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Pills ‘!’!’!’!’!’!’!’!’!’!’ (consigli per gli ascolti)

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Bene ci siamo, le Pills di questa settimana sono arrivate. E’ possibile avere effetti collaterali, anzi, sarebbe necessario averli per godere tutta l’energia positiva sprigionata dalla musica. Siete pronti?
A voi le Pills…

Silvio Don Pizzica
Neutral Milk Hotel – In The Aeroplane Over The Sea (USA 1998) Indie Rock 5/5
Ispirato dal Diario di Anna Frank ecco il più grande e straordinario concept album indie.
Bauhaus – In The Flat Field (UK 1980) Gothic Rock 4.5/5
Il post punk e il dark si fondono in un goth rock glam teatrale e terrificante mai come prima. Fondamentale primo album di una band storica.

Marco Lavagno
The Gaslight Anthem – Handwritten (USA 2012) Rock 4/5
Si sempre il solito vecchio suono: americanissimo, a metà tra Springsteen e Social Distortion, tra New York e la West Coast, tra il cuore e il motore di una vecchia Cadillac. Nulla di nuovo, però questo disco ha la benedizione di Nick Hornby e non è roba da tutti.
Gotthard – G. (CH 1996) Hard Rock 5/5
Ruvido e melodico, tanto chitarroso. Arriva dal freddo ma è più caldo di tutto ciò che è uscito da Los Angeles in quegli anni. Un diamante grezzo di vero rock’n’roll, incastonato nella nostra timida Europa.

Marialuisa Ferraro
The Black Angels – Indigo Meadow (UK 2013) Rock 2.5/5
Una psichedelia che spesso ricalca fedelmente i maestri del genere, ma che che si caratterizza per un trattamento armonico meno ardito e un maggior controllo delle sonorità. Un ascolto piacevole ma che non sconvolge certo per originalità e spessore.
Os Mutantes – Fool Metal Jack (BRA 2013) Rock 5/5
Ellamadonna. C’è tutto qui dentro. Ogni traccia è completamente diversa dall’altra, le influenze sono disparatissime, dal rock britannico degli anni ’70 alla musica leggera, dal musical alla bossa nova, dal funky alla world music, e tutte scandagliate con grande maestria.

Ida Diana Marinelli
Lady Gaga-The Fame Monster (USA 2009) Dance-Pop 0/5
Non c’è bisogno di descriverla, perché la conosciamo tutti. La sua fama un giorno la paragonò a quella di J.S.Bach. Magari Lady Gaga  girando il mondo fa ballare i ragazzi nelle discoteche, ma Bach, non spostandosi mai da Lipsia, fa studiare e suonare gente di tutto il mondo ancora oggi e lo farà ancora per molti secoli. E Lady Gaga che fine farà?
David Garrett-Virtuoso (D 2007) Classica-Rock 4/5
Violinista tedesco, bello e bravo, che spazia tra classica e rock. Che il suo repertorio sia stato costruito a tavolino per un progetto commerciale? La musica classica non venderebbe, ma un biondo che suona i Metallica al violino, sì.

Lorenzo Cetrangolo
The Decemberists – Picaresque (USA 2005) indie rock- folk 4.5/5
Capolavoro del gruppo di Portland. Un must per ogni amante del folk “moderno”.
Nas & Damian Marley – Distant Relatives (USA 2010) hip hop- reggae fusion 4/5
L’insolita coppia mescola hip hop e reggae in nome dell’Africa. Da provare.
Arisa – Amami (ITA 2012) pop 3.5/5
La cantante si conferma una delle migliori voci in circolazione, ma le canzoni non brillano. Non male, comunque.

Ulderico Liberatore
Unida – Coping With The Urban Coyote EP (USA 1999) Stoner Rock 3,5/5
Il desert rock non esplose mai sul serio lasciando ai fichetti le classifiche ma quest’album fine ’90 è la sintesi perfetta di un decennio eccezionale per la musica borderline.

Max Sannella
Consolidated  – Business Of Punishment  (USA 1994) Funk-Rap  4/5
La trasformazione e l’urlo contro il sistema americano a suon di industrial ed echi Hendrixiani
Ry Cooder – Borderline  (USA1980)  Blues contaminato 5/5
Il grande suono di una chitarra virtuosa, e la firma di una mano che non ha precedenti.
Julina Cope– Droolian  (GB 1990)  Psichedelia  5/5
La voglia e la sintesi psich che gioca tra fremiti rock e accennni di tensione.
 

Riccardo Merolli
Nirvana – Bleach (USA 1989) Grunge 5/5
Sono passati diciannove anni dalla morte di Cobain, un omaggio è più che doveroso con un disco ai limiti del massacro. Bisogna (ri)metterlo a cannone nello stereo e sentire quel sound che forse abbiamo iniziato a dimenticare.

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Il Tributo da Pagare – Prima Parte

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Non so quante volte vi sia capitato di andare ad una festa della birra o in un qualsiasi pub con un palchetto sgangherato e vedere un tipo goffo, con cappello militare e occhiali zarrissimi imitare Vasco Rossi muovendo le mani e sparando “eeeeh” a raffica. Circondato per altro da musicisti ipertecnici e da gente di tutte le età che echeggia gli “eeeeh” a gran voce.
Beh a me un paio di volte è capitato. E in questi casi ti chiedi “Perché?” In realtà di perché io me ne chiedo proprio tanti. Perché deve essere così idolatrata una maschera? Perché un musicista dovrebbe aver lo stimolo per replicare assoli già scritti e assimilati da miriadi di altoparlanti? E soprattutto: perché un ragazzo, una famiglia, un fruitore qualsiasi di musica popolare, dovrebbe trovare interesse in una tribute band? E perché capita così spesso che la curiosità di conoscere musica nuova venga in questa maniera prontamente abortita?
Suonicchiando in giro da ormai dieci anni (pezzi inediti, ma sì, lo ammetto, anche tante cover!) ho cercato più volte la risposta. E spesso la più sensata mi è stata fornita da gestori dei locali: “Mi spiace ma in questo club girano solo le cover band. Sai com’è, all’italiano piace cantare”.
Ora ho voluto scavare un po’ più a fondo e affrontare i miei dubbi e dilemmi facendo quattro chiacchiere con due personaggi che in questi anni di musica dal vivo ho avuto la fortuna di conoscere nei paraggi del palco. Il primo è Kikko Sauda, simpaticissimo e solare ragazzone di Imperia, cantante della Combriccola del Blasco, sosia impressionante del rocker di Zocca. Ma fidatevi che lui (vi piaccia o no) non è certo tipo goffo, ci sa fare eccome e ammalia piazze intere da anni. Ma questo a Rockambula non basta. Tartassiamolo di domande…

