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Pills خمسة أسابيع (consigli per gli ascolti)

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Pastiglie per viaggiare, per dormire, per mangiare, per sognare, per il bene, per il male
… Pastiglie…Pastiglie…
Autechre, Matmos, Echo & The Bunnymen, Eels, Perturbazione, Pearl Jam, Blastema, Julia Holter, Guillemots, Impossibili, Lagwagon, Neutral Milk Hotel, Club Dogo…e tanta altra roba. Scegliete voi. Di che colore volete la vostra pillola?

Silvio Don Pizzica
Autechre – Exai   (Uk 2013)   IDM   3,5/5
Ritorno in grande stile per i padri della Intelligent Dance Music, a tre anni dall’ultimo lavoro e a venti anni dal capolavoro Incunabula. La classe non sparisce col tempo.
Matmos – The Marriage Of True Minds   (USA 2013)   Experimental IDM, Glitch   3,5/5
Leggenda narra che in un vecchio album il duo statunitense si fosse messo a registrare e rielaborare il suono di alcune lumache calpestate. Quale che sia la realtà, loro sono senza dubbio i più strani cacciatori di suoni del pianeta. Che sia il gocciolare della pioggia, o il rumore di una vecchia caldaia, tutto può diventare musica.
Violassenzio – Nel Dominio    (ITA 2012)   Alternative Pop/Rock   3,5/5
Non è un semplice insieme di canzoni. NelDominio dei Violassenzio è un disco Pop/Rock con un’anima, quel tipo di dischi che raramente ti capita di ascoltare. Quel tipo di Pop gradevole da udire ma capace di far scorrere e fluire il pensiero.

Max Sannella
Ian Dury – Do It Yourself   (UK 1979)   Punk    5/5
Il piccolo eroe della stagione punk inglese e il disco delle reinvenzioni.
Echo & The Bunnymen – Heaven Up Here – (UK 1981)   Alt/Rock  4/5
L’elettrorock screziato di psichedelia, dopo i Beatles la Liverpool gode di nuovo di una parentesi di notorietà.
Eels – Beautiful Freak   (USA 1996)   Folk-Elettrorock   5/5
La stravaganza incontenibile di Everett e soci, tra malinconia e droghe libere.

Lorenzo Cetrangolo
Perturbazione – Del Nostro Tempo Rubato   (ITA 2010)  Pop,Rrock   4,5/5
Sesto disco, dalle mille sfaccettature, per la band torinese, che si conferma come punta di diamante del pop di casa nostra.
Yawning Man – Rock formations   (USA 2005)   Desert Rock   4/5
Pilastri della scena Palm Desert, un album strumentale che difficilmente dimenticherete.
Ozric Tentacles – Eternal Wheel (the best of)   (UK 2004)   Psichedelica, Progressive   3.5/5
Una delle band più folli e coerenti del progressive inglese. Dal 1983 fanno tour e vendono dischi senza avere una major alle spalle. Colorati e new age.

Marco Lavagno
Pearl Jam – Yield   (USA 1998)   Rock   4,5/5
Musica che naviga nell’oceano e dall’oceano assimila calma, libertà e forza. Vedder e soci compiono la loro “evoluzione” in un disco perfettamente equilibrato, abbandonano a malincuore la mamma grunge per diventare con grande naturalezza la più grande rock band del presente.
Blastema – Pensieri Illuminati   (ITA 2010) Rock  3,5/5
Li abbiamo sentiti a Sanremo, ma già dal loro esordio discografico dimostrano di saper sprigionare la potenza degli anni 90 senza suonare scomodamente retrò.
Buckcherry – Buckcherry   (USA 1999)   Hard Rock   5/5
Strafottente, ignorante, alcolico, ruffiano, eccessivo e spaventosamente californiano. Il rock’n’roll del 2000 suona così, come uno sputo in faccia a tutti.

