Beings – There Is A Garden

Written by Recensioni

Il “giardino” del collettivo newyorkese è un misterioso Eden fatto di contrasti, caos e armonia, nel quale perdersi ha un differente significato ad ogni ascolto.
[ 07.06.2024 | No Quarter | experimental, avant-garde, free jazz ]

“We all just enjoy each other’s company a lot”. È una semplice e bellissima dichiarazione quella rilasciata dalla sassofonista Zoh Amba, in occasione di una recente intervista per Stereogum.
E in effetti sin dai primi ascolti di There Is A Garden si può facilmente cogliere quello che pare essere uno degli aspetti peculiari dell’armonia che caratterizza il rapporto fra i musicisti che hanno dato origine al supergruppo Beings. Un legame creatosi naturalmente, privo di costrizioni, consolidatosi unicamente attraverso una comune volontà di sperimentare insieme e abbattere i confini imposti da ciò che, almeno musicalmente parlando, è già stato ideato.

Oltre alla già citata talentuosa musicista ventiquattrenne, il cui nome – nonostante la giovane età – ha già saputo affermarsi rapidamente nel variegato circuito del jazz, nel progetto ritroviamo altre tre ben note leggende.
Alla chitarra spicca Steve Gunn, noto per i suoi lavori come solista ed ex membro dei Violators di Kurt Vile.
La carriera di Shahzad Ismaily, qui addetto a basso e synth, meriterebbe ben più di una breve presentazione: dai Ceramic Dog di Marc Ribot, passando per Laurie Anderson e Tom Waits, la vita del polistrumentista è costellata di innumerevoli collaborazioni di estremo spessore.
Ed infine, last but not least, alla batteria il celeberrimo Jim White – a questo punto, mi basti soltanto citare i grandiosi Dirty Three.

Nati nell’estate del 2022 fra una jam session e l’altra, i Beings esordiscono ufficialmente su LP a due anni di distanza con un’incredibile miscela di free jazz e folk, krautrock e accenni di no wave, caotiche improvvisazioni e atmosfere post-rock.
Un curato e ispirato blend di generi differenti, che mette in risalto il potenziale singoli musicisti senza annullarli a vicenda, al contrario – ne fa affiorare le caratteristiche senza intaccarne l’integrità, ma esaltandone il ruolo in una visione d’insieme.

***

Il titolo dell’album suggerisce già un’immagine concreta e più che appropriata: addentrarsi nel misterioso giardino sonoro ricreato dal collettivo è un’esperienza mistica ed emozionante. Un luogo in apparenza lussureggiante, rigoglioso, in cui tutto convive pacificamente come sotto effetto di un meraviglioso incantesimo.
È il caso esemplare dell’opener Small Vows, una perfetta simbiosi fra morbide percussioni, eteree chitarre e quel sax così altisonante, a tratti quasi scomodo, eppure capace di connettere e mettere d’accordo ogni singolo elemento (l’unico vero difetto di questo brano? Vorremmo solo che durasse molto più di soli tre minuti e mezzo).

Un giardino luminoso e ricco di sfumature e tonalità, che si trasforma all’occorrenza in un tortuoso labirinto costeggiato da intricati e spinosi rovi: abbiamo l’ossessivo e straniante drone di God Dances In Your Eyes, le acidissime note del breve interludio In The Garden, o ancora, la claustrofobica frenesia della successiva Face Of Silence – una traccia noise reinterpretata da musicisti jazz, descritta in poche parole.

Composto da nove tracce quasi interamente strumentali, l’album cela al suo interno una piacevole sorpresa. È la voce di Zoh Amba, che compare in Flowers That Talk e Morning Sea come una presenza onirica e lontana, paragonabile ad una Nico meno oscura e monocorde, ma più vibrante – soprattutto nel primo dei due brani citati, nel quale il riferimento al sound dei Velvet Underground non pare essere poi così fuori luogo.

In ogni pezzo sembra essere racchiuso ogni volta un diverso personaggio, ognuno con una propria forte e indipendente personalità. Differenti protagonisti che ogni volta rimodulano e deviano il percorso, guidandoci fedelmente in un ascolto che, minuto dopo minuto, diventa sempre più interessante.

***

Uno dei (tanti) motivi per cui vi ritroverete ad amare follemente e riascoltare in continuazione There Is A Garden? Indubbiamente la sua imprevedibilità, folle e geniale, maestosa e al tempo stesso umile e spontanea. Un’imprevedibilità che ne traccia le coordinate con delicatezza, più simili ad impronte nella sabbia che a solchi nella pietra, lasciando ampio spazio ad un immenso ventaglio di interpretazioni.

Potrà essere la vostra colonna sonora urbana al tramonto del sole, o un piacevole risveglio mattutino immerso nella natura; ciò che è certo è che non smetterà mai di stupirvi, e di accompagnarvi mano per mano in luoghi in cui non siete (ancora) mai stati.

LINK

Bandcamp
Instagram

SEGUICI

Web • Facebook • Instagram • Twitter • Spotify

Last modified: 25 Giugno 2024