Poesia e delirio. Il quarto disco di questo immensamente geniale cantautore americano, figlio della fragilità e della solitudine profonda, è uno stato allucinatorio continuo di sommo brivido; Tim Buckley crea un clima scarno, al limite dello zen, scevro da ogni appiglio effettistico, crudo ed estasiato, un viaggio sonoro all’interno metafisco della coscienza per arrivare ad uno stato nirvanico sofferto, costipato. Prodotto da Herb Cohen, “Lorca” è dedicato al poeta spagnolo, musicato solo con una chitarra elettrica e una dodici corde acustica, un piano elettrico e sparute percussioni; l’artista si studia, guarda dentro di sé come in uno specchio, e indaga sulle sue inquietudini, incubi, scheletri, e lo fa con l’innocenza di un iniziato che va alla ricerca del proprio io, trasferendo nella voce il richiamo ancestrale della verità. Un disco proto-psichedelico verso i confini dell’auto-analisi, una prova personalissima per misurare la drammaticità della non-melodia in uno stato d’incoscienza, per soppesare l’Universo nella specificità di “conduttore primordiale” di gioia e amarezza. Diviso tra il male di vivere e la voglia di rinascere, Buckley con John Balkin, Underwood e Collins – la band che lo accompagna – fa della suggestione dolente il piatto forte di queste cinque tracce,che non concedono minimamente nessuna occasione di essere penetrate da spiragli mercantili o quanto meno da rotazioni di massa; tutto sa d’arcaica preveggenza di un futuro incerto e di un qualcosa che sarà interrotto. Il canto-vocalizzo di Buckley sonda l’angoscia filtrata attraverso il giro nero e ipnotico d’organo ossessionante Lorca, poi viene deglutito nelle salivazioni acide e acri dei deserti del vuoto e della solitudine Anonymous proposition; il senso di desolazione e di nullità è prepotente, beffardo e sardonico, ma un leggerissimo soffio di vitalità arriva con l’incoscienza di una mezza serenità umana di congas e melodia I had talk with my woman, si consolida teneramente nel soliloquio di chitarra svogliatamente blues in riva ad un mare – raffigurazione onirica della vastità di una vita dove potersi perdere per sempre rimane il solo espediente per sparire – Driftin’, fino ad arrivare all’esplosione-implosione di Nobody walkin’, in cui Buckley da vigore alle sue corde vocali in uno strepitoso poeticale gipsy impazzito, pezzo con il quale, il cantautore confonde totalmente la sua asetticità , il suo torpore drammaturgico, nascondendo – per poco – la sua vera disfatta interiore dietro un raggio di sole che non lo scalderà mai. Disco stupendo, basilare; qualcuno affermò che Buckley fu per il canto ciò che Coltrane fu per il sax, Hendrix per la chitarra e Cecil Taylor per il piano, e a questo punto, ogni parola in più è del tutto superflua.
redazione Author
Chester Gorilla – Solo Guai Ep
A noi piacciono così, visionari e amplificati, assolutamente genuini nel loro grattar di voce che fa balance tra hard-blues, convulsioni rap, sofferenze di corde elettrificate e tesissime e scatarri punkyes, pruriti heavy e stati calorici inimmaginabili, si, ci piacciono cosi questi palermitani Chester Gorilla, qui al loro primo passo ufficiale “Solo guai Ep”, cinque tracce intrise di utopia e amore per un certo dosaggio psichedelico influenzato dai sixties, da qualche icona di quella decade, anche contrapposte – come Eric Sardinas e Uriah Heep, e che comunque vanno in brodo di giuggiole a contatto con i woofer dell’impianto stereo.
Dopo una serie di rimaneggiamenti nella line-up, ora il quartetto siculo è al massimo della forza d’insieme, testimoniata, se non altro, da questa tracklist ottimamente sporca, grezza e vissuta come si deve, un insieme di pezzi che bruciano sul sacro altare del rock contaminato e riverberato, una scheggia sonica che aggroviglia orecchi e sublima certi amarcord inconfessabili di vecchi rockers; una formazione che riesce a stabilire un buon convivere tra sounds storici e il vezzo underground, un certo romanticismo elettrico con una dolce violenza di pedaliere; e per fare il confronto basta apprendere da “Another day” la lascivia hard-blues alternata di primitivi T.Rex con bridges di cordami Zeppeliniani, lo shuffle Litfibaniano messo a pareggio con lo sviso alla Humble Pie “Voglio solo guai”, “Genio della lampada”, lo speed battagliero rap di “Che me ne fotte” traccia a confine immaginario col gioiello dell’intero lotto sonico, “Sometimes”, magnifica sospensione “ubriaca” e smaniosamente stonata che si struscia e finisce in una eiaculazione svisata, degna sensazione dei grandi olimpi Heavy-metal, delle insaziabili scaricate di energie, d’anime e diavoli.
