Riccardo Merolli Author

Presidente emerito di Rockambula. Non studia non lavora non guarda la tv non va al cinema non fa sport.

Esclà – Salta il tappo

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Okkio, il nome della band e relativa cover album potrebbero depistare  di non poco, perché verrebbe da pensare che  il tutto sia una stravaganza giocosa di cose messe in musica demenziali e per tormentoni tardo (issimi) estivi da piazzare da qualche parte; invece “Salta il tappo” del quartetto bolognese degli Esclà sorprende perché il suo cantautorato d’insieme fatto di giochi pop-folk striati di rock, fa pensare, riflettere e stare con i piedi in terra senza rinunciare a quattro bei salti di goduria folk nostrana.

Tredici percorsi atletici che infondono calore e forza motrice, tredici tracce ritmate, vive di sensazioni e coraggio che attraversano l’ascolto come un arcobaleno lasciandoti in dote – nel fondo dell’animo –  il senso di soddisfazione di aver ascoltato qualcosa, più di qualcosa, d’intelligente e vero.

Sincerità radiofonica, caratteristiche multi-matrice e quella bella semplicità declamatoria che ne fa un prodotto assimilabile immediatamente, una definizione sonica marcata d’autore che si fa notare specie nelle liriche e nelle ibridazioni che hanno un’inizio e mai una fine; se da stereo il disco da la voglia matta di dimenarsi a sfinimento, figuriamoci il quartetto complice su prestazioni live quello che potrebbero combinare e scatenare a loud al massimo, l’inimmaginabile, pogo e libertà di slogamento a go-go, anche per quel filo teso di nascosto che riporta virtuosismi alla Pogues e affini “Alfredo”, “Spazzanoia”, o per le contemporaneità  di rimbalzo rock-rap  “Io le odio le band emergenti” che non perdonano i momenti di stallo fisico.

Una band che brilla di suo e un vocalist che fa grandi numeri espressivi, teatralità e suggestioni a tutta voce che disegnano ballate sarcastiche “Salta il tappo”, smuovono spennate acustiche che si dondolano in due voci prima di accendersi d’elettrico “Voglio prendere in giro”, scandiscono il movimento di fianchi di un blues canaglia “Il sole a scacchi”  e finiscono in quei quattro minuti e quarantotto di magnificenza, di lusso d’ascolto della ghost track che segna numero quattordici della tracklist, un Guignolesco atto declamatorio di poesia che sanguina bellezza.

Eccellente come un vino d’alta genealogia, come dire…Esclà (mativo) senza riserve!

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Amycanbe – Mountain Whales

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Tutto improvvisamente prende un sapore dolciastro nonostante le vuote giornate spese a fare niente. Gli Amycanbe suonano freddi in una macchina immobilizzata dal gelo dell’inverno appena iniziato, il nuovo disco “Mountain Whales” impreziosisce la fama di questa omogenea band. La voce persuasiva scava incavi profondi fin dove le nostre braccia deboli non possono arrivare schiacciando tutte quelle incomprensioni con le quali siamo costretti quotidianamente a fare i dovuti conti. Tutto sembra essere semplice, spaziare con la fantasia per sentirsi liberi di trasportare la mente dove meglio si crede. Ma comunque freddo polare. L’occhio tagliato di Bjiork e il sound decisamente nord europeo ambientano il tutto in altre storie lontane dal nostro medio sedersi sulle situazioni, boschi innevati e la paura di perdersi per sempre. Il sogno si rende elemento chiave dell’intero lavoro elettro sentimentale che raccoglie maturo l’eredità pesante del precedente disco “The World is Round”, un tripudio di esaltazioni sperimentali arrangiate come la tradizione insegna e forse anche in maniera superlativa.
Niente può essere meglio degli Amycanbe, roba italiana doc da tenere sotto stretta presa per non perdere quello che di meglio possiamo esportare all’estero con petto rigonfio di fierezza e orgoglio nazionale. “Mountain Whales” riamane comodamente piazzato in quel sottile confine che distingue il sogno dalla realtà regalando a chiunque ne voglia una pura sensazione di piacere. Una band ormai affermata che non deve dimostrare il proprio valore a nessuno. Anche questa volta micidiali.

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Le Luci della Centrale Elettrica: le prossime date del tour

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“C’eravamo abbastanza amati” il nuovo lavoro de Le Luci della Centrale Elettrica in tour, tutte le prossime date:
23 dicembre Ravenna Bronson
05 gennaio Copertino (LE) Triade
06 gennaio Senigallia (AN) Mamamia
18 gennaio Milano Magnolia
19 gennaio Milano Magnolia
20 gennaio Lugano (CH) Teatro Il Foce
21 gennaio Perugia Urban
26 gennaio Bologna Locomotiv
27 gennaio Bologna Locomotiv
28 gennaio Firenze Flog
31 gennaio Bolzano Teatro Cristallo
09 febbraio Roma Blackout
10 febbraio Torino Hiroshima Mon Amour
11 febbraio Pordenone Deposito Giordani
23 febbraio Palermo Candelai
24 febbraio Catania Mercati Generali

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(2011) Cosa c’è piaciuto?

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Un 2011 in (indie)musica arrivato alla fine non senza difficoltà, con un freddissimo tremolio nelle orecchie, non mi rimane che sparare qualche stolta sentenza senza credenziali.
Ebbene questa insignificante classifica personale non segue un ordine di classificazione ma l’ordine che la memoria vuole portare.

