Riccardo Merolli Author

Presidente emerito di Rockambula. Non studia non lavora non guarda la tv non va al cinema non fa sport.

Misachenevica – Come Pecore in Mezzo ai Lupi

Written by Recensioni

Misachenevica è un nome veramente figo per una rock band, un nome talmente bello da influenzare tutto l’ascolto del cd (davvero!). Ti piacciono subito senza una reale motivazione, hanno un nome grandioso e nessuno può farci niente, sono quelle cose che ti rendono grande o sfigato dall’inizio. Arrivano dal nord est e ci sparano in presa diretta l’album Come Pecore in Mezzo ai Lupi sotto etichetta Dischi Soviet Studio. Il rock italiano più classico degli anni novanta come linea da seguire per orientarsi dentro questo lavoro non sempre coerente con le proprie potenzialità, nel senso che assaporo dei pezzi grandiosi e dei pezzi sinceramente superflui, come presenze indesiderate durante la migliore festa dell’anno. Una festa mesta per evocare i Marlene Kuntz del primo periodo catartico, una potenza meno sviluppata ma comunque sempre dietro l’angolo quella sprigionata dalle chitarre dei Misachenevica, meno graffianti ma molto emozionali. Misachenevica, devo sempre ripetere questo nome fino allo svenimento, ne sono rimasto troppo attratto. Misachenevica. Come Pecore in Mezzo ai Lupi in qualche maniera mantiene viva quella schiera di adoranti sognatori del primo indie (italiano) che vedevano perse le proprie speranze e non riuscivano più a riconoscersi in nessuna manifestazione musicale attuale, le pecorelle smarrite che ritrovano la retta via per rimanere nell’argomento lasciato percepire dal titolo del disco (anch’esso di una bellezza fuori dal comune).

Il pezzo “Figlio illegittimo di Kurt Cobain” lanciato come singolo impressionabile del disco (e qui sotto potete spararvi il video) tira da subito fuori una cattiva essenza di rock duro, primordiale e con una struttura melodica pop orecchiabilissima, si impara subito la strofa di un ritornello studiato alla perfezione e canticchiarla non è poi così male. Indubbiamente non parliamo del disco dell’anno, per quello bisogna guardare altrove ma non tutto è da prendere alla leggera, la band appartiene sicuramente alla fascia buona della musica italiana, quella che sovrasta la cattiva di molte migliaia di distanze. Ebbene il nome della band gioca a loro favore e incuriosisce un vago ascoltatore, se mi trovassi a scegliere un disco alla cieca sopra uno scaffale di un vecchio negozio di dischi la mia scelta  cadrebbe senza esitazioni sopra di loro. I Misachenevica hanno già il potenziale commerciale nel sangue, una produzione più attenta e mirata li renderebbe competitivi sotto ogni punto di vista. Come Pecore in Mezzo ai Lupi al momento rimane un bel ricordo con tantissimo bisogno di conferme future, il vero rock si vede alla distanza.

Read More

Oslo Tapes – un cuore in pasto a pesci con teste di cane

Written by Recensioni

Nella musica uno degli elementi fondamentali è emozionare l’ascoltatore, non importa il tipo di emozione provata, l’importante è emozionarsi. Ognuno di noi deve farlo per sentire viva quella parte intima che altrimenti rischierebbe di soffocare.

Ed ecco che Marco Campitelli (The Marigold e Deambula Records) incontra l’estro passionale del sempre attivo Amaury Cambuzat per dare vita al progetto Oslo Tapes  (un cuore in pasto a pesci con teste di cane), atmosfere cariche di nuvole pesanti sopra un cielo rumoroso di quasi primavera. Non c’è molto da rivendicare se pensiamo ad un disco ricco di spunti melodicamente sporchi e pieni di significato, non credo tanto nella banale categorizzazione del semplice rock italiano, qui abbiamo tanto nord Europa dentro picchiato a forza dalle chitarre comandate come fossero angioletti cornificati dall’esperienza di Cambuzat. Campitelli sorride come un diavolo quando può avvalersi della complicità artistica di musicisti come Nicola Manzan e Giole Valenti (solo per citarne alcuni), il prodotto finale assume uno spessore rilevante al quale bisogna in ogni caso rendere omaggio, la differenza si sente. Impercettibili vibrazioni mandano in affanno il cervello.