Questa voce al comando dei CG, diabolico trasporto tra le vene gonfie di Manuel Agnelli e il Kelly Jones degli Stereophonics, si raccoglie, incanta e comincia a girare su sé stessa, cala l’oscurità e la dilatazione-riverbero si fa incontrollabile, mentre il resto della band si da da fare per ucciderci con un’overdose di droghe col jack.
Chester Gorilla are: Danilo Lombardo voice, Daniele Caviglia guitar, Filippo Caviglia bass and Gabriele D’Armetta drums.
The Maniacs – Cattive madri
Trentanoveminutiequarantacinquesecondi di rock sverginato a sangue, intimo, crepuscolare e nemico di quelle formule a gomma americana tutta euforia, incoscienza e licei da imbrattare a spray, a proporcelo sono i The Maniacs, trio lombardo che percuote l’anima irriverente e incazzata di una porzione generazionale che sa ciò che vuole e quello che può dare; “Cattive madri” è l’uscita discografica ufficiale, un muro di suono sincopato che si materializza nel circuito infuocato di una tracklist grassa di quattordici tracce, fulmini e saette introverse allo stile Verdenico o – magari più discostato – sulle diatribe soniche dei Ministri, una forte reprimenda distorta ai cultori della canzonetta e dei ritmi mosci dell’indie concettuale.
Registrato in presa diretta in modo da conservarne al millesimo la forza primaria, il disco “entra” nell’udito come un sacramento laico da rispettare, un materico giro di distorsioni e poesia afflitta che agita stomaco e cervello, suoni compressi e dilatati che si mettono in gara per una manipolazione di sentimenti e rabbia decisamente guerriera; donne, femmine, l’altra metà del cielo come tappeto lirico, cori e imbastiti di chitarra elettrica si accavallano su sogni Deftonici e incubi ariosi alla Bellamy, atmosfere Corganiane e Anni 90 che si colorano e scolorano ripetutamente come al segno preciso di una centrifuga che inghiotte tutto e tutti senza vergogna, un “riflettuto incitato” che sprofonda in cima ad un’incredibile trionfo di estetica nera, oscura nelle viscere, maledettamente figa.
La loro rivelazione è arrivata al nostro esame nel momento in cui, ormai, non ci speravamo più, dal sole al crepuscolo e presi alla sprovvista tra intimismi domestici e cose di poco conto, mentre queste tracce si sono prese un posto di tutto riguardo tra il nostro orecchio ed il rock più blandamente tradizionalista che possa circolare intorno; il cardiopalma sincopato di lapilli “Scivola via”, “Il lungo addio”, il rullo di batteria che scalda atmosfere poco raccomandabili “Intermezzo # 1”, la serpe in seno che si completa dentro “Odio”, il fuori pista diagonale del suono storto e vagamente latin “Tu eri, io ero” o lo shuffle punkettaro che frusta “Mi sembra di impazzire”. Per galleggiare un po’ bisogna attendere il passaggio di “Aria”, traccia numero undici che consegna alla piccola storia underground nostrana una band forte anche sul versante triste e fragile, stranamente dolceamara ma certificatamente sincera e ottimale.
Cattive Madri potrebbe essere inequivocabilmente il disco-off dell’anno, maturo e pronto a salpare su “mari sonici” molto più spanciati e spettacolari.
Buried Dogs – Happy Melodies
Ormai siamo a metà Maggio ma il freddo e queste continue piogge mi rimandano con la mente a Novembre inoltrato, periodo di funghi e castagne, di freddo e foglie secche e l’umore, per chi è come me meteoropatico, segue a ruota.
Devo correre ai ripari!
Devo iniziare a rendermi conto che tra poco inizierà il periodo delle tante feste della birra di paese, delle serate all’aria aperta, dei picnic in qualche prato dimenticato da Dio.
Iniziare a mettere pantaloncini corti e chiudere la giacca nell’armadio mi sembrano mosse un po’ azzardate; meglio puntare tutto sulla musica!
Per giungere al mio scopo ho bisogno di un album ritmato, allegro, che riesca a far spuntare il sole anche durante un acquazzone… Trovato: “Happy Melodies” dei Buried Dogs!
