Articoli

Pills Catorze Setmanes (consigli per gli ascolti)

Written by Articoli

“Le Pills sono la speranza di chi speranza non ne ha più.”

Poche pillole oggi ma forti come ne avete mai prese. Dall’innovazione psichedelica del post-punk a stelle e strisce dei Red Temple Spirits, all’album dei Crash Test Dummies che regalò al mondo una delle hit più note di sempre. Dal Pop dei leggendari U2 allo Stoner di Stoned Jesus, passando per realtà tutte italiane come i Good Morning Finch. Buon ascolto

Silvio Don Pizzica
Sightings – Terribly Well   (Usa 2013)   Noise Rock     3,5/5
Una delle più importanti band Noise post fine millennio al suo decimo full lenght si mostra in tutta la sua schizzoide vena sperimentale e cacofonica con diversi cedimenti in fase compositiva e propositiva. Album per soli fanatici e affezionati (come me) di un pezzo di storia moderna del rumore.
The Thermals – Desperate Ground   (Usa 2013)   Lo-fi Garage, Pop Punk   3/5
Se cercate canzoni dall’attitudine Garage Punk e lo spirito Pop,  che sappiano farsi ascoltare per quello che sono, fulminee e genuine, che non vi annoino troppo presto e vi mettano voglia di essere vivi, le classiche hit indie paraculo da classifica anglofona, dentro questo ultimo lavoro dei Thermals c’è da pescare a piene mani.
Red Temple Spirits – Dancing to Restore an Eclipsed Monn   (Usa 1988)   Post-Punk   4/5
Un pezzo di storia Post-Punk. Lontano dal cuore della Gran Bretagna, nell’assolata Los Angeles, col loro disco d’esordio riuscirono a miscelare atmosfere gotiche e psichedeliche dando al genere una nuova linfa spirituale.

Max Sannella
Cowboy Junkies – The Trinity Session   (Can 1988)   Psichedelia   4/5
Il ritorno all’indipendenza del rock dei bassifondi, tra atmosfere bucoliche e coliche urbane.
Crash Test Dummies  –  God Shuffled His Feet    (Usa 1993)   Pop Folk   5/5
La svolta pop e radiofonica di Brad Robert e Soci, con il singolo Mmm  Mmm  Mmm  sbancano il mondo.
The Cranberries – Uncertain   (Irl 1991)   Pop Rock   3/5
La band capitanata da Dolores O’Riordan esordisce con un disco che rimbomba di spirito critico, ma vincente.

Marco Lavagno
The Tallest Man On Earth – There’s No Leaving Now    (Sve 2012)   Cantautorato/Folk   4/5
La barca è una soffice nuvola, la strada è un gelido oceano, il viaggio è un sogno appeso alla tenue voce di Kristian Matsson. Speriamo di svegliarci il più tardi possibile.
U2 – The Unforgettable Fire   (Irl 1984)   Pop/Rock   4,5/5
Il primo approccio della band irlandese verso le terre americane e i suoi deserti (spirituali e fisici) è un esperimento pienamente riuscito. E poi la sola chitarra di The Edge è capace di riportare in superficie una luce sommersa tra le macerie della musica anni 80.

Diana Marinelli
Good Morning Finch – Cosmonaut   (Ita 2013)   Post Rock   3,5/5
Il trio siciliano che ripercorre le strade del classico Post Rock e che riesce, con questo secondo ep, a varcare i confini italiani, dal Giappone agli Stati Uniti.

Ulderico Liberatore
Stoned Jesus – Seven Thunders Roar    (Ucr 2012)   Stoner Rock    4,5/5
Continua il filone Stoner, vi presento il suo ritorno prepotente in versione Ucraina che sicuro non è la California ma ha saputo dare a questi tre ragazzi la giusta ruvidezza nell’esporre i propri contenuti.

Read More

Come costruire una Hit di successo, o almeno così dicono.

Written by Articoli

Diciamolo, gli approcci all’arte in genere sono molteplici e ognuno ha il suo singolare modo di esprimerli. Nella caso particolare della musica, per l’esattezza Pop e Rock, gli approcci possono essere i più disparati. Andiamo dai cupi frequentatori di scantinati, ai megalomani eccentrici, ai punkettoni improvvisati, dagli esibizionisti della tecnica, ai melanconici del sentimento. Chi più ne ha più ne metta. Quello che conta è il talento! Dovrebbe ed in parte è così. Quello che fa un pezzo memorabile non è facile a dirsi, il successo sembra a volte arrivare così per caso. A fronte di un buon lavoro ovviamente ma è difficile avere delle regole ben precise per un successo assicurato. Tutti voi sareste pronti a scommettere che non esiste una ricetta per un successo sicuro. Bene, preparatevi a ricredervi perché sto per raccontarvi una storia che vi svelerà come vengono composte le hit mondiali e cos’è un hooky, un gancio con il quale rapire l’ascoltatore.

La storia delle composizioni Pop Rock moderne si intreccia con quelle logiche più perverse del business e del marketing, cioè fare più soldi possibili. In un mercato mondiale delle vendite in picchiata libera da quando c’è il web 2.0 e che nel 2011 valeva 10,2 miliardi di dollari a fronte degli oltre 25 del 1999, i dati parlano da soli. Oggi la maggior parte delle canzoni Pop trasmesse dalle radio di grandi successi sono frutto della collaborazione tra produttori che compongono le progressioni degli accordi, programmano ritmi e arrangiano suoni e topliner che creano, come suggerisce il termine, gli elementi delle canzoni più in evidenza: contesti melodici, i testi e gli importantissimi hook, i ganci, le frasi musicali che ti rimbombano nella testa anche a distanza di ore da quando si è ascoltato il brano. Oggi le major per accaparrarsi un mercato sempre più in frantumazione nelle canzoni più commerciali di ganci ne mettono a più non posso perché “l’ascoltatore medio di radio commerciali” impiega sette secondi in media per decidere se cambiare stazione o no e in quell’arco di tempo va “agganciato”. Dietro una fetta spropositata di hit musicali c’è un gruppo relativamente stretto di produttori e topliner. Di solito i produttori come Stargate Production compongono ogni anno una ottantina di brani demo per venti topliner e solo una ventina di questi diventeranno un successo. Nell’estate del 2009 sia Beyoncé sia Kelly Clarkson, rispettivamente con Halo e Alredy Gone, sono entrate in classifica con canzoni create dalla stessa base. Quando se ne sono accorte era troppo tardi per ritirare l’uscita del pezzo della Clarkson, ma nessuno ci fece caso e Alredy Gone diventò ugualmente una Hit. Quando ho appreso quest’ultima notizia sono rimasto a bocca aperta anch’io, se non ci credete ascoltate i video qui sotto!!!

