Riccardo Merolli Author

Presidente emerito di Rockambula. Non studia non lavora non guarda la tv non va al cinema non fa sport.

Nerd Follia

Written by Interviste

Ciao ragazzi, anzitutto perché non ci dite come sono nati i Nerd Follia?

Ciao, i Nerd Follia sono nati nel 2003 da membri di gruppi punkrock che erano già attivi nella scena del Nord Milano, abbiamo deciso di iniziare questo nuovo progetto per seguire le ispirazioni che ci stavano arrivando dai nuovi ascolti che abbiamo avuto, per scostarci un po’ da quello che facevamo da sempre e inseguire il nostro gusto personale che, tuttora, in costante evoluzione.

“Logout” è il vostro nuovo disco, cosa ci dite delle fasi di registrazione e mixaggio, come e dove si sono svolte?

Siamo partiti da 1 preproduzione casalinga di circa 20 pezzi, da cui ne abbiamo scelti 9 ( cosa non facile). Abbiamo valutato molte opzioni per la produzione di questo disco e alla fine abbiamo deciso di seguire il consiglio che ci ha dato Federico Dragogna dei Ministri, che ci ha presentato al Mono studio e al produttore Enea Bardi. Siamo contenti perché anche se la collaborazione è nata direttamente nello studio, e non dopo una fase preliminare, abbiamo trovato subito la squadra giusta: noi avevamo le idee chiare e il produttore l’ha capito.

Quali sono le tematiche che toccate nel disco?

Si può dire che si tratta di un concept album. Il tema di base è LOGOUT, sloggati. Ogni canzone descrive un lato perverso della rete, e di come Internet sta influenzando le nostre vite. È anche un invito a dare più importanza alla vita reale rispetto a quella virtuale, a perdere meno tempo, tuttavia sappiamo che è molto difficile, in quanto ci siamo anche noi dentro fino al collo.

Come è stato accolto dalla critica e come dal pubblico?

Dal pubblico, molto bene. Ho ricevuto commenti entusiasti da chi ha ascoltato il disco, anche se non abbiamo ancora raggiunto un grosso numero di ascoltatori. Per quanto riguarda la critica, mentre registrava molto disco, scherzando pensavamo che le recensioni sarebbero state tutte: “ un’accozzaglia di generi che non c’entrano niente l’uno con l’altro”. Beh… La realtà non è stata poi così lontana dalla fantasia, ogni recensione si è soffermato su questo aspetto, lo sapevamo, è stata 1 scelta nostra. Fortunatamente molti hanno visto questo come un fatto positivo.

Quali gruppi hanno inspirato i Nerd Follia?

Moltissimi e di vario genere, ne sparo u po’ a raffica senza seguire una particolare logica: Get Up Kids, Phoenix, Chromeo, Daft Punk, Benjamin Diamond, New Order, Devo.
Si parlava di accozzaglia di generi, no?

Per quanto riguarda le date live cosa ci dite, dove potremmo ascoltarvi nei prossimi giorni?

I concerti prossimi sono ancora un punto di domanda, abbiamo appena concluso la prima fase di concerti dopo la presentazione dell’album, molto positiva, dove abbiamo aperto concerti che mi piacciono molto, come Planet Funk, Metronomy e Architecture in Helsinki. Per il futuro, speriamo di uscire il più possibile dalla Lombardia e di fare anche un tour all’estero.

Che tipo di promozione state adoperano per “Logout”?

Abbiamo girato 2 videoclip, di due pezzi in inglese “WWRevolution” e “LOGOUT” (mettete i link please?), abbiamo in programma di girare un altro video, di una canzone in italiano, poi si vedrà. Vogliamo fare più video possibili perché crediamo sia un ottimo modo per far conoscere la propria musica. È uno strumento che ti permette di comunicare molto di più e molto più efficacemente, rispetto che 1 semplice traccia caricata su un sito Web. Quindi avanti coi video e, registi indipendenti, scriveteci!

Adesso una domanda un po’ personale: a cosa aspirano i Nerd Follia?

