Sarò sincero, ho sottovalutato moltissimo gli Africa Unite, li consideravo un gruppo con poca inventiva che imitava troppo pilastri del Reggae come lo scontato Bob Marley e i The Pioneers. Mai errore fu più eclatante. Col tempo ho riscoperto un gruppo con una propria personalità, che crede veramente nel genere che suona e nei valori e nei simboli che ne fanno parte. Un gruppo che parla davvero di attualità e che si adegua ai tempi in cui minimo comune denominatore è una realtà contorta, sempre in via di trasformazione. Una realtà che gli Africa Unite hanno sempre mostrato chiaramente, cercando, in un modo o nell’ altro, di rendere trasparente il loro pensiero. Il Punto di Partenza è il titolo del nuovo disco di Bunna e Madaski, un interessante lavoro che ancora una volta mette in risalto gli intelligenti punti di vista degli Africa Unite. Un lavoro che ha pregi sia per quanto riguarda la musica sia per i testi; insomma, ancora una volta si sono superati. Effettivamente Il Punto di Partenza ha una miriade di messaggi: la personalità del gruppo su determinati argomenti, la loro posizione riguardo al genere che suonano, gli incentivi a ragionare e ad usare il proprio cervello e le riflessioni sulla realtà di oggi. Un disco di alta qualità che non da nulla per scontato. Concentrandoci sull’aspetto musicale, sentiamo che gli Africa Unite riescono a trascinare anche con la mente. Non sarà difficile immaginare una spiaggia ed un fantastico tramonto con un senso di libertà. Per rendervi chiaro il discorso, dovete ascoltare in primis: “Riflessioni”, “L’Attacco al Tasto” e “Thanx and Praises”; canzoni in cui i testi la dicono lunga e la melodia e la tecnica sono spettacolari. Non mancano le collaborazioni speciali: nella traccia d’ apertura, “Pure Music Today”, ad accompagnare gli Africa Unite c’è Raphael; nella canzone “L’Esercito con gli Occhiali a Specchio” troviamo la partecipazione dei More No Limiz, infine, per “Cyclop”, canzone di chiusura, ci sono gli Architorti. Questo nuovo disco di Bunna e Madaski è l’apice della loro discografia, un album che va assolutamente lodato, ascoltato e compreso.
Vincenzo Scillia Author
Rebeldevil – The Older the Bull, the Harder the Horn
Quella dei Rebeldevil è una formazione da “Mondiali” per cosi dire, un supergruppo: Dario Cappanera, chitarrista dei leggendari Strana Officina, GL Perrotti, vocalist della Thrash Metal band Extrema, Ale Demonoid, batterista degli Exilia ed Ale Paolucci bassista dei Raw Power. Insomma si tratta di un formidabile quartetto che ha scritto parte della storia del Metal tricolore; parliamo di artisti che hanno sventolato la bandiera italiana in tutto il mondo e di esperti musicisti che sanno come comporre un disco da sogno. Ebbene l’unione dei quattro fuoriclasse non poteva che essere creativa. I Rebeldevil a distanza di sette anni dal discreto Against You si rifanno vivi con un disco, The Older the Bull, the Harder the Horn, che in linea generale assembla tutte le peculiarità delle quattro icone. Il platter in questione è un concentrato di adrenalina e contiene tracce che sono ideali per un viaggio in sella ad una fiammante Harley Davidson. Questo lavoro di Cappanera e soci potrebbe, senza alcuna difficoltà, essere uno dei dischi migliori made in Italy di questo anno. Inspirato, suonato bene ma soprattutto con un’anima. The Older the Bull, the Harder the Horn è un album di sano Rock’n’Roll e Southern Rock con qualche sfumatura Stoner. Potremmo considerare i Rebeldevil come l’anello mancate tra i Down e i Black Label Society. Si parte sparati con la massiccia “Rebel Youth”: voce aggressiva con riff taglienti e pomposi; un ottimo inizio non c’è che dire. Toccando direttamente i punti salienti citiamo: “Freak Police” dai giri di chitarra davvero mastodontici dove si concepisce che il tocco di Cappanera è un marchio e la successiva “Remember” di stampo più Rock’n’Roll. La title track è una canzone che probabilmente con i suoi riff e i suoi assoli farebbe impazzire Zack Wilde; parliamo di una traccia definita nei minimi dettagli. La successiva “Angel Crossed My Way” è una canzone che fa un pò rigenerare gli animi, una sorta di ballata che esprime al meglio le qualità di Perrotti. Con “Crucifyin’ You” si ritorna alla ribalta con i massicci riff di Cappanera e la voce cavernosa di Perrotti. Adesso è il momento della mia canzone preferita: “Alone in the Dark”; questa citata rompe gli schemi del disco, troviamo un GL Perrotti diverso in cui viaggia su canoni più puliti ed anche la chitarra di Kappa cambia aspetto spostandosi su versanti molto più melodici senza però abbandonare la rocciosa e pomposa base che caratterizza il disco. Con “Power Rock’n’Roll” giungiamo all’ ultima frenetica cavalcata dei Rebeldevil, una chiusura col botto che rende onore all’ operato del gruppo. The Older the Bull, the Harder the Horn è una piccola perla di questo anno sfornato da un gruppo italiano; con questo episodio di Dario e soci si manifesta un momento di fierezza per il Rock nostrano.