“Nati per Subire” degli Zen Circus rappresenta un disco che di prepotenza entra nella classifica come fece nella home di Rockambula, non potrei immaginare una scaletta senza una delle migliori band italiane.

“La futura classe dirigente” dei Carpacho! diventa senza troppi inutili giri di parole il miglior album pop dell’anno, ce ne fossero di pop band così! Il mondo sarebbe sicuramente un posto migliore.

“Poveri Cristi. Vol.2” della Brunori SAS invece spezza le ali a chi credeva nella fine del cantautorato dolce ma di protesta, per chi in qualche modo ha ancora voglia di sognare.

“Cattivi Guagliuni” dei 99 Posse segna il ritorno di una storica band rap hip hop, un disco rimasto congelato per dieci lunghi anni ma comunque attualissimo. Cattivo.

“Innocent Awareness” dei Christine Plays Viola, la migliore band new wave italiana senza ombra di dubbio, la costola noir dell’indipendente italiano.

“Il sorprendente album d’esordio dei Cani” degli elettro pop low fi i Cani, un disco impazzito di ritmica e testi, una grande sorpresa da tirare tutta d’un fiato.

“The Watermelon Dream” del barbuto menestrello Bob Corn, soltanto lui e la sua chitarra, un viaggio infinito, una passione innata.

“Lacrima/Pantera” dei tostissimi The Death of Anna Karina, la prima volta in italiano non delude le aspettative, potenza da vendere.

Poi tantissime sono state le altre cose belle, non basterebbero centinaia di articoli per menzionarle tutte, realtà che nonostante tutto e tutti si sbattono per portare la musica italiana ad alti livelli.
Tante anche le delusioni, ma questa è un’altra storia.
Un occasione per sperare in un 2012 ad alti livelli di produttività calendario Maya permettendo.

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Rhumornero – Il Cimitero dei Semplici

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Arriva il secondo album per i Rhumornero, arriva per ficcarsi senza dolore sotto la nostra lucida pelle, arriva arrembante “Il Cimitero dei Semplici”.
Di questo progetto nato dalle ceneri ancora calde di musicisti attivissimi nel panorama musicale italiano se n’è parlato molto durante i dovuti tempi quindi non hanno bisogno di tante noiose presentazioni. E questo giá rende il nostro animo più leggero. Il disco spinge rock puro dai primi secondi, man mano che il sound cresce iniziano a sentirsi sfumature delicate macchiate da altre influenze musicali accennate in maniera soffice senza pesare troppo su un lavoro vario ma allo stesso tempo lineare e personale. Un concept molto personal rock con la nutrita presenza di chitarre nervose negli spunti, la voce racconta ira accarezzando la dolcezza, il tepore scalda pensieri inequivocabili.
I Rhumornero sono tecnicamente organizzati e disinvolti, questo rende molto più facile mettere insieme un buon disco rock, niente che non possa essere collocato con precisione nello scaffale, indipendenza totale di stampo alternativ rock. Qualcuno suonerà alla vostra porta in cerca di spiegazioni che non riuscirete a dare, mai. Certo, parliamo di un album fittizio dal punto di vista estetico ma che non tralascia affatto la propria interiorità spingendosi ovunque sia possibile farlo con testi che lasciano da parte la banalità, undici canzoni per tutte le orecchie.
“Il Cimitero dei Semplici” sembra essere quel posto immaginario dove potersi sentire a proprio agio protetti da quell’insoddisfazione della vita quotidiana, i Rhumornero spezzano il confine commerciale del rock italiano registrando un disco decisamente onesto sotto ogni punto di vista.

  • Genere: rock
  • Etichetta: autoproduzione/Venus
  • Voto: 3.5/5
  • Data di uscita: 19 Dicembre 2011

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BOLOGNA VIOLENTA: Nuovo album e tour

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Si chiama Utopie e piccole soddisfazioni e uscirà venerdì 27 gennaio 2012 per Wallace Records / Dischi Bervisti (edizioni Kizmaiaz) e sarà distribuito in Italia da Audioglobe.
Ecco tutte le nuove date del tour:
– 14-01-2012 MARGHERA (VE) – Altavoz @ Rivolta

– 28-01-2012 BOLOGNA – Covo (release party)

– 02-02-2012 MILANO – Leoncavallo

– 03-02-2012 CONEGLIANO VENETO (TV) – Apartamento Hoffman

– 04-02-2012 SCHIO (VI) – CSA Arcadia

– 23-02-2012 AREZZO – Karemaski

– 25-02-2012 MOLFETTA (BA) – Macerie Baracche Ribelli

– 09-03-2012 GENOVA – Milk

– 13-03-2012 FIRENZE – Glue

– 14-03-2012 LATINA – Circolo Hemingway

– 15-03-2012 NOCERA INFERIORE (SA) – Tribù

– 16-03-2012 NAPOLI – Cellar Theory

– 17-03-2012 GIOVINO – CATANZARO LIDO (CZ) – Cubo Rock @ Hemingway Club

– 24-03-2012 TORINO – Blah Blah

– 15-04-2012 LIEDOLO DEGLI EZZELLINI (VI) – Punkyreggaepub

– 11-05-2012 BRESCIA – Lio Bar

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Prof.Plum – I Germi della Rivolta

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Cantori della catastrofe post-industriale ne circolano a frotte ormai da un trentennio: quanto è facile cadere nel cliché dell’asfissia metropolitana; quanto è già stato scritto e musicato. Vale la pena continuare a battere sentieri tanto largamente sfruttati? Il Prof. Plum non si esime dal farlo, senza abusarne.
Il Prof. Plum non è uno dei personaggi indagati per omicidio e per gioco in Cluedo, ma un collettivo di tre giovani innocenti della provincia comasca sinceramente incazzati dello status quo. In tempi in cui le pose di sterile radicalismo chic vanno tanto per la maggiore, è quantomeno degno di nota il fatto di riuscire a cantare il disagio con rabbia credibile.