Il titolo già promette bene.
Infatti, dal primo ascolto sono catapultato in un Giugno fatto di viaggi in macchina con i finestrini abbassati verso la più classica delle serate estive: un falò sulla spiaggia. Sono salvo!
I miei ‘salvatori’, i Buried Dogs appunto, sono un gruppo nato dall’iniziativa di Mauro Buratti (Bassista de ilNucleo) a cui si aggiungono Daniele Prandi (Batteria), Alessandro Stocchi e Leonardo Canovi (Chitarre), il cui primo album esce a fine 2011 ed è destinato ad accompagnarmi per l’estate del 2012.
L’uscita di “Happy Melodies” è stata preceduta da due singoli che esprimono al meglio la portata dell’intero album: “I Like Elvis” e “D Time”, un misto tra Weezer, OK Go e Foo Fighters: chitarre veloci e melodie ultraorecchiabili.
C’è anche un po’ di anni sessanta in questo album: “Torpedo”, traccia numero nove del lavoro, ha il sapore delle prime cinquecento, dei vestiti bicolore e porta con se quella frizzantezza propria di quella decade, dove i ragazzi ballavano per il gusto di ballare e cantavano per il gusto di cantare, si sapevano divertire insomma.
Come sono certo si sappiano divertire questi quattro ragazzi.
Le loro “melodie felici” esprimono tutta quella forza e spensieratezza che caratterizzano noi, quei giovani dal futuro incerto che non vogliono farsi abbattere da un Maggio piovoso.
La mia estate è salva!
ZIPPO: Nuovo Tour Europeo
Ad un anno dalla pubblicazione di “Maktub” e del relativo tour europeo, i progressive sludge rockers pescaresi tornano a varcare i confini, questa volta sfiorando l’impresa eroica. 11 date in 10 giorni a cavallo tra Austria, Svizzera, Germania, Repubblica Ceca, Slovenia, Croazia, Ungheria e Italia.
18.05.2012 – Pmk, Innsbruck (AT)
19.05.2012 – Coq D’Or, Olten (CH)
20.05.2012 – Graf Hugo, Feldkirch (AT)
21.05.2012 – Mighty Bar Velbloud, České Budějovice (CZ)
22.05.2012 – Klub Gromka, Ljubljana (SI)
23.05.2012 – Kset, Zagreb (HR)
24.05.2012 – Roham Bar, Budapest (HU)
25.05.2012 – Ann And Pat, Linz (AT)
26.05.2012 – St. Helena Doomfest, München (DE)
27.05.2012 – Punky Reggae Pub, Treviso (IT) * show pomeridiano
27.05.2012 – Rock ‘n’ Roll Club, Bolzano (IT) ** show serale
Per maggiori informazioni, consulta l’evento facebook: http://www.facebook.com/events/250310165061844/
TRUNERA ROCK SUMMER FESTIVAL 2012
8,9,10 GIUGNO 2012, Piazza Paolo Rossi, San Giuliano Nuovo (ALESSANDRIA).
Sito edizione 2011: www.trunerarock.com – www.facebook.com/trunerarockfestival
Venerdì 8 Giugno
Endgame
Dirty wings
The Inspector Dj set (dalle 00,00)
Sabato 9 Giugno
Conal Doyle
Sintomi di gioia – www.sintomidigioia.it
Marco Notari & Madam – www.marconotari.it
Bunna Dj Set (Africa Unite) – (dalle 00,00)
Domenica 10 giugno
Dada Tra
Gianluca De Rubertis (Il Genio) – www.gianlucaderubertis.it
Il Disordine delle cose – www.ildisordinedellecose.it
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Torna anche quest’anno dall’8 al 10 giugno 2012 il Trunera Rock Summer Festival, giunto ormai alla sua sesta edizione.
Una rassegna che fin dal 2007 si pone l’obiettivo di dare spazio ai nomi più importanti della scena musicale alternativa italiana. Dalla prima edizione ad oggi sono saliti sul palco del festival artisti del calibro di Paolo Benvegnù, Dente, Fratelli Calafuria, Bugo, Giorgio Canali, Edda, Perturbazione e molti altri. Il Trunera Rock si oppone all’onnipresenza delle cover band e propone musicisti veri, che hanno il coraggio di scrivere e diffondere le proprie produzioni. La crisi del mercato discografico impone ai musicisti odierni di avere un rigore e una disciplina impensabili. Il musicista del 2012 è una persona in cui, sempre più spesso, convivono svariate abilità (scrivere, suonare, organizzare, programmare pagine web). La musica POP continua a porre la ricerca al centro della propria attività. Il Trunera Rock è l’evento adatto al pubblico attento (lontano dai talent show televisivi) che oggi, nella provincia di Alessandria ed in Piemonte, ha sete di cultura. Come di consueto, anche quest’anno il festival darà spazio a realtà sia locali che nazionali.