Beh, vivere di musica sarebbe un sogno, poter fare quello che ci piace come attività primaria e non nei ritagli di tempo tra un lavoro e l’altro, in modo da esprimersi al meglio e fare davvero roba figa.
Tuttavia, sappiamo che ci vuole davvero un grossa grossa botta di culo, quindi noi continuiamo a fare il nostro, come lo abbiamo sempre fatto, e l’aspirazione rimane quello di sempre: fare la musica che ci piace.

Bene ragazzi l’intervista si chiude qui, questo ultimo spazio è tutto vostro, dite ciò che volete…

Bazinga!

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Fadà – Polvere di musica

Written by Recensioni

William Fusco in arte Fadà, musico del lato sghimbescio della  nuova arte cantautorale emergente, esce con il primo disco ufficiale della sua carriera “Polvere di musica”, un dieci tracce che suona come un diabolico ronzio infinito nelle orecchie, un crescendo vertiginoso di storie, storiacce e storioni grandi come i sogni appannati di un Capossela rilassato, dieci tracce con le quali non si può usare il termine “una tantum” per farsi capire: appena in circolo, come bislacche farfalle, ti si appiccicano addosso e ti ci rimangono per molto, con una ironia  che sposi immediatamente o in men che si dica.

Un artista, Fadà, che sfugge ad ogni epitaffio che di solito si affibbia ad artisti stravaganti e fuori delle righe, e l’inusitato effluvio che il disco emana ti porta alle pendici di sensazioni caricaturali psichedeliche, forse il versante ancor più allucinato di un Marcovaldo strampalato, una forma teatrale della musica con tutti i panneggi della poesia contaminata dall’idioma sonico indie, un modo inafferrabile di stare sull’onda degno dei grandi equilibristi scenici della benedetta surrealità.

Polvere di Musica, polvere di stelle e di palcoscenico, ma anche una infinita professionalità che, nell’effetto d’insieme di questa tracklist, trasporta in ogni angolo del sogno, del delirio e della circense botta di libertà che Fadà si prende e si permette alla faccia di tutti e di tutto, dentro un incredibile aggiornamento di vita e relativi scazzi d’intorno che lui fa salire a galla dal profondo malessere che fa scrigno inviolabile alla quotidianità.

Se i testi scavano volentieri nel melò esistenziale, il marchingegno musicale disvela un impasto denso di trame disco-elettroniche “Antidoto”, forte di “tonfi RnB” e boccoli Caparezziani “La donna cervello”, fresco nel beat seventies “Il poeta”, liquido nel funky, jazzly che sembra uscito dalle magie di Franco CerriLike a danz”, magico nella stupenda visione deformata di “Perfect face” e pirotecnico nella spennata gispy che strattona “Souvenir”, sì un impasto che si fa perla e fermaglio di un progetto discografico che, ripeto – non ha bisogno di ripetuti ascolti per essere annesso al nostro patrimonio underground  – occorre solamente dargli carica, prepararsi ad un volo libero ed il gioco è fatto.

Fadà crea un disco che non è solo un disco che suona e canta, è anche una stupenda pellicola che “si sente e non si vede” di devastante contemporaneità.

 

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Marco Smorra – Marco Smorra e i Tempi Moderni

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Non capisco bene perchè, ma l’ombra di Rino Gaetano pare rincorrermi freneticamente. Sarà destino (a cui per colpa dell’età inzio a credere sempre di più), sarà voluto (adoro lo sventurato Rino), sarà che ciò che ha valore (non solo in musica ma in ogni forma d’arte) lo ritrovi ovunque, nelle piccole e grandi cose di tutti i giorni e lo fai tuo come fosse un raggio di sole, con la pretesa che illumini soltanto la tua faccia quando sai benissimo che sta scaldando un’infinità di persone.

Ebbene io vedo Rino nella politica, nella religione del popolo, nella vita sociale che siamo costretti a inventarci, ma anche nel traffico frenetico il venerdì sera, negli sconti al supermercato, nella televisione a tavola e negli sguardi dei lavavetri ai semafori.

Ma per ora mi limito a raccontarvi come vedo Rino in molti giovani cantautori del nostro paese. E come anche questo Marco Smorra, classe 76 e nato in provincia di Napoli, prenda spunto dal cantante calabrese, senza scadere in una tragica emulazione.

