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Sabba & Gli Incensurabili – Nessuno si senta offeso

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Finalmente un qualcosa che ci tiene fuori per un tot di minuti dagli orrori della TV, dalla politica ipocrita e – meno male – dalla musica senza idee, e l’occasione di questo qualcosa ce la forniscono i campani Sabba & Gli Incensurabili, musicisti pazzoidi che incrociano Elio e le storie tese e l’have fun attitude su storielle amaramente buffe alla Smash Mouth, un teatrino musicale di musica e cabaret che si espande su territori di sensi, controsensi, giochi di parole, piacionerie e verità tra i denti, tutte stipate come un lotto di San Marzani in “ Nessuno si senta offeso”, disco dalla tracklist dinoccolata, storta e piacevolissima su vizi e  – poche –  virtù di personaggi spalmati su sfighe e particolarietà.

Dentro atmosfere blues, rock , pop, il colpaccio di Sabba e C. si perpetra in men che si dica, tutto procede con eccitazione e verve, un concentrato di istrionismo e rimandi che sdogana il chiuso dei soliti clichè per presentarsi con un carico di canzoni ed intenti che in fine risultano pregni di sostanza e bellezza capovolta, anche perché solo così un certo tipo di “musica visionaria” può essere veramente lievitante, e qui di companatico immaginario c’è n’è da vendere; per raccontare tutti i “gossip” di questo registrato bisognerebbe uscire con un allegato, ci limitiamo a trascrivere l’emozioni e le caratteristiche comunicative che Salvatore Lampitelli – questo il vero nome di Sabba – sciorina come un crooner scoppiettante che sa dare allegria a tasche piene a chi l’ascolta, specie se si fanno due conti in tasca a “Eva” quando la condizione di cornuto è tutto sommato un trofeo, quando la sfiga di un lontano Baggio contro un Del Piero  brucia ancora “Un’opinione stabile”, più in la l’esigenza di far prendere aria – fuori dai jeans – allo strumento da fiato per antonomasia “Il mio kazoo”, il ritmo rock- jazzato per la richiesta di una marchetta all’Assessore  comunale da parte di un panettiere “Benedetta pazienza” o la cover allucinata di “Via con me” di Paolo Conte, tutto fa parte di questo spettacolo che i nostri campani ci regalano come una promessa di continuità.

Storie dentro, fuori, ai confini urbani della realtà, Sabba & Gli Incensurabili sono immaginifici, arrivano, incantano e partono come un treno all’alba strapieno di suoni, risate e umori che danno anche quel senso di gloriosa nostalgia prog anni settanta che dietro i voli di flauto traverso “Che casino là fuori” ancora ci garantiscono, fino all’ultimo minuto, la saggezza dell’ironia.

 

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Pois Noir – EP

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L’italiano è una lingua che si modella difficilmente su una canzone, specie quando l’attenzione al testo è tale per cui è complesso sostituire una parola con un’altra senza che si perda l’esatta sfumatura di senso che si voleva dare.
Nell’alternative rock italiano, poi, si ha spesso la sensazione che sia già stato detto tutto, tanto nelle liriche, quanto nelle sonorità.
I Pois Noir, quattro ragazzi di Castiglione delle Stiviere, in provincia di Mantova, sembrano patire un po’ proprio questa situazione. Fare alternative in Italia, ultimamente, è sinonimo universalmente accettato di impegno socio-politico e di riflessione generazionale. È la nostra Italia, ci sta, ma è anche vero che quando ci sono gruppi come i Ministri, Le luci della centrale elettrica e il Teatro degli Orrori, è veramente difficile sperare di poter dire qualcosa di nuovo, di almeno altrettanto incisivo e con la stessa profondità e competenza tecnica.
Lungi da me suggerire di rivoluzionare i testi accecandosi di fronte ai fatti quotidiani della nostra penisola o fingendo di non essere membri di una generazione tendenzialmente precaria e oscillante tra rabbia e frustrazione: dico solo che è molto difficile dare un contributivo significativo senza rischiare di essere un’altra voce persa nel coro degli indignati.
C’è grande attenzione ai testi nelle canzoni dei Pois Noir, probabilmente scritti addirittura prima della musica, visto che non sempre gli accenti quadrano perfettamente con l’andamento musicale (una cosa che personalmente trovo fastidiosissima) e si sente la ricerca di un sound personale, che si discosti un pochino dalle sonorità del rock nostrano, con l’aggiunga di tastiere spesso con funzione più rumoristica che melodica e il ricorso a ritmi in levare, ma manca qualcosa.