Ciao Kikko, benvenuto su Rockambula! Beh la prima domanda pare scontata. Perché proprio l’inflazionatissimo Vasco? Da dove nasce questa irrefrenabile passione? E questa somiglianza? Sii sincero, hai usato trucchetti chirurgici…
Ahah trucchetti estetici! Intanto onoratissimo di essere qui su Rockambula x questa stuzzicante intervista. Inflazionatissimo? Oggi sicuramente ma quando ho cominciato 14 anni fa un po’ meno. Oggi infatti, le tribute band a Vasco nascono come i funghi e spesso si può incappare in personaggi goffi come descrivete nell’articolo. Io comunque non sono né un cantante né un musicista, mi definirei più uno show man anche se a cantare me la cavo (con i miei limiti eh).
All’eta di 5 anni già mi esibivo in piccoli spettacoli facendo le imitazioni di questo e quest’altro cantante o personaggio dello spettacolo, la scaletta includeva anche il clown. Crescendo il timbro vocale, l’indole e approccio filosofico alla vita mi hanno avvicinato più a Vasco o forse hanno avvicinato lui a me…può essere che sia lui che mi imiti! (Kikko se la ride). Quindi io sono uno di quelli che ha scelto una strada facile e immediata per salire su un palcoscenico, perché è il posto dove mi sento più a mio agio, a me familiare e più naturale. Si naturale, anche se interpreto un grande personaggio, è come una parte per un attore, però poi sul palco ci sono io!! Amo star li e coinvolgere il pubblico, do e ricevo tantissimo.

Riuscite con questo progetto a riempire le piazze e i club. Come vive una tribute band come la tua? Riesci a sostenerti economicamente con la musica live?
A questa domanda non posso rispondere x motivi fiscali….He he.
Dal momento che, tranne qualche piccola collaborazione, non lavoro con agenzie, per me questo è un lavoro anche quando non sono sul palco. Quindi la mia professione dopo 14 anni, dipende dallo show che fai e da quello che ci sta dietro.

Chissà quanti ti hanno detto: “Pazzesco è uguale”. Che rapporto c’è con il pubblico che viene a sentire i vostri concerti? Non trovi un po’ una presa in giro che la gente venga ad ascoltarti perché ama quello che in realtà non sei?
Vedi, ai miei concerti vengono per lo spettacolo che faccio, o meglio che facciamo con questa meravigliosa band. Vengono per me e me lo dicono. Fidati è bellissimo, mi dicono: “veniamo da anni perché ogni concerto è diverso dall’altro e riesci, riuscite ad emozionarci sempre!”
Poi io improvviso sempre e lo fa pure la band. Sopratutto il chitarrista solista (per altro molto amato dal pubblico) improvvisa parecchio. Anche se facciamo un tributo non sentirai mai un solo identico nota per nota, ce ne fottiamo e ci mettiamo del nostro! Insomma ci divertiamo!!

A cosa mira il tuo show? Puro divertimento o c’è qualche pretesa in più? E’ vero che all’italiano basta staccare il cervello e cantare “Albachiara”?
Ma non so se sia solo l’italiano. Penso che quando fai uno show che emoziona la gente, puoi cantare quello che vuoi: italiano, russo, americano. “Albachiara” o “Quel Mazzolin di R,ose”… Vedo che ai miei concerti la gente stacca con la realtà si diverte, sta bene e canta e oggi come oggi c’è sempre più bisogno di staccare dalla realtà.
Riguardo alle aspirazioni le tribute band hanno ovviamente dei limiti proprio perché molto inflazionate. Viviamo già grazie a locali e piazze piene e ad anni di gavetta una nostra realtà e, certo, con il nostro cachet. Io ho sempre molte idee e progetti per staccarmi dalla massa, alla prossima intervista magari parleremo di un tour. Che vi piaccia o no: “Io sono ancora qua! Eeeeh già!”

Ti è mai venuta voglia di essere “te stesso” e smarcarti dall’ombra di Vasco? Scrivere la musica tua, le tue emozioni. Non è avvilente per un musicista suonare solo cover e non poter mai esprimere il proprio talento? Non dovrebbe essere nella creazione il vero traguardo di un musicista?
Domanda con il coltello tra i denti si sente che è un musicista che la formula… Vedi con canzoni mie son arrivato due volte alle selezioni finali del Festival di Sanremo. Poi la somiglianza anche solo fisica con Vasco, in questi casi, penalizza. Non per essere ripetitivo, ma comunque quello che faccio mi emoziona al di là di fare una cover, mi diverto e sto bene in mezzo al mio pubblico. Tutto il resto è noia (un omaggio al Califfo!). Ciao a tutti!

(…prosegue…)

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“Diamanti Vintage” Sonic Youth – Daydream Nation

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Molto probabilmente una delle pietre filosofali del rock d’ogni tempo, il rock di quei tormenti e ossessioni che sa come farsi amare nonostante i bocconi amari che comporta, il rock che combina rumore, rabbia, purezza e amore senza nascondersi dietro artifizi o perlomeno trucchi discografici di bassa lega; Daydream Nation della band newyorkese dei Sonic Youth, è il quinto disco della formazione capitanata da Lee Ranaldo, ed è il disco forse più consapevole, più carismatico, in cui la fusione della triade di rumore+furore+tensione corrisponde perfettamente a tutto quello che proprio in quei tempi, con le scorribande Reaganiane in Salvador ed una politica sociale devastante, faceva apparire l’America come il paradiso dell’inferno. Ecco perché c’è una candela bianca in copertina, è la loro protesta al genocidio e la loro presa di coscienza politica.