Il disco ha un titolo a dir poco ambizioso che richiama il capolavoro di Chaplin e il ragazzo in questione ci propone un simpatico mix tra funky rock (un applauso alla grande band che accompagna Marco) e canzone di protesta. Musica sospesa, come l’aria che respira l’acrobata nel salto da un trapezio all’altro. Un filo tra l’irriverente spensieratezza del circo e la tensione di un salto nel vuoto: una vita piena di precariato e di ingiustizie sociali ma vissuta da chi non perde l’antico vizio dell’ironia. Proprio in questa caratteristica vedo Rino.

I testi in questi “Tempi Moderni” però sono ancora acerbi, troppo diretti e il surreale non viene ben ereditato, qui è solo un gioco di luci un po’ svarionante, un illusione. Tant’è che l’episodio più riuscito sembra essere la cover di Stefano Rosso, “Colpo di Stato”, dove purtroppo si nota la distanza tra la grande canzone italiana e le critiche affannate ad escort e reality show. Per il resto del disco ci sono troppi riferimenti diretti e troppe parolacce che (anche se giustificate dalla rabbia) non sono ben accette tra i clown con la chitarra in mano.

Insomma alla fine dello show la bombetta in testa il ragazzo se la merita, non gliela si puo’ estirpare. Però Rino rimane attuale anche oggi e me lo vedrò in ogni dove ancora per lungo tempo, mentre le invettive di Marco contro Maria De Filippi e i suoi tronisti spero svaniscano molto presto, insieme a tutta la programmazione di Canale 5.

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Forgotten Tears – Versione acustica di ‘Frail Reality’

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La metal band milanese ha pubblicato sul proprio canale YouTube un video in cui presenta la versione acustica di “Frail Reality”, brano presente sul full length di debutto “Words To End” uscito ad Aprile per To React Records.

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Io cerco te, il primo singolo/video estratto da Il Mondo Nuovo

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Si chiama Io cerco te il primo singolo del Teatro degli Orrori tratto dal nuovo Il Mondo Nuovo, buona visione…

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Matta-Clast – Inferno

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L”Inferno” dei Matta-Clast è un frenetico e allucinato ritorno all’originaria carica psicologica del Rock, la discesa introspettiva e mid-velenosa di un sintomo plagiato dallo scavare dentro, dalla lacerazione ossessiva d’anima e sangue che non trovano pace, requiem e linfa alla luce del giorno, che adora la notte come energia vitale sul mortale; la formazione Perugina qui con il loro secondo album, distribuiscono ansie, disagio e paranoia in un viatico elettrico che porta undici stazioni soniche lungo una tracklist che brucia, segna e scarnifica l’ascolto formando un’orgia di riverberi e nervi tesi come estratto esaustivo della loro “malattia di vivere” l’esistenziale.

Tutto è impatto duro e straordinario con il mondo al di qua dei coni stereo, un mefistofelico e desertico “imbevuto” d’estetica noir –  a tratti color bluastro/ecchimosi – che poetica espansioni violente e calme piatte come dentro un cinematico progressive che non conosce contenimenti o linee proibite di sorpasso; con l’intensa atmosfera KuntzianaUn po’ di disperazione sospesa nel buio” che permea i tormenti generali del registrato, timbriche, eccitazioni elettriche e pads sintetici fanno la voce grossa non come incarnazione estrema del musicista cercatore di stranezze emaciate perdute, ma come una diabolica tac del’Io ed il tentativo convinto di evidenziare il male del quotidiano, nudo e crudo nella sua impietosa mossa venefica.

Undici piste che regalano brividi ed obscured vision, undici tratteggi che il trio umbro formato da Nicola Frattegiani voce/chitarra, Paolo Coscia sinth e Tommaso Boldrini batteria/ SH 101/vocoder ti fa arrivare direttamente sottopelle come un dolce supplizio mai concordato, come una pena da scontare con te stesso; percorrendo questo bel disco  andiamo incontro al Luciferino sconquasso di “Inferno”, capovolti dagli spiazzanti effetti doom che cesellano “Replica”, stritolati nei marchingegni rock rutilanti “Campo K”, schiacciati dall’apparenza kraut che robotizza “Allarme all’alba incauta” per finire a cavalcioni estasiati dentro la notte amarognola di Corganiana memoria “Cattivi pensieri in una bellissima notte stellata”, attizzata da un pathos che mette luce e bellezza maxima e porta le quotazioni – già di per sé alte – di questo disco a livelli immaginifici.