Oslo Tapes al contrario di una tradizione passata adottata dalle produzioni vicine a Campitelli che voleva solo liriche in inglese inizia una sperimentazione dei testi (se pur brevi) in italiano, possiamo considerare questa scelta molto importante ai fini della divulgazione nei circuiti indipendenti italiani che non vedono di buon occhio lo sperperare della lingua britannica ai soli fini d’esportazione e musicalità. Insomma, siamo Italiani e nonostante tutto ci piacciono anche i pezzi cantati in italiano. Oslo Tapes (un cuore in pasto a pesci con teste di cane) racchiude undici brani diversi ma con un percorso molto concettuale, situazioni mistiche in ambienti prevalentementi cupi, la new wave indirettamente trova il proprio spazio all’interno del disco, ascoltare brani come Distanze e Attraversando per farsene un idea precisa. La vita non lascia certezze a cui aggrapparsi, meglio perdersi in infinite spirali senza fine (Nove Illusioni e Tremo) per dimenticare di essere sovrastati da un sistema brutto e decisamente pesante. Il finale viene affidato ad una ballata profonda (Crux Privèe) alla quale il progetto Oslo Tapes decide di affidare la firma dell’intero lavoro senza nessuna remissione di peccato.

Era tanto tempo che non mi caricavo di tanta fragilità mentale, Oslo Tapes suona come un ipnotico
gioco di prestigio in una serata di pioggia, un progetto molto importante per la sperimentazione musicale tricolore, qualcosa che riesce a smuovere le menti della gente.
Qualcosa di tendenzialmente bello e importante. Il disco uscirà il 12 Marzo, nel frattempo qui sotto vi lasciamo un assaggino.

Read More

Cranchi – Volevamo Uccidere il Re

Written by Recensioni

Il cantautorato italiano può tranquillamente essere sezionato in due: quello impegnato e fatto di sognanti poesie e quello incompetente, commerciale e vergognoso. Lo spacco è talmente netto che chiunque riuscirebbe a scegliere la propria sponda (collocazione) al primo ascolto. Non per questo l’impegnato debba essere meglio del demenziale ma necessariamente superiore al vergognoso commerciale (una fetta molto ampia e diffusa della musica in circolazione oggi).

I Cranchi sono la band del musicista Massimiliano Cranchi e per nostra fortuna fanno parte dello schieramento poetico impegnato, una scelta difficile perché in questo caso bisogna dimostrare di esserne capaci e loro non senza troppe difficoltà lo sono. Il loro disco Volevamo Uccidere il Re arriva come secondo lavoro ufficiale dopo Caramelle Cinesi mantenendo costante le proprie capacità compositive che iniziano a saldarsi prepotentemente all’ossatura della musica d’autore italiana più classica. I Cranchi o Cranchi Band non nascondono mai una somiglianza vocale quasi impressionate con De Gregori, anche il modo di affrontare un brano sembra essere molto simile al vecchio cantautore, un’affinità a doppio taglio per la band, da una parte la facile digeribilità delle canzoni dall’altra un effetto cover sempre nei paraggi. Dobbiamo però considerare la poca originalità di tutto il sistema dei cantautori italiani, ascolti dieci cantanti e nessuno o quasi mette una firma inconfondibile.

Detto questo torniamo al nostro disco Volevamo Uccidere il Re e confermiamo malgrado tutto la propria bellezza, attualità e freschezza. Ho ascoltato il disco per intero almeno quattro/cinque volte prima di arrivare ad una conclusione definitiva, imparavo subito le melodie folk, canticchiavo qualche strofa ma il colpo di fulmine è arrivato per il pezzo La Primavera di Neda (e chi ha già ascoltato il disco ribadirà le proprie perplessità sulla mia critica a questo disco). Non chiedetemi come mai visto che chiaramente non è il cavallo di battaglia della band padana ma il rimanere folgorati non deve per forza avere una spiegazione logica. Forse quel testo dolce e significativo, una melodia condita nel verso giusto, non lo so ma il pezzo merita decisamente. Poi altri grandi brani come Cecilia (penso all’Alice di De Gregori) o Anni di Piombo dove la musica folkeggiante ricorda in maniera convinta Edoardo Bennato. Volevamo Uccidere il Re mantiene un buon atteggiamento positivo per tutta la durata del disco (anche pezzi come Il Cuoco Anarchico) senza mai avere picchi di superiorità o di desolazione, un giusto concentrato di musica e parole, quel cantautorato equilibrato con il quale ogni persona dovrebbe confrontarsi almeno una volta nella propria vita. I Cranchi suonano il sentimento umano di una società senza valori destinata al collasso e lo fanno sulla punta dei piedi senza infastidire niente e nessuno.