Dopo aver capito quanto lavoro c’è dietro un singolo di successo la domanda da porsi è molto semplice: Com’è possibile che il Rock Mainstream che un tempo era capace di proporre ganci incredibili come nell’istante prima del ritornello di Born to Run di Springsteen a diventare così poco creativo e prevedibile mentre il Pop che da sempre è l’essenza dall’artefatto sia oggi più vivo che mai? Io penso che oggi il Rock sia ancora espressione di gente viva che suona insieme per passione alla ricerca di un modo di evadere se così si può dire o di esprimersi. Mentre la musica delle Pop Star oggi è quasi sempre un prodotto digitale sfornato da un PC dove i software di Auto Tune provvedono a correggere le stonature, gli errori non esistono e la composizione è lasciata a produttori e topliner che sono professionisti che passano il loro tempo a cercare accordi e melodie perfette. Il caso di Rihanna è emblematico, nella sua musica prevale la quantità alla qualità e il fascino ha la buona sul valore della canzone. Non c’è partita Il Rocke il Pop viaggiano a due velocità diverse dettate dalle linee di business dove quello che conta è come riesci ad agganciare l’ascoltatore e ficcargli nel cervello la tua canzone. Impresa facile per Rihanna & co che dietro hanno un core business che gli permette di radunare i migliori produttori e topliner al mondo per farsi produrre i loro successi organizzando addirittura convention internazionali per il caso, per tutti gli altri, e parlo ai Rockers che con passione e pochi spicci si chiudono in cantina per sfuggire alla noia e seguire le proprie passioni, per tutti gli altri non rimane che mettersi sotto e curare il più possibile il proprio lavoro cercando di mettere in campo le proprie energie e seguire queste cinque semplici regole che Paul Simon ci racconta nel suo libro “You Can Call Me Al”:

  1. Un gancio (hook) deve essere memorabile. Se non si ricorda molto tempo dopo aver ascoltato la canzone non è un gancio;
  2. Il modo più semplice è inserire i ganci nei cori utilizzando il titolo del brano;
  3. Le canzoni che iniziano con un gancio al quale il resto della canzone viene aggiunto corrono il rischio di essere cattive canzoni con un gancio. Se si sviluppa un gancio accattivante non trascurate l’importanza di un verso forte e una melodia con chorus e un buon testo;
  4. I ganci possono essere usati in combinazione. Alcune canzoni integrano molti ganci: nel coro, drum lick che continuano a ripetersi e così via. Le canzoni Pop di successo tendono ad avere molti hook utilizzati. Tenete presente che se anche queste canzoni ottengono un effetto immediato di pubblico generalmente non ottengono nel tempo la stessa risposta di viaggi più musicali e introspettivi;
  5. L’aggiunta di un gancio può salvare una canzone che avete creato. Ecco come: se la vostra canzone suona bene ma proprio non sta ottenendo l’attenzione da parte del pubblico desiderata provate a creare una intro con hooky che richiami l’attenzione. Tale intro dovrebbe usare un ritmo accattivante e/o la forma melodica che può essere derivata dalla melodia principale o anche dal ritornello. Quindi utilizzare l’intro per connettere la fine del ritornello al verso successivo.

Bene signori auguro a tutti un bel gancio da realizzare e una buona serata.

FONTI:

The Essential Secrets of Songwriting

Soundonsound

Rym’s page of Kid Id

VIDEO (canzone con stesso motivo):

Beyoncé

Kelly Clarkson

Read More

“Diamanti Vintage” Franco Battiato – Pollution

Written by Articoli

La spallata avvenne quando il siciliano Franco Battiato – già riconosciuto aviatore pazzoide delle sperimentazioni off e avantgard oltre il consentito – prese la decisione di alzare il tiro della sua creatività, il perno centrale di una qualitativa vena aurifera che vedeva nelle elucubrazioni messe in musica e nei “disturbi” effettati di nuovissime macchine soniche come il VC7, Mellotron, Squize ed una infinità di ammennicoli esorbitanti, la nuova frontiera della musica, il nuovo cosmo rock da interpretare, e senza  lasciarsi suggerire nulla il capelluto catanese dette anima e fiato al nuovo capolavoro “Pollution” che darà razza al suo predecessore, quel Fetus algebrico e smagliante che aveva già ammaliato, stordito e diviso gran parte della platea alternativa degli anni Settanta.

Una stupenda commistione metafisica di rock, delirio, classica, campionature, sangue e fegato, e tutta la psichedelica che si può raccogliere da letture di miti e gloriose evoluzioni che riempiono tutto un immaginario, ancora un tutto di eleganti retrogusti e azzardi riusciti che Battiato giostra e impiastra con un modus operandi mai sentito – se non in certe stralunate gassosità Floydiane – , un sensazionalismo alterato alla pari di un viaggio sotto peyote; il misticismo impera, la convulsione ed il pathos sbranano l’ascolto e la dolcezza taglia a meraviglia, ma è anche la consapevole “rottura” con una certa visione della musica che si acclamata e dove  da li a poco più in la il progressive di stampo italiano prenderà il suo volo personale, la sua apertura alare si amplierà fino alla fine della decade.