Dal de profundis alle stelle, questa è la liberatoria ideale per questo bel ritorno sulle scene discografiche dei Matta-Clast, di questa band che non usa il “basso” tra i suoi arnesi sonori ma gestisce divinamente i suoni del buio per fare definitivamente luce in un underground che senza queste “ toniche sollecitazioni” rimarrebbe continuamente al palo.

http://www.myspace.com/mattaclast

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JOLLY POWER – LUCKY CHIVA

Written by Interviste

Ciao ragazzi, vi anticipo che è un onore avervi tra le pagine di Rockambula.
Perché non cominciate a dirci come i Jolly Power sono cambiati nell’ arco di venti anni?

LUCKY: Ciao, grazie a te per l’interessamento. Mah, più che cambiati io direi che si sono evoluti. Inevitabilmente quando sei in giro da molto tempo vivi diversi periodi musicali, che finiscono per influenzare anche il tuo stile musicale e la tua percezione stessa della musica. Nel nostro caso, le nostre radici sono sempre state molto rock’n’roll. Lo puoi vedere da Like An Empty Bottle… Again! che è un disco figlio dei suoi tempi, influenzato magari dai grandi gruppi r’n’r dell’epoca in cui è uscito, che potevano magari essere i Guns’n’Roses o i Dogs D’Amour e che ascoltavamo nei primi anni novanta. Poi ci siamo interessati a diversi gruppi e stili musicali, che potevano essere lo scan-rock piuttosto che un certo tipo di punk rock moderno, e tutto ciò ha influenzato il nostro essere band e scrivere musica, cosa che puoi vedere (l’evoluzione intendo) nei pezzi inediti che abbiamo inserito nella ristampa. E che comunque non ci rappresentano completamente nemmeno loro,dato
che siamo sempre in movimento e in evoluzione. Magari oggi suoniamo più punk rock, ma con le solite radici r’n’r ed un taglio più moderno, ed al passo coi tempi.

E invece la scena Hard Rock Bergamasca come era prima e come adesso? Quali sono le principali differenze secondo voi?

 

LUCKY: Quale scena? È molto difficile parlare di una scena hard rock italiana, figuriamoci localizzarla in un territorio piccolo e con poca tradizione come la bergamasca. Ci sono dei gruppi, ovviamente, più che altro di metal e metal estremo, ma a parte un due o tre di nomi nulla che esca dall’ambito locale e regionale. Non sono tempi propizi per l’hard rock, nè tanto meno per la musica dal vivo se si ha un repertorio originale, quello che il mercato richiede ora sono perlopiù tribute bands che vanno molto di moda anche da noi da qualche tempo. Volendo proprio trovare qualcosa di simile a noi in terra bergamasca, ti citerei ovviamente i nostri colleghi Cathouse da cui proviene anche Rikk, il nostro nuovo chitarrista (che suona in entrambi i gruppi). Anche loro sono passati attraverso un processo di cambiamento ed adattamento recentemente, ma sono sempre li, con noi. Anzi, speriamo di poter suonare assieme prima o poi. Per il resto, terra bruciata…

Cosa vi ha spinto a ristampare quel vostro vecchio capolavoro che è “Like An Empty Bottle”?

LUCKY: L’originale MC-album è stato un qualcosa che ci ha imposti sulla scena nazionale facendoci conoscere ed ottenendo ottimi responsi di critica all’epoca. Fu molto apprezzato anche dia fans, ma nonostante un certo successo di vendite non ebbe una vera e propria distribuzione capillare,e mi dicono che la cassetta d oggi è piuttosto rara. Visto che comunque c’è sempre stata una certa richiesta per il nostro materiale di quel periodo, già da un po’ pensavamo all’opportunità di una ristampa che accontentasse fans e collezionisti. I tipi di Steet Symphonies si sono dimostrati molto interessati alla cosa, e grazie a loro ed alla distribuzione di Andromeda siamo finalmente
riusciti a regalarvi questa nuova versione di un piccolo classico del periodo più sleaze rock dei Jolly Power. Più qualche extra.

Quando è cominciata la collaborazione con la Street Simphonies Records e come vi trovate?