Read More

Instrumental Night. Architecture of Universe + Dresda + Au

Written by Senza categoria

Instrumental Night. Architecture of Universe + Dresda + Au al Circolo Arci Malabrocca in via Alla Stazione 22 a Pioltello (MI).
Arci Malabrocca è lieta di presentare per sabato 23 febbraio una giornata ricca di appuntamenti, durante la quale verranno presentati tre diversi progetti musicali italiani!

Apertura cancelli alle 18.00
(programma dettagliato nella parte inferiore).
*****Dalle 22.00 sul palco:*****
A U +
[noise rock/jazz – sperimentazione audiovisiva] [http://au44k.wordpress.com/] AU+ è un duo composto da sassofoni ed elettronica che si ispira alla signal detection theory (SDT), un sistema di misurazione del processo di estrazione del flusso portatore di informazioni (melodia/armonia) dal rumore di fondo

D R E S D A
[http://dresda.wordpress.com/] [ambient – post rock] I Dresda sono un gruppo strumentale nato nel 2005 a Genova.

A R C H I T E C T U R E O F T H E U N I V E R S E
[http://architectureoftheuniverse.bandcamp.com/] [post rock] Gli Architecture Of The Universe sono un gruppo post-rock nato a Firenze a fine 2010. Le sonorità che contraddistinguono gli AOTU riescono fin da subito a creare un mix capace di far risaltare una particolare impronta personale che ha caratterizzato il progetto.

|||| P R O G R A M M A C O M P L E T O ||||
*****Dalle 18.00:*****
Seminario sulla costruzione di casse acustiche per chitarre e bassi curato da Andrea Guasti (Hopecustomlab).
*****Dalle 19.30:*****
Presentazione ufficiale de:
-“Il Grande Freddo” (Architecture Of The Universe)
-“Diluvio” (Dresda) [Marsiglia Records – Asiluum Records], con il curatore del packaging di Diluvio Riccardo Zulato (Cikaslab).
Verranno proiettati:
“Il making of Il Grande Freddo packaging”
ed il video ufficiale “Piccoli ricordi” (estratto da Diluvio), realizzato da Marco Longo.
*****Dalle 20.30:*****
Aperitivo a buffet.
*****Dalle 22.00:*****
Inizio Concerti e performance.
A seguire DJ-Set!
Tessera Arci obbligatoria.

Read More

Orchestra Dark Italiana – S/t

Written by Recensioni

“Invitami a casa, è più tranquillo a casa” (GiapponeOrchestra Dark Italiana).

Il quartetto Orchestra Dark Italiana è composto dai musicisti Flavio Michele, Federica Nardi, Giuseppe Paolillo e Savino Pace. La loro missione è portare musica disorientante nelle orecchie mal messe dell’ascoltatore moderno. Quello impavido e dai grossi problemi, quello disposto a mangiare merda pur di non concedere un minimo delle proprie capacità intellettuali alla cultura artistica (musica o arte in generale).
Esistono molti modi per sentirsi padroni del proprio (fortunato) destino nel mondo della musica, trafiggere l’ascoltatore al primo ascolto è uno di questi, farlo sentire a proprio agio è la cosa migliore. L’Orchestra Dark Italiana debutta con il primo omonimo (s/t) disco lasciandosi un gradevole profumo alle spalle, un orchestra nel vero senso della parola con una strumentazione ben assortita e mirata, la quinta essenza di un interpretazione magistralmente corretta. Elettronica in chiave moderna, molto lenta con reti vocali calme e atmosfere cupe, dark appunto ma non new wave. Poi il cantautorato sembra essere uno dei migliori in circolazione con una cura dei testi sopra le righe ( ascoltare Giappone, Vera, Youthell) e la volontà di esporre un buon prodotto finale. Un disco d’esordio chiamato semplicemente s/t per arginare l’incomodo omonimo, una storia raffinata raccontata sopra le proprie esperienze di vita, di terra, di mare, di sole. Orchestra Dark Italiana confonde fortemente l’animo di chi si cimenta nell’ascolto rendendolo incapace di garantire un attenzione sincera per tutta la durata dell’album e ci troviamo sempre davanti a cambiamenti improvvisi figli di una sperimentazione sonora in continuo movimento. Un orchestra degli (nostri) anni dieci da non confondere con quelle sedicenti alla Bregovic, abbiamo davanti meno complessità di arrangiamento e più fascino emotivo, niente virtuosismi da camera e più esecuzioni che vengono dallo stomaco. Certo perché ormai siamo stufi del tutta tecnica (e disciplina) e niente cuore, il periodo attuale che stiamo vivendo ci rende vulnerabili ai sentimenti e quelle poche emozioni belle o brutte che siano vanno vissute fino all’ultimo respiro (non mettendo comunque in discussione la loro tecnica ). Orchestra Dark Italiana suonerebbe bene tra i vicoli emancipati di una triste festa cittadina, tra mangia fuoco, prestigiatori e mimi, la copertina di Strange Days dei Doors trasmette lo scenario lasciato dalla musica di questa band. Un s/t troppo profondo per circolare nella sciatta insoddisfazione dell’indie rock italiano, qualcosa di veramente diverso e interiormente valido, non buttiamoci troppo velocemente in giudizi ultra positivi prima del tempo dovuto ma riconosciamo all’Orchestra Dark Italiana il merito di aver suonato e portato a nostra conoscenza un buon album d’esordio come pochi in questo periodo. Le chiacchiere poi lasciamole portare via dal vento freddo di questa metà di Febbraio e godiamoci un disco che a primavera potrebbe già sfiorire.