Sette episodi passati alla storia della storia, il walzer di Strauss spaccato a metà dal rumore esplosivo di un tuono lacerante ed il rock che spunta aggressivo da dietro l’epilettismo di una eco riverberata e di organo prog “Il Silenzio Del Rumore”, “31 Dicembre 1999 – Ore 9”, il mantra di “Areknames”, il potere di un Mellotron pomposo in “Beta”; un disco disegnato alla perfezione, un trip culturale diabolico che il musicista siculo rilascia come un testamento ai posteri, al centro di una epoca che fa vittime ed eroi in una violenza inaudita “Plancton” e poi ancora quel walzer di Strauss che ritorna, inesausto con la conseguente esplosione d’effetto, quel senso puro, nudo e di svuotamento che in due scenari non contrapposti, la titletrack e “ Ti Sei Mai Chiesto Quale Funzione Hai?”, chiude un lavoro discografico, un grande capitolo di ieri che ancora oggi insegna e fa sognare, magari da ascoltare più di una volta, ma che una volta “agganciato nella mente” vi alzerà di due metri da terra. Garantito!
http://www.youtube.com/watch?v=kOunIHp31Jc

Read More

Pills (contraccettivo efficace) Consigli Per Gli Ascolti

Written by Articoli

“Prendo la pillola contraccettiva da più o meno 7 anni, è possibile che una pillola anticoncezionale smetta di fare effetto sull’organismo e quindi non funzioni più?” (cit. di un forum medico)
Questa volta invece dell’esperto rispondiamo noi, beccatevi le nostre Pills dall’effetto duraturo e immediato.

Ida Diana Marinelli
Cibo Matto – Viva! La Woman (USA 2006)/ Pop-Trip Hop  2/5
Duetto newyorchese che dopo molti anni di silenzio e rottura torna, per (s)fortuna, sulla scena musicale con un sound che contamina Pop con Elettronica e il solito stile da giapponesine doc.
Lita Ford – Lita (USA 1988)/Pop-Rock-Metal   3.5/5
Terzo album della chitarrista/cantante statunitense. L’album del successo, molto anni ottanta, una via di mezzo tra Madonna e Bon Jovi.

Silvio Don Pizzica
Captain Beefheart – Trout Mask Replica (USA 1969)   Avant-Rock   5/5
Per Scaruffi l’unico album Rock che valga la pena di essere ascoltato, per me il disco che ha cambiato il mio modo di concepire la musica.
Pink Floyd – The Piper at the Gates of Dawn (UK 1967)   Psych-Rock   5/5
L’unico album dove Barrett abbia un ruolo chiave è l’unico con quel sound speciale ironicamente lisergico. Da qui in poi la musica dei Pink Floyd non sarà più la stessa.

Marco Lavagno
Ministri – Per un Passato Migliore (ITA 2013) Rock  4/5
Finalmente il disco che aspettavamo dai Ministri. La band non pecca più di pressappochismo e sforna un album semplicemente pieno zeppo di grandi pezzi rock, concreti e reali. Suonati con la solita rabbia. Rabbia di coloro a cui (per fortuna) ribolle ancora il sangue.
Eric Clapton – Slowhand (UK 1977) Rock/Blues 4.5/5
Sommerse tra le radici del passato spiccano alcune grandi composizioni del chitarrista britannico: “Wonderful Tonight” e “Lay Down Sally” proiettano avanti una musica mai destinata a morire.

Ulderico Liberatore
Slo Burn – Amusing the Amazing (USA 1996) Stoner Rock 4/5
Album e band praticamente sconosciuti ma l’idea partita da John Garcia, con la sua inimitabile voce, non fa altro che essere un estensione dei Kyuss e un pezzo imperdibile di musica tostissima.

Lorenzo Cetrangolo
Arctic Monkeys – Whatever People Say I Am, I Am Not (UK 2006) Indie Rock, Garage 4.5/5
Il debutto degli alfieri indie del nuovo millennio. Un disco che, bene o male, ha segnato un’epoca.
Vari – Nightmare Revisited (USA 2008) Alternative Rock, metal 3.5/5
Compilation di cover dalla colonna sonora di Nightmare Before Christmas, capolavoro di stampo burtoniano del 1993. Con, tra gli altri: Korn, Rise Against, Marilyn Manson, Rodrigo y Gabriela, Amy Lee…
Pino Daniele – Dimmi Cosa Succede Sulla Terra (ITA 1997) Pop, Funk, Soul 4/5
Un bel disco di pop italiano, scritto e suonato bene. Da segnalare il piccolo gioiellino naif di “Canto do mar”, con Raiz.

Riccardo Merolli
Interpol – Antics (UK 2004) Alternative Rock 3.5/5
Un modo fantasioso di suonare Rock, una maniera inconfondibile soprattutto nella voce. Un disco interessante con tante cose da dire. Non è il paradiso ma neanche l’inferno.

 

Read More

Il Tributo da Pagare – Seconda Parte

Written by Articoli

La seconda persona che mi sento di coinvolgere in questo delicato argomento è una giovane ragazza, fan allo sfinimento degli Aerosmith. Chiacchierando con lei dopo un concerto, scopro che segue da tanti anni una band tributo dei rocker di Boston: i Big Ones.

Da dove viene questa passione per una tribute band? Cosa spinge una ragazza infognata per un supergruppo a seguire i suoi “cloni”? Se la musica è arte cosa c’è di artistico nell’imitazione?
Intanto non parlerei di cloni, a me dà l’idea di un gruppo che scimmiotta senza personalità (e magari anche male) il gruppo a cui vuole rendere omaggio. Non è questo il caso… Il motivo che mi ha spinto a seguirli come tributo è molto semplice: la possibilità di sentire dal vivo la musica dei miei idoli, che purtroppo dalle nostre parti non vengono tutti i giorni, e soprattutto di sentirla suonata bene. Loro non si limitavano a ricreare il sound degli Aerosmith tale e quale, ma ci mettevano anche qualcosa di loro, arricchendolo. Anche questo è fare musica secondo me ed è una qualità. Si sono fatti un nome e un seguito suonando ovunque, ma i Big Ones sono la dimostrazione che si può andare oltre, quando si hanno le capacità e la qualità, che in Italia c’è anche spazio per la musica originale, scoprirete perché…

Quando e come hai scoperto i Big Ones? Cosa ti ha attratto di più? La somiglianza sonora o quella visiva? Che peso hanno questi due componenti in una valida tribute band? Non è un po’ ridicolo vedere un sosia sul palco? Ci sono già i programmi di Gerry Scotti per questo…
Si parla di quasi 7 anni fa. Ne avevo già sentito parlare, ma ero estranea all’epoca al mondo del live, così andai a sentirli a una festa della birra, ero molto curiosa. Ero da poco reduce da due concerti degli Aerosmith. Quella sera, fin dalle prime note, mi è sembrato di rivivere ancora i momenti di qualche mese prima, ero completamente coinvolta da quello che stavo ascoltando. La somiglianza visiva non è stata la prima cosa a colpirmi. È ovvio che abbia il suo peso, basta che non si arrivi al ridicolo, quando si vuole imitare troppo, scimmiottare. Ci va personalità, anche musicale, ed è proprio quello che hanno i Big Ones. È tutto un insieme di qualità che li rende unici.