Orgogliosamente autoprodotto, l’EP omonimo di Prof. Plum è un disco viscerale, primordiale, urlato con energia grezza. Spegnimi, il primo brano, riflette senza mezzi termini sui mali dell’iniquità e la frustrazione da essa derivati («la gente che ha idee migliori/ è quella che poi si taglia le vene»). Sonorità alla Verdena e qualche scivolone naif nelle liriche («mordi quel labbro con rabbia isterica/ finché poi sanguinerà»), è forse questo il brano meno incisivo del lavoro, che prosegue strutturandosi maggiormente con Uomini che cadono. Sullo sfondo rovinoso di pompieri ex-incendiari arresi per convenienza («ti ricordi di quelli che già vincevano?/ Ora sono grandi e ci sorridono/ c’era chi voleva fare la rivoluzione/ sognava barricate, ora aspetta la pensione»), il Prof. Plum rende gloria alla coerenza dei veri vincitori, che restano in gioco fino alla fine col rischio sensibile di perdere: «continuerò a modo mio/ io che amo anche gli uomini che cadono/ se non altro perché sono quelli che attraversano».

Il momento più interessante dell’EP giunge senz’altro a 7 dì, 7 che, dopo un attacco molto – troppo? – vicino a quelli di Scoff e Breed dei Nirvana, prosegue con liriche dense e martellanti, sui toni del sarcasmo più crudo che smaschera senza mezze misure il giornalismo malato e sensazionalista di regime: «Settimana degli stupri, cosa fate così agghindate? /Cosa sono quei calzoni anti-aderenti?/ Suvvia, lasciate che la notizia venga a me! /Suvvia, anche i fronzoli, ché al ricamo ci penso io». “Cani-azzanna-uomo” al guinzaglio dei potenti, cinismo da prima pagina a coprire i delitti di chi ha abbastanza grana per manipolare penne fedelissime e accondiscendenti. Questo è il quadro squallidissimo, illustrato senza fare sconti e rigettato con disgusto in un crescendo finale di rivolta lucidissima: «[…] finché la poltiglia si mescola al nero con sciami di mosche a giurare il vero/ questo è il tuo nulla, io mi dimetto! Attacca cane!».

Il più bello dei mondi e Le città chiudono la parabola dell’EP, riflettendo sulla lobotomia omologatrice imposta da “l’andazzo generale” di memoria Ferrettiana, da quella “forma sublime mamma” che “nutre protegge impera”, Cosa nostra, e causa nostra silentemente abbracciata per consuetudine. I Marta sui Tubi di Muscoli e dei, e poi Vasco Brondi con le sue luci fredde sul paesaggio – ma soltanto di scorcio. In primo piano sta piuttosto l’ammutinamento. Prof. Plum è ancora sul piano dell’esperimento, del work in progress germinale. C’è materia pregiata su cui lavorare, un granito cristallino e ruvido su cui intervenire con cautela per non snaturarne il vigore.

  • Genere: Punk/Elettrico
  • Etichetta: Autoproduzione
  • Voto: 4/5
  • Data di uscita: 16 Dicembre 2011

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Chaos Physique – 1975

Written by Recensioni

Amaury Cambuzat (Faust, Ulan Bator), Pier Mecca (F.I.U.B.) e Diego Vinciarelli (Sexy Rexy), sono nomi che chi segue le vicende psich-kraut di casa nostra – singole e come qui sotto il moniker Chaos Physique – conosce bene come le tasche proprie, ed ora questi deux machine tornano con il nuovo disco “1975”, un registrato che sa d’antico come le registrazioni in presa diretta e che come di ruolo porta con sé il dualismo attrattivo e respingente nel primo ascolto, poi già al secondo tutti gli ipnotismi e levitazioni space mischiate alle sperimentazioni semantiche del Kraut, prendono il sopravvento nel sottopelle ed il consequenziale e straniante stato vigile-delirante è assicurato.

Come suona 1975? Come la parte notevole del fascino, come una summa in cui coesiste tutto ciò per cui Cambuzat & Soci sono diventati fari celebrati del genere: i ritmi ossessivi e reiterati che anticiparono posture techno, le algebreidi e le angolazioni a gomito di un dubbing pesto e pestante, i radenti cosmici e il tocco minimalista colto ed al cubo fanno di queste nove tracce una modernità assoluta e per nulla passatista, tracce che continuano nell’originale ricerca di ibridare il sogno con il collasso dei sensi.
Vicino all’ora d’ascolto, 1975 è magma e pulsione darkoide, veemenza e crepuscolo fondo, un climax debordante dove noise e visionarietà sono sorretti da una serratissima volontà di portare al centro focale dell’orecchio la metronomica espressività dell’allucinazione; l’alterato tribal che fluidifica “Captain Bloom”, l’immancabile “motosega” della guest Jean Herve Peron (Faust) che fa a pezzi l’atmosfera astrale di “Chainsaw beauty”, lo skizzo mestruale che satura l’ossessione di “Analphabet city” o la straordinarietà primitiva che percuote “Bunga –Bunga” mettono in moto una costruzione travolgente, una verifica emozionale che non ha paragoni e che fa tag-line tra reale ed irreale di una cifra stilistica immensa.