Read More

Oslo Tapes – intervista a pesci con testa di cane

Written by Interviste

Oslo Tapes (un cuore in pasto a pesci con teste di cane) è il progetto di Marco Campitelli dei Marigold prodotto e suonato (anche) da Amaury Cambuzat. Il 12 Marzo l’uscita ufficiale del disco. Cerchiamo di capirne qualcosa in anteprima, tra il cinema di Tarkovsky e le prestigiose collaborazioni della musica italiana presenti nel disco.

La musica di Oslo Tapes sembra essere perfetta per una colonna sonora, una musica che vuole essere vissuta, sbaglio?
Penso di sì, un pò in tutto quello che compongo si possono ritrovare delle “visioni”,  alcune personali, altre volte influenzate dal cinema (il cinema di Tarkovsky per quanto riguarda il disco degli Oslo Tapes)

Cosa spinge Marco Campitelli a creare questo progetto?
E’ da molto tempo che nel mio” studio” orbitano delle idee, pensieri e brani che non sempre trovavano collocazione adatta nei Marigold. Da qualche anno ho deciso di  dedicarmi in modo più sistematico alla cosa iniziando a “scomporre ” brani e organizzare le parole intorno ad essi.

Amaury Cambuzat suona e produce il disco, cerca di spiegare l’importanza di questo personaggio all’interno del disco?
Amaury da molti anni a questa parte ha sempre sostenuto le mie idee producendo i dischi dei Marigold…e mai come questa volta si è rivelata la persona più indicata per dirigere il lavoro nel suo complesso. La maggior parte del disco è stato registrato e composto da me e da lui in circa 4 giorni, solo con lui sarei riuscito a far tutto in modo così diretto. Amaury oltre ad essere un grande musicista è un bravissimo arrangiatore…e sa aiutarti a farti diventare un “vettore”, un mezzo per cui far passare la musica.

Musicisti eccellenti nelle collaborazioni, ne vogliamo parlare?
Volevo realizzare/arrangiare dei brani con persone che stimo stilisticamente e con il quale sto bene sul piano umano. Sono davvero molti quelli hanno contribuito alla riuscita del disco e tutti sono degni di nota. A partire dagli amici ed ottimi musicisti Valerio Anichini, Mauro Spada e Luca Di Bucchianico, Wassilij Kropotkin (La duma e King of the Opera) e Andrea Angelucci (Zenerswoon) con la loro versatilità e capacità compositiva, la precisione e la cura di Stefano Venturini e Alessia Castellano (Werner), Irene Antonelli  e Ferruccio Persichini (TV Lumieré) con i quali condivido un certo immaginario e scelte musicali, Gioele Valenti (Herself) fraterno amico e grande musicista che mi offre spesso utili consigli e intuizioni e infine Nicola Manzan (Bologna Violenta) musicista e arrangiatore di altissimo livello. Il tutto amalgamato e supervisionato dall’immancabile Amaury Cambuzat. Come sempre poi l’artwork del disco è sempre curato da Kain Malcovich, disegnatore e scrittore che ruota intorno al mondo della DeAmbula Rec.

Oslo Tapes ( un cuore in pasto a pesci con teste di cane )  titolo molto teatrale ad effetto, perché?
Il titolo dell’album è uscito fuori all’ultimo momento, doveva essere un omonimo, ma come ci insegna il buon Gioele Valenti, è l’ album a “reclamare” il suo titolo, OT ha reclamato il suo sottotitolo poco prima di andare in stampa. Si stratta degli ultimi versi cantati nel disco “un cuore in pasto a pesci con teste di cane” (in Crecefissione Privée) più che teatrale è un riferimento alle “visioni” che ho citato prima.