LUCKY: Diciamo da un paio d’anni circa, abbiamo visto come lavoravano con altri  gruppi, e l’interesse che mostravano in un certo tipo di hard rock magari per noi piuttosto classico ma che ultimamente non è più molto di moda ed è stato lasciato alla cura di piccole etichette indie come la loro. Hanno mostrato da subito molto entusiasmo nel progetto, e siamo tutti molto soddisfatti del risultato.

Cosa potete dirci delle nuove cinque tracce aggiunte?

LUCKY: Rappresentano uno spaccato dell’evoluzione dei Jolly Power che va dal periodo subito successivo all’uscita del nostro primo album, Fashion, Milk & Smokin’ Pills, fino al primo rientro di Elia in formazione (2005 circa). Il tutto riveduto e corretto secondo quello che sono i Jolly Power 2011.

Come si mantengono i Jolly Power, riescono a campare di sola musica?

LUCKY: Sì… nel senso che gestisco un negozio di strumenti musicali a Clusone, 17 Music (www.17music.it), e mio fratello Maxx ha un r’n’r bar sempre a Clusone. In questo senso, si può forse dire che noi campiamo di musica, indirettamente. Se invece ti riferivi al vivere coi proventi della nostra musica e delle nostre canzoni, credo che sia una cosa che in Italia si possano permettere pochissime persone, non credo in ambito hard rock quanto più che altro metal. Una chimera, ora come ora.

Come è stato accolto dalla stampa “Like An Emty Bottle…Again” e come dal
pubblico?

LUCKY: Bene. Siamo molto contenti, per il momento abbiamo avuto recensioni che vanno dalla soddisfazione all’entusiasmo vero e proprio, il che non può che farci piacere e darci ulteriormente la spinta per cercare di tornare in pista il prima possibile anche dal punto di vista dei live.

Come state promuovendo questo vostro nuovo lavoro?

LUCKY: Come ti dicevo, l’idea sarebbe di riuscire a mettere assieme appena possibile qualche data live per tornare a farci sentire e ricordare che siamo ancora vivi e vegeti. Non è semplicissimo, visto il periodo non proprio favorevole per i gruppi originali, ed i locali per la musica dal vivo che oggi sono anche inferiori numericamente a dieci anni fa, ma ci stiamo lavorando! E poi cominciano ad arrivare richieste di interviste, segno che comunque c’è ancora chi si ricorda di noi nonostante la lunga pausa che ci eravamo presi.

Cosa ci dite della scena Underground Bergamasca, è viva, c’è affluenza?

LUCKY: Vedi la risposta che ti ho dato poco sopra. Poca scena, pochi locali, pochissimi gruppi con repertorio originale, poco pubblico. Non è proprio un bellissimo momento.

Del futuro dei Jolly Power cosa ci dite, vi rivedremo in giro e a lavoro su di un nuovo disco?

LUCKY: In giro speriamo presto. Poi ovviamente, se vedessimo che c’è interesse e si sviluppasse una buona alchimia con questa nuova versione della band, ci piacerebbe comporre del nuovo materiale, sì. Siamo armati delle migliori intenzioni, poi, only time will tell…

Bene l’ intervista finisce qui, concludete pure come vi pare.

LUCKY: Ti ringrazio dell’interesse che ci hai mostrato, siamo felici di sapere che c’è ancora gente la fuori che si ricorda dei Jolly Power e che i nostri dischi, la nostra carriera musicale, hanno lasciato un segno nella scena italiana. Ora speriamo magari di riuscire a conquistare quel pubblico, magari più giovane, che non ha avuto modo di conoscerci negli anni ’90 e ’00, e di regalare loro un po’ di caro, vecchio, sano, sporco rock’n’roll.
Ah, e venite a visitarci sul nostro Facebook ufficiale www.facebook.com/TheJollyPower e lasciateci un saluto! Ciao, e stay rock!