I Chaos Psysique, ancora una volta, si confermano l’amaro calice del tormento dal quale tutti vogliamo ubriacarci in maniera smodata, in maniera totale.

  • Genere: Post-rock noise
  • Etichetta: Jestrai/Acid Cobra
  • Voto: 4/5
  • Data di uscita: 16 Dicembre 2011

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The Providence

Written by Interviste

The Providence è una One Man band inspirata dalla musica Horror dei Death SS e dei Daemonia, trae le proprie chicche rifacendosi al terrore dei più grandi film Horror. Ai microfoni di Rockambula abbiamo Bloody Hansen, l’ oscura mente che si cela dietro questo interessantissimo progetto.

Ciao Bloody, che ne diresti di cominciare a dirci come è nato il progetto Providence?
Ciao a te Vincenzo, The Providence è nato perchè sono sempre stato un grande appassionato di film horror e di musica con certe atmosfere, dunque è stato inevitabile mettere in piedi qualcosa del genere, è una cosa che mi diverte tantissimo.

Da cosa hai tratto ispirazione per le tue musiche e dunque per “Horror Music Made in Hell”?
L’ispirazione arriva principalmente dai film horror che ho tributato, ed immagini sparse che siano macabre e cimiteriali mi danno una mano nella ricerca del sound giusto!

Per quanto riguarda le registrazioni ed il mixaggio che ci dici, come ti sei mosso? In quali studi hai lavorato e che tipo di operazioni hai effettuato?
Ho fatto tutto a casa mia, nella mia stanza, che per l’occasione ho battezzato come Casa Velasco.

Si sta usando spesso il termine “Horror” nella musica: Horror Rock, Horror Metal ecc…Tu cosa intendi con Horror Music, come deve essere questo genere?
Principalmente per me è una forma di divertimento per persone che amano farsi venire i brividi e si esaltano quando vedono lapidi teschi e chi più ne ha più ne metta, quindi potrebbe essere questa una ipotetica Horror Music, allo stesso tempo posso dirti che l’Horror Music ufficiale è per me quella dei Death SS, son loro che hanno inventato il termine esatto. Io nel mio piccolo cerco di mettere in pratica i loro insegnamenti, a modo mio, occupandomi principalmente di zombi o streghe malefiche.

Il tuo lavoro adesso è soltanto in formato digitale, conti di fare anche un disco fisico?
Mesi fa sentii i ragazzi dell’audio ferox e mi dissero che in caso di vendite rassicuranti avrebbero stampato anche il cd fisico, cosa che di per se mi lasciò meravigliato in positivo in quanto il nostro rapporto è nato esclusivamente per il digitale, invece ultimamente mi hanno detto che hanno iniziato a lavorarci su perchè all’estero è andato bene, io sono una persona modesta quindi ti posso assicurare che non pensavo di aver venduto più di 10 copie, e invece c’è stata questa bella sorpresa.

Dell’ Audio Ferox cosa ci dici, in che rapporti sei?
Ultimamente hanno trasferito i loro uffici quindi sono stati poco raggiungibili, ma ho avuto pazienza perchè è contro produttivo stressare le persone, e come ti dicevo prima mi hanno contattato da poco per dirmi quanto scritto su, inutile dire che penso siano professionali, e fino ad ora sono stati gli unici che hanno creduto in me a livello di investirci sopra. Io mi fido di loro e loro si fidano di me, tuttavia il contratto era unicamente per quest’album e sarei curioso di vedere se altre etichette saranno interessate al prossimo cd, che se viene come dico io può avere un grande potenziale quindi vedremo cosa succederà, il mio pallino è la Black Widow e ogni volta che esce qualcosa di mio ci provo, ci proverò anche alla prossima tappa.

Sarai sicuramente un appassionato di film Horror. Quali sono i tuoi film horror preferiti e quali ultime uscite secondo te vale la pena andare al vedere al Cinema?
La mia top 3 è oramai fissa da anni, al primo posto Non aprite quella porta di Hooper, non so se sia vero ma lessi da qualche parte che il regista fece recitare i ragazzi sempre
con gli stessi abiti sporchi per farli entrare in una situazione mentale e fisica al limite del malsano e rendere così al massimo. Spero sia vero perchè è un aneddoto stupendo. poi L’esorcista, il film più pauroso di sempre, checché se ne dica a me non ha mai suscitato nemmeno un sorriso e anzi non capisco come una storia del genere possa far ridere. poi ti dico il mitico “Evil Dead”, a noi noto come “La Casa”, una pellicola che per me è poesia, solo il momento in cui arrivano e notano i primi segni premonitori è da 10 e lode. commovente. Tra le nuove uscite ho gradito un sacco Insidious per il semplice motivo che da piccolo ho sempre fantasticato sulla notte, sul buio, che qualcosa potesse accadere, ricordo le storie sull’uomo nero o le streghe pronte a rapirti, beh quel film è riuscito a rievocare quei tenebrosi ricordi e in certi momenti del film ho avuto i brividi per tutta la schiena, quindi pazienza se la pellicola ricicla da poltergeist, è un ottimo riciclo per i miei gusti.