In un brano come Il banchetto dei nuovi dei, ad esempio, manca un po’ di personalità vocale, visto che, per quanto la capacità tecnica emerga con forza, timbro e linee scelte ricalcano troppo quelle di Davide Autelitano dei Ministri e di Samuel Romano dei Subsonica.
Thumbs up invece, per la costruzione di Tempo: ritmo veloce e incalzante, tastiere che arpeggiano ipnotiche, un bel ritornello molto orecchiabile e strofe arrabbiate (l’unica pecca, proprio a voler fare i pignoli, è che le parole un po’ si perdono a causa della velocità).
Facilmente l’occidente è proprio l’esempio di come si possano dire cose anche di un certo spessore, anche espresse bene, con attenzione e con passione, ma non a sufficienza, finendo per essere banali e ridondanti: il ritornello non aggancia abbastanza l’attenzione dell’ascoltatore, la traccia passa e non lascia nulla. Peccato.
Più personale è Svanisce (l’anima), con dei bei cambi di tempo e di registro vocale, dall’arioso e melodico (con tanto di cori a rinforzare l’armonia), all’amareggiato, urlato, sforzato.

Molto più tirata, cattiva, veramente indignata, ma anche meditativa è Agorafobia, un tempo staccato piuttosto veloce, riff di chitarre di poche note ma efficaci, una chiusura netta ma armonicamente sospesa, che dà l’idea di un ritorno, ciclico, di questa situazione soffocante, come se, sconfitti, ci rassegnassimo al nostro destino.
L’impressione complessiva è che i Pois Noir sappiano giostrare meglio le canzoni veloci, chitarrose e furibonde. Ho la convinzione che questi ragazzi siano veramente bravi e che abbiano davvero qualcosa da dire, ma che debbano ancora trovare una strada più personale per riuscire ad affiorare sul mercato indipendente.

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La Bella è la Bestia: il nuovo concept-album dei Syndone

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29 aprile 2012: i Syndone presentano il nuovo album La Bella è la Bestia (AMS/BTF). Un ritorno importante per la band torinese guidata dall’inarrestabile Nik Comoglio, compositore e tastierista che ha rimesso in piedi il gruppo nel 2010 dopo anni di silenzio. Dopo il concept Melapesante, il disco della “ripartenza” di due anni fa, arriva La Bella è la Bestia: un nuovo lavoro concettuale ideato da Riccardo Ruggeri, incentrato sul simbolismo della fiaba di Beaumont del 1756 e aperto a varie interpretazioni e suggestioni. Per questo nuovo album – il quarto nella carriera del gruppo – i Syndone tornano alla formazione in trio degli anni ’90, ma con maturità e fantasia in più: Nik Comoglio (tastiere), Riccardo Ruggeri (voci e concept) e Francesco Pinetti (marimba, vibrafono, percussioni) sono l’organico base che ha orchestrato il lavoro creando il migliore scenario per i diversi personaggi interpretati dal vocalist.