La rassegna si aprirà l’8 giugno con una line-up dedicata alle più interessanti realtà della scena locale. Sul palco si alterneranno gli Endgame e i Dirty Wings, con un dj set a chiudere la serata.
La serata del 9 giugno, dopo l’apertura degli alessandrini Conan Doyle, darà spazio ai big. Sul palco saliranno i Sintomi Di Gioia, una delle band più promettenti ed interessanti a livello regionale. Dopo il primo album “Segnalibro”, uscito nel 2008 e prodotto artisticamente da Cristiano Lo Mele (Perturbazione), nei prossimi mesi vedrà la luce il loro secondo lavoro, che vanta la prestigiosa produzione artistica di Umberto “Moltheni” Giardini. La band alessandrina presenterà in anteprima sul palco del Trunera alcuni brani del nuovo album. A seguire sarà la volta di Marco Notari, accompagnato come sempre sul palco dai Madam. Il cantautore è reduce da una stagione particolarmente fortunata, che lo ha confermato come uno dei fenomeni indipendenti dell’anno: il suo terzo album “Io?” (Libellula/Audioglobe – 16 settembre 2011) ha incantato la critica ed è stato seguito da un tour invernale di oltre 40 date ad impatto zero in collaborazione con Lifegate, mentre il singolo “Le stelle ci cambieranno pelle” (un duetto con Tommaso Cerasuolo dei Perturbazione) è stato programmato in alta rotazione su Radio Rai 2 ed il suo videoclip si è aggiudicato il P.I.V.I. 2011. Inoltre a marzo 2012 è uscito il nuovo ep, “La terra senza l’uomo”, in collaborazione con la LAV e Greenpeace. Dal vivo Marco Notari & Madam propongono un concerto in equilibrio tra le sonorità nordiche ed anglosassoni più contemporanee ed il miglior cantautorato italiano.
In chiusura di serata spazio al dj set di Bunna. Fondatore e cantante degli Africa Unite, con tutta probabilità la più importante reggae band italiana, Bunna proporrà il suo esplosivo dj set che non ha bisogno di presentazioni.
La rassegna si chiuderà il 10 giugno con una serata ancora una volta ricca di nomi interessanti. Apriranno le danze gli alessandrini Dada Tra. Sarà poi la volta di Gianluca De Rubertis, leader de Il Genio e con il suo primo disco solista “Autoritratti con Oggetti” (Niegazowana/Venus) uscito a fine marzo. Gianluca de Rubertis è certamente uno dei musicisti più apprezzati e stimati della musica indipendente Italiana degli ultimi anni, ed il suo disco d’esordio è un lavoro di rara bellezza, in cui l’autore gioca a giocare con le parole, con le parole che si fanno donna, con le donne che si fanno amore e con gli amori che si fanno parole. Le prime reazioni della stampa sono state entusiastiche (L’Unità, La Stampa, XL, Rumore, Radio 1 ecc.). Accompagnato da una “super” band il concerto di Gianluca è fatto di atmosfere buie, luci improvvise e spazi dinamici in cui la voce tesse un silenzio scuro e intimo. Un live che restituisce tutto il languido che il magnifico disco contiene.
L’onore di chiudere la serata e la rassegna spetterà quindi a Il Disordine Delle Cose, band che ha fatto del live il suo punto di forza, con una performance dal vivo di rara intensità che ha consentito al sestetto di conquistare negli anni un gran numero di estimatori. A due anni dal disco d’esordio e dopo un tour di oltre 100 date tra il 2009 e il 2010, la formazione di Novara torna con un nuovo album, registrato e mixato in Islanda a pochi chilometri da Rejkjavik presso il Sundlaugin Studio con l’ingegnerizzazione di Birgir Jòn Birgisson, manager e fonico dei Sigur Ros. “La giostra” (Cose in Disordine/Audioglobe) è uscito il 29 febbraio 2012, ed ha già incantato la stampa specializzata. Le magiche sonorità verranno riproposte dal vivo in un concerto davvero imperdibile.