 

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Stahlmann – Quecksilber

Written by Recensioni

Ecco un disco che emozionerà e farà la felicità degli amanti dell’ Electro Rock simpatizzanti dell’ Industrial, trattasi di “Quecksilber” secondo disco degli Stahlmann, un quintetto tedesco che nella loro patria oltre che essere affermati e adorati, sono stati inseriti in quel che è la NDA (Neue Deutsche Harte), una corrente nata in Germania nei primi anni 90. Ebbene questo “Quecksilber” non fa altro che confermare le capacità degli Uomini di Ferro (questo il significato di Stahlmann), il lavoro di Mart e soci detto in partenza è promosso a pieni voti. Il loro Rock elettronico condensato con una spruzzatina di Gothic ha dato prova di talento e voglia di fare, insomma potremmo considerarli una promessa. “Quecksilber” si apre con la stupenda melodica e tetra “Engel Der Dunkelheit”, un pezzo da 90 nonché la traccia più bella del disco insieme ad “Asche” e “Diener”. La chiusura è affidata ad una versione remixata di “Tanzmachine”, la terza traccia del platter è la versione originale di quest’ ultima che a dirla tutta non rende bene come questa modificata. In definitiva “Quecksilber” è un gran bel disco gli Stahlmann sono riusciti a procurarsi un proprio spazio mostrando le loro doti, non resta che seguirli. Di questo passo ci procureranno belle sorprese.

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Christine Plays Viola

Written by Live Report

Una pioggia insistente a volte diventa un ottima cornice per abbellire le proprie serate, la musica poi riesce a fare tutto il resto, non siamo in Inghilterra. Nel senso che tutto potrebbe andare nel modo migliore, lasciarsi graffiare il volto dalle gocce perseveranti, siamo lontani dalle calde giornate estive. È uno dei concerti dei Christine Plays Viola nella plumbea ma affascinante Sulmona, questa sera il live prende vita nello scenario del Silver pub. Insolita ma sempre affascinante location, si gioca quasi in casa ma questo potrebbe rivelarsi controproducente, la lingua batte sempre sul dente che duole.

Band giovane giovane che apre e cover band che chiude, i CPV nel mezzo come un cuore piazzato nel petto, una micidiale pugnalata sullo sterno. Poi tanta new wave negli ipnotizzati occhi attenti nel percepire tutto quello proposto dallo spettacolo, le orecchie ormai abituate a certe elevatezze sonore non faticano mai, ubriaco di suoni giusti, la voce è complice della mia commozione. Si alza il sipario per i CPV, scende il doveroso diritto di aguzzare i sensi e lasciarsi trasportare fin dove sia impossibile arrivare, lo show poco italiano cala un aria nordica nell’afoso locale intriso di caldi aliti alcolici, i riff capovolgono la stanza aumentando vertiginosamente la pressione al cervello, mi lascio manipolare a modi cubo di Rubik. Ad averlo ancora un cervello. Poi tutto improvvisamente finisce lasciando in bocca un amaro indescrivibile, una sensazione molto vicina alla nostalgia, Atmosphere dei Joy Division è quello che meglio descrive questa strana sensazione. Del resto non mi frega niente, di tutto adesso non mi frega niente. Conferme ampiamente ribadite dalla migliore band dark new wave dell’attuale scena indipendente italiana, continuiamo ad ignorare queste realtà e la merda pian piano ci entrerà prepotente nella bocca. Questa è una delle poche cose che mi rendono orgoglioso di abitare nel centro Abruzzo. Poi scende la notte.

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Marlene Kuntz a Sanremo 2012

Written by Senza categoria

Voce infondata oppure verità? Pare che la band di Godano prenderà parte al prossimo Festival di Sanremo in programma dal 14 al 18 Febbraio 2012 con la direzzione artistica di Gianni Morandi. Vedremo di dare chiarezza a queste voci nei prossimi giorni, intanto prendiamola per vera. O no?

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Snow Patrol – Fallen Empire

Written by Recensioni

Gary Lightbody & C., ovvero gli Snow Patrol, band dal sangue diviso tra Scozia ed Irlanda del Nord finalmente hanno lasciato nell’indifferenza la vecchia label Jeepster –  che non aveva mai creduto loro fino in fondo –  per abbracciare la Fiction e finalmente, con il lancio sul mercato di questo bel “Fallen Empires” come inaugurazione di questo contratto, la diceria che si allungava sin dagli anni novanta d’essere luce di rimbalzo dei Belle And Sebastian va a farsi friggere una volta per tutte.