I tre si avvalgono di numerosi ospiti, comprese sezioni di celli e fiati che rendono La Bella è la Bestia un’affascinante ed enigmatica opera di rock progressivo moderno, in perfetto equilibrio tra energia e raffinatezza, impatto rock e orchestrazione sofisticata. Tra gli ospiti spicca un nome leggendario: Ray Thomas , flautista e vocalist degli indimenticabili Moody Blues, che ha suonato il flauto traverso in Tu non sei qui e Orribile mia forma. La registrazione è avvenuta in Inghilterra con la partecipazione del popolare produttore Greg Walsh (noto in Italia in particolare per i lavori con Lucio Battisti). A Londra è stato effettuato anche il mastering del disco, nei celebri studi di Abbey Road.

Melapesante ha avuto lusinghiere recensioni dalla stampa italiana ed estera: numerosissime testate come Jam, Progression, Rockerilla, IO Pages, Arlequins e Koid 9 hanno apprezzatol’eclettismo dei Syndone. Questa dote è ancora più marcata in La Bella è la Bestia, attesissimo da critica e pubblico di tutto il mondo . Dichiara orgoglioso Nik Comoglio: “È sicuramente un album più maturo e presenta un sound più rock, ricco ed omogeneo di Melapesante; sono molto soddisfatto del risultato raggiunto perché credo che abbiamo centrato in pieno l’obiettivo che ci eravamo proposti al momento della scrittura, ovvero tentare la via del concept-album senza cadere nell’anacronistico. Questo lavoro rappresenta l’idea di come noi intendiamo la musica prog nel 2012”.

Info:

Syndone:
http://www.syndone.it

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“Diamonds Vintage” Primal Scream – Screamadelica

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Era rimasto un pò sulle sue Mr. Bobby Gillespie dopo che non era riuscito a marcare stretti gli anni Ottanta ed i fratelli Reid a bordo dell’esperienza dell’album Psychocandy con i Jesus & Mary Chain, e così in quattro e quattr’otto, riafferra per la collottola la vecchia band di Glasgow, i Primal Scream, e dopo una piccola turbina di Ep per nulla fortunati, approda al 1991 con il disco della svolta totale, Screamadelica, il giro di boa che lascia alla spalle le costernazioni e le fisime shoegazer per abbracciare melodie sixties, languori psichedelici, il sound inglese influenzato dal r’n’b pienamente debitore agli Stones.

Basta col romanticismo sfigato della wave, meglio la Madchester spigliata, pazza e piena di vita, omaggiante fino alle viscere al mixed-up di stili rivoluzionari, sangue misto tra rock, pop, house, black music, e lo scandaloso repertorio Stonesiano che riempie ancora le bocche bacchettone di benpensanti mai piegati agli anni; un disco che è una rivolta sensuale da tutte le angolazioni, pop ballabile che si fonde nella lussuria di un rock a tratti selvaggio, a tratti spurgato, Stoogies e Beatlesmania che vanno a braccetto con la dance senza cadere nel ridicolo, anzi con la velleità che anche facendo due passi di danza si può sempre rimanere duri e puri come un dio comanda. Ogni pezzo è un singolo, una hit a sé, tutto fa muovere il corpo e la testa, undici tracce che si inchiodano nell’immaginario collettivo come fossero un arcobaleno cromatico campionato su basi calde e oscillanti che i produttori stessi – Hugo Nicolson, Jimmy Miller e gli Orb – definirono “una divagazione al di sopra dell’inaspettato” e mai parole furono più sincere.

L’espansione goduriosa degli Primal Scream si mette in mostra in tutte le sue forme eccentriche, dal gospel dai labbroni alla JaggerMovin’on up”, “Loaded”,  alla psichedelica di stampo Sly & Family StoneSlip inside this house”, dalla ballata sorniona sull’alito di un sax complice “I am comin’ down”, al languore blues “Damaged”; se poi ci inoltriamo nella “discoteque” che Gillespie e soci amplificano a rotta di collo “Shine like stars”, “Don’t fight  it, feeel it” il cerchio si completa, ma non si chiude, il mondo conoscerà ancora pulsazioni vitali e dure di questa stupefacente formazione che già a messo a mollo le cosidette “bollette” in un futuro fatto di lampi “Swastika eyes” e saette “Miss Lucifer”, il techno-punk che ancora rimbomba nelle orecchie di moltissimi.

