Cantautorato in bassa fedeltà – Intervista a Mivergogno

Written by Interviste

In occasione del suo concerto tenutosi al Garbage Live Club, abbiamo incontrato Daniele Gatto, cantautore in bilico tra pop indipendente e spirito lo-fi.
Ciao Daniele. Iniziamo subito da te. Chi è Daniele Gatto e chi è Mivergogno?

Ciao! Beh, Daniele Gatto è la storia vera, Mivergogno è il film tratto dalla storia vera. Mettiamola così.

Mivergogno è un nome molto itpop. Non ti arrabbiare. È una scelta fatta a tavolino o nata per caso?

Effettivamente lo è, ma l’ho scelto perché quando parlavo a qualcuno dei miei pezzi a una certa spuntava fuori il fatto che mi vergognavo…

Questa intervista nasce per un motivo ben preciso. Il tuo nuovo disco. Vuoi parlarcene in termini più intimi di un comunicato stampa?

Il mio disco? È rosa, dolce, e a una certa perde la dolcezza proprio come una Big Babol, allora quel rosa inizia a ricordare di più il rosa della carne, quella viva. Sicuramente sincero.

Come non nascondi, non sei un musicista che punta troppo sulla tecnica. La tua è una scelta o una necessità?

L’approccio che ho allo strumento è assolutamente viscerale, sono prima di tutto un batterista, la chitarra la suono da circa due anni, in entrambe i casi evito la tecnica per la necessità di essere totalmente naturale.

Tralasciando per un attimo te, credi esista un giusto rapporto tra anima e qualità dello strumento per comporre buona musica?

A parer mio, un pezzo o una parte musicale, quand’è bella è bella, la puoi suonare anche con la chitarra di Barbie, avrà comunque la sua anima.

Definisci i tuoi testi sinceri ed onesti. Mettiti nei nostri panni. Come facciamo a riconoscere la sincerità in un testo?

Alcuni che mi conoscono in maniera marginale mi hanno detto “bravo, hai fatto il compitino itpop” altri che mi conoscono davvero mi hanno sorriso ascoltando i pezzi e mi hanno detto “sei proprio tu”. Una buona opzione sarebbe vedere un mio live per convincersi che son sincero. Credo.

Oggi l’itpop guarda tanto al pop anni 80. Tu scegli invece il lo-fi e un certo “rumore”. Eppure nell’itpop ci sei finito comunque. Allora cosa diavolo è questo itpop e come suona un tuo disco live e in cuffia?

Il lo-fi rispecchia appunto il mio approccio alla musica, nonché alla vita, in cuffia il mio disco suona così, il discorso di seguire i suoni anni 80 che vanno di moda oggi mi dava i brividi. L’itpop è l’etichetta che la gente ha bisogno di dare, come succede sempre. Venite a un mio concerto, poi vediamo se sono itpop.

Dietro Mivergogno ci sono due piccole etichette. Quanto sono state d’aiuto e quanto sono importanti per una band emergente?

Homeless Records, di Macerata, e Dischi Sotterranei, di Padova, mi hanno aiutato moltissimo sia a livello pratico che a livello emotivo, avere un’etichetta che ti supporta perché ama la tua musica è l’equivalente di un genitore che aiuta il figlio. Direi quindi che è molto molto importante.

Daniele era un batterista. Poi è diventato un cantautore. Cos’è successo? È una cosa che ha influito sul tuo modo di comporre?

Precisiamo: io sono e sarò per sempre un batterista, solo che in questo periodo ho dato spazio a questo aspetto di me. Certamente il modo di comporre è diverso, ma mi approccio sempre con la stessa spontaneità.

Cosa deve aspettarsi chi non ti ha mai visto live da un tuo concerto?

Una figata pazzesca. No, non è vero, non lo so.

Raccontaci cosa succederà a Mivergogno domani, tra un mese, tra un anno e cosa sogni possa succedere un giorno.

Sinceramente non ne ho la più pallida idea. Credo che continuerò a suonare fin tanto che riuscirò a trasmettere, dare emozioni, o comunque comunicare a più persone possibili quello che mi viene fuori, che poi è quello che sogno. Diventare “famooosoooo”, ma non troppo.

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Last modified: 21 Gennaio 2020