E per quanto riguarda i gusti musicali quali sono le tue band preferite e cosa gira ultimamente nel tuo lettore?
Io ascolto proprio di tutto, o quasi, heavy metal tantissimo, i Death SS miei idoli, poi Doro Pesch, Anathema, Carcass, Morbid Angel, guarda è impossibile anche elencarti una piccola parte dei miei ascolti, questo che ti ho detto non è nemmeno un 0.1 % è infatti una domanda tragica perchè mi dispiace non nominare tutti, ora per esempio sto ascoltando “Symbolic” dei Death e penso che poi metterò su i Depeche Mode. Non posso però dimenticarmi quella che per me è la massima espressione artistica che io abbia mai sentito in vita mia, e sono sempre stato orgoglioso di lei, devi sapere che sono un grandissimo ammiratore della cantante Elisa, ora fregatevene di alcuni singoli in italiano che purtroppo nel suo ambiente sono d’obbligo, lei è ALTRA COSA.

Parlando invece dei tuoi show, come svolgono e cosa dobbiamo aspettarci in una data dei Providence? E trovandoci in argomento, dove suonerai prossimamente?
La cosa bella di una one man band è che nessuno ti dice come fare, la responsabilità è tua completamente e puoi muoverti come meglio credi, la cosa brutta è la difficoltà nello suonare dal vivo, io ora come ora proprio non posso, ma chissà un futuro, ho amici che mi hanno dato la disponibilità per aiutarmi. a volte in situazioni di feste della birra mi è
stato chiesta almeno una canzone targata The Providence, ma non esiste che io suoni un qualsiasi pezzo a tarallucci e vino, ogni cosa ha la sua dimensione, e quella di The Providence è horror senza compromessi, solo in essa può svilupparsi per avere un senso, mi sono ispirato dall’inizio a Steve Sylvester e Alice Cooper non solo musicalmente ma anche come modo di presentare il proprio lavoro, e Bloody Hansen è il frutto di tutto ciò, non ci potrei mai scherzare su e per me è una cosa estremamente seria, tu pensa se i Death SS avessero suonato “Zombi” con sotto il palco i bambini che giocavano ad acchiapparello, mi hanno quindi insegnato a prendere le cose con serietà e che se
credo in una cosa non devo avere fretta solo per farmi notare.

Nella tua biografia sono accennate un paio di collaborazioni con diverse band Metal nostrane, ti va di parlarcene più a fondo?
E’ una delle cose a cui tengo di più, innanzitutto vorrei partire dagli ospiti del mio cd: Francesco Cucinotta, che è una delle menti più creative che abbia conosciuto, ti giuro è impressionante, dai un’ ascolto a quello che fa e anzi ti consiglio la recensione del suo ultimo favoloso album “Megapophasis”! “Felis”, ti dicevo, ha registrato un remix al brano “Death Bag”, e naturalmente ha fatto un lavoro micidiale! poi un altro grande ospite nel mio cd è Luca Alfieri, noto per il progetto Intromania , lui ha registrato la parte spettrale di tastiera che puoi sentire alla fine di “We Eat You at Midnight” e anche lui è fresco di nuovo album. Poi ho registrato un brano con i mitici Deathless, un grandissimo pezzo dedicato al film “Eaters”, tu pensa che mandai la base al loro batterista Andrea il quale mi rimandò tutta la batteria a puntino dopo nemmeno un giorno, rimasi di stucco, poi quando sentii quello che la cantante Steva fece con le sue potenti corde vocali mi fece drizzare tutti i peli dal primo all’ultimo! inoltre ho registrate un outro per i bravissimi Carnal Gore, una promessa del death metal nostrano, e altro mio orgoglio è stato partecipare ai synth nell’album dei messicani Oxus, una band death metal molto particolare nelle scelte stilistiche.

Sempre nella biografia si parla di un tuo nuovo disco più Heavy, ti va di anticiparci qualcosa in anteprima?
Si esatto, col nuovo disco ho mischiato completamente le carte in tavola, il nuovo parto è qualcosa che non pensavo di essere in grado di comporre e registrare, ho usato più la forma canzone come su “Eaters” che le influenze da soundtrack, anche se queste non mancano, basta pensare che “Rosemary” è una anticipazione del nuovo album, e già da lì noti subito la differenza nella durata. anche stavolta avrò degli ospiti e saranno tanti, tra cui “L’impero delle Ombre”, “Witchfield”, e ancora Cucinotta e Alfieri, ma tanti altri saranno della partita. Suonare con queste persone è come creare una squadra di calcio ed avere Cristiano Ronaldo o Messi nel proprio team, dovrei aver reso l’idea del rispetto e fiducia che nutro in queste persone! Però una menzione particolare va al batterista che sta avendo la pazienza di preparare tutte le parti di batteria, perchè sai, della drum machine mi sono alquanto stufato, e quindi ho chiesto a Giampiero degli amici Deathcrush se poteva suonare lui. Da grande amico qual’è non ha esitato un secondo e da un annetto di tanto in tanto ci incontriamo nella sua saletta, ci manca solo una canzone e fra poco saremo pronti per entrare in studio, sentirete una evoluzione netta, quasi un’altro gruppo, e posso dire di aver mantenuto il patto che ho fatto con me stesso, ossia ogni capitolo deve essere diverso dal precedente senza perdere lo stile che mano a mano si consolida nel tempo. un’altra novità è che in preparazione un fumetto, lo so non è originalissima come idea, ma cosa c’è di meglio di un disco horror con in allegato delle vignette maledette? E poi il mio fumetto avrà la sua soundtrack personale, organizzerò il tutto in modo tale che si possa vedere e ascoltare!

