quella degli OK GO con videoclip incredibili). Nell’attesa che almeno un membro della band diventi ricchissimo o che tra tutti si sforni l’idea del secolo, come si deve muovere in rete una band nel 2012? Un grandioso sito web? Mille profili social? Trovate di marketing o sistemi di coinvolgimento dei possibili fan?

13.30 – 14.45 Musica: DOVE LA SUONO?
rispondono: Melania Erigoni (organizzatrice, Keep On), Sem Ronzoni (fondatore, SplitGigs).
Riuscire a suonare in Italia è diventato sempre più difficile: l’investimento da parte dei locali si è ridotto e sempre più spesso si sostituisce la musica dal vivo con i dj. Le situazioni pubbliche, come i festival estivi, hanno subito una contrazione notevole e raramente investono su formazioni “senza nome”. I booking sono subissati di richieste e sempre meno propensi ad investire sul rischio di una nuova formazione. Che fare? House concert? Scambio di date con altre formazioni? Emigrare all’estero? Suonare gratis rinunciando ad ogni idea di vivere di musica?

I workshop, gratuiti ma con ingresso limitato, saranno accompagnati da degustazioni offerte da M**BUN e WOK’N’ROLL. Per info e prenotazioni scrivere a info@reset.to.it con oggetto mail partecipazione workshop.

La musica del _reset nasce come playlist condivisa dall’Associazione Culturale VERVE, anima organizzativa del festival, e dagli addetti ai lavori dello scenario torinese e milanese. L’edizione 2012 ad oggi vede la collaborazione di Fondazione Arezzo Wave, Keep On, Metatron, M**BUN, Wok’n’Roll, Mei, Sounday Music, SplitGigs, Novelune, Simultanee, Urban The Best, Dunter, Sharing Torino, Bunker, Pepper Music, Barriera HipHop, La Goccia, Livinpics, Miscela Rock Festival, Officine Brand, Pronto Taxi 5737, Wok’n’roll, Audiocoop Piemonte, Torino True, Mole24, la partecipazione di Aperol Spritz, Dada Service, FattoreQ, Merula, Undesign, Livinpics, il supporto dell’Associazione Commercianti di Piazza Vittorio e la collaborazione di un gran numero di persone tra tecnici e personale organizzativo: tutti musicisti e parte integrante di quel panorama artistico cui il festival vuole dare voce.

Per info e contatti
www.reset.to.it
info@reset.to.it
Facebook: facebook.com/resetlabel
Twitter: @_resetfest
Pinterest: pinterest.com/resetfest Ufficio Stampa a cura di Simultanee
Clara Calavita
340/4187646
clara.calavita@gmail.com
www.simultanee.it
press@simultanee.it

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Disquieted By – Lords Of Tagadà

Written by Recensioni

Di ritorno da una delle tante sagre che colorano l’estate toscana, dopo qualche birra di troppo, mi vedo attratto da uno scintillio di luci, mi avvicino e mi ritrovo in uno di quei lunapark itineranti che cercano di alleviare il lavoro dei genitori “badando” ai bambini per qualche minuto, giusto il tempo di un giro in giostra.Camminando tra gli anfratti di quel “paese dei balocchi”, mi ritrovo davanti alla sua più classica giostra: il tagadà (quella nella quale ci si siede su divanetti posti nel perimetro di un cerchio e questo inizia a girare) e scopro, con abbastanza stupore, che i ragazzini di oggi, invece di occupare i posti sui seggiolini, partecipano ad una sorta di gara che decreterà il più macho tra tutti, consistente nel riuscire a restare in piedi al centro della giostra e a cadere per ultimo, dopo tutti gli altri.

Dopo aver, come i signori con il cappello che commentano i lavori nei cantieri, fatto una breve telecronaca del nuovo sport più in voga tra i teenager, sono rimasto catturato dal movimento del tagadà: pulito, casuale e a tratti quasi ipnotico.Non a caso quattro ragazzi fiorentini con la passione per il punk rock hanno usato il nome di questa giostra per intitolare il loro primo album, Lords Of Tagadà, appunto.