Un disco molto compatto ed emotivo, la gente apprezzerà? O pubblico di nicchia?
Mi suggerisci la risposta: per un pubblico emotivo, ma sicuramente appassionato di sonorità sperimentali.

Dopo l’uscita si parte per il tour promozionale del disco, novità nell’esecuzione live, tappe del tour, insomma, anticipaci qualcosa?
Il tour verrà realizzato in solo, ma non in veste “soft-cantautorale” i brani verranno suonati con un carattere molto sperimentale, mi alternerò fra chitarre, synth, loop a bassa definizione e qualche tamburo. In alcune tappe mi accompagneranno Ferruccio e Irene dei TV Lumiére, o Francesco e Andrea. Non mancheranno qualche incursione di Cambuzat e Manzan.

Il disco sarà distribuito soltanto in Italia? Sotto quali etichette/distribuzioni?
Il disco è stato prodotto da diverse label tra cui la mia DeAmbula Records, la Acid Cobra Records di Amaury Cambuzat che curerà la distribuzione francese, la Dischi Bervisti di Nicola (Manzan) e Nunzia, Atelier Sonique del caro amico Bonfo, gli instancabili ragazzi di Dreaming Gorilla Records e Overdrive Records. La distribuzione in Italia sarà curata da Audioglobe che si è interessata al progetto con entusiasmo.

Ho avuto la fortuna di ascoltare il disco in anteprima e i miei giudizi non possono che essere molto positivi, vuoi parlarci del disco menzionando qualcosa a cui tieni?
Sono felice che ti piaccia

Grazie Marco, in bocca al lupo!
Grazie a te Riccardo per la cortesia e l’attenzione che rivolgi alle nostre produzioni.

 

Read More

Grenouille – L’indie rock non esiste! –

Written by Interviste

I Grenouille sono una delle band più attuali del momento, tra fighetterie rock e cose del genere abbiamo scambiato qualche punto di vista con il frontman Marco Bugatti. Musica assaporata come del buon vino e il sistema indie italiano che non esiste. Ecco di cosa abbiamo parlato…

Ciao e ben trovati sulle pagine web di Rockambula, come stanno artisticamente (ma anche fisicamente) parlando i Grenouille?

Molto bene, grazie. La scelta di autogestire la realizzazione e la promozione del nostro progetto musicale si è dimostrata vincente. Abbiamo ricompattato la formazione attorno a Fabio, il nostro batterista storico e questa cosa ci ha dato una spinta dal punto di vista artistico. Fisicamente tutto ok.

Da poco tempo è uscito il vostro secondo disco Il Mondo Libero, è tempo di iniziare a tirare qualche somma oppure lasciamo passare altro tempo? Prime impressioni?

Possiamo già tirare qualche somma. Abbiamo voluto scrivere un disco vintage, vecchio stile, come i dischi degli anni 60 e penso che ce l’abbiamo fatta. Siamo soddisfatti del risultato e il disco sta piacendo moltissimo alla critica e al pubblico. Certo, non è un disco immediato, è un disco che va assaporato piano, e si impara ad apprezzare di piu’ dopo un po’ di tempo… Come il buon vino

Dalle critiche al disco emerge subito un suono molto più morbido rispetto al precedente disco, cambiamenti in corso nel sound dei Grenouille?

Sicurame in questo disco emerge anche un lato del nostro sound più morbido, più classic rock, a tratti cauntautorale. E’ una cosa stavamo cercando di fare da tempo, e siamo contenti di aver scritto pezzi come La Droga Più pesante, o come Solo per te Stesso. Tuttavia non abbiamo abbandonato il nostro lato hardcore e nel disco ci sono anche pezzi come D.S.M. o Reality Show o Sulla Linea di Confine che sono quelli che suoniamo più volentieri nei live elettrici. Questo continuo passare da un’atmosfera ad un’altra ti permette di vivere il disco come un viaggio, come la trama di un film, che si chiude con l’ultima traccia,  La Fine del Mondo, i titoli di coda.  Un film sulla nostra attuale realtà e sulle storie che stiamo vivendo. Quel sound rende il film interessante.

Il Mondo Libero possiamo considerarlo un disco della maturità? Dopo due dischi sarebbe strano sentirsi già maturi…

No, a mio parere, no. E’ stato un bellissimo esperimento, molto ben riuscito, realizzato in una situazione molto particolare. Penso che non abbiamo raggiunto ancora la sintesi del nostro suono e del nostro modo di scrivere. Ma non è importante soltanto la meta da raggiungere, ma anche la strada…

Lasciamo stare le recensioni, cosa vuole esprimere questo lavoro? Almeno cosa avete cercato di trasmettere?