Di nuovo la “gioventù sonica” detta legge con quei chitarrismi industriali, spigolosità e curve a gomito ritmiche sperimentano nuove necessità modulari, una carica espressiva che contempla decadenza post-punk e percussività urbane nonché una interminabile sequenza di vitalità mai rammaricata di non possedere principalmente quella gentilezza pop che ammorbidisce a volontà qualsiasi ribellione e che molte band – sempre alla fine degli anni Ottanta – si fregiavano di avere e anche per disconoscere un’era refrattaria (in cui avevano magari militato) e far credere di essere rinati come nuovi di zecca. Loro, Lee Ranaldo, Kim Gordon e Thurston Moore, sono tra gli esponenti avangarde di una classificazione ribelle e assordante, un asse in equilibrio che assorbe psichedelia emancipata e svolte impreviste, un gioco sonoro che caoticamente segna le tappe di una straordinaria compattezza che infastidisce e stordisce i benpensanti e guerrafondai yankee come pure i puristi del classic rock.

Dodici trace che friggono, distorsioni valvolari, frenetismi e salive roventi che fanno gruppo sensuale e antagonista, stupende garage-ballad “Hey Joni”, “Eric’s Trip”, più in la chitarre e voci suadenti che sostengono “The Sprawl”, “Kissability”, una smorfiosetta Kim Gordon che fa numeri incalcolabili magnifici “Silver Rocket”, “Rain King” o più sotto le nuvole nere di “Candle” a chiudere un suggestivo album che non è altro che “anticipo” per le grandi registrazioni a venire.

Anche un disco imbrattato di polvere lunare, che sbalordisce e che non rassicura affatto!
http://youtu.be/BKMD8vI1MaM

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Pills единадесет седмици (consigli per gli ascolti)

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“L’abuso delle Pills non è una malattia, ma una decisione, come quella di andare incontro ad una macchina che si muove.”
Questa settimana il nuovo dei Depeche Mode visto da Marco Lavagno, tanta roba italiana, nuova e datata, mostri sacri del calibro di The Cramps, Counting Crows, Tortoise, Simply Red, Limp Bizkit, Perturbazione e una perla addirittura dalla Romania, scovata per voi da Diana Marinelli

Silvio Don Pizzica
Marnie Stern – The Chronicles Of Marnia   (Usa 2013)   Math Rock, Noise-Pop     3,5/5
Il quarto lavoro di Marnie Stern non è il disco della consacrazione, non è il punto di arrivo a niente, non un capolavoro, né la fine eterna della sua arte ma suona piuttosto come un nuovo inizio
NaNa Bang! – S/t   (Ita 2013)   Folk Pop/Rock, Lo-fi   3,5/5
Dai Dodos, ai Velvet Underground; dal Paisley a Daniel Johnstone. Un disco pieno di roba nonostante una durata ridottissima

Max Sannella
Bruce Cockburrn – In The Falling Dark   (Can 1976)    Cantautorato    4/5
Lo stile soffice ed ispirato della poesia che attraverso l’equilibrio pop innesta un jazzly  impalpabile
Counting Crows – August And Everything After    (Usa 1993)   Indie Pop    4/5
La bella epopea di Duritz e Soci comincia da qui, da una cometa spenta in un cielo verdognolo. Supremo.
The Cramps – Off The Bone    (USA 1983)    Punk    5/5
Lux  Interior da scandalo e fervore, ed insieme ai Cramps da fuoco ad un modo di pensare bacchettone con una mitragliata di punk che passa alla storia.

Lorenzo Cetrangolo
Tortoise – Millions Now Living Will Never Die    (Usa 1996)   Post-Rock, Strumentale    4,5/5
I “padrini” del post-rock americano nel loro album più riuscito.
Simply Red – Greatest Hits    (UK 1996)   Pop,Soul    4/5
Un’enciclopedia delle hit che hanno reso famoso il gruppo di Mick Hucknall. Da riscoprire.
Limp Bizkit – Chocolate Starfish And The Hot Dog Flavored Water   (Usa 2000)  Nu Metal, Crossover   4.5/5
Un disco compatto, potente, sarcastico. I tamarri del nu metal insegnano, e lo fanno nell’episodio più esplosivo e meno raffinato della loro carriera. Da godersi senza sensi di colpa.

Vincenzo Scillia
Ministry – The Land Of Rape And Honey   (Usa 1988)   Industrial   5/5
Una pietra miliare dell’ Industrial, “The Land Of Rape And Honey” rappresenta la svolta di una delle band più innovative degli anni 90, i Ministry. Aggressivo, crudo, atmosferico, il disco qui presente è la classica opera che da ubriaco ti fa viaggiare, soprattutto sulle note di “Flashback” e “Stigmata”.
Kirlian Camera – Obsession    (Ita 1995)   Rock Alternative   4/5
“Obsession” dei Kirlian Camera è una fierezza nostrana. I suoni emessi in questo disco sono a dir poco eccezionali, poche band italiane sono riuscite a far amalgamare l’ elettronica ed il rock come hanno fatto loro. Un disco da ascoltare assolutamente.
Carcharodon – Macho Metal   (Ita 2008) Southern, Death’n’Roll    4/5
In attesa del loro secondo disco, sono andato a gustarmi ancora una volta il disco d’ esordio di questo gruppo italiano. I Carcharodon fecero il loro ingresso ufficiale nel 2008 con questo “Macho Metal” un lavoro sporco, volgare e provocatorio. Il bello è che c’è un sound che ti fa scuotere dalla testa ai piedi.

Diana Marinelli
Ann (Annamaria Chiarella) – Vecchi Ricordi    (Ita 2011)   Pop   3/5
Giovanissima interprete pugliese, voce orecchiabile e un lavoro d’esordio un po’ scontato.
Luna Amară – Don’t Let Your Dreams Fall Asleep   (Rom 2008)  Alternative Rock   4/5
L’alternative rock rumeno per esprimere messaggi politici e socialmente utili, attraverso un genere ben definito e sicuramente da ascoltare.