Annot Rhul – Leviathan
Ebbene, Annot Rhul, la creatura del polistrumentalista Sigurd Luhr Tonna, si è concretizzata, ha avuto la sua benedizione ed è pronta a far sognare. Tonna sforna Leviathan, un disco dalle varie sfumature che a tratti omaggia gli Anathema, a tratti pilastri come i Tool, i Goblin o i Porcupine Tree. Anche questo è un lavoro che solo una label come la mastodontica Black Widow Records poteva promuovere. Parliamo di un disco che è capace di far viaggiare e creare sottili momenti di riflessione attraverso le sue soavi atmosfere. E’ un lavoro a tinte Ambient, Gothic e Progressive. Leviathan è di facile ascolto, riesce a trascinarti con la mente in posti bui ma candidi al tempo stesso: un cielo stellato, un bosco ricoperto da lucciole o un mare tagliato a metà dal riflesso della luna. Sono pratici esempi dell’ espressione del disco: il connubio tra luce ed oscurità. La tecnica di Tonna è invidiabile sia sugli strumenti che sui missaggi e le registrazioni. Leviathan si ispira ai lavori di H. P. Lovecraft e con molta probabilità l’ operato del chitarrista/tastierista norvegese potrebbe fare da colonna sonora dei racconti del grande scrittore. Il disco si poggia molto sui giochi delle tastiere e non a caso queste ultime hanno un ruolo importantissimo se non principale. Ci sono gli elementi giusti per un sound che dal Prog passa allo Psichedelico e al Gothic in stile Goblin. Un buon lavoro è stato svolto anche per l’ artwork molto suggestivo e particolare. Non solo è bella l’ immagine ma anche i colori adoperati che rappresentano al meglio la musica di Annot Rhul. E’ un disco che va assolutamente ascoltato e sono sicuro che piacerà perchè l’ operato di Tonna è davvero impeccabile.
Bretus – The Shadow Over Innsmouth
Ho avuto il piacere e l’onore di seguire il percorso dei Bretus (una band di Catanzaro dedita allo Stoner/Doom) sin dagli albori. Il loro disco d’esordio, In Onirica, è riuscito a suscitarmi parecchio interesse, un lavoro pregno d’oscurità e qualità. Oggi mi ritrovo ad ascoltare The Shadow Over Innsmouth, il secondo album dell’affiatato quartetto. Come dicevo pocanzi ho avuto diverse occasioni di ascoltare l’operato della band, per questo non mi sono certo fermato solo al disco che li ha lanciati ma ho avuto l’opportunità di farmi un parere personale anche con l’ omonimo del 2010 e con lo split con i Black Capricorn. La band ha doti innate, la lezione dei Black Sabbath, dei Saint Vitus e dei Cathedral l’hanno appresa bene, perciò, non è un caso che i loro dischi siano di alto livello. Questo nuovo concept risulta essere una sorta di consacrazione per i Bretus, mostrando una spiccata personalità in un contesto underground dove risulta sempre più difficile mettersi in evidenza. Le otto tracce sono marcate da ottimi giri di chitarra e da un sensazionale basso. Ognuna di esse ha una propria atmosfera, un proprio punto di forza. Personalmente non saprei individuare il pezzo migliore perchè The Shadow Over Innsmouth riesce a farsi ascoltare in un solo colpo. Sembra di seguire un percorso dell’animo in cui è lo stesso disco a dettare i tempi di rabbia e di quiete. Non c’è che dire, questo è sicuramente un altro colpo messo a segno per la Bloodrock Records che, puntualmente, sa individuare e proporre gruppi di alto calibro. Di questo passo la band potrà solo ottenere buoni risultati; sono capaci, volenterosi ma soprattutto amano questo genere e The Shadow Over Innsmouth ne è la dimostrazione.