Abbiamo cercato di dare uno spaccato di questi ultimi anni, dal nostro punto di vista. In questo disco ritorna molto il tema del controllo, ma anche della liberazione… Ci sono ritratti di persone con emotività al limite del patologico..c’è ironia, rabbia, emozionalità e speranza. Le cose che ci siamo visti succedere attorno ma anche dentro di noi.

Siete una delle band con maggiore potenziale attualmente, almeno secondo noi di Rockambula ma non solo, cosa dobbiamo aspettarci dai Grenouille?

Beh… attualmente stiamo lavorando a un decreto legge per cambiare il nome ai rimborsi elettorali e farli risultare come “Meritati Extra per gli Alcolici e la Marjuana”, tutto questo in previsione della nostra imminente salita in politica.

Nell’ attuale società dov’è rivolto il disgusto dei Grenouille? Musica, politica, attualità. Insomma cosa vi fa schifo?

Ci fa schifo chi, con malcelata arroganza e comportamento da setta, cerca di controllare le cose e di uccidere qualsiasi opportunità in questo paese. Dalle associazioni proto  religiose come Comunione e Liberazione, ai partiti truffa come il PDL ma anche ai nostalgici della Rivoluzione che rifiutano di accettare che il mondo è andato avanti e bisogna aggiornarsi. Vediamo tante persone addormentate e anestetizzate dalla televisione e dalla rappresentazione che i media fanno,di un mondo irreale, allo scopo di distrarre l’opinione pubblica. Vediamo a volte un calo di interesse verso le genuine forme di espressione e di rappresentazione artistiche territoriali, e questo ci dispiace molto. Noi pensiamo che “gli artisti usano le bugie per dire la verità mentre i politici per coprire la verità.”

Sistema cosiddetto indie italiano, voi come vedete questo fenomeno e da che parte state?

Stiamo fuori. Il sistema indie italiano non esiste. Non è un movimento artistico o musicale.

Il disco perfetto del passato a vostro gusto? Naturalmente roba italiana.

Questa domanda è sempre difficile… Se tu me la facesi una volta a settimana ti risponderei sempre diversamente a seconda del mio umore…

Oggi ti risponderei “Quello che non c’è” degli Afterhours.

Progetti futuri? Sorprese, novità?

In questi giorni stiamo arrangiando un pezzo nuovo che si intitola “Che lavoro fa Dyana?” e stiamo ricominciando a scrivere roba nuova…. Presto uscirà il video del La Droga Più Pesante, e naturalmente siamo in giro a suonare il nuovo disco. Cercateci su Facebook, oppure trovate i concerti su www.grenouille.it

Un saluto, questo è lo spazio per liberare quello che avete dentro.. Fatevi pubblicità…

Saremo a Monza, a Torino, Acqui Terme, Novara  Legnano e in Sardegna, e in primavera in giro per l’Italia.

Alzate il culo.

 

 

Read More

Deathwood – Deathwood Ep

Written by Recensioni

Il punk rock è una ragione di vita alla quale ogni singolo individuo può appartenere oppure no, devi averlo dentro senza nessun preciso motivo. Una rivoluzione viscerale che investe l’intestino vomitando sopra tutto quello schifo imbarazzante che cerca di mettere ordine nelle nostre vite. I Deathwood dal centro Abruzzo e precisamente da Raiano AQ dimostrano di essere vivi nonostante la situazione socio/culturale praticamente azzerata della zona di provenienza (che conosco benissimo), praticamente una lotta continua contro il pregiudizio, soltanto la determinazione porterà ad una piccola vittoria (quasi sempre personale). Il punk rock da coraggio. Ecco che i Deathwood registrano il loro omonimo ep d’esordio mettendo subito in prima linea le loro intenzioni horrorifiche di seguaci indiscriminati di quei punkettoni americani dei Misfits, molto elastici nell’esecuzione e dottrinalmente capaci di farsi ascoltare per quello che realmente sono. Un mix ben equilibrato di (hard)rock e metal primordiale in chiave punk. Penserete, che cazzo sarebbe ciò? Avete perfettamente ragione ma la prima impressione è stata realmente quella, di un Bruce Dickinson posseduto da uno dei Ramones, roba da fattoni senza speranza, roba bella da ascoltare. Roba che trivella il pavimento ma parliamo pur sempre di un ep d’esordio e quindi sempre meglio prendere il tutto con le pinze per non rischiare delusioni future, ne abbiamo viste veramente tante in questi anni.