Marco Lavagno
Depeche Mode – Delta Machine    (UK 2013)   Elettronica, Pop    3/5
La voce di Dave Gahan e il sound avvolgente salvano (di nuovo?) canzoni mediocri. Certo, la classe e l’esperienza comunque escono fuori già solo nella strabiliante ballata “Heaven”.
Perturbazione – Del Nostro Tempo Rubato   (Ita 2010)  Pop   4/5
Progetto ambizioso quello del doppio LP. Ma con calma e qualche lampo di follia (“Vomito!”, “Io Sono Vivo Voi Siete Morti”) la band rivolese supera la prova. E poi i testi nostalgigi (il tema del tempo aiuta e li rende più che mai saggi) risultano essere anche questa volta il valore aggiunto. “Perfino il rock ti scava rughe sulla faccia…e chi l’avrebbe detto?”

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“Diamanti Vintage” Beck – Mellow Gold

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Nel 1994 uno strampalato alieno svedese naturalizzato americano atterra sugli orecchi di mezzo mondo, e dopo le prime titubanze d’obbligo, allucinazioni da schiarire e schiaffi in faccia per riprendersi da questo fenomeno indecifrabile, Beck – l’uomo/ragazzo- innalza il manifesto della sua onnipotenza deformata, obliqua e fantasticamente innovativa, un passato/presente che brucia senza regole tutto il panorama alternativo dell’alternativa alternante che si possa trovare in giro. Mellow Gold è la cartuccia che fa fuori tutto, che straccia la forma canzone e la condisce con ogni ammennicolo sonoro che capiti a tiro, un disco stupendo che rivoluziona anche l’impossibile.

Un mini-pimer che frulla di tutto, rock, folk, sperimentazioni, blues, indie, emo, brit-pop, punk, trip-hop e una straordinaria forma malsana di poetica saturnina che ammalia, convince subito e diventa inno generazionale per una fitta schiera di nerd, sfigati, subalterni, mammoni felici ed insaziabili che fanno ressa tra divani e hamburger alla cipolla e ketchup; dodici tracce che la dicono lunga circa la situazione creativa negli States di quei tempi, uno spirito lunare che arriva come un raggio cosmico mentre la musica non ha ancora ripreso a corroborare nuove stimolazioni, ma da li a poco – con la maestria di questo musicista folle e paonazzo – tutto tornerà a rifiorire, a folgorare. Disco mutante ad ogni passaggio, un mix di allucinati mood e hype al cubo che riecheggiano ovunque e che si acciuffano nel neo-folk che balugina in “Loser”, a mollo negli anni sessanta bevuti “Fuckin With my Head”, nel centro elettronico mistificato in noise “Soul Suckin’ Jerk” se non addirittura nel funk-dance che “Beercan” mette in mostra con quel ritornello fighissimo che sventrò ogni palinsesto radiofonico yankee di allora.

Con la dolcezza storta e indù di “Steal my Body Home” e la mistica di archi e tremore ancient “Blackhole”, Beck chiude una parentesi che ne aprirà tante altre, mette in risalto un disco, uno stendardo e un indice puntato sulla società americana, mette in guardia novizi ed emuli con poche parole e un miliardo di suoni, come a dire: “Occhio i Marziani sono tra voi, salvatevi le chiappe”.

Pietra miliare!
http://youtu.be/R6sdDp5Vgjk

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Pills тыдзень 10 (consigli per gli ascolti)

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“Alla base dell’assunzione delle droghe, di tutte le droghe, anche del tabacco e dell’alcol, c’è da considerare se la vita offre un margine di senso sufficiente per giustificare tutta la fatica che si fa per vivere. Se questo senso non si dà, se non c’è neppure la prospettiva di poterlo reperire, se i giorni si succedono solo per distribuire insensatezza e dosi massicce di insignificanza, allora si va alla ricerca di qualche anestetico capace di renderci insensibili alla vita. Come le Pills….”

Silvio Don Pizzica
Franco Battiato – Fetus   (Ita 1972)   Experimental Rock     4,5/5
L’esordio di Battiato. Il viaggio dell’energia nello spazio, energia che crea la vita, si trasforma, forma il nuovo, si disperde nel cosmo prima di diventare altro, alimentando un circolare eterno ritorno nel quale l’uomo è solo un minuscolo ma fondamentale passaggio, insostituibile come ogni atomo dell’ universo.
Drones – I See Seaweed   (Australia 2013)   Punk Blues, Garage, Psych-Rock   4/5
Se mai i The Drones avevano bisogno di dare conferma del loro valore, questo “I See Seaweed” arriva al momento giusto anche per penetrare i cuori di chi, fino ad ora, ha amato solo la faccia più scontata dell’Australia.

Max Sannella
Chumbawamba  –  Slap!   (UK 1990)   Rock-Pop Dance   3/5
Qui si balla e ci si diverte pensando alla solidarietà e alla società minore, inno contro la Thatcher e abbraccio alle lotte dei minatori della Leeds in fiamme  politiche.
The  Church – Séance   (Australia 1993)  Folk-Rock   4/5
La surrealità  melodica tra Byrds e REM, il narcisismo formato disco provocante e individualista dalla terra dei canguri.
Circle Jerks – Gig   (USA 1992)    Beach Punk    4/5
Il violento impatto sonoro di una esistenza inquieta, insubordinata, la velocità della luce in un disco oltraggioso, divino.

Lorenzo Cetrangolo
Sangue Misto – SxM   (Ita 1994)   Rap   5/5
Pietra miliare del rap italiano. C’è poco da aggiungere.
La Scatola Nera – S/t   (Ita 2012)   Post-Hc, Stoner   3,5/5
Disco d’esordio onesto e diretto, con spunti interessanti, per una band sospesa tra il grottesco e il deserto.
Teka P – A Ramengo   (Ita 2012)  Blues, Funk, Soul   4/5
Band divertita e divertente. Stupisce la capacità di giostrarsi tra leggerezza, ironia, ed una bravura tecnica e compositiva estrema.

Marialuisa Ferraro
Sinfonico Honolulu – Absolutely Live   (Ita 2011)   Pop    5/5
Un’orchestra di ukulele che rivisita i grandi successi del rock dagli anni ’60 ad oggi? Divertenti, ironici, cinetici. In due parole: da ascoltare.
Esperanza Spalding – Radio Music Society    (Usa 2012)    Soul    4/5
Definire soul quanto fa la Spalding è assolutamente riduttivo: r’n’b con inserti jazz, hip hop a tratti blues, pop delicato e femminile, ma anche graffiante ed energico. Molto interessante davvero.