Fungus – The Face Of Evil
La musica è la principale causa dei “trip” mentali, questo è poco ma sicuro. Avete presente quando ascoltando un disco e battete il piede per mantenere il ritmo? Bene, detto con onestà, ascoltando The Face Of Evil dei Fungus (con un paio di birre in corpo) sono riuscito a scuotermi completamente sulle note di ogni singola traccia. Mi spostavo con calma come se stessi ballando un lento ma, nel frattempo, dimenavo la testa come un pianista alle prese con il proprio pezzo più grintoso, agitando le mani come un Maestro d’Orchestra. Insomma, il nuovo disco dei Fungus ha la peculiarità di riuscire a trasportare l’ascoltatore, si perde il controllo del proprio corpo. In The Face Of Evil c’è un massiccio utilizzo delle tastiere, anzi, potremmo dire che sono predominanti mentre gli assoli di chitarra che potrebbero sembrare giusto un contorno non lo sono affatto. Per essere precisi non parliamo di semplici effetti o giri di chitarra, sono dei veri requiem, pezzi di ottimo prog elaborati al punto giusto con venature Hard rock, Psichedeliche e Folk. Insomma, stiamo parlando di vere e proprie chicche. La band genovese ha carattere, è riuscita a sfornare un lavoro dalle mille tinte, in certi momenti riesce a suscitare dolci emozioni, altre volte tutto diventa più scuro e cupo. Anche questa volta riesco a definire la finissima tecnica dei cinque membri: c’è Alejandro che con la sua chitarra sfodera assoli su assoli accompagnato indiscutibilmente dall’amico Dorian, cantante del gruppo e chitarrista acustico. L’asso della band è sicuramente Claudio Ferreri che con la sua tastiera gioca di effetti, compone melodie e crea atmosfere. I Fungus sono un invidiabile band, hanno tutte le carte in regola per essere i portabandiera del Prog Italiano. Una nota di merito va alla BloodRock Records che, gemellata con la maestosa Black Widow Records, ci propone i gruppi più assurdi e talentuosi che ci sono in giro. Il consiglio è il solito da adottare quando ci si trova di fronte ad artisti dalle migliori qualità: impossessarsi del loro album ed ascoltarlo fino a quando non diventa bollente, fino a quando non prende a fuoco!. I Fungus sono una garanzia ed è d’obbligo concedergli l’opportunità che meritano.