Fino a dove ti sei spinta a seguire questa band? Quanti concerti e quanti kilometri hai macinato per loro?
In 7 anni direi che qualche chilometro per tutta l’Italia l’ho macinato e ne farò ancora molti! Sono andata anche qualche volta all’estero. Non tengo il conto di quanti concerti abbia visto, ma credo di aver superato quota 100.

Ho saputo che da qualche anno i Big Ones hanno iniziato a comporre musica propria con un discreto successo. Non rischiano che la gente vada a sentirli sperando che suonino “Rag Doll”? Tu che li conosci bene, come sono i loro fan?
Sì, dal 2009 portano avanti con successo un progetto di brani originali in italiano, sono usciti due album distribuiti dalla Warner. Sono stati scelti per comporre la colonna sonora di un film a breve in uscita (“Sarebbe Stato Facile”), di cui farà anche parte il brano “Io Mi Perderò” con musica e parole di Maurizio Solieri, che ha voluto fossero proprio i Big Ones a arrangiare e interpretate il suo brano. Per altro, di questa canzone, verrà girato pure un video.

La gente che li conosce lo sa e, anzi, ai concerti vuole sentire i loro brani originali. Chi li conosce un po’ meno magari viene per sentire “Rag Doll”, ma quando ascolta un loro brano rimane comunque entusiasta, si incuriosisce, ne vuole sapere di più. C’è da dire che il rispetto e la stima per gli Aerosmith c’è sempre, è anche grazie a loro se sono arrivati dove sono ora, ma in ogni caso chi viene ai loro concerti è sempre contento ed è questo l’importante per una band credo, senza i fan è difficile andare avanti. E i sostenitori dei Big Ones aumentano sempre di più!

Non mi resta che lasciare le parole alla musica. Guardate qua e sbizzarritevi.

Read More

“Diamanti Vintage” Stone Roses – Stone Roses

Written by Articoli

Un bel disco di transizione questo primo omonimo degli inglesi Stone Roses, una vitalità che prende spunti interessanti dalla scena della Manchester che lascia – negli anni Ottanta – le pazzie autodistruttive della wave per imbarcarsi nel jangle pop di marca Echo And The Bunnymen, Primal Sceam cosi da fare in modo che una nuova moda musicale si imponga sia in Terra d’Albione come nel resto d’Europa. E quindi disco di speranza e scuola per band a venire come Blur, Oasis, Verve, antesignano nel frequentare un proto-brit che darà in futuro moltissime soddisfazioni modaiole.

Non il, classico gioco a rimando anche se si sentono nel sottofondo – le cariche ispiranti di Northside e The Charlatans  – ma una nuova spinta che Ian Brown e John Squire, insieme a Gary “Mani” Mounfield e Alan “Reni” Wren, imprimono, oltre che nell’aria,  nelle loro liriche, nuove forze delicate che allargano i colori del pop e fanno ritirare in un certo qual modo le freddure nere e torbide monopolistiche della wave più ortodossa, più intransigente che fino a poco prima si addensavano ovunque. Undici brani in scaletta che possono sembrare sbarazzini o leggeri, invece suoni di rinascita ed estremamente caldi, una tracklist che tra basi ritmiche efficaci, chitarre educate e non imperanti e una voce molto “californiana dei bei tempi Summer”,  fa un disco immediato e ricanticchiabile in ogni suo lato, regno di controcanti e melodie d’atmosfera nonché d’apertura ad una nuova svolta che però – per questa band – non continuerà a lungo e che poco più in la si inoltrerà nel pressapochismo sonoro e di memoria.

Tutto è dolciastro e che fa compagnia, brani da spiaggia, l’allora specchio dei tempi che non avevano bisogno di prosceni per affermarsi o interpretare caratteri mascherati per farsi ascoltare, le ricchezze ritmiche “She Bangs The Drums”, “Mad Of Stone”, le tenute corali “Waterfall”, la chicca nostalgica “Elizabeth My Dear” ed il beat frizzante e Radio Thing di “I Am The Resurrection” sono tra i brani che rimangono sospesi nella storia Stone Roses, il raggio di sole che – con rischio zero – si affacciava su molteplici chiavi di lettura pop.
http://youtu.be/E4d2syk0SZ4

Read More

Pills ‘!’!’!’!’!’!’!’!’!’!’ (consigli per gli ascolti)

Written by Articoli

Bene ci siamo, le Pills di questa settimana sono arrivate. E’ possibile avere effetti collaterali, anzi, sarebbe necessario averli per godere tutta l’energia positiva sprigionata dalla musica. Siete pronti?
A voi le Pills…

Silvio Don Pizzica
Neutral Milk Hotel – In The Aeroplane Over The Sea (USA 1998) Indie Rock 5/5
Ispirato dal Diario di Anna Frank ecco il più grande e straordinario concept album indie.
Bauhaus – In The Flat Field (UK 1980) Gothic Rock 4.5/5
Il post punk e il dark si fondono in un goth rock glam teatrale e terrificante mai come prima. Fondamentale primo album di una band storica.

Marco Lavagno
The Gaslight Anthem – Handwritten (USA 2012) Rock 4/5
Si sempre il solito vecchio suono: americanissimo, a metà tra Springsteen e Social Distortion, tra New York e la West Coast, tra il cuore e il motore di una vecchia Cadillac. Nulla di nuovo, però questo disco ha la benedizione di Nick Hornby e non è roba da tutti.
Gotthard – G. (CH 1996) Hard Rock 5/5
Ruvido e melodico, tanto chitarroso. Arriva dal freddo ma è più caldo di tutto ciò che è uscito da Los Angeles in quegli anni. Un diamante grezzo di vero rock’n’roll, incastonato nella nostra timida Europa.