Diana Marinelli
Bonnie Raitt – Slipstream    (Usa 2012)   Blues-Country    4,5/5
Bella voce e splendida chitarra. La musica è donna e in questo caso è di classe.

Ulderico Liberatore
Pussy Galore – Pussy Gold 5000 EP    (Usa 1987)    Noise Rock    4/5
Disco ruvido, rumoroso, registrato male, suonato in maniera spassionata in realtà nasconde l’inizio del rinnovamento dell’estetica rock alla fine degli ’80. Da non perdere.

Riccardo Merolli
David Bowie – The Next Day   (Usa 2013)   Art Rock   4/5
Il Duca Bianco tira fuori un disco bellissimo, una lezione a tutti i giovanotti della musica attuale. La classe non è acqua.

Marco Lavagno
Slash’s Snakepit – Ain’t Life Grand   (Usa 2000)   Hard Rock   5/5
Uno dei migliori dischi hard rock degli ultimi 20 anni a mio avviso. A pensarla come me sono davvero pochi, ma nonostante sia prodotto in uno dei periodi più cupi della vita di Slash la sua chitarra grida positività e si smarca definitivamente dalla voce e dalle superproduzioni di Axl. Rock’n’roll purissimo.
Mumford & Sons – Babel   (UK 2012)    Pop/Folk    4,5/5
Marcus Mumford e soci non scherzano più, il loro primo disco non era un timido abbaglio. Erano solo i primi raggi solari, preludio di un sole che scalda la faccia. Con l’amore per il pop e per quelle terre tanto piovose. Ma la pioggia per questa oretta di buona musica ce la dimentichiamo proprio.

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Altrochesanremo: commentiamo?

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Partita la seconda tornata di iscrizioni per il concorso Altrochesanremo, una formula ideata dalla redazione di Rockambula per permettere alle band emergenti di farsi promozione attraverso la nostra testata online. Le modalità di partecipazione sono molto semplici: si tratta di inviare il file mp3 di un brano che l’artista reputa più rappresentativo della propria produzione. L’unico vincolo imposto dall’organizzazione è che non sono ammesse le cover. Una volta raccolte le adesioni, la redazione pubblica dieci brani in ascolto sul sito e, parallelamente, redige un sondaggio sulla pagina Facebook di Rockambula, a cui tutti possono accedere per votare il migliore. Terminata la votazione viene decretato il brano vincitore a cui la redazione offre un banner di rimando al proprio sito web, una recensione, un’intervista e l’ascolto in streaming del demo, ep o album sulla home page di Rockambula.com. La gratuità dell’iniziativa e la struttura del concorso, che si pone come un’importante vetrina nel panorama indipendente nazionale, soprattutto se teniamo conto del considerevole numero di utenti di tutta la penisola che accedono quotidianamente al sito della webzine o alla pagina Facebook (e tra questi anche discografici, agenzie di booking, colleghi giornalisti), hanno contraddistinto Altrochesanremo come un’occasione ghiotta per gli emergenti e garantito una massiccia adesione alla prima edizione, che si è conclusa la scorsa settimana con la vittoria del cantautore Martino Adriani, i cui brani sono già in ascolto sul nostro sito web. Cosa insolita per un contest, poi, non ci sono state polemiche di sorta: tutte le fasi di selezione si sono svolte con grande serietà e serenità, in uno spirito di spensierata competizione, in cui gli artisti hanno messo in campo le loro abilità “spammatorie” condividendo il sondaggio sulle loro fanpage del social network e invitando più amici possibili a votare. Qualcuno avrà cliccato alla cieca il nome del proprio beniamino, altri invece si saranno incuriositi e avranno ascoltato tutti i  brani in gara, mettendo in azione il motore della promozione a cui puntiamo.

Ok, sono senza dubbio di parte, ma trovo molto bello che una webzine, che spesso viene vista come una macchina sputa-sentenze e assegna giudizi, possa dimostrare con un sistema tanto semplice quanto il suo scopo primario sia in realtà quello di aiutare le piccole realtà musicali che cercano di farsi strada, fornendo loro più visibilità possibile. Per questo vi ricordo che sono aperte le iscrizioni al secondo turno di gara: inviate un brano in formato mp3 con una breve biografia e una foto in allegato a pizzicasilvio@virgilio.it o riccardomerolli@katamail.com o rockambulawebzine@gmail.com.

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Pills নয় সপ্তাহ (consigli per gli ascolti)

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“Avevamo due buste di erba, settantacinque palline di mescalina, cinque fogli di acido superpotente, una saliera mezza piena di cocaina, un’intera galassia multicolore di eccitanti, calmanti, scoppianti, esilaranti. E anche un litro di tequila, un litro di rum, una cassa di birra, mezzo litro di etere puro e due dozzine di fialette di popper e una pila di cd con le Pills di Rockambula. Non che per il viaggio ci servisse tutta quella roba, ma quando ti ritrovi invischiato in una seria raccolta di droghe, la tendenza è di spingerla più in là che puoi.”

Silvio Don Pizzica
California X – California X   (USA 2013)   Alt Rock     3/5
Stile Dinosaur Jr, frastuoni alla Japandroids, canto alla Perry Farrell per un esordio potente come pochi senza troppe novità.
Daughter – If You Leave   (Uk 2013)   Art Pop   3,5/5
Pop leggiadro e delizioso ma senza grandi idee
Plantman – Whispering Trees   (USA 2012)   Alt Pop   3,5/5
Un album pieno di cuore e anima e tanta altra roba, forse troppa. Momenti di perfezione sonora si alternano a pause poco ispirate e alla lunga, quindici pezzi possono anche stancare.

Riccardo Merolli
The Cure – Disintegration   (Uk 1989)   New Wave, Dark, Post Rock   5/5
L’opera prima della New Wave moderna, un disco da ascoltare almeno cento volte nella vita. Grandissimo.