L’Urlo primordiale, che violentò le forze fisiche tra dance e pietre rotolanti, lacerò per anni le notti folli di junkyes cotonati.

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Neurodeliri – Quello che resta

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 Un disco che tiene fede al 100%  al suo nome, certo, che cosa resta di intero dopo il passaggio tsumamico dei  toscani Neurodeliri con il loro debutto “Quello che resta”? Difficile dirlo, facile constatarlo, basta mettere una mano sui coni stereo e verificare che il punto di fusione del loro catraminico punk.rock è a livelli high, e allora tanto vale raccoglierne le schegge impazzite e ricominciare daccapo a decifrarne il caos fulmicotonato che la tracklist offre come un’ostia sconsacrata di adrenalina e vituperio organizzato.

Punk-rock diremo d’ordinanza, che si allinea alla media alta che sbraita e distorce il suono ma che sotto sotto ha un cervello pensante, non una accolita di sbavanti no-future boys tutti spille, borchie e sputacchiamenti come spurghi antagonisti, ma una di quelle formazioni casinare e impegnate, quell’insieme di suoni a manetta che si ribellano alle merde di una società ladra, che crea fantasmi, solitudini a barre, contradizioni e veleni, un cuore pompante tra jack e flangers sanguigni e mai sanguinari; nove tracce , una piccola insurrezione elettrica in grado di ritagliarsi risultati incredibilmente alti che fanno emergere il quartetto ben al di sopra dell’affollato contesto “nostrano”, uno degno spazio di riconoscibilità dove prevalgono riff a lametta, percussioni a maglio, indignazioni ed ansie di una generazione alle strette, alla morsa di una violenta malinconia.

Magari una leggera monocromia in più della sequenza tirata gioverebbe, ma anche così – stiamo parlando di un esordio – la carica da espellere dal dentro si fa ulteriormente le ossa, e se le fa con l’arma convincente dell’essere in quattro ma un tutt’uno, una forza fisica e fibrillante che non cede un buco nella tessitura sonica, compatta, muraglia di suono che ti sbatte in faccia tutta la repulsione di un sistema marcio, fradicio e da abbattere; chitarre a sfinimento nella titletrack, giochi di corde metal “Niente di più”, “Where we will end up”, la ballatona alla Nicklbeck che chiosa in “Nel vuoto” o lo spirit-core che agita, malmena e scuote “Stop us!”, questi i principali sintomi del malessere che i Neurodeliri mettono alla gogna, senza depistaggi, dentro il loro primo affacciarsi sulla grande platea virtuale, che se in questo disco tanto, nell’atmosfera live dovrebbe prendere letteralmente fuoco.

E ancora quello che resta del loro passaggio è un mucchietto di cenere, amanti del punk-rock okkio, ci sanno fare davvero!       

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In Her Eye – Anywhere Out The World

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Il freddo e una buia città industriale. Verrebbe subito in mente la pioggerellina fastidiosa e costante dei sobborghi polverosi di Manchester. Ma qui tutto ci riporta alla densa nebbia della Val Padana e ai grigi uffici, ornati come templi al dio denaro.
In Her Eye è un gruppo di Milano, di nome e di fatto. Il loro primo full length “Anywhere Out Of The Word” ci riporta in realtà in un mondo molto vicino a noi, anzi a pochi kilometri dalle nostre case e perennemente proposto in tutti i telegiornali. Un mondo triste, debole e noioso, specchio di una realtà dalla fragile spina dorsale.
I tre ragazzi provano faticosamente a trasportarci in posti lontani, utilizzando ossessivamente vecchi trucchetti come voce offuscata e chitarre vetrose ma il risultato rimane molto statico, una timida rassegnazione al freddo della città, matematica alchimia tra Inghilterra new wave anni 80 e America noise anni 90 e non decolla quasi mai. Solo quando la melodia spezza gli schemi, come in “It’s Not A Game To Fall”, sembra intravedersi qualcosa aldilà di questo grigio, uno sputo di luce che trafigge la nebbia.