Marialuisa Ferraro
The Black Angels – Indigo Meadow (UK 2013) Rock 2.5/5
Una psichedelia che spesso ricalca fedelmente i maestri del genere, ma che che si caratterizza per un trattamento armonico meno ardito e un maggior controllo delle sonorità. Un ascolto piacevole ma che non sconvolge certo per originalità e spessore.
Os Mutantes – Fool Metal Jack (BRA 2013) Rock 5/5
Ellamadonna. C’è tutto qui dentro. Ogni traccia è completamente diversa dall’altra, le influenze sono disparatissime, dal rock britannico degli anni ’70 alla musica leggera, dal musical alla bossa nova, dal funky alla world music, e tutte scandagliate con grande maestria.

Ida Diana Marinelli
Lady Gaga-The Fame Monster (USA 2009) Dance-Pop 0/5
Non c’è bisogno di descriverla, perché la conosciamo tutti. La sua fama un giorno la paragonò a quella di J.S.Bach. Magari Lady Gaga  girando il mondo fa ballare i ragazzi nelle discoteche, ma Bach, non spostandosi mai da Lipsia, fa studiare e suonare gente di tutto il mondo ancora oggi e lo farà ancora per molti secoli. E Lady Gaga che fine farà?
David Garrett-Virtuoso (D 2007) Classica-Rock 4/5
Violinista tedesco, bello e bravo, che spazia tra classica e rock. Che il suo repertorio sia stato costruito a tavolino per un progetto commerciale? La musica classica non venderebbe, ma un biondo che suona i Metallica al violino, sì.

Lorenzo Cetrangolo
The Decemberists – Picaresque (USA 2005) indie rock- folk 4.5/5
Capolavoro del gruppo di Portland. Un must per ogni amante del folk “moderno”.
Nas & Damian Marley – Distant Relatives (USA 2010) hip hop- reggae fusion 4/5
L’insolita coppia mescola hip hop e reggae in nome dell’Africa. Da provare.
Arisa – Amami (ITA 2012) pop 3.5/5
La cantante si conferma una delle migliori voci in circolazione, ma le canzoni non brillano. Non male, comunque.

Ulderico Liberatore
Unida – Coping With The Urban Coyote EP (USA 1999) Stoner Rock 3,5/5
Il desert rock non esplose mai sul serio lasciando ai fichetti le classifiche ma quest’album fine ’90 è la sintesi perfetta di un decennio eccezionale per la musica borderline.

Max Sannella
Consolidated  – Business Of Punishment  (USA 1994) Funk-Rap  4/5
La trasformazione e l’urlo contro il sistema americano a suon di industrial ed echi Hendrixiani
Ry Cooder – Borderline  (USA1980)  Blues contaminato 5/5
Il grande suono di una chitarra virtuosa, e la firma di una mano che non ha precedenti.
Julina Cope– Droolian  (GB 1990)  Psichedelia  5/5
La voglia e la sintesi psich che gioca tra fremiti rock e accennni di tensione.
 

Riccardo Merolli
Nirvana – Bleach (USA 1989) Grunge 5/5
Sono passati diciannove anni dalla morte di Cobain, un omaggio è più che doveroso con un disco ai limiti del massacro. Bisogna (ri)metterlo a cannone nello stereo e sentire quel sound che forse abbiamo iniziato a dimenticare.

Read More

Il Tributo da Pagare – Prima Parte

Written by Articoli

Non so quante volte vi sia capitato di andare ad una festa della birra o in un qualsiasi pub con un palchetto sgangherato e vedere un tipo goffo, con cappello militare e occhiali zarrissimi imitare Vasco Rossi muovendo le mani e sparando “eeeeh” a raffica. Circondato per altro da musicisti ipertecnici e da gente di tutte le età che echeggia gli “eeeeh” a gran voce.
Beh a me un paio di volte è capitato. E in questi casi ti chiedi “Perché?” In realtà di perché io me ne chiedo proprio tanti. Perché deve essere così idolatrata una maschera? Perché un musicista dovrebbe aver lo stimolo per replicare assoli già scritti e assimilati da miriadi di altoparlanti? E soprattutto: perché un ragazzo, una famiglia, un fruitore qualsiasi di musica popolare, dovrebbe trovare interesse in una tribute band? E perché capita così spesso che la curiosità di conoscere musica nuova venga in questa maniera prontamente abortita?
Suonicchiando in giro da ormai dieci anni (pezzi inediti, ma sì, lo ammetto, anche tante cover!) ho cercato più volte la risposta. E spesso la più sensata mi è stata fornita da gestori dei locali: “Mi spiace ma in questo club girano solo le cover band. Sai com’è, all’italiano piace cantare”.
Ora ho voluto scavare un po’ più a fondo e affrontare i miei dubbi e dilemmi facendo quattro chiacchiere con due personaggi che in questi anni di musica dal vivo ho avuto la fortuna di conoscere nei paraggi del palco. Il primo è Kikko Sauda, simpaticissimo e solare ragazzone di Imperia, cantante della Combriccola del Blasco, sosia impressionante del rocker di Zocca. Ma fidatevi che lui (vi piaccia o no) non è certo tipo goffo, ci sa fare eccome e ammalia piazze intere da anni. Ma questo a Rockambula non basta. Tartassiamolo di domande…

Ciao Kikko, benvenuto su Rockambula! Beh la prima domanda pare scontata. Perché proprio l’inflazionatissimo Vasco? Da dove nasce questa irrefrenabile passione? E questa somiglianza? Sii sincero, hai usato trucchetti chirurgici…
Ahah trucchetti estetici! Intanto onoratissimo di essere qui su Rockambula x questa stuzzicante intervista. Inflazionatissimo? Oggi sicuramente ma quando ho cominciato 14 anni fa un po’ meno. Oggi infatti, le tribute band a Vasco nascono come i funghi e spesso si può incappare in personaggi goffi come descrivete nell’articolo. Io comunque non sono né un cantante né un musicista, mi definirei più uno show man anche se a cantare me la cavo (con i miei limiti eh).
All’eta di 5 anni già mi esibivo in piccoli spettacoli facendo le imitazioni di questo e quest’altro cantante o personaggio dello spettacolo, la scaletta includeva anche il clown. Crescendo il timbro vocale, l’indole e approccio filosofico alla vita mi hanno avvicinato più a Vasco o forse hanno avvicinato lui a me…può essere che sia lui che mi imiti! (Kikko se la ride). Quindi io sono uno di quelli che ha scelto una strada facile e immediata per salire su un palcoscenico, perché è il posto dove mi sento più a mio agio, a me familiare e più naturale. Si naturale, anche se interpreto un grande personaggio, è come una parte per un attore, però poi sul palco ci sono io!! Amo star li e coinvolgere il pubblico, do e ricevo tantissimo.