I Signori Del Tagadà sono i Disquieted By da Firenze che, con i loro giri di batteria sempre puliti e ben registrati, non possono non piacere ai cultori del genere.Il loro rock, che ricorda dei The Hives (si ascolti, una su tutte, Argentina Mon Amour, la seconda traccia dell’album) è allegro, quasi “schizzato”, come il rock dei colleghi svedesi.È quel rock che non riesci a non ballare, quello che ti fa saltare come se fossi sui quei tappeti elastici che trovi anch’essi tra le giostre dei lunapark.

La bravura di questi quattro ragazzi è stata quella riuscire ad accostare la “pulizia” della loro musica con la casualità della stessa e dei brani dell’album. La loro è una melodia inaspettata e ben eseguita che si infila nelle orecchie e raggiunge direttamente le gambe, impedendogli di stare ferme. Come se le ipnotizzasse.Quale titolo migliore per il loro primo lavoro, quindi, se non Lords Of Tagadà.Mi auguro per questi Signori della Giostra, i Disquieted By, di riuscire ad essere gli ultimi a caderci, dalla giostra, perché se lo meriterebbero, e che i ragazzi smettano di andarci, ho visto dei “voli” che li raccomando.

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Alessandro Ristori con i suoi Portofinos – Ibrido

Written by Recensioni

Non ho mai recensito per voglia, ma soprattutto per –  chiamiamola – etica professionale, dischi o altro materiale che portassero all’ascolto cover o altre mercanzie prese in prestito, ma – è non è mera debolezza – arriva il momento, o meglio, il disco che ti fa ravvedere e rivoluzionare le tue idee. Il canagliesco motivo per sottolineare queste parole lo ha dato “Ibrido” il disco dello shower romagnolo  Alessandro Ristori con i suoi Portofinos, una forza catapultata dagli anni 50/60 degli urlatori rockers, una sferzata energetico-memorabilia che ti piomba addosso come un Juke-box  della Wurlitzer o della Rock-Ola per incantarti con pezzi mito di una generazione in bianco e nero che fa tutt’ora massa con l’elettricità dei ricordi e di gioventù evergreen.

L’entertainements dell’artista Ristori è quello delle balere, dei ballroom di provincia e delle incommensurabili notti pregne di amori, estati col cuore in gola e ragazze da aspettare o lasciare in qualche angolo della propria vita giovane, ma anche un disco di scatenamento, di rock’n’roll puro, “indiavolato” da ore piccolissime ed albe addormentati su qualche moscone testimone di chissà che cose; due inediti “La donna uomo” e “Sentimento” e una valanga di successi senza età registrati in live session che ti iniettano argento vivo e stringono il cuore per quel fascino da “i migliori anni della nostra vita”, quel ping pong sonoro entusiastico tra Italia del boom economico e l’America della brillantina a chili che rimane lassù tra le stelle con qualche lacrimuccia dolciastra.

Tra ricordi di Gino Santercole, Celentano, il Clan, Don Backy e tutti quei 45 giri pirati per allora, tra le tante perle della tracklist, “Il tuo bacio è come il rock”, “Rock around the clock” di Bill Haley & His Comets”, l’intramontabile “Volare”, una versione scollata di “Ciao ciao bambina” portata al successo da Tony Dallara, una Felliniana e  trasognata “Dolce vita (in Via Veneto)/Tequila” o una appassionata Presleyana da lato B “Giorni d’estate” e moltissimo altro ancora a far leva su decadi di splendori originali al di la dell’Oceano e “felici imitazioni” tricolori, da Bobby Solo, Little Tony, Ricky Shayne, tutte materialità straordinarie che Ristori, nel rutilante mix di rock, shake e urletti di questo suo gran bel disco, ci regala come a rivivere una vita mai vissuta in fondo, “fino in fondo”

Cercate questo music-box, datelo in pasto allo stereo, impomatatevi i capelli e Good Rock N’Roll Forever!

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