Bene Bloody, l’ intervista si chiude qui concludi a tuo piacere.
Se vi piace l’horror datemi una chance, e se gradirete “Horror Music Made In Hell” vi prometto che il prossimo album “The Bloody Horror Picture Show” sarà molto meglio! Grazie per l’interesse Vincenzo!

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Dente

Written by Live Report

9 Dicembre @ Zu:Bar Pescara

È passato più di un anno da quando ho visto Dente strimpellare dal vivo la prima volta. Eravamo in un paesino sperduto dell’Abruzzo, non ricordo neanche il nome. C’era un grande palco, c’erano i Bud Spencer Blues Explotion a scaldarci, c’era una piccola folla festante come solo alle sagre paesane. Eravamo in estate, all’aperto e le voci e l’odore di arrosticini e salsicce si mescolavano alla brezza e al sudore, senza minacciarci, senza infastidirci. Abbiamo passato tutto il tempo tra quella sera splendida e oggi a cantare e parlare, ridere e scherzare, dell’appuntato Mazzolino, di Irene, di uno strano tipo di Fidenza e della sua ex compagna un po’ stronza. Dente ha inciso un nuovo lavoro. Le sue canzoni hanno bevuto vino e birra con noi quest’estate. Ormai è un nostro caro amico del nord.

Dente è a Pescara, allo Zu::Bar. Che facciamo? Non possiamo non andare a salutarlo. Andiamo. Raccogliamo i più romantici beoni del paese, barboni dentro, innamorati dell’amore, allegria, semplicità, qualche euro e via. Don Gennaro ci regala un po’ di gioia intrappolata in una bottiglia di plastica. Tre euro è un prezzo onesto per la felicità. Arriviamo al locale, siamo sulla Tiburtina che unisce Pescara a Chieti, siamo nella savana. Attenti ai predatori più feroci della zona. Sbirri, strane creature che si nutrono della nostra disperazione, dei nostri incubi. Questo è il loro territorio. Ma noi siamo furbi, almeno fino a quando non siamo ubriachi. E comunque non abbastanza furbi da far caricare le nostre carcasse sulla navetta che “viene a prenderti dove vuoi, quando vuoi”. Sì, come no! Se un ritardo di un paio d’ore che potrebbe costringerti a fiondarti in macchina fino a sotto il palco, appena in tempo per spararti Zen Circus a palla direttamente nelle caviglie, non rappresenta un problema. Noi arriviamo prima, quasi due ore prima, altro che navetta. Possiamo bere un po’ di vino al sicuro mentre Dente dallo stereo ci racconta dell’amore e ci invita a stanarlo, passando dalla porta sul retro, senza bussare. Esaurite le riserve Terra di Chieti, è probabilmente ora di avvicinarci alla roulotte che serve da botteghino. Siamo i primi, quasi. Possiamo entrare senza fare file e senza altri problemi. Ahahahah. Come siete ingenui.
Lo Zu::Bar è una sorta di troia che si crede pulita perché ti dà il culo, ma non ti bacia.
“Possiamo entrare o serve la tessera ARCI ?”
“Serve la tessera”
“Possiamo fare la tessera?”
“Non ho i moduli; avreste dovuto fare la preiscrizione on-line”.
“Ma l’altra volta non era necessaria”
“Oggi si”
“E quindi abbiamo fatto settanta KM a vuoto?”
“Non posso farci niente”
Intanto la folla aumenta, tanti chiedono dell’iscrizione. Il . tempo . scorre . lento .
“Sono arrivati i moduli, potete fare l’iscrizione”.
“Posso entrare almeno io, che la tessera l’ho già fatta?”
“Non potete ancora entrare, il botteghino è chiuso”.
Accenno al fatto di essere in lista ma capisco che l’utilità è pari a quella di una figa al The Blue Oyster Bar.
Una ressa si muove come un blob fagocitando moduli e penne, mentre aspettiamo il botteghino. Forse se mi facevano entrare, il bar guadagnava qualcosa in più, ma aspettiamo.
Passano ore e per l’ennesima volta:
“Ma il botteghino ancora non apre?”
“Si che ha aperto, ma non è questo. Qui è solo per le iscrizioni. Devi andare all’altro finestrino della roulotte, un metro e mezzo a sinistra”.
“E quando cazzo avevi intenzione di dirmelo che sono ore che aspetto di fianco a te, distribuendo moduli e penne a un ammasso di poveri disperati, neanche fossimo alla mensa di San Francesco?”
Intanto la folla è diventata enorme e quel metro e mezzo è stretto e ruvido come l’ano di Rosy Bindi.
Arriviamo al botteghino e con un imperioso stacco alla Shearer riesco a prendere il biglietto. Sono dodici euro per il concerto e dieci euro per tre tazze, perché accetto la promozione (che è per tutti, non solo per quelli in lista come mi avevano detto credendomi idiota) che mi fa risparmiare due euro a bicchiere. Che culo. Che generosi. Ah, il Natale. Perfetto, entriamo.
Aspettiamo, un rum e cola, aspettiamo, prendiamo posto, aspettiamo, una tipa ci regala pacchetti di Pall Mall semi aperti, aspettiamo, ci spostiamo, aspettiamo, un rum e cola, aspettiamo, ancora la tipa che non ci riconosce e ho le tasche piene di morte, aspettiamo, seguiamo la tipa e non compreremo sigarette per un po’, aspettiamo, la tipa ci riconosce, aspettiamo, vaghiamo dal balcone al centro della pista, aspettiamo, un rum e cola, i ticket sono finiti, aspettiamo e il barista ci offre un cicchetto, aspettiamo, ci spostiamo nella sala rude del locale, dove fumiamo e beviamo birra rubata chissà a chi, ascoltiamo i Rage, aspettiamo e andiamo al cesso. Manca la porta. Una ragazza (chissà chi sarà…mmmhhh) ne stacca una e la sistema, dove una porta avrebbe dovuto effettivamente essere, aspettiamo. Dopo aver aspettato un po’ (mettete qui i simboli delle bestemmie tipiche dei fumetti) il concerto ha inizio. C’è gente, non moltissima, non buonissima. I soli fotografi improvvisati che decidono di farti mescolare le vertebre del collo alla ricerca di un pertugio visivo, i tipi che sono venuti al concerto, ma fanno i duri parlando di Peveri e deridendolo come se per loro fosse un idiota (loro che, ricordo, hanno speso dodici euro, bevande escluse, per essere qui), qualche ubriaco che fa sempre bene a un Live e un po’ di ragazze esagitate. Insomma il classico pubblico Indie, diviso tra snob, fighette, inopportuni e “io sono qui perché non so che cazzo fare e il biglietto costa meno che andare in discoteca”.