Cadaveria – Silence
Cadaveria non ha bisogno di presentazioni, l’oscura signora è uno dei personaggi più in vista nel metal estremo italiano. Un po’ per la sua indiscussa carriera, un po’ per il suo talento e soprattutto per la sua presenza scenica ammaliante. Non dimentichiamo che la Dama in Nero sventola la bandiera tricolore per il Mondo (nel Sud America ha praticamente un esercito di devoti) e lo fa con classe, con orgoglio, con successo. E’ vero, forse con il tempo il sound di Cadaveria si è leggermente ammorbidito, ma esperienza e sperimentazione sono le sue caratteristiche principali e la sua penultima fatica, Horror Metal, la dice lunga. Probabilmente il giusto equilibrio è cominciato da In Your Blood, dove, aggressività e cupezza erano dosati nella giusta maniera. Oggi ci troviamo ad analizzare Silence che, effettivamente, è il quinto studio album dell’artista. Per parlare di questo disco voglio adoperare una personale descrizione, voglio parlare dell’immaginazione che mi ha suscitato quando l’ho visto e ascoltato. Bene, la prima curiosità, la prima attrazione, lo ammetto, è stato l’artwork: quel sinistro giullare colorato di viola e nero circondato da un decadente quanto opaco paesaggio ha cominciato a farmi frullare le prime idee. Sarò sincero, questa copertina ha influito non poco sulle aspettative del sound, da quell’immagine mi lasciavo suggestionare ideando nella mia testa come potesse suonare il disco. In un modo o nell’ altro mi sono lasciato trasportare: ho sentito quel senso di macabro (che Silence emana a dismisura) in canzoni come “Existence” o “Death, Again”, ho centrato l’inquietudine di “Carnival Of Doom” e di “Loneliness” e ci ho visto giusto sulla tecnica maturata in tracce tipo “Free Spirit”, “Out Loud” ed “Exercise1”. Cadaveria ha realizzato un lavoro che in pochi riuscirebbero a fare, non è facile migliorare il sound e tenerlo sempre sugli stessi livelli. Silence riesce a ben dosare Gothic, Black e Thrash, e la voce sinistra di Cadaveria è la ciliegina sulla torta. Insomma, si tratta di un disco di un certo calibro, dire maturo sarebbe troppo scontato perchè come già accennato prima l’Oscura Signora le ha sperimentate quasi tutte o meglio ha provato in tutti i modi a raffinare il proprio stile, il proprio suono. Il bello di Silence è questo: sembra di ascoltare un The Shadow’s Madame perfezionato. Per concludere, posso soltanto consigliarvi di possedere questo disco (con tanto di booklet che è eccezionale), ascoltarlo vi farà capire tante cose di questa nostra artista.
Il Segno Del Comando – Il Volto Verde
E’ un ritorno strabiliante quello de Il Segno Del Comando, band proveniente dalla Liguria. Sono passati dieci anni dalla loro ultima apparizione, da quel disco degno di nota intitolato Der Golem. In questo decennio pare si siano caricati perchè il loro nuovo disco, Il Volto Verde, è una vera e propria chicca impregnata di sonorità particolarissime. La mente artistica è ancora una volta Diego Banchero, il talentuoso musicista pare ne sappia sempre una più del diavolo. Ma andiamo per ordine cercando di far luce sui diversi dettagli. Partiamo dal sound del disco, un Progressive Rock oscillante tra atmosfere Dark, Psichedeliche e Jazz. Anche questo lavoro in un certo senso porta avanti il discorso delle tematiche ispirate al grandioso scrittore Gustav Meyrink e la sua opera Das Grune Gesicht. Gli artisti ospiti nel disco riescono ad imprimere le proprie sonorità: troviamo il talentuoso Freddy Delirio dei Death SS, il Maestro Claudio Simonetti dei Goblin, la napoletana Sophia Baccini dei Presence, Martin Grice dei Delirium, Gianni Leone del Balletto di Bronzo, Paul Nash ed altri. Tutti questi insieme hanno contribuito a dare un’anima singolare e superba all’album. L’ascolto del disco è piacevole, si colgono comunque dei particolari nella struttura delle canzoni che svelano la grandezza di questi musicisti. Si possono percepire atmosfere tristi, sinistre, cupe se volete ma ci sono anche momenti di pura adrenalina. Il Volto Verde è un album strampalato per certi versi con la capacità di teletrasportarti con l’immaginazione: un bosco colmo di lupi e gufi, una strada buia di periferia o semplicemente all’interno di una stanza rosso sangue dove si è violentati dal rumore di una fitta pioggia. Insomma questo nuovo disco de Il Segno Del Comando ha veramente tanto da dire, è un ritorno con i fiocchi e merita per questo tutte le attenzioni. Se pensate che in Italia non ci siano più gruppi Prog con gli attributi vi sbagliate di grosso! Il Segno Del Comando è tornato per riprendere posto tra le grandi band del genere. Cosa aspettate a procurarvi questo disco?