Il prodotto rimane comunque ben registrato, nonostante qualche imprecisione tecnica ognuno fa il suo buon mestiere da impiegato senza troppi “straordinari“, senza la pericolosità di un rischio che dovrebbe essere invece necessario. A spiccare la chitarra di Stefano, che pare aver studiato meticolosamente le lezioni di The Cure e Sonic Youth per ottenerne sempre un buon frullato omogeneo di onirici arpeggi e prepotenti pennate.
Il disco non ha mordente e passa lento, freddo e macchinoso nelle sue 14 tracce (un po’ troppe?) per poi chiudersi con il magistrale feedback di “Flying Away” che arriva come un lampo che colora le casse dello stereo. Tiepida speranza di rivedere presto la faccia dei tre impiegati più incazzata e pericolosa, anche a costo di rompersi la fragile spina dorsale.

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Disclose – Survive?

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I Disclose tornano a farsi sentire con un disco nuovo di zecca, ovvero “Survive?”. Trattasi di un concept album che mira principalmente ai problemi della nostra società, delle varie difficoltà che va incontro e sui disagi che crea. Molto probabilmente, tenendo conto delle condizioni in cui viviamo nel nostro paese, il concetto di “Sopravvivenza” è più che azzeccato, perché effettivamente per come vanno le cose è quello che stiamo facendo, tra tasse, rincari, cattiva politica e conseguente crisi.

Musicalmente i Disclose sono maturati, è vero che non c’è nulla di innovativo in questo disco ma è comunque suonato bene e con personalità. Il sound dei Disclose oscilla tra l’ Hardcore, il Nu e l’ Heavy Metal, il disco suona forte e predispone di riff possenti e aggressivi; l’ unica pecca è che a lungo andare sembra un po’ ripetitivo, però è garantito che con ascolti più approfonditi si colgono delle chicche non indifferenti. In “Survive?” c’è una buona prova della maturità dei Disclose, la loro tecnica si è affinata diventando più precisa; i Fan di band come Biohazard, Cataract e Black Flag apprezzeranno senza alcun dubbio il lavoro dei Disclose. Anche se non molte melodie sono coinvolgenti, c’è da dire che la band ha saputo giocarsi le carte in tavola. Un ultima osservazione va all’ art work dell’ album in cui rappresenta uno scarafaggio che si presuppone scappi dalla società e dalle sue eventuali trasformazioni. Insomma, “Survive?” è un buon disco di ottima fattura, non bisogna fare altro che prestargli un po’ d’ attenzione.

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LE CASE DEL FUTURO: MIRANDA E’ IL PRIMO SINGOLO

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Gusto indie anni ’00, psichedelia e beat italiano sono le fondamenta su cui poggiano LE CASE DEL FUTURO. Testi in italiano, fortemente evocativi, in una sorta di pastiche postmodernista fatto di immagini a colori contrastanti.

“MIRANDA” – Official Video
http://www.youtube.com/watch?v=eWGxCfO7EtE

 

Nel singolo MIRANDA lo sfondo è quello della new wave. La melodia è indovinatamente catchy,  con un ritornello di quelli da canticchiare tutto il giorno. Decadenza e pop coesistono perfettamente.

 

Ne LE CASE DEL FUTURO trovate tutto questo.

Giovanissimi, ma con le idee molto chiare, si formano nel 2007 a Brescia, dove da subito si ritagliano un ruolo di primo piano nella ricca scena musicale locale. Nel 2010, sotto la direzione di Pierluigi Ballarin (The Record’s) e Stefano Moretti (Pink Holy Days), realizzano un omonimo EP presso il TUP studio.