Marialuisa Ferraro
Julia Holter – Tragedy   (USA 2013)   Avanguardia   4/5
Indie, elettronica, composizione moderna e sperimentale di matrice colta per un sound etereo, impalpabile che oscilla al cupo. La voce viene usata come mero strumento e si sentono echi atonali alla Schoenberg.
Guillemots – Hello Land    (UK 2012)   Indie   4,5/5
Band multinazionale con influenze diverse, dallo ska all’elettronica, dal surf alle ballate pop rock. Grande sperimentazione fonica e strutturale che rompe la forma convenzionale della canzone. Da osservare con attenzione.

Ida Diana Marinelli
Kiko Loureiro – No Gravity   (BRA 2005)  Progressive metal    4,5/5
Tredici tracce contemporanee e mirabolanti per il debutto solistico del chitarrista brasiliano.
Donatello D’Attoma – Logos   (ITA 2010)   Contemporary Jazz   3,5/5
Un bellissimo album e dei live sofisticati per gli amanti del jazz e per coloro che vorrebbero sperimentarlo per la prima volta.

Ulderico Liberatore
Gli Impossibili – Impossimania Ep   (ITA 1998) Punk Rock   3/5
Un po’ di spazio alle vecchi glorie del panorama tardo punk italiano.
Quando i testi e la musica da garage ti danno la carica e l’adrenalina per spaccare tuttoooooo!!!!!

Riccardo Merolli
Lagwagon – Double Plaidinum   (USA 1997)   Melodic Hardcore   4/5
Ironia della sorte, escono quasi tutti i membri originali e viene fuori un grande disco. Melodico e molto malinconico. Un punk molto strano, alieno appunto.

Vittorio Massa
Neutral Milk Hotel – In the Aeroplane over the Sea   (USA 1998) Indie Rock   3,5/5
Malinconiche schitarrate acustiche, cornamuse frizzanti e linee melodiche che ricordano i R.E.M.
Di facile ascolto e ricco di spunti interessanti.
Club Dogo – Noi siamo il Club   (ITA 2012)   Hip Hop, House   1/5
Ben lontani dal flow e dalle tematiche dei primi album. Un concept su come essere zarri a Milano.
Sean Lennon – Friendly Fire   (UK 2006)  Pop rock, Alternative Rock   5/5
Un figlio d’arte di tutto punto. Atmosfere lennoniane rivisitate e per nulla scontate.

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“Diamanti Vintage” Inti Illimani – Viva Chile!

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O bene o male tra i solchi di questo disco, una parte della nostra giovinezza strapiena d’inni, eroi, miti, credo e tutto quello che poteva fare “essere di sinistra”  ci ha lasciato cuore e fegato; gli Inti Illimani facevano parte della nostra vita quotidiana, non si poteva fare una riunione militante, avere un pensiero pesante o ritrovarsi con gli amici dentro uno scantinato a bere vino, fumare canne e adulare il Sol dell’Avvenir senza che questo Viva Chile! non strombazzasse a tutto volume il suo animo focoso, ribelle, e pure romantico, con quel candore  Guevariano intriso dentro.
Esiliati in Italia dopo il golpe di Pinochet in Cile nel 73, il gruppo – cileno anch’esso – si stabilì come sede ideologica da parte di tanta sinistra organizzata su barricate, fuochi accesi e manifestazioni parada da guerriglia urbana, ma le loro canzoni erano di tutto altro tipo, erano canzoni della loro tradizione andina, popolare e contadina; ritmi bellissimi che facevano ballare al soffio di flauti di pan, bombi, chitarrone a battente, e ai mille colori che la loro stupenda terra, in quel momento insanguinata dalla dittatura, proiettava come arcobaleni verso il mondo intero.
Presi come vessillo sonante della lotta per la libertà, gli Inti Illimani di Horacio Salinas, vanno a godere di una popolarità straordinaria, si ritrovano a suonare ovunque – dalle feste dell’Unita alle balere di provincia – e alcuni dei loro pezzi, come “Alturas”, va a siglare centinaia e centinaia di programmi televisivi; canzoni che quasi tutti imparammo a memoria, come lo slogan che si urlava ad ogni corteo “El pueblo unido jamas serà vencido” o il romanticismo battagliero di “Venceremos”, che andava a riempire i cuori tremebondi di quelli che allora si definivano “compagni”.
In questo disco ci sono alcune delle più belle canzoni che il combo cileno abbia mai scritto, basta citare “Hacia la libertad”, “Cantos a los caidos”, la già citata “Alturas”, “Simon Bolivar”, “Fiesta de San Benito” e “Cancion del Poder Popular”, e tutto questo accadeva tra il 73 e il 75 dello scorso secolo, in quel frangente di tempo dove ancora credere ad un socialismo reale era possibile. Ora ascoltare questi dischi, e precisamente questo, da un senso di gioia e smarrimento, tristezza e commozione per un  tempo che non tornerà più, ma anche un coraggio che ci stringe il cuore per essere tra i fortunati ad averlo percorso e poterlo raccontare.