Il TRUNERA ROCK FESTIVAL è organizzato dal Circolo Arci Paolo Rossi. Direzione esecutiva: Fabrizio Bovone. Direzione artistica: Luca Grossi ( Sintomi di gioia).
MAIN SPONSOR: Comune di Alessandria, Provincia di Alessandria, Fondazione Cassa di Risparmio di Alessandria, Fondazione CRT, Uniware srl
KEEPON 100%LIVE CLUB FESTIVAL 2012
Venerdì 25 e sabato 26 maggio 2012
Circolo degli Artisti – Via Casilina Vecchia 42 – ROMA
Il più grande raduno di Live Club Italiani dedicati alla MUSICA DAL VIVO
25 MAGGIO
ore 16.00 // meeting riservato esclusivamente ai direttori artistici degli oltre 100 Live Club aderenti al Circuito KeepOn
ore 21.30 // finale Contest Red Bull Tourbus – ingresso gratuito
26 MAGGIO
ore 16.00 // Festival aperto al pubblico con 15 CONCERTI delle migliori band live italiane + premiazioni KeepOn 100%Live e premio miglior voce Voxyl + i direttori artistici dei migliori locali e festival italiani a disposizione di musicisti, agenzie di booking e operatori del settore per tutta la giornata – ingresso 5 euro
ON STAGE (in ordine alfabetico):
Bologna Violenta
Boxeur The Coeur
Camera 237
Drink To Me
Eva Mon Amour
Everybody Tesla
Honeybird and The Birdies
Il cielo di Bagdad
Leitmotiv
Lodo (Lo Stato Sociale)
Luca Gemma
Management del Dolore Post Operatorio
Maria Antonietta
The Cyborgs
The Zen Circus – showcase acustico
Underdog
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Si terrà venerdì 25 e sabato 26 maggio, la terza edizione del KeepOn 100%Live Club Festival. Dopo le prime due edizioni che si erano svolte esclusivamente al Live Club di Trezzo sull’Adda, KeepOn aggiunge un appuntamento in centro Italia in un altro dei live club più prestigiosi ed importanti: il Circolo degli Artisti di Roma. Il festival come di consueto rappresenterà un’opportunità unica e imperdibile per chi fa musica per conoscere di persona gli addetti ai lavori legati al mondo della musica dal vivo in Italia e presentargli di persona il proprio progetto. Alla terza edizione del festival sono attesi infatti oltre 100 live club, 50 agenzie di booking, festival, etichette discografiche e radio che danno spazio alla musica dal vivo, in qualità di rappresentanti della musica originale italiana live.
La due giorni partirà nel pomeriggio di venerdì 25 maggio, con un meeting riservato ai direttori artistici degli oltre 100 live club aderenti al Circuito KeepOn, che avranno modo di confrontarsi sullo stato della musica dal vivo in Italia attraverso una serie di workshop e incontri strettamente professionali. Concluso il meeting, il locale verrà aperto al pubblico per la serata in cui si terrà la finale del Red Bull Tourbus Chiavi in Mano, in collaborazione con Red Bull.
Sabato 26 maggio i cancelli si apriranno alle 16.00 per il festival vero e proprio. Fino alla mezzanotte si alterneranno molte delle più importanti live band italiane scelte secondo le votazioni mensili raccolte durante l’anno in tutti i live club del Circuito. Tra di loro Zen Circus, Maria Antonietta, Bologna Violenta, The Cyborgs e moltissimi altri. Inoltre per tutta la giornata, come di consueto, i direttori artistici dei migliori locali e festival italiani saranno a disposizione di musicisti, agenzie di booking ed operatori del settore.
Ai concerti si alterneranno le premiazioni, in cui verranno assegnati i premi KeepOn 100%Live sulla base delle votazioni raccolte durante tutto l’anno ed espresse dai direttori artistici dei locali aderenti al Circuito KeepOn. Già annunciati il premio per il miglior gruppo live assegnato agli Zen Circus, il premio per il miglior tour vinto dai The Cyborgs e i premi per le migliori rivelazioni live conquistati da Drink To Me, Lo Stato Sociale e Maria Antonietta. Nei prossimi giorni verranno annunciati anche il premio per il miglior musicista live ed il premio miglior voce Voxyl votato dagli speaker delle radio che trasmettono il format KeepOn e da una giuria tecnica formata dagli esperti dei laboratori Voxyl Voce Gola specializzati nello studio della voce.