Il loro primo album è LUCERTOLE uscito il 14 FEBBRAIO 2012 su etichetta DISASTRO RECORDS (Il Genio, Girl With The Gun, Il Lato Beat, Nicolò Carnesi).

 

Queste le prime date del tour nazionale:

4 Febbraio 2012 – Vinile 45 (Brescia)

18 Febbraio 2012 – Edonè (Bergamo)

6 Marzo – Rocket (Milano)

9 Marzo – Cafè Guapos (Domodossola – VB)

30 Marzo – Arci Tom (Mantova)

19 Aprile – Magnolia (w/Jessie Evans) (Milano)

24 Aprile – Moby Dick (RadioDue – Roma)

Giugno – MIAMI (Milano)

 

DISASTRO Records – Official Site

http://www.disastrorecords.com/

 

 

ufficio stampa
PROTOSOUND POLYPROJECTwww.protosound.net

L’ALTOPARLANTEwww.laltoparlante.it

 

 

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Violassenzio – Nel dominio

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Non è vero che tutto il rock armato di spirito psichedelico o – se vogliamo anche includere – con le visionarie attitudini della forma allucinatoria – è uguale, forse lo è nello spirito di chi lo fa, ma c’è sempre visione e visione, e quello dei ferraresi Violassenzio è straordinariamente particolare, ottima perché ha le forze e le credenziali idonee per incontrare favori e gradimenti anche da chi il genere non lo ciancica e tanto meno lo deglutisce.

Nel Dominio” è il secondo work che la formazione veneta ricompone per dialogare elettricamente con il pubblico, quattordici tracce che – a parte la bulimia esponenziale – partoriscono un appagamento  quasi cantautorale e d’udito eccellente, che non si rassegna ad essere solamente un flusso costante di rock amplificato, ma baricentra pure un’ossessione sociale, un malessere che dal profondo dentro sfocia in un’illusione massificata, la spersonalizzazione umana in cambio di un codice a barre che si appunta nello spirito imperfetto di chi da sopra gestisce e omologa pensieri ed espressioni che si vorrebbero in libertà.

Non ci sono punti di fuga, il suono indelebile dei Violassenzio è un approccio forte ad una certa metafisica amplificata che si unisce a filo rosso con il brivido delle pedaliere, struggenze ed esplosioni incandescenti si susseguono come cavalli indomiti in corsa, figlie di quell’impressionistica che trova – scorrendo i brani della copiosa tracklist – la precisione e la determinazione di un disco arrivato per restare a lungo nella scaffalistica underground di smalto; l’onirico grigio topo Kuntziano “Rinchiusi in una scatola”, “Nelle fabbriche”, il pathos agrette di una wave alla NeonAmo chi sogna”, la dolcezza di un ricordo di un lontano BenvegnùCome un risveglio” oppure lo scatto di un orgoglio anfetaminico e liquido che esplode in “E’ un paese per vecchi”.

Un bel disco che non vuole rimanere solo un bel disco, ma una performance a tempo determinato per compattare “il dentro ed il fuori” di una società malsana con l’arte del suono a traiettoria di bengala, per illuminare metamorfosi e cazzoni di potenti nei loro loffi intenti; ma poi arriva “Solo nei sogni” e quello che mancava per riflettere sul repertorio di questa band, arriva come un subbuglio di bellezza che non solo tramortisce il cuore, ma lo spalanca come fosse un sole di mezzanotte, che nelle loro visioni dei Violassenzio esiste anche se noi non lo vogliamo vedere.

Magnetico come pochi e che ci fa dare “i numeri” senza pietà.