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Pills Katër Javë (consigli per gli ascolti)

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Siamo alla quarta settimana di pillole e sembrano cominciare a farsi avanti i primi sintomi di miglioramento. Questa volta le nostre Pills vi faranno godere e incazzare. Dall’ultimo dei My Bloody Valentine che non ha entusiasmato il nostro Silvio, al punteggio pieno per i White Stripes. Una settimana piena di grandi nomi: Twisted Sister, Robbie Williams, Fabri Fibra, Johnny Cash, Ministr, Yo La Tengo, The Raveneonettes, Pink Floyd, Velvet Underground, Afterhours, Baustelle, Elliott Smith, Ivan Graziani….

Silvio Don Pizzica
Sin Fang – Flowers   (ISL 2013)   Indietronic, Chamber Pop   3/5
Secondo lavoro per la band islandese che miscela le atmosfere tipiche della loro terra (resa famosa da Bjork, Sigu Ros e Mùm) con l’elettronica, le melodie Pop e le note da camera. Come per l’esordio splendidi brani si alternano a pezzi pallidi. Il talento c’è ma si vede a sprazzi.
Darkstar – New From Nowhere   (UK 2013)   Ambient Pop, Electro Pop   3/5
Atmosfere languide ed eteree e momenti di gioia pura. Pop che si mescola all’elettronica e in alcuni frangenti (Amplified Ease) ricorda gli Animal Collective di In the Flowers o Summertime Clothes ma con meno potenza. Una miscela colorata che pecca solo nelle melodie, non sempre originali e indovinate.
My Bloody Valentine – m b v    (IRL 2013)   Shoegaze   3,5/5
I maestri indiscussi del genere tornano ventidue anni dopo Loveless con un lavoro tanto incantevole quanto inutile. La squisitezza del superfluo.

Max Sannella
Twisted Sister – Stay Hungry   (USA 1984)   Shock Rock   4/5
La provocazione estrema della Big Apple marcia
The White Stripes – Elephant   (USA 2003)   Rock-blues   5/5
L’intelligenza sonora del nuovo millennio e le intricate roots del passato
Stevie Ray Vaughan – In Step   (USA 1989)   Rock blues   5/5
Ogni parola o commento è superfluo. Bibbia!

Lorenzo Cetrangolo
Robbie Williams – I’ve Been Expecting You    (UK 1998)   Britpop    4,5/5
L’album che fece dell’ex Take That una nuova stella del pop internazionale.
NiCE – Nuova Babele    (ITA 2012)   Math Rock, Indie Rock   4/5
Esordio del trio brianzolo. Una bomba sporca, confusa, devastante.
Fabri Fibra – Quorum   (ITA 2010)   Hip Hop   4/5
Il rapper di Senigallia confonde le acque con questo mixtape in free download che anticipò l’uscita di Controcultura. Alcuni brani rimangono in testa come pochi (vedi il feat. con Dargen D’Amico).