SUL WEB: www.keepon.it
UFFICIO STAMPA: Libellula Music – press@libellulamusic.it
Per conoscere gli hotel convenzionati è possibile visitare:
www.wikihostel.it
www.happycamping.net
Las karne murta – Dirty Swing
L’estate è alle porte, per quanto questa primavera incerta continui a disilludere le nostre speranze di pomeriggi assolati, ombelichi scoperti e festival a suon di birra ghiacciata, sudore e buona musica.
Un contesto perfetto per la musica dei Las Karne Murta, band parmense decisamente rodata, visto che dagli esordi del 1999 a oggi vantano più di trecento esibizioni dal vivo, con spettacoli in Romania, Svizzera e Spagna. La formazione è dotata, quindi, di un’esperienza e di una maturità artistica che emergono magistralmente in questa quarta fatica discografica, Dirty Swing: 15 tracce che si susseguono una dopo l’altra piacevolmente, senza momenti down, senza rischiare di annoiare l’ascoltatore.
Le ispirazioni sono ricche e variegate, dallo swing al cool jazz, da Paolo Conte alla Bandabardò, soprattutto per la costruzione letteraria, dagli Apres la Classe alle Nuove Tribù Zulu e Roy Paci e Aretuska, soprattutto per le ritmiche e la presenza degli strumenti a fiato.
E c’è davvero di tutto in questo lavoro, sul piano delle influenze musicali e delle ispirazioni liriche, per altro confezionate su tre lingue diverse, francese, italiano e inglese a seconda dell’atmosfera da ricreare, su tematiche per lo più amorose, con descrizioni di vita quotidiana, delicate e realiste.
La lingua è elemento primariamente musicale che collabora alla resa melodica di ogni brano.
Forte e marcatissima l’influenza jazz, dello swing fumoso anni ’30, come il titolo lasciava supporre, soprattutto nella traccia di apertura, forse ironicamente chiamata Rock’n’roll, e in Dead Meat. Pas avec toi e Basso ventre, invece, si connotano più per i ritmi di bossa nova, col suo levare cadenzato e apparentemente irregolare e le percussioni legnose, mentre non manca il rock vero e proprio in About my Jane, con l’aggiunta di qualche sterzata funky in Collant.
E questa babele di suoni estivi, freschi e danzerecci, non sarebbe completa senza una matrice ska, come in Out of Control, Adesso non so, Tropical Club e El pero per coco, quattro tracce tutte da ballare o per lo meno dondolarsi sulla poltrona.
Gli arrangiamenti sono intricatissimi e perfettamente curati: doppie voci, fiati, un cantato che si muove con disinvoltura dalla pura resa melodica al parlato.
Se questi ragazzi suonano dal vivo con la competenza tecnica e l’energia che viene fuori dalla registrazione, come il loro curriculum farebbe comunque supporre, bisogna solo sperare che vengano a suonare vicino a casa e correre a sentirli.
Hank – L’aria è tesa
Il trio campano formato da Edoardo Frigenti chitarra e voce, Tommaso Siniscalchi basso e Mario Carillo alla batteria, per tutti nella musica Hank è in pista con “L’aria è tesa”, ed è una verità sacrosanta, tutto è teso ed elettrico in queste nove tracce che cavalcano senza sella le fisime interiori dei Verdena e i morsi sinceri del grunge visto dalla sponda Pearl Jam, coordinate sonore che miscelano chitarre furiose, fiatoni sostenuti, ritmi cocainomani che, anche se vanno a confezionare un contenuto lontanissimo dal far urlare qualsiasi novità, si attestano sufficienti per live-set tarantolati e worm-up calorosi.
Ma – c’è sempre un ma – gli Hank, con tutto il rispetto dovuto ad una band che comunque agita qualcosa, fanno parte di quella fittissima schiera di gruppi che hanno il formato espressivo del “siamo tutti uguali e senza speranze”, che arrivano trafelati da quei iperattivi ascolti multipli formativi – in questo caso i due gruppi sopracitati – e li ripropongono a sfinimento senza una minima personalizzazione, e di conseguenza quello che ne esce fuori è la stessa cosa di un air-guitar contest, un fedelissimo coveraggio tale e uguale all’originale che non ha senso né vita lunga; eppur la forza d’animo c’è, il pugno rock pure, la distruzione d’impeto altrettanta, e allora perchè sciupare tante energie ricalcando stereotipi che fanno solamente venire voglia di accantonare questo prodotto e di andare a ricercare gli eroi, gli unici dei ispiratori ?