Il sound dei Deathwood non cerca mai di apparire corposo e carico di innovazioni ostentate, il concetto è quello di sentirsi leggeri e incondizionatamente padroni dei propri risultati, apprezzati o meno che siano. Il ritorno a quelle sonorità anni 80 (fine 70) che tanto hanno caratterizzato la scena horror punk soprattutto in America restando vicini al rockabilly più classico.
Bene, let’s go. Cinque pezzi molto tirati ma dai quali spicca notevolmente l’impatto sonoro di The Victim, pezzo simbolo dell’ep del quale (qui sotto) potete vedere anche il video, godetelo interamente nella propria semplicità e non aspettatevi fronzoli intellettuali, stiamo parlando di punk rock. Aspetta, più precisamente di Horror punk. E questa categorizzazione musicale penso non faccia una piega, i Deathwood hanno la capacità di mescolare situazioni al limite del gotico e farle esplodere in puro punk rock, un perfetto mescolare di generi che dimostrano saper fare almeno restando ai cinque pezzi presenti nel ep giunto sotto la nostra attenzione. Una concreta realtà della scena punk italiana, ancora molto piccola ma ben confezionata e dalle grandi possibilità. Bisogna lavorare e coltivare questa passione soprattutto in una terra dove di motivi per andare avanti ce ne sono ben pochi, i Deathwood sono i piccoli porta bandiera di una rivoluzione ancora da scrivere, vivere, combattere. I Deathwood portano dentro la voglia sincera di essere piccoli artisti rivoluzionari in cerca di grandi soddisfazioni.

Read More

Lost Reflection al Shout It Loud Festival con Rain ed Elektradrive.

Written by Senza categoria

I Lost Reflection si esibiranno live al Shout It Loud Festival, che si svolgerà il prossimo 16 febbraio al Dissesto Musicale di Tivoli Terme. Con loro sul palco ci saranno i Rain e gli Elektradrive, oltre agli Honeybombs ed un guest.
Lo Shout It Loud Festival è un festival a tema, musicalmente dedicato alle sonorità Hard Rock e Glam anni ’80 affiancate da un’esposizione di arte visuale dedicata all’erotismo, argomento caro al genere, trattato in una varietà di aspetti sia dal punto di vista lirico, sia da quello visuale, dalla produzione Hard Rock e Glam di ogni epoca.

Read More

I AM A BELIEVER IN MASCARAWAVE!

Written by Senza categoria

Vi ricordate “Control”, il film sulla storia dei Joy Division?

C’era l’esordio del loro manager con la fatidica frase I’m a believer in Joy Division, Alleluja.

Ebbene, prendendo spunto da questa storia, i MasCara hanno creato

una chitarra di cartone (identica a quella di Lucantonio, il frontman del gruppo)

e fotografano le persone durante i live. Il tutto viene documentato tramite foto,

dove ogni persona può sposare la causa dei MasCara e entrare a far parte della campagna 

I AM A BELIEVER IN MASCARAWAVE. ALLELUJA.

Campagna I’m a believer in MasCara Wave. Alleluja.

http://giulia-micheila.tumblr.com/post/39477748418/i-am-a-believer-in-mascarawave

MasCara

click | like | share

 

www.mascarawave.it

Read More

PUNKREAS A TORINO

Written by Senza categoria

Dopo una breve pausa i Punkreas tornano a scaldare i palchi d’Italia e arrivano anche a Hiroshima Mon Amour di Torino, due giorni prima di capodanno, più carichi che mai. Preparatevi a due ore di live show che vi faranno perdere il contatto con la realtà (e col suolo). Il quintetto, che da anni si è guadagnato un nome all’interno del background alternativo italiano, proseguirà con la presentazione del suo ultimo lavoro dal titolo evocativo, Noblesse Oblige.

Ottavo album all’attivo della band, Noblesse Oblige si presenta come la migliore conferma che un’evoluzione è possibile anche in un genere “minimale” come il punk. Le tematiche del disco sono sempre attuali e pungenti, in puro stile Punkreas, anche se questa volta la rabbia hardcore è convertita in sottile ironia, che lascia l’amaro in bocca ma celato da un sorriso. Tra le collaborazioni impossibile non citare quella con Luca Zulù dei 99 Posse nel brano antileghista “Polenta e Kebab” e quella con la sezione fiati dei Bluebeaters in “L’Aperitivo” e “La fine del mondo”, caratterizzati da un groove marcatamente ska. Sonorità più aggressive che di certo si faranno apprezzare dai fan più old-school sono quelle di “Giuda” e “La Soluzione”. Più morbida e con i tratti di una ballata la profonda e quasi poetica “Ali di pietra”, di cui il 1°dicembre è uscito il video con la regia di Stefano Poletti.