Folkstone – Oltre…L’Abisso
Alzate i calici, radunatevi intorno ad un focolaio e danzate sulle note di Oltre… L’Abisso, il nuovo disco dei Folkstone. La band è ormai un’affermata realtà nostrana: si sono consacrati ed hanno portato il loro nome sulle bocche di molti. I fan li elogiano, sono apprezzati molto dai critici e questo quarto disco mostra ancora una volta la loro indiscussa bravura. Ho ascoltato diverse volte Oltre… L’Abisso e le sensazioni sono state varie: ho immaginato di essere in uno di quei pub Irlandesi a scolarmi litri e litri di birra, ho cominciato a fantasticare sulle leggende del piccolo popolo, qualche volta, durante l’ascolto mi sono addirittura immedesimato in uno di quegli eremiti che, magari tempo fa, vivevano nei boschi Norvegesi e contemplavano la natura. Infine, ho concepito un gigantesco veliero che costeggiava un enorme montagna sotto un sublime tramonto. E’ chiaro, questa quarta fatica dei Folkstone ti trascina in un vortice incontrollato di emozioni, tutto questo è abbastanza normale se ci si lascia trasportare da canzoni come “In Caduta Libera”, “Manifesto Sbiadito”, “L’Ultima Notte”. Inutile nascondere le enormi potenzialità del concept, la progressiva crescita artistica del gruppo è impressionante: Lore migliora di album in album, la sua voce riesce ad entusiasmare sempre di più; le cornamuse di Andrea, Maurizio, Roby e Matteo riescono sempre a trovare una loro linearità con gli altri strumenti. E’ normale che bisogna sempre dare una dimostrazione, per questo, per comprendere i miglioramenti vi basterà ascoltare, oltre che i pezzi già citati anche chicche come “Prua Contro il Nulla”, “La Tredicesima Ora”, la magnifica “Le Voci della Sera” e l’incantevole “Soffio di Attimi”. Molto interessante è l’interpretazione di “Tex” (cover dei Litfiba), che proprio grazie alle cornamuse prende un colorito diverso, un pizzico più festaiola per intenderci. Ad ogni modo Oltre… L’Abisso suona molto bene, ha una sua personalità che alterna momenti tristi a momenti felici. Ascoltarlo vi butterà in una piacevole confusione emotiva.
October Falls – Kaarna
Sono all’ incirca tredici anni che gli October Falls sono in circolazione e tantissime, oltre che pregiate, sono state le loro uscite. La loro peculiarità, riconosciuta da critici e pilastri dell’Ambient e del Folk, va ricercata nella capacità di coinvolgere e creare strepitose melodie con atmosfere da far perdere il fiato. Una di quelle band capaci di trascinare ad ogni suono, a ogni sua nota, a ogni arpeggio di chitarra. Mikko Lehto, perno della formazione, ha deciso di pubblicare una raccolta acustica di tutte le perle della sua discografia in un lavoro intitolato Kaarna. Si tratta di una compilation di un notevole spessore che ripropone anzitutto quei tre gioielli di “Marras”, “Saratus” e “Tuoni” nella loro interezza e in più le tracce “Usma”, “Viima” e “Polku” ritratte con chitarra acustica, pianoforte e qualche volta un’aggiunta del flauto. Chiaramente non c’è nulla di veramente troppo ispirato in Kaarna perché parliamo di un disco che comunque rimette in gioco vecchie chicche del gruppo anche se con un sound senza dubbio più limpido. A ogni modo resta il fatto che è piacevole riascoltare queste vecchie tracce che ricordiamo sono di un certo spessore e in più si mette il fatto che questa è effettivamente la prima raccolta degli October Falls, il che dunque, non è da sottovalutare. Questo il disco giusto per riscoprire il progetto di Mikko Lehto, mentre chi non lo conosce affatto può partire da questo lavoro per farsi un’idea, in Kaarna c’è abbastanza materiale per inquadrarlo. L’ unica cosa che resta da fare è procurarsi il platter e godersi le fantastiche canzoni presenti; gli amanti dell’ Ambient e del Folk rimarranno contenti dell’ operato del talentuoso artista.