In un attimo il concerto è finito.
Ma come, cazzo. Abbiamo cantato e ci siamo divertiti ma resta uno strano amaro sapore tra le labbra che puzza d’inappagamento. Volevamo che Dente cantasse con noi le sue canzoni più belle, più nostre, più tristemente ironiche e invece per quasi tutto il concerto ha fatto promozione all’ultimo album “Io tra di Noi”. So che tante band fanno cosi, ma lui è diverso. Credevo. Ha scherzato con la gente, ha fatto battute come sempre e discorsi senza senso, ma mi è sembrato molto più lontano rispetto all’ultima volta che lo abbiamo visto vivo. Più maturo, forse. Come il suo album, del resto. Forse col successo ha troppe cose cui pensare e la spensieratezza svanisce sotto il peso delle responsabilità, qualunque sia la sua grandezza. Come rapito, me ne torno a casa con la testa ancora sotto il palco a giustificare un live che in fondo non mi è piaciuto troppo. L’ultimo album è il migliore dei suoi ma rende meno dal vivo, specie se suonato per intero. Forse è stato costretto a fare cosi. E poi, poco importa, perché a Dente gli vogliamo comunque bene, no?

Senza accorgermene mi ritrovo nel letto con la scardinatrice di porte e continuo a giustificare la serata. Non sarà sempre cosi. E’ stato solo un episodio negativo e nulla più. Mezzanotte è passata ormai e mentre stanco, medito e il sonno comincia ad abbracciare la mia testa, un pensiero continua a picchiare alla finestra della mia anima. Solo un episodio e nulla più…mentre mi addormento, e nulla più.

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Captain Mantell-Groung Lift

Written by Recensioni

Terzo capitolo della saga spaziale per i Captain Mantell. dopo “Long way Pursuit” (2007) e “Rest in Space” (2010), arriva “Ground Lift”, personale ed immaginaria interpretazione dell’ultimo ma reale volo del capitano Thomas Mantell, unico caso di un pilota morto all’inseguimento di Ufo nel 1948; vi chiederete il perché di questa scelta!? Bene, diciamo che vista la quasi omonimia con il leader del gruppo, Tommaso Mantelli appunto, la scelta è parsa quasi d’obbligo!!
Nel caso in cui qualcuno di voi, numerosi e affezionati lettori, ancora non li conoscesse, ve li presento subito : trio veneto formato dal sopracitato Tommaso Mantelli (voce,basso,chitarra,synth) alis Captain Mantell, noto ai più come bassista del Teatro degli orrori nel tour “A sangue freddo” (ma questa è tutta un’altra storia e anche voi, dopo aver ascoltato questo disco, potrete dire oltre al Tdo C’E’ DI PIU’!!!), Nicola Lucchese (drum machine,synth,voce) alias Dottor Ciste e Omero Vanin (batteria,synth,voce) alis Sergente Roma .
Negl’anni i nostri capitani hanno avuto le loro soddisfazioni partecipando a vari ed importanti Festival come l’Heineken Jamming (main stage), il Neapolis , il Venice Industries ,il Mei , dividendo il palco con gruppi come Chemical Brother e Klaxons ed ultimo ma solo in ordine temporale, il Sonisphere Festival approdato in Italia quest’anno per la prima volta, con una line up con nomi del calibro di Iron Maiden, Motorhead e Slpiknot ,solo per citarne alcuni.
Bene, ma adesso dopo quest’ ampia presentazione, passiamo all’oggetto del nostro interesse, il disco(!) tredici tracce esplosive che accompagnano, dopo essersi persi nello spazio alla ricerca di oggetti non identificati, “il ritorno e la riscoperta” dei nostri musicisti-astronauti sul pianeta Terra, con pezzi come “Before we Perish“ nonché primo singolo estratto ,che altro non è che un ultimo messaggio di SOS prima dello schianto, ben concretizzato nel relativo video realizzato da Eeviac, o l’attualissima “Mr.B.” forse la canzone più sporca e graffiante di tutto l’album dal basso aggressivo;
Secondo singolo estratto è “Yesterday”( like the Beatles say) con tanto di video dall’aria “ So 60’s “ ambientato in un piccolo club stile newyorkese.. ,ma perché non citare anche l’emblematica “My Personal End of the world” o l’evocativa “Foresteria(Venice-Istanbul) “ ,unico pezzo interamente strumentale denso di synth, suoni e richiami tipici dei Captain Mantell , come del resto lo è anche l’utilizzo della lingua inglese ,che se non bastasse dal solo il sound , dà un quel tocco che caratterizza la loro indiscutibile internazionalità.
In conclusione, se amate la stridulità e le distorsioni dell’elettronica sporcate con sonorità punk caratterizzate da giri di basso a regola d’arte, non potrete non amare questo disco!