Riuscite con questo progetto a riempire le piazze e i club. Come vive una tribute band come la tua? Riesci a sostenerti economicamente con la musica live?
A questa domanda non posso rispondere x motivi fiscali….He he.
Dal momento che, tranne qualche piccola collaborazione, non lavoro con agenzie, per me questo è un lavoro anche quando non sono sul palco. Quindi la mia professione dopo 14 anni, dipende dallo show che fai e da quello che ci sta dietro.

Chissà quanti ti hanno detto: “Pazzesco è uguale”. Che rapporto c’è con il pubblico che viene a sentire i vostri concerti? Non trovi un po’ una presa in giro che la gente venga ad ascoltarti perché ama quello che in realtà non sei?
Vedi, ai miei concerti vengono per lo spettacolo che faccio, o meglio che facciamo con questa meravigliosa band. Vengono per me e me lo dicono. Fidati è bellissimo, mi dicono: “veniamo da anni perché ogni concerto è diverso dall’altro e riesci, riuscite ad emozionarci sempre!”
Poi io improvviso sempre e lo fa pure la band. Sopratutto il chitarrista solista (per altro molto amato dal pubblico) improvvisa parecchio. Anche se facciamo un tributo non sentirai mai un solo identico nota per nota, ce ne fottiamo e ci mettiamo del nostro! Insomma ci divertiamo!!

A cosa mira il tuo show? Puro divertimento o c’è qualche pretesa in più? E’ vero che all’italiano basta staccare il cervello e cantare “Albachiara”?
Ma non so se sia solo l’italiano. Penso che quando fai uno show che emoziona la gente, puoi cantare quello che vuoi: italiano, russo, americano. “Albachiara” o “Quel Mazzolin di R,ose”… Vedo che ai miei concerti la gente stacca con la realtà si diverte, sta bene e canta e oggi come oggi c’è sempre più bisogno di staccare dalla realtà.
Riguardo alle aspirazioni le tribute band hanno ovviamente dei limiti proprio perché molto inflazionate. Viviamo già grazie a locali e piazze piene e ad anni di gavetta una nostra realtà e, certo, con il nostro cachet. Io ho sempre molte idee e progetti per staccarmi dalla massa, alla prossima intervista magari parleremo di un tour. Che vi piaccia o no: “Io sono ancora qua! Eeeeh già!”

Ti è mai venuta voglia di essere “te stesso” e smarcarti dall’ombra di Vasco? Scrivere la musica tua, le tue emozioni. Non è avvilente per un musicista suonare solo cover e non poter mai esprimere il proprio talento? Non dovrebbe essere nella creazione il vero traguardo di un musicista?
Domanda con il coltello tra i denti si sente che è un musicista che la formula… Vedi con canzoni mie son arrivato due volte alle selezioni finali del Festival di Sanremo. Poi la somiglianza anche solo fisica con Vasco, in questi casi, penalizza. Non per essere ripetitivo, ma comunque quello che faccio mi emoziona al di là di fare una cover, mi diverto e sto bene in mezzo al mio pubblico. Tutto il resto è noia (un omaggio al Califfo!). Ciao a tutti!

(…prosegue…)

Read More

“Diamanti Vintage” Sonic Youth – Daydream Nation

Written by Articoli

Molto probabilmente una delle pietre filosofali del rock d’ogni tempo, il rock di quei tormenti e ossessioni che sa come farsi amare nonostante i bocconi amari che comporta, il rock che combina rumore, rabbia, purezza e amore senza nascondersi dietro artifizi o perlomeno trucchi discografici di bassa lega; Daydream Nation della band newyorkese dei Sonic Youth, è il quinto disco della formazione capitanata da Lee Ranaldo, ed è il disco forse più consapevole, più carismatico, in cui la fusione della triade di rumore+furore+tensione corrisponde perfettamente a tutto quello che proprio in quei tempi, con le scorribande Reaganiane in Salvador ed una politica sociale devastante, faceva apparire l’America come il paradiso dell’inferno. Ecco perché c’è una candela bianca in copertina, è la loro protesta al genocidio e la loro presa di coscienza politica.

Di nuovo la “gioventù sonica” detta legge con quei chitarrismi industriali, spigolosità e curve a gomito ritmiche sperimentano nuove necessità modulari, una carica espressiva che contempla decadenza post-punk e percussività urbane nonché una interminabile sequenza di vitalità mai rammaricata di non possedere principalmente quella gentilezza pop che ammorbidisce a volontà qualsiasi ribellione e che molte band – sempre alla fine degli anni Ottanta – si fregiavano di avere e anche per disconoscere un’era refrattaria (in cui avevano magari militato) e far credere di essere rinati come nuovi di zecca. Loro, Lee Ranaldo, Kim Gordon e Thurston Moore, sono tra gli esponenti avangarde di una classificazione ribelle e assordante, un asse in equilibrio che assorbe psichedelia emancipata e svolte impreviste, un gioco sonoro che caoticamente segna le tappe di una straordinaria compattezza che infastidisce e stordisce i benpensanti e guerrafondai yankee come pure i puristi del classic rock.

Dodici trace che friggono, distorsioni valvolari, frenetismi e salive roventi che fanno gruppo sensuale e antagonista, stupende garage-ballad “Hey Joni”, “Eric’s Trip”, più in la chitarre e voci suadenti che sostengono “The Sprawl”, “Kissability”, una smorfiosetta Kim Gordon che fa numeri incalcolabili magnifici “Silver Rocket”, “Rain King” o più sotto le nuvole nere di “Candle” a chiudere un suggestivo album che non è altro che “anticipo” per le grandi registrazioni a venire.