Dicevamo nove tracce che sono la lezione imparata a memoria del compito del giorno, poche elaborazioni, molti watt sporcati dai distorsori, testi in italiano che s’incazzano a dovere; a parte il pathos Soundgardeniano della ballata “Tutto sa di umido”, la destabilizzazione calma che ronza sotto “Canzone di febbraio”, il resto della compagine sonora è vissuta dai sussulti cinetici delle grandi pedaliere eccitate e degli ampli che – a parte il Pelù che balzella epilettico in un quadrangolare metal in “L’immagine perfetta” – guardano a quella Seattle Bergamasca come un souvenir d’import/export sonoro.
Grande forza collettiva, ma sprecata invano, speriamo in una crescita.
Villa Aperta: Festival di musica pop, electro, rock
Per la terza edizione di Villa Aperta, il festival di Villa Medici interamente dedicato alla musica pop, electro, rock, abbiamo scelto di presentare una vasta selezione di gruppi, con collaborazioni inedite tra musicisti francesi, italiani e inglesi, le ultime reclute delle migliori etichette di musica elettronica francese, e di alcuni grandi nomi del rock.
Nell’arco della tournée europea, il duo americano Chairlift fa tappa a Roma in occasione dell’apertura del festival il 31 maggio, dopo il successo del loro album Does you inspire you (2008) e la canzone culto «Bruises», il duo, in precedenza trio, torna con Something (2012) che continua ad approfondire il loro synthpop spettinato e raffinato. Il cantante franco-algerino Rachid Taha, che si è esibito in concerto a Villa Medici nel 2010, sarà il secondo ospite della serata; prendendo ispirazione dalla raï, dalla chaabi, dalla musica techno, dal rock ‘n’ roll o dal punk. Attualmente, sta registrando un nuovo album (in uscita nell’autunno 2012) del quale condividerà con noi qualche pezzo, riservandoci così anche delle sorprese.
La serata del primo giugno propone un incontro tra una delle figure del rock francese, Michel Cloup, il cui ultimo album Notre Silence (2011) ha fatto parlare a lungo di lui, e il compositore e musicista italiano Teho Teardo, noto sia per le sue colonne sonore di film (Il Divo) sia per le sue collaborazioni con Blixa Bargeld, Girls Against Boys, o con Graham Lewis dei Wire, che saranno poi il fiore all’occhiello di questa seconda serata.
Sfruttando i circuiti di un pop perfetto o percorrendo i confini della musica sperimentale, il gruppo, ormai leggendario, piace nello stesso modo in cui turba, e dimostra una creatività instancabile con Red Bark Tree (2011).
Il 2 giugno promette di essere una serata molto speciale. Come le due precedenti edizioni, il festival lascia carta bianca ad una casa discografica francese. Quest’anno Ed Banger & Record Makers, che coesistono da molto tempo, si incontrano a Villa Aperta per riunire un gruppo eccezionale di artisti come Turzi, Krazy Baldhead, e special guest, le star della musica elettronica moderna francese Kavinsky e SebastiAn. Conosciamo già Kavinsky (Record Makers), il cui ammaliante «Nightcall» (mixato anche da SebastiAn) ha girato il mondo come colonna sonora del film Drive. Creatore, come anche Justice, della sua «Ed Banger», SebastiAn è certamente il suo rappresentante più atipico, non esitando mai dal sovvertire le regole per offrire la techno sporca e violenta del suo primo album Total.
In occasione di Villa Aperta, Villa Medici apre le sue porte a questi artisti eccezionali e promette una delle più memorabile esperienze «all’aperto» sul Pincio.
Facebook.com/Villa.Aperta
Programma
Giovedì 31 maggio
Chairlift / Rachid Taha
Venerdì 1 giugno
Michel Cloup / Teho Teardo / Wire
Sabato 2 giugno
Serata Ed Banger/Record Makers : Turzi Electronique Expérience / Krazy Baldhead / Kavinsky / SebastiAn
Info
Ingresso 15 €| Pass 3 serate festival 35 €
Apertura delle porte ore 20.00. Inizio concerti ore 21.00
Prevendita biglietti a partire dal 8 MAGGIO su Greenticket.it e presso la biglietteria di Villa Medici: tutti i giorni (tranne il lunedì) 10.30 – 12.30 | 14.00 – 18.30.