Alessandro Maiani
Dave Mattews Band – Under The Table And Dreaming    (USA 1994)    Rock   4,5/5
 Questo album continua a sorprendermi: quasi vent’anni che non si sentono né nella sonorità né tantomeno nel songwriting. Da ascoltare in viaggio, in auto, in treno o anche passeggiando.

Marco Lavagno
American Hi-Fi – S/t    (USA 2001)    Punk Rock    3/5
Sapore incredibilmente americano. Facile sveltina tra il punk più collegiale e il pop da classifica, non manca l’hard rock spudoratamente radiofonico (Def Leppard, Cheap Trick). Non di certo memorabile, ma buon compagno di viaggio nell’autoradio.
Glasvegas – S/t    (SCO 2008)    Alt Rock    4/5
Uno splendido gioco di luci e ombre. Sagome che si muovono lente e lontane. Visivo e poetico.

Marialuisa Ferraro
Liars – They Drew us All in a Trench And Stuck a Monumer on Top    (USA 2002)   Rock   3,5/5
Rock con un accenno della commistione elettro-dance che caratterizzerà i lavori successivi della band. Un sound potente, in cui grida e distorsioni sono ammorbidito da ondeggiamenti funky.
Mono – Manifestation Ep   (JAP 2011)   Strumentale   4,5/5
Musica strumentale e d’atmosfera, in cui è predominante l’influsso delle avanguardie classiche novecentesche, del cool jazz, e dello studio compositivo per le colonne sonore cinematografiche. Da scoprire.

Diana Marinelli
Os Argonautas – Navegar è Preciso    (ITA 2012)   Cantautorato-Acustico    4/5
Una sonorità raffinata, quella del quintetto barese, tra musiche d’autore che spaziano tra influenze brasiliano-portoghesi. Suoni magici che raccontano un viaggio e se la vita è come il mare l’importante non è vivere ma navigare.

Ulderico Liberatore
Jon Spencer Blues Explosion – Orange EP    (USA 1994)    Punk Blues    4,5/5
Tra riff blues e grezze distorsioni, una chitarra da 12$ per uno dei dischi più esplosivi e originali dei ’90.

Lorenzo Cetrangolo
All Saints – Saints & Sinners    (UK 1999)    Pop    3,5/5
“Pure Shores” va conosciuta. “Black coffee” suona bene. “Surrender”, “All Hooked Up” (“I know that you want a piece of my ass”) e “Ha Ha” raccolgono tutto l’R’n’B che le Spice hanno lasciato indietro. Produce Orbit, già dietro a “13” dei Blur.
Richard Cheese – Lounge Against The Machine    (USA 2000)    Swing, Blues, Lounge    3/5
Una carrellata di hit rivisitate in chiave swing/blues (con canzoni di Radiohead, Nine Inch Nails, Beastie Boys, Offspring, Limp Bizkit, RHCP…). Un sereno divertissement.
Scala & Kolacny Brothers – Scala & Kolacny Brothers    (USA 2011)    Pop, Corale    1/5
La formula: prendere canzoni di successo (metallica, Oasis, Depeche Mode, Kings Of Leon, Nirvana…), insegnarle ad un coro, suonarle con l’accompagnamento di un pianoforte (e archi, all’occorrenza). La domanda: perché?

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Sono tutti Dj! (?)

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Se non sapete chi è Sasha Grey probabilmente siete o troppo giovani (non è già più in attività la novella suorina) o donne. Nel secondo caso siete donne che non hanno a che fare con cultori del genere come la sottoscritta: Sasha Grey, per rendervi l’idea, è del 1988 e a 17 anni ha vinto due Adult Video News Award. Mica cazzi. Cioè, in realtà sì, senza dubbio. E manco pochi.
Visto che la settimana è iniziata proprio con la notizia del Dj set dell’ex pornostar, e considerato soprattutto che ve la siete letta più dell’annuncio della data ravennate dei Beach Fossil, maialini, ci avete dato spunto per parlare di un fenomeno dilagante e impietoso come la peste manzoniana: il Dj set improvvisato un po’ da chiunque. Modelli, attori e aborti dei reality vari appestavano le discoteche più o meno commerciali già dalla fine degli anni ’90, con una crescita esponenziale in corrispondenza della fine delle trasmissioni televisive e delle aperture estive dei locali. E okay. Quanto meno non facevano null’altro che apparire, girare per il locale, firmare autografi e, se ben pagati, improvvisare uno strip o sparare due cagate nel microfono per poi levarsi dalle palle. Qui invece stiamo parlando di gente che si mette alla consolle, inforca le cuffie, seleziona brani, operando, cioè, una vera e propria scelta artistica. Il tutto senza averne la benché minima competenza, anzi: l’essere perfettamente estranei al mondo musicale sembra essere l’unica prerogativa per poter accedere a questo nuovo tipo di intrattenimento volto solo all’arrotondamento di qualche già milionario stipendio. Come sempre, la moda viene importata dall’estero dove già si sono fatti notare Paris Hilton, Will Smith, Heidi Klum, la modella Agyness Deyn, Elijah Wood e Jade Jagger, che, insomma, a parte essere figlia d’arte, dovrebbe fare la designer di gioielli, non certo la musicista. Da noi non sono rari i tronisti che si cimentano a fare i selector di dubbio gusto e dubbie capacità. La Grey, poi, ha un antecedente illustre visto che Eva Henger ha già militato come Dj a Sanremo e Vercelli. Dilaga oltretutto un certo dilettantismo anche tra la gente comune: quante persone conoscete che il fine settimana fanno il resident Dj in qualche piccolo locale della vostra città, magari solo con un pc e Windows Media Player impostato su playlist fatte a casa, con mp3 scaricati dal web e neanche remixati? Io un sacco. Il fenomeno non mi sembra così marginale e neanche così innocente, soprattutto se teniamo conto che in ambito musicale il Dj già gode di una bassissima considerazione da parte dei colleghi musicisti, di quelli che indossano gli strumenti e per un live di un’ora e mezza perdono almeno quattro ore per allestire e fare il soundcheck, magari dopo aver macinato chilometri per arrivare in un locale scrauso dove se va bene ti danno un piatto di pasta e un rimborso spese. Sottolineare che cani e porci, modelle, tronisti e attori, dilettanti allo sbaraglio che manco alla Corrida di Corrado, possano fare i Dj, non restituisce certo dignità al ruolo.