Anche un disco imbrattato di polvere lunare, che sbalordisce e che non rassicura affatto!
http://youtu.be/BKMD8vI1MaM

Read More

Pills единадесет седмици (consigli per gli ascolti)

Written by Articoli

“L’abuso delle Pills non è una malattia, ma una decisione, come quella di andare incontro ad una macchina che si muove.”
Questa settimana il nuovo dei Depeche Mode visto da Marco Lavagno, tanta roba italiana, nuova e datata, mostri sacri del calibro di The Cramps, Counting Crows, Tortoise, Simply Red, Limp Bizkit, Perturbazione e una perla addirittura dalla Romania, scovata per voi da Diana Marinelli

Silvio Don Pizzica
Marnie Stern – The Chronicles Of Marnia   (Usa 2013)   Math Rock, Noise-Pop     3,5/5
Il quarto lavoro di Marnie Stern non è il disco della consacrazione, non è il punto di arrivo a niente, non un capolavoro, né la fine eterna della sua arte ma suona piuttosto come un nuovo inizio
NaNa Bang! – S/t   (Ita 2013)   Folk Pop/Rock, Lo-fi   3,5/5
Dai Dodos, ai Velvet Underground; dal Paisley a Daniel Johnstone. Un disco pieno di roba nonostante una durata ridottissima

Max Sannella
Bruce Cockburrn – In The Falling Dark   (Can 1976)    Cantautorato    4/5
Lo stile soffice ed ispirato della poesia che attraverso l’equilibrio pop innesta un jazzly  impalpabile
Counting Crows – August And Everything After    (Usa 1993)   Indie Pop    4/5
La bella epopea di Duritz e Soci comincia da qui, da una cometa spenta in un cielo verdognolo. Supremo.
The Cramps – Off The Bone    (USA 1983)    Punk    5/5
Lux  Interior da scandalo e fervore, ed insieme ai Cramps da fuoco ad un modo di pensare bacchettone con una mitragliata di punk che passa alla storia.

Lorenzo Cetrangolo
Tortoise – Millions Now Living Will Never Die    (Usa 1996)   Post-Rock, Strumentale    4,5/5
I “padrini” del post-rock americano nel loro album più riuscito.
Simply Red – Greatest Hits    (UK 1996)   Pop,Soul    4/5
Un’enciclopedia delle hit che hanno reso famoso il gruppo di Mick Hucknall. Da riscoprire.
Limp Bizkit – Chocolate Starfish And The Hot Dog Flavored Water   (Usa 2000)  Nu Metal, Crossover   4.5/5
Un disco compatto, potente, sarcastico. I tamarri del nu metal insegnano, e lo fanno nell’episodio più esplosivo e meno raffinato della loro carriera. Da godersi senza sensi di colpa.

Vincenzo Scillia
Ministry – The Land Of Rape And Honey   (Usa 1988)   Industrial   5/5
Una pietra miliare dell’ Industrial, “The Land Of Rape And Honey” rappresenta la svolta di una delle band più innovative degli anni 90, i Ministry. Aggressivo, crudo, atmosferico, il disco qui presente è la classica opera che da ubriaco ti fa viaggiare, soprattutto sulle note di “Flashback” e “Stigmata”.
Kirlian Camera – Obsession    (Ita 1995)   Rock Alternative   4/5
“Obsession” dei Kirlian Camera è una fierezza nostrana. I suoni emessi in questo disco sono a dir poco eccezionali, poche band italiane sono riuscite a far amalgamare l’ elettronica ed il rock come hanno fatto loro. Un disco da ascoltare assolutamente.
Carcharodon – Macho Metal   (Ita 2008) Southern, Death’n’Roll    4/5
In attesa del loro secondo disco, sono andato a gustarmi ancora una volta il disco d’ esordio di questo gruppo italiano. I Carcharodon fecero il loro ingresso ufficiale nel 2008 con questo “Macho Metal” un lavoro sporco, volgare e provocatorio. Il bello è che c’è un sound che ti fa scuotere dalla testa ai piedi.

Diana Marinelli
Ann (Annamaria Chiarella) – Vecchi Ricordi    (Ita 2011)   Pop   3/5
Giovanissima interprete pugliese, voce orecchiabile e un lavoro d’esordio un po’ scontato.
Luna Amară – Don’t Let Your Dreams Fall Asleep   (Rom 2008)  Alternative Rock   4/5
L’alternative rock rumeno per esprimere messaggi politici e socialmente utili, attraverso un genere ben definito e sicuramente da ascoltare.

Marco Lavagno
Depeche Mode – Delta Machine    (UK 2013)   Elettronica, Pop    3/5
La voce di Dave Gahan e il sound avvolgente salvano (di nuovo?) canzoni mediocri. Certo, la classe e l’esperienza comunque escono fuori già solo nella strabiliante ballata “Heaven”.
Perturbazione – Del Nostro Tempo Rubato   (Ita 2010)  Pop   4/5
Progetto ambizioso quello del doppio LP. Ma con calma e qualche lampo di follia (“Vomito!”, “Io Sono Vivo Voi Siete Morti”) la band rivolese supera la prova. E poi i testi nostalgigi (il tema del tempo aiuta e li rende più che mai saggi) risultano essere anche questa volta il valore aggiunto. “Perfino il rock ti scava rughe sulla faccia…e chi l’avrebbe detto?”

Read More

“Diamanti Vintage” Beck – Mellow Gold

Written by Articoli

Nel 1994 uno strampalato alieno svedese naturalizzato americano atterra sugli orecchi di mezzo mondo, e dopo le prime titubanze d’obbligo, allucinazioni da schiarire e schiaffi in faccia per riprendersi da questo fenomeno indecifrabile, Beck – l’uomo/ragazzo- innalza il manifesto della sua onnipotenza deformata, obliqua e fantasticamente innovativa, un passato/presente che brucia senza regole tutto il panorama alternativo dell’alternativa alternante che si possa trovare in giro. Mellow Gold è la cartuccia che fa fuori tutto, che straccia la forma canzone e la condisce con ogni ammennicolo sonoro che capiti a tiro, un disco stupendo che rivoluziona anche l’impossibile.