 

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Ruben – Il lavoro più duro

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Onestamente non avendo seguito molto – per niente – da vicino le uscite discografiche precedenti del cantautore veronese Ruben, mi è più facile – senza andare a cercare a ritroso – soffermarmi e capire l’evoluzione di quest’ultimo suo lavoro discografico “Il lavoro più duro”, e l’impegno promesso ad un ascolto distaccato, si fa invece attento e interessato, propenso a venire a capo di queste bellissime quattordici tracce che ospitano in ognuna di esse un personaggio, un modo di pensare e vivere tra il trasognato ed il reale, un colorato set di ritmi e stili che mutano e scandiscono una tracklist coinvolgente.

Tutto gira intorno “al lavoro”. estasi e tormento dell’uomo di sempre, carico delle sue noie asfittiche e delle sue illusioni ad ombrello, storie e fisionomie ciondolano qua e la in un’anagrafe Calvinica che si fa teatro cantautorale e story teller di poetica sfigata e dolce che si mischia in un’estetica straordinaria dove Ruben appare e scompare come un crooner urbano che tratteggia sensazioni ed emozioni più che marcate; non una di quelle solite associazioni d’idee che restringono il cantautorato a fattore di pesantezza o, quando va bene, di paranoia, ma un nutrito pugno di canzoni che divertono, relazionano e si fanno cromatismo vivace tra l’orecchiabilità indie e l’esuberanza di un’artista che si mette anche in gioco con una buona dose di pop, e le previsioni sono più che ottime.

Bennato, De Andrè, Rino Gaetano, De Gregari, sono gli eroi che attraversano questo concept niente male, dove l’ìmportanza del “messaggio” ha un preciso colore lirico, spezzoni, frammenti di vita che si fanno riconoscere in un mediocre killer chiamato Carletto “Killer (un assassino a pagamento)”, in un prete in crisi d’identità “Prega per me (un prete)”, il tex-mex che corre dietro all’avvocato mistificatore “Vinceremo (un avvocato)”, la ballata folk di un sindacalista “confuso” tra impegno e donne in fermento “Primo Maggio (un sindacalista)” o il rock’n’roll del camionista Macho On The RoadMammolo (un camionista)” e chi più ne ha più ne metta, un disco da vivere con la sincera sfacciataggine delle imperfezioni naif, quelle piene d’ironia e acido muriatico soft.

Pierfrancesco Coppolella Ruben, qui con i musicisti Carmelo Leotta e Michele Gazich, declama il lavoro come un festeggiamento della particolarità umana, ci riesce e ne fa un quadretto sonoro entusiasmante che si consiglia a tutti, anche a chi – purtroppo – un lavoro non lo possiede o non lo cerca. 

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MARCO NOTARI & MADAM – secret tour maggio 2012

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GUARDA IL TEASER

Per prenotarsi è necessario inviare una mail a info@secretconcerts.it indicando nell’oggetto a quale secret concert si intende partecipare e nel corpo della mail il proprio nome, cognome ed e-mail + un numero di cellulare sul quale vi sveleremo l’indirizzo della location.

Dopo un tour di quasi cinquanta date per presentare l’album “Io?” (Libellula/Audioglobe) uscito a settembre 2011, ed in attesa del tour estivo, Marco Notari & Madam affrontano a maggio un mini tour di secret concerts in giro per l’Italia. I secret sono concerti che si svolgono in abitazioni, case private, luoghi insoliti. L’artista esegue il suo repertorio con un set acustico ridotto, adattato alle esigenze del luogo, e il pubblico ha l’occasione di averlo ad un passo da sé e di ascoltare la sua musica così come è nata, in una atmosfera intima e raccolta. Il luogo in cui si svolge il concerto è segreto e viene svelato solo a chi si prenota per la serata.