Efram – Il silenzio è d’argento
Sono tornati in quei pochi metri quadri di quella saletta di Airasca, ora chiamata il Nanhouse Studio, dove sono venuti alla luce anni fa, e incidono il loro nuovo disco interamente strumentale, una forma musicale in bilico tra post-rock e rinascite a tempo determinato di wave consumate; loro sono gli Efram, formazione piemontese qui con il nuovo disco “Il silenzio è d’argento”, una dinamica che – fregandocene alla grande di tutti i calcoli, sigle, codici e DR qui o la – vogliamo valutare cosi, semplicemente ascoltando e registrando le emozioni che ci arrivano dai suoni o dai timbri e dando delle “impression” su quei numeri messi al posto dei titoli in tracklist e ai posteri poi l’ardua sentenza, se posteri si incontreranno..
Un fluido elettrico e sensorialmente ondifrago prende tutti i quasi trenta minuti del giro disco e si è portati a concentrasi sull’attività strumentale in crescendo, che man mano lievita e penetra come un solstizio amaro e laconico in tutti i pori dell’immaginazione, in tutti gli anfratti dell’ascolto; tutto sommato difficile resistere al fascino muto di questa basicità interiore e solinga, da una parte vive un romanticismo liquido e amniotico, dall’altra, invece, esplosioni elettriche, disperazione e goduria di scosse porpora che abbagliano di cromatismi allucinati, una guerra tra forza e dolcezza che in sette melodie rarefatte fanno l’amore senza una pace decretata. Ovvio si sa da sempre che un disco “instrumental” può sempre correre il rischio sacrosanto di non essere consumato e tantomeno albergato nella memoria, ma questi Efram glissano il pericolo in maniera egregia, forse per la non pesantezza lirica o magari per il tocco strumentale che rimane sempre e comunque sospeso sopra la testa dell’ascolto, comunque tracce, emozioni e pads tecnici che non deflettono da un’etica che rimane rigorosamente post-immaginationally.
A voi provare il volo che gli Efram vi propongono, a voi il piacere di decifrare tra i numeri della list quale siano gli stati sonori più idonei per attraversare il loro mondo di “correnti elettriche” e radenti pronunciati; dall’1 al 7 è tutto uno sviluppo di armonico e vibrazioni che all’inizio danno un pizzico di apatia, poi una volta “fatte parlare in silenzio” le adotti come personali lezioni di volo.
Immaginariamente bello, realmente altrettanto.
Seaside Postcards – Seaside Postcards
I Seaside Postcards, cresciuti nella florida scena musicale pesarese, esordiscono con questo ep talmente pieno di citazioni dai mostri sacri del rock che sembra di poter attingere da un enciclopedia musicale (con particolare riferimento alla new wave post punk dei primi anni ottanta).
Bassi distorti alla Fugazi o alla Joy Division ma con sounds molto più moderni incastonati a chitarre oniriche e a cantati spaziali si alterneranno in cinque tracce di cui vi innamorerete al primo ascolto.
“Strange days” non ha nulla a che fare con l’omonima hit dei The Doors, anche perché questi ultimi si sa non facevano grande utilizzo del basso elettrico, mentre questo brano sembra esser stato suonato da sua altezza Peter Hook in persona.
Il cantato parlato di “Ocean” fa pensare subito ai Sonic Youth anche se manca il rumorismo eccessivo della grande band newyorkese.
Tuttavia l’anima sonora dei Seaside Postcards sembra rifarsi più alla scena musicale della Manchester anni ’70 – ’80 anche perché il fantasma di Ian Curtis sembra aleggiare sempre su ogni nota suonata da loro.
“Summo” nelle prime note sembra essere invece uscita dalla penna di Robert Smith ma dopo una breve pausa si velocizza trasportandovi su atmosfere che sanno più di Bauhaus o Joy Disaster.
“Ruins” invece forse è stato più condizionato da un ascolto ripetuto di Franz Ferdinand e Blur anche se credetemi con il brip pop anni novanta / duemila ha poco a che vedere.
La particolarissima “Friederich” chiude con i suoi ritmi alla “Killing an arab” dei The Cure un piccolo capolavoro indie che secondo me troverà la sua maggiore forza nei concerti senza la necessità di avere alle spalle del gruppo una scenografia massiccia, basterebbero in mia modesta opinione poche proiezioni in bianco e nero minimaliste come la copertina.
Questo ep omonimo, autoprodotto, registrato e mixato nell’estate 2011 presso lo Studio Waves di Paolo Rossi insomma, pur essendo la prima prova su disco di questa band è già pieno di idee brillanti, controtempi favolosi e riff graffianti che sapranno ammaliarvi nella loro semplicità e genuinità.
Li attendo con ansia alla seconda prova ma sono sicuro che sapranno confermare quanto di buono già ascoltato in questi cinque pezzi.