  • Genere: Elettro/ SpacePunk
  • Etichetta: Irma Records / Hypotron
  • Voto: 5/5
  • Data di uscita: 16 Dicembre 2011

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BROKEN CORDS: esce il singolo 34KM a NORD

Written by Senza categoria

Esce il singolo 34KM A NORD tratto dal nuovo album TU LO SAI?
promosso con il sostegno di Puglia Sounds.
“TU LO SAI?” è il titolo del nuovo album dei Broken cords, band barese, alla seconda uscita con etichetta Friends of music. Un titolo emblematico per un album che non vuole dare risposte e neanche creare interrogativi , ma solo ripercorrere, attraverso i brani, la ricerca di sensazioni perdute che solo la curiosità e la voglia di porsi nuove domande possono far riaffiorare. Il sound di questo album è diretto e deciso, più crudo e incisivo. È ispirato a sonorità più cupe e dal sapore internazionale. Tutto ciò non dimenticando la cura del particolare e di testi ricercati ma con una spiccata volontà di essere facilmente comunicativi.

34Km a nord tratta la difficoltà di ritornare in un luogo che ti ha regalato emozioni positive e

negative che continuano a perseguitarti per sfociare nella forte voglia di deviare la propria strada altrove. Tutto raccontato da un video, a tratti ironico e a tratti inquietante, che enfatizza questa fuga.

Le riprese dell’album sono state effettuate presso gli studi di Friends of music di Carasco (Ge) e presso lo Zerodieci Studio di Genova, prodotto da Giovanni Cirigliano.

I Broken Cords nascono nel 2006, dove si fanno già notare con il demo “Fairy Sound”, composto da 3 brani indie rock in Inglese. Successivamente scoprono la scrittura in italiano con il brano/video “ Le Maschere che porto” che condurrà i Broken Cords alla vincita di molti festival e ad una stagione live intensissima. La band infatti, ha condiviso il palco con Amor Fou, Almamegretta, Alex Britti, Andy (Bluvertigo) e molti altri. Attraverso la loro musica i Broken Cords esprimono le loro riflessioni e sensazioni sul mondo, raccontano gli incontri e le relazioni vissute, esprimono la propria reazione alle difficoltà del loro tempo, tirando fuori la propria rabbia ed il proprio tentativo di ricerca di un cielo più nitido e di sensazioni più intense.

A Febbraio 2011 la band presenta un omonimo EP di 6 pezzi con il singolo/video “Febbraio”. Il brano rappresenta l’incessante contrapposizione tra la realtà futile che viviamo, mettendo da parte ciò che di bello ci circonda, contrapposta alla realtà, che speriamo un giorno di riuscire ad ottenere, rappresentata dalla soprannaturalità del Dio Nettuno, incredulo di fronte alla falsità e all’ignoranza del mondo “umano” . Il video raggiunge il 6° posto nella classifica Youtube Italia sui canali musica. Con questo EP la band si sposta dal nord al sud con un tour live promozionale che tocca diverse città. A novembre 2011 è prevista l’uscita del 1° Album della band, “Tu lo sai?” , su etichetta Friends of Music. L’album vede la collaborazione attiva di Stefano Cabrera (Afterhours, Cristicchi, Motel Connection) agli archi, di Zibba (noto cantautore, vincitore del premio Bindi 2011) sul brano “L’uomo sotto il cappello” e di Andrea Celeste (nota voce jazz) nei cori di “Vento alla luna”. “Tu Lo Sai?” verrà presentato in anteprima nazionale al MediMex– Mei – Fiera del Levante (Bari).

“Questo cd è promosso con il sostegno di Puglia Sounds – P.O. FESR PUGLIA 2007-2013 ASSE IV”

BROKE CORDS – Official Site

http://www.brokencords.net/TULOSAI/home.html

“34 KM A NORD” – Official Video on YouTube

ufficio stampa

PROTOSOUND POLYPROJECT – www.protosound.net

L’ALTOPARLANTE – www.laltoparlante.it

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