Nei secret Marco e la sua band proporranno in versione acustica brani estratti dai tre dischi “Oltre lo Specchio”, “Babele” ed “Io?”. Inoltre tutti i partecipanti ai secret riceveranno in omaggio tramite una seed card lo speciale album “Canzoni segrete”. La seed card è una download card completamente eco-compatibile e biodegradabile, su cui è riportato un codice unico che consentirà di accedere ad un’area riservata del sito www.marconotari.it da cui scaricare un album di 11 brani contenente b-sides, versioni live e altre rarities legati alla carriera dell’artista, resi disponibili solo per i partecipanti ai secret concerts. Ogni seed card contiene inoltre un seme che chi desidera potrà piantare e coltivare, nel pieno spirito del tour ad impatto zero di Marco Notari & Madam in collaborazione con Lifegate.

Il secret tour sarà accompagnato infine dall’uscita del nuovo videoclip “La terra senza l’uomo”, realizzato da Marcello Saurino in collaborazione con Greenpeace e LAV.

L’ingresso alle serate costerà 10 euro.

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TRACKLIST “CANZONI SEGRETE”

1. caterina (b-side di Io?, cover di Francesco De Gregori – 2012)
2. amsterdam 76 (b-side di Babele – 2008)
3. un bacio falso (cover di Garbo per la raccolta “ConGarbo” – 2007)
4. thesiger (b-side di Io? – 2011)
5. jenny è pazza (cover di Vasco Rossi per la raccolta “Deviazioni” del Mucchio – 2008)
6. hotel supramonte (b-side di Babele, cover di Fabrizio De Andrè – 2008)
7. io il mio corpo e l’inconscio (demo di Io? – 2010)
8. happiness is a warm gun (live Oltre lo Specchio tour, cover dei Beatles – 2006)
9. le stelle ci cambieranno pelle (demo di Io? – 2010)
10. dina-reprise (b-side di Io? – 2011)
11. canzone d’amore e d’anarchia – eskinzo rmx (b-side di Io? – 2011)

3 maggio ROMA
4 maggio BARI
5 maggio MACERATA
6 maggio FIRENZE
12 maggio TORINO

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DOLA J. CHAPLIN: in radio con “WHAT I CARE”

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In rotazione su oltre 400 radio italiane.
“What I Care” è il primo singolo di DOLA J. CHAPLIN.
In uscita l’atteso esordio firmato VOLUME! Records

Il viaggio. Un tema caro a DOLA J. CHAPLIN, singer songwriter che sceglie in arte un nome ricco di immagini e di storia. Un esordio di grande qualità tecnica e artistica. In rotazione radiofonica il singolo “WHAT I CARE”.
Ricco di anteprime e riscontri positivi da parte della critica il primo video teaser “Nothing To Say” brano registrato live in una vecchia cucina, tra le rovine di un antico borgo lontano dal tempo.
Prodotto da Paolo Tocco per la Protosound Polyproject, il disco sarà pubblicato per VOLUME! Records e CRAMPS Music, distribuito dalla EDEL in uscita in tutti i negozi a Maggio 2012.

WHAT I CARE è il bisogno di semplicità, il bisogno di tornare alle origini, il bisogno di sentire radici ovunque si è…oltre ogni tipo di futile ricchezza, che ci resti intatto l’amore, sempre vivo, sempre vicino…ovunque ci porti il grande viaggio della vita.

WHAT I CARE è anche la colonna sonora del Film Documentario THE LAST CAPITALIST di Enrico Bernard…

WHAT I CARE (Reprise) è anche un semplice video diffuso su YouTube…video non ufficiale su una versione acustica del brano registrata in studio per la pre-produzione del disco, interpretazione che Dola J. Chaplin ha scelto di usare come traccia di chiusura del disco.

Aspettando il disco: “To The Tremendous Road” a maggio in tutti i negozi di dischi e negli store digitali.

WHAT I CARE (Reprise) – on YouTube

NOTHING TO SAY – Video Teaser

ufficio stampa
VOLUME! Records
PROTOSOUND POLYPROJECT – www.protosound.it
L’ALTOPARLANTE – www.laltoparlante.it

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