Vale la pena ascoltare questa cult-band che ha ancora tanto da regalare, se non altro per testare fino a che punto saranno in grado di sorprenderci.

 

 

sabato 29 gennaio

PUNKREAS

Hiroshima Mon Amour – Torino

ingresso 12 euro – ore 22

 

Read More

Grenouille – Il Mondo Libero

Written by Recensioni

Il Mondo Libero dei Grenouille è un disco senza pudore, rock acido, bastardo e spregiudicatamente commerciale. Avete capito bene, l’ultimo disco dei Grenouille è decisamente rock commerciale. Lasciamo stare la loro esplosiva verve grunge d’oltreoceano, un tempo forse erano così, adesso credono di essere maturati a tal punto da poter scalare le classifiche, i chitarroni scendono di potenza per dare spazio alla melodia. Sia chiaro che per melodia teniamo sempre presente la leggerezza di una ex band grunge, per quello che si può. Chi ricorda l’esordio discografico dei Grenouille di Saltando dentro il Fuoco (2008) farà sicuramente fatica ad ascoltare il disco per l’intera durata senza imprecare violentemente contro il trio milanese, il nervosismo andrebbe controllato e l’album gustato con la giusta attenzione. Bestemmie anche nei miei confronti. Invece Il Mondo Libero inizia a scoprire pian piano le proprie carte dimostrandosi sempre più un ottimo lavoro, la metodica d’esecuzione è molto più tagliente del precedente disco e la cura dei testi (nel 2012 non potrebbero che essere di protesta) provoca un attenzione insperata.
Ma lasciamo stare il primo disco ed evitiamo stupidi quanto improbabili paragoni (anche se inevitabili) e concentriamoci sul disco attuale. Si parte subito forte con D.S.M., le intenzioni vengono subito messe sul tavolo e il Papa fresco di profilo Twitter si becca la prima frase ad effetto del disco:”E quanto il vaticano ce l’ha messo dentro l’an(o)ima?”.

Arriva una rivisitazione di Poveri Cantautori di Jannacci rinominata e modernizzata in Poveri Suonatori. Sinceramente in questo periodo non apprezzo chi suona la roba d’altri anche se completamente rivisitata, vabbè sono soltanto capricci personali.
Binario 21 rappresenta il pezzo simbolo del cambiamento stilistico dei Grenouille, molto morbido, orecchiabile ma allo stesso tempo soddisfatto di essere parte integrante del disco, come dire che soltanto gli stupidi non cambiano mai idea. Molto cantautorato e testi curatissimi, vengo ancora una volta a ribadire l’importanza dei testi nell’intero cd, quasi del tutto fondamentali oserei dire. Ma nonostante tutto questo la musica non cade mai in disgrazia, anzi, è sempre ossatura portante, immediata. Ma adesso mi sto stufando della classica analisi delle canzoni, arriviamo dritti dritti dove dobbiamo arrivare. Arriviamo al cuore del disco, al primo singolo estratto, arriviamo a La Droga più pesante. La prima volta che ho ascoltato questo brano ero indeciso se ridere o piangere, insomma, non sapevo proprio con quale spirito affrontare questo pezzo. Il secondo ascolto in macchina è stato traumatico veramente, un forte mal d’auto s’impossessava velocemente del mio corpo. Tutto si metteva per il peggio, il testo sembrava scritto da un quindicenne con problemi di seghe, la musica non sapeva di niente e il ritornello dei peggiori Sanremo.
Il terzo ascolto risulta decisivo, questa canzone è un opera d’arte del rock pop italiano, e non è assolutamente uno scherzo. Il testo diventava geniale, la musica perfetta e il ritornello addirittura emozionale. Ecco come cambiano improvvisamente le cose. I Grenouille sanno cambiare pelle velocemente, si staccano furiosamente da tutto quello che possa etichettarli, si sentono talmente liberi da far uscire Il Mondo Libero sotto un etichetta di loro creazione, la Milano Sta Bruciando Records.

Poi il disco scivola tutto via bello come dovrebbe scivolare. Il Mondo Libero dei Grenouille spacca il confine tra nicchia e popolare, la musica è prima di tutto benessere dell’anima. Chi non cura la propria anima muore stronzo e insoddisfatto.

Read More