A questo punto non rimane che farsi due domande sull’esibizione della Grey – a parte quelle sul suo abbigliamento: 1. il proverbiale “Su le mani” verrà pronunciato? E, se sì, come incitazione al ballo o come rimprovero agli astanti onanisti? 2. La metterà la ormai celeberrima colonna sonora di 2Girls1cup?
Ai posteri la sentenza, intanto preparatevi a correre inseguiti dai Dj amatoriali come la Brownstein e Armisen in Portlandia, la serie Tv Americana più cazzona e irriverente che si potesse concepire, di cui trovate uno spezzone qui:

 

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“Diamanti Vintage” Marlene Kuntz – Catartica

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Fu il salto di qualità dell’underground italiano, un fulmine nella lunga notte esasperata dell’indie, il punto di fusione massima tra grazia e strafottenza elettrica, e pensare che i Marlene Kuntz nessuno se li filava, un classico mescolone di frizzi alla Sonic Youth e nervosi lazzi Einsturzende Neubauten buoni ma fuori tempo, e Catartica fu accolto da debutto come tanti lungo gli anni Novanta, ma fu una mina ad esplosione ritardata, e quando saltò in aria fu – e rimane –  testo rock per tutte le formazioni imbizzarrite che vennero dietro.
Prodotto dal Consorzio Produttori Indipendenti e con la benedizione di Maroccolo e Giovanni Lindo Ferretti, il disco della band di Cuneo fece impazzire i cultori del nuovo rock, della violenza dolce che la formazione modificò e plasmò in una tracklist che è tutt’ora “sacra scrittura”; chitarre al fulmicotone, liriche amarissime, una ritmica a schiaffo/carezza e quella voce serafica e gonfia nel contempo che Godano domava come in un rapporto sessuale, furono queste le alchimie soniche che il quartetto si trascinava dietro, a “spingere” una strepitosa eloquenza distorta con sempre un sole malato a fare da lampadario sopra.
Un disco dove non si butta via nulla, ogni brano – dei quattordici programmati – è sempre più bello di quello che viene prima, una forza di penna e fioretto che taglia e ricuce, e quegli anni Novanta nostrani ne rimasero sconvolti e dannatamente affascinati tanto che definirono il registrato la continuità filologica della parte muscolosa del respiro d’amore; un qualcosa di mistico si muove ovunque, pressioni di maestà e passione sanguigna si ritrovano tra il tellurico di “Festa Mesta”, “Sonica”, nel galleggiamento metafisico “Nuotando Nell’Aria”, “Lieve”, “Gioia (Che mi do)”, nei flussi deliranti di “Mala Mela”, “Non ti Scorgo Più” come nella disillusione umana “Merry  X-Mas”. I Marlene colpiscono a dovere emozioni e profondità recondite, lasciano già al primo vagito discografico il disegno graffiato di un modo di fare rock che fece vittime e ferite nei cuori.

Mai esordio fu  più “grande”, Catartica anche in questi frangenti, è la bocca storta e l’autunno che ognuno vorrebbe rivivere a loop.

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Pills Astea Zortzi (consigli per gli ascolti)

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“Tutti abbiamo udito la donnetta che dice: “oh, è terribile quel che fanno questi giovani a se stessi, secondo me la droga è una cosa tremenda.” poi tu la guardi, la donna che parla in questo modo: è senza occhi, senza denti, senza cervello, senz’anima, senza culo, né bocca, né calore umano, né spirito, niente, solo un bastone, e ti chiedi come avran fatto a ridurla in quello stato i tè con i pasticcini e la chiesa.”  C.B.

Silvio Don Pizzica
Simone Agostini – Green   (Ita 2008)   Guitar Solo   4/5
Un disco strumentale che piacerà anche a chi ama la musica rock. Non vi annoierà perché dentro troverete tanti stili diversi, incastonati con cura in un solo lungo filo d’erba. Dal Folk al Pop, dal Country alla World Music.
Arbouretum –Coming Out The Fog   (Usa 2013)   Stoner, Psych Rock   3/5
Coming Out Of The Fog è una buonissima risposta a chi aveva dato gli Arbouretum finiti dopo “The Gathering”, ma è ancora troppo poco.

Max Sannella
The Charlatans – The Autumn Demos   (UK 1969)   Pop-wave   3/5
La maturità e gli accenti pop contrapposti a nuovi spiriti acid house e Stone Roses, Happy Mondays.
The Chemical Brothers – Loops Of Fury   (UK 1996)   Elettro-dance    5/5
L’apertura verso nuove frontiere elettroniche, visioni e stimoli verso la psichedelica selvaggia.
Vic Chesnutt – Little   (USA 1989)   Cantautorato    4/5
L’esordio significativo di un songwriter che lascerà tracce  indelebili tra le pagine bianche dell’American Torch Thing.

Lorenzo Cetrangolo
Daniele Luttazzi – Money For Dope   (Ita 2005)  Pop, Jazz    4/5
Luttazzi si conferma genio con questo disco “satirico” in senso lato, costruito con maestria, suonato splendidamente.
Linkin Park – Living things   (Usa 2012)   Electro,Rock   2/5
Da fan posso dire che mi hanno molto deluso. Trasformarsi (A thousand suns) è sacrosanto, appiattirsi è da vigliacchi.
Warpaint – The Fool   (Usa 2010)  Alternative Rock, Dream Pop   3,5/5
Atmosfere scure, dense, umide. Un rock psichico e femminile per la girl-band losangelina.

Marco Lavagno
Stereophonics – Graffiti on The Train   (Gal, 2013)  Pop Rock   3,5/5
Disco ben apparecchiato: meno riff e più ballate dilatate. Quando la band cerca nuove soluzioni (a volte stridenti) la voce di Kelly rimette tutto in carreggiata e si dimostra ancora una volta una delle migliori ugole della canzone popolare inglese.
Statuto – E’ Tornato Garibaldi   (Italia, 1993)  Ska   4/5
Disco che purtroppo presenta tematiche incredibilmente attuali a venti anni di distanza. Ma com’erano belle e sane queste canzoni di protesta? Farcite di calore solare, humor e arricchite da una spregiudicata voglia di ballare.