Band odiatissima da tanti colleghi, specie i Maniac Street Preachers per vicissitudini personali e legali, gli Snow Patrol rinascono come la Fenice, ritornano a piacere con il loro indie-pop fatto di corse e passeggiate, riff e attitudini riflessive, e ritornano anche guardando indietro, ripescando ricordi, memorie, pentimenti , desideri e sogni che non danno sintomi di melanconia appiccicosa, piuttosto quella tenerezza e pathos ben definite tra chitarre variegate e spruzzi d’elettronica.

Quattordici tracce che fanno una collana di canzoni imperniate principalmente sul buon gusto e su una forza di recupero impressionante, che vanno a delimitare apertamente lo spirito originario della soggettiva alternative per fare spazio a nuovi innesti stilistici, a nuovi impulsi creativi, senza dimenticare le origini corali; prodotto ancora da Jacknife Lee, il percorso degli Snow Patrol si va sempre più illuminando per fare in modo di coinvolgere più matrici soniche, ed in questo nuovo disco d’occasioni ne offre a valanghe come gli ospiti che ci girano dentro. La ballata elettropop che zampilla epicità morbida “Called out in the dark” nella quale interviene Tory Van Leeuwen (QOTSA),  il leggero brivido disco che corre in “The weight of love” con finale gospel integrato dalla presenza del coro Losangelino Inner City Mass Choir, un salto nel passato melodioso 90’s “This isn’t everything you are”, un po’ di freddo etereo SigurosianoBerlin”, gli U2 che fanno cucù in “In the end” e per finire in gloria “The symphony” un gioiello da palinsesto dello spirito, da etere da respirare come ossigeno di lunga vita;  sono tutte canzoni che aspettano di essere ascoltate a loop, tutte prove musicali di grande personalità e spregiudicate fino all’osso che solo una band come questa sa regalarci.

Un ottimo disco stratificato che si scioglie, ad ogni giro e alla faccia delle calorie, come burro.

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Zen Circus

Written by Live Report

Un concerto degli Zen Circus è sempre un buon concerto, questo ormai è assodato, non c’è scusa che regga, l’orecchio vuole sempre la sua parte. Il mio ne ha già sentite troppe. Questa volta allo Zu:Bar di Pescara c’erano tanti piccoli piacevoli motivi per andare, location a portata di mano, venerdì sera e Zen Circus freschi di nuovo album. Loro si sa, dal vivo sembrano punkettoni casinisti ma sono pur sempre la migliore band italiana del momento, i loro pezzi profumano sempre di freschezza, la voglia certamente mi spinge ad osservarli ogni benedetta volta con attenzione maniacale. “Nati per subire” il loro ultimo disco raffigurava perfettamente la gran parte dei presenti insofferenti quella sera, tipi strani non del settore che in nessuna maniera riuscivo a collocare, eppure la discoteca c’era il giorno dopo (o prima?!), o forse Zen Circus assomiglia vagamente a qualcosa dell’ambiente house music tirando un tranello ai consumatori ignari della serata?  Mah, mi consolo nel vedere gli scatenati (veri ma pochi, e ce ne sarebbe bisogno…) fans pogare e cantare sotto il palco, loro si che meritano rispetto a dispetto di un acustica orribile e un ambientazione noir forse non proprio adatta ai colori dell’indie rock, una bara saldata con zinco scadente e cerimoniata in maniera maldestra. Fortuna che le birre non mancano mai e la serata scivola liscia come non mi sarei mai aspettato visti gli acidi contorni con i quali mi ero in precedenza confrontato. La scaletta inevitabilmente comprende tutto il nuovo disco ed immancabili pezzi che hanno fatto la storia della band che registrò un disco con Brian Ritchie, ma questo ovviamente lo sapete tutti.

Concerto di qualità per aridi orizzonti senza vie di scampo, iniziative che andrebbero supportate e moltiplicate per un educazione musicale nostrana ai limiti del collasso. Avete voglia di vomitare? Oppure ne avete abbastanza e cercate di alzare nuovamente quella testa troppe volte schiacciata?

Il sentimento alternativo chiede rivoluzione per non lasciarsi sempre sovrastare da situazioni indigeste, nel bene e nel male è stata una bella serata. Almeno per una volta abbiamo provato a farci sentire…

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