Un mini-pimer che frulla di tutto, rock, folk, sperimentazioni, blues, indie, emo, brit-pop, punk, trip-hop e una straordinaria forma malsana di poetica saturnina che ammalia, convince subito e diventa inno generazionale per una fitta schiera di nerd, sfigati, subalterni, mammoni felici ed insaziabili che fanno ressa tra divani e hamburger alla cipolla e ketchup; dodici tracce che la dicono lunga circa la situazione creativa negli States di quei tempi, uno spirito lunare che arriva come un raggio cosmico mentre la musica non ha ancora ripreso a corroborare nuove stimolazioni, ma da li a poco – con la maestria di questo musicista folle e paonazzo – tutto tornerà a rifiorire, a folgorare. Disco mutante ad ogni passaggio, un mix di allucinati mood e hype al cubo che riecheggiano ovunque e che si acciuffano nel neo-folk che balugina in “Loser”, a mollo negli anni sessanta bevuti “Fuckin With my Head”, nel centro elettronico mistificato in noise “Soul Suckin’ Jerk” se non addirittura nel funk-dance che “Beercan” mette in mostra con quel ritornello fighissimo che sventrò ogni palinsesto radiofonico yankee di allora.

Con la dolcezza storta e indù di “Steal my Body Home” e la mistica di archi e tremore ancient “Blackhole”, Beck chiude una parentesi che ne aprirà tante altre, mette in risalto un disco, uno stendardo e un indice puntato sulla società americana, mette in guardia novizi ed emuli con poche parole e un miliardo di suoni, come a dire: “Occhio i Marziani sono tra voi, salvatevi le chiappe”.

Pietra miliare!
http://youtu.be/R6sdDp5Vgjk

Read More

Pills тыдзень 10 (consigli per gli ascolti)

Written by Articoli

“Alla base dell’assunzione delle droghe, di tutte le droghe, anche del tabacco e dell’alcol, c’è da considerare se la vita offre un margine di senso sufficiente per giustificare tutta la fatica che si fa per vivere. Se questo senso non si dà, se non c’è neppure la prospettiva di poterlo reperire, se i giorni si succedono solo per distribuire insensatezza e dosi massicce di insignificanza, allora si va alla ricerca di qualche anestetico capace di renderci insensibili alla vita. Come le Pills….”

Silvio Don Pizzica
Franco Battiato – Fetus   (Ita 1972)   Experimental Rock     4,5/5
L’esordio di Battiato. Il viaggio dell’energia nello spazio, energia che crea la vita, si trasforma, forma il nuovo, si disperde nel cosmo prima di diventare altro, alimentando un circolare eterno ritorno nel quale l’uomo è solo un minuscolo ma fondamentale passaggio, insostituibile come ogni atomo dell’ universo.
Drones – I See Seaweed   (Australia 2013)   Punk Blues, Garage, Psych-Rock   4/5
Se mai i The Drones avevano bisogno di dare conferma del loro valore, questo “I See Seaweed” arriva al momento giusto anche per penetrare i cuori di chi, fino ad ora, ha amato solo la faccia più scontata dell’Australia.

Max Sannella
Chumbawamba  –  Slap!   (UK 1990)   Rock-Pop Dance   3/5
Qui si balla e ci si diverte pensando alla solidarietà e alla società minore, inno contro la Thatcher e abbraccio alle lotte dei minatori della Leeds in fiamme  politiche.
The  Church – Séance   (Australia 1993)  Folk-Rock   4/5
La surrealità  melodica tra Byrds e REM, il narcisismo formato disco provocante e individualista dalla terra dei canguri.
Circle Jerks – Gig   (USA 1992)    Beach Punk    4/5
Il violento impatto sonoro di una esistenza inquieta, insubordinata, la velocità della luce in un disco oltraggioso, divino.

Lorenzo Cetrangolo
Sangue Misto – SxM   (Ita 1994)   Rap   5/5
Pietra miliare del rap italiano. C’è poco da aggiungere.
La Scatola Nera – S/t   (Ita 2012)   Post-Hc, Stoner   3,5/5
Disco d’esordio onesto e diretto, con spunti interessanti, per una band sospesa tra il grottesco e il deserto.
Teka P – A Ramengo   (Ita 2012)  Blues, Funk, Soul   4/5
Band divertita e divertente. Stupisce la capacità di giostrarsi tra leggerezza, ironia, ed una bravura tecnica e compositiva estrema.

Marialuisa Ferraro
Sinfonico Honolulu – Absolutely Live   (Ita 2011)   Pop    5/5
Un’orchestra di ukulele che rivisita i grandi successi del rock dagli anni ’60 ad oggi? Divertenti, ironici, cinetici. In due parole: da ascoltare.
Esperanza Spalding – Radio Music Society    (Usa 2012)    Soul    4/5
Definire soul quanto fa la Spalding è assolutamente riduttivo: r’n’b con inserti jazz, hip hop a tratti blues, pop delicato e femminile, ma anche graffiante ed energico. Molto interessante davvero.

Diana Marinelli
Bonnie Raitt – Slipstream    (Usa 2012)   Blues-Country    4,5/5
Bella voce e splendida chitarra. La musica è donna e in questo caso è di classe.

Ulderico Liberatore
Pussy Galore – Pussy Gold 5000 EP    (Usa 1987)    Noise Rock    4/5
Disco ruvido, rumoroso, registrato male, suonato in maniera spassionata in realtà nasconde l’inizio del rinnovamento dell’estetica rock alla fine degli ’80. Da non perdere.

Riccardo Merolli
David Bowie – The Next Day   (Usa 2013)   Art Rock   4/5
Il Duca Bianco tira fuori un disco bellissimo, una lezione a tutti i giovanotti della musica attuale. La classe non è acqua.

Marco Lavagno
Slash’s Snakepit – Ain’t Life Grand   (Usa 2000)   Hard Rock   5/5
Uno dei migliori dischi hard rock degli ultimi 20 anni a mio avviso. A pensarla come me sono davvero pochi, ma nonostante sia prodotto in uno dei periodi più cupi della vita di Slash la sua chitarra grida positività e si smarca definitivamente dalla voce e dalle superproduzioni di Axl. Rock’n’roll purissimo.
Mumford & Sons – Babel   (UK 2012)    Pop/Folk    4,5/5
Marcus Mumford e soci non scherzano più, il loro primo disco non era un timido abbaglio. Erano solo i primi raggi solari, preludio di un sole che scalda la faccia. Con l’amore per il pop e per quelle terre tanto piovose. Ma la pioggia per questa oretta di buona musica ce la dimentichiamo proprio.

Read More