Marialuisa Ferraro
Pearl Jam – Vs    (Usa 1993)   Grunge 5/5
Per me in assoluto l’album perfetto. Un mix di cattiveria, velocità e dolcezza, il tutto registrato con quella patina calorosa dal sapore ’90s difficile da ritrovare nei dischi perfettini di oggi.
Mambassa – Mi Manca Chiunque   (Ita 2002)   Pop Rock    4/5
Una band rimasta nel cuore, una carrellata di storie d’invenzione ma attuali e concrete, arrangiamenti eleganti di un alternative nostrano di grande qualità.

Francesco Ficurilli
Fluxus – Pura Lana Vergine    (Ita 1998)   Noise Rock, Hardcore Punk    5/5
Non ce n’è per nessuno, Franz Goria e soci tirano fuori il coniglio dal cilindro e stop. Fra immagini crude e scenari pasoliniani una mazzata che sfonda gli scudi di plexiglas.
Faith no More – Angel Dust (Usa 1992)   Alternative Metal, Funk Metal   4/5
Ovunque e comunque le idee di Mike Patton pesano come macigni. Soprattutto nelle orecchie di chi le ascolta.

Diana Marinelli
Apocalyptica – Cult   (Fin 2000)   Symphonic Meta,  Rock Strumentale   4/5
Quattro violoncellisti (belli da vedere e da sentire) che attraverso la tecnica classica ripropongono un repertorio assolutamente metal. Interessanti tutti gli album, specialmente i live.
Shago – Domani Sarà    (Ita 2012)  Pop- Rock  3,5/5
Sette piacevoli brani proposti dal giovane cantate pugliese Roberto Valenza, in arte Shago, la cui voce ricorda Alex Baroni.
 

Vittorio Massa
Labradors – Growing Back   (Ita 2013)   Power Pop, Indie  3,5/5
Super energico. Super Power Pop. Un disco che uscendo ha anticipato l’estate in Marzo.
Il Teatro degli Orrori – Dell’Impero Delle Tenebre   (Ita 2007)   Post Rock, Noise Rock  5/5
In Italia non c’era bisogno d’altro che un bel calcio nel culo alla scena alternativa che ancora si trascinava dietro gli anni 90. Disco di debutto della rock band numero uno del momento.
Fabrizio De Andrè – Anime Salve   (Ita 1996)   Musica d’Autore   6/5
Ironico come un disco il cui tema centrale è quello della solitudine abbia bisogno di esser scritto a due mani. (con Ivano Fossati per chi non conoscesse tutto di questo capolavoro letterario e musicale)

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L’Industria Musicale Internazionale in Numeri.

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Visto che ormai siamo rimasti vivi anche dopo la profezia Maya, non è male guardarsi alle spalle e capire che cosa sia successo nel 2012 all’interno del mondo musicale in crisi. Insomma parliamo di numeri, vendite e nomi.
Non possiamo dunque non ricordare Adele, che non contenta del suo successo planetario con l’album 21 (8.3 milioni di copie vendute nel 2012 e 18.1 nel 2011) fa fuori anche nel 2013 la concorrenza vincendo il premio come Best Original Song ai Golden Globes con “Skyfall”. Scendendo di classe ed età, non si può non ricordare il fenomeno Carly Rae Jepsen con la sua fastidiosa “Call Me Maybe”, che piazzandosi al primo posto dei singoli più venduti del 2012 (12.5 milioni di copie) ci ha distrutto le orecchie per un bel po’ di mesi, olimpiadi comprese. Per fortuna che nelle classifiche c’è spazio anche per le canzoni non proprio pop, e infatti, sorprendendo anche i più scettici, “Somebody That I Used to Know” di Kimbra & Gotye raggiunge un meritatissimo secondo posto con 11.8 milioni di copie vendute. A concludere il podio e confermare il rigetto per la musica di una certa raffinatezza, ci pensa il coreano PSY con “Gangnam Style”, che nel 2012 ha venduto “solo” (si fa per dire) 9.7 milioni di copie del suo estenuante tormentone musicale.
Per dare un po’ di senso a questi numeri, il report annuale della Federazione Internazionale dell’Industria Fonograafica (IFPI) fotografa il 2012 come un anno in salita, stimando un guadagno per l’industria musicale di 5.6 bilioni di dollari, pari al 9% in più rispetto al 2011(5.2 bilioni) e sottolineando come le vendite digitali ormai abbiano preso il sopravvento, raggiungendo più del 50% delle vendite totali in Norvegia, Svezia e U.S.A.

Per concludere dunque, sembra che l’industria musicale stia pian piano riuscendo a far fronte alla pirateria (era ora che si svegliassero!), ma che la gente disposta a pagare per utilizzare formati musicali digitali, sia prevalentemente interessata a fenomeni musicali frivoli e poco impegnati. Basti pensare a Taylor Swift e ai One Direction, oppure ai singoli sopra citati “Gangnam Style” e “Call Me Maybe” e ciò non mi sorprende. Quello che però dovrebbe far riflettere, è che i singoli più venduti siano anche quelli che si rivolgono al target d’audience più critico per la pirateria: i giovanissimi teenager. Sono loro infatti i soggetti più all’avanguardia nell’utilizzo delle nuove tecnologie (smartphone, tablet, app, …), ma anche quelli che più abbracciano la filosofia del “download facile”. Se la linea promozionale dell’industria musicale in questo 2013 seguirà la retta via verso l’innovazione, distaccandosi ancor più dai media tradizionali e dal concetto di “proprietà privata”, per abbracciare invece il concetto di “proprietà collettiva” di internet e dei suoi servizi, credo proprio che combatterà ad armi pari la battaglia contro la pirateria.
Staremo dunque a vedere cosa succederà, e io mi auguro vivamente che i nuovi servizi di streaming come Spotify o il vecchio Last.fm riescano finalmente ad essere un buon compromesso tra le esigenze di artisti e consumatori, diventando un modo alternativo per non rubare, ma nemmeno regalare.

Fonte: Digital Music Report 2013 by IFPI

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