Marco Lavagno
Johnny Cash – Unchained   (USA 1996)   Country   4/5
Una perla di intensità rara. Accecati dalla luce sporca ma naturale ci dimentichiamo quasi che dietro Cash ci sono Tom Petty and The Heartbreakers. Siamo dentro un grande viaggio americano, seppur fermi a guardare il tempo che passa.
Ministri – Tempi Bui   (ITA 2009)   Rock   3/5
Sono passati 4 anni, ma i tempi bui non sono passati per nulla. Raffica di critiche poco costruttive e luoghi comuni ci consegnano un disco simbolo di moderna decadenza.

Marialuisa Ferraro
Yo la tengo – Fade   (USA 2013)   Alternative Rock   4/5
Più di tutto colpiscono gli arrangiamenti, vari, sempre azzeccati. Atmosfere molto delicate e un certo sapore cantautorale completano il tutto.
The Raveneonettes – Observator   (DK 2012)   Indie   3/5
Non è certo il disco della vita, non esalta, non dà pulsioni cinetiche né regala chissà che momenti di intima riflessione, ma è molto molto piacevole.

Ida Diana Marinelli
Pink Floyd – The Wall    (UK 1979)   Rock Progressivo    5/5
Rock e musica orchestrale. La storia dell’umanità e di ogni singolo su questa terra. Un’opera completa, rimasterizzata mille volte (l’ultima l’anno scorso con l’aggiunta di un terzo cd succulento) e uno spettacolo che toccherà l’Italia per due volte.
JoyCut – Ghost Trees Where To Disappear   (ITA 2012)   Indie, Dark, New-Wave    3,5/5
La grande depressione sociale, il declino, il freddo e il futuro. Narrazioni musicali che si fanno portatrici di significati importanti nel valorizzare ogni singolo gesto dell’uomo per salvare la signora Terra.

Ulderico Liberatore
Velvet Underground – The Velvet Underground & Nico    (USA 1967)   Proto-Punk    5/5
La banana sulla copertina la diceva lunga in quel periodo. Stravolgente.
Brian Eno commentò dopo qualche anno dall’uscita dell’album:<<Soltanto cento persone acquistarono il primo disco dei Velvet Underground, ma ciascuno di quei cento oggi o è un critico musicale o è un musicista rock>>

Riccardo Merolli
Afterhours – Hai Paura del buio?   (ITA 1997)   Alt Rock   4,5/5
Uno dei dischi rock di maggior spessore in Italia, nonostante l’atteggiamento schizzinoso che gli gira attorno.

Vittorio Massa
Baustelle – Fantasma   (ITA 2013)   Musica d’autore, Pop   5/5
Concept album dedicato al tema del tempo. Incentrato su arrangiamenti orchestrali e liriche raffinate.
Elliott Smith – From a Basement on the Hill    (USA 2004)   Indie Rock   4/5
Alterna lo stile dei primi lavori acustici, scarni e tormentati all’ultimo con forti influenze beatlesiane.
Ivan Graziani – Agnese dolce Agnese   (ITA 1979)  Rock   4/5
Per far ricredere chi pensa che il rock in Italia l’abbia fatto solo Vasco.

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“Diamanti Vintage” Fluxus – Vita In Un Pacifico Mondo Nuovo

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Gli anni pirotecnici dei Novanta tricolori, senza dubbio alcuno non erano di meno delle nuove avvisaglie guerrigliere che in buona parte del mondo sparavano watt e urlavano contro; la nostra scena era un pullulare di nuove formazioni e altrettante esigenze espressive che quasi non si sapeva più dove metterle o ascoltarle.
Piccole storie e nuove band scoppiavano ogni minuto, delusioni e grandi approssimazioni fluivano incessantemente,  ma ci sono state delle eccezioni ferree, come l’esordio di una band poco considerata ma di immenso pathos, parliamo dei Fluxus che, dalle chimere dei Negazione, riprendono in mano il loro mondo oscuro fatto di metal, noise e staffilate hardcore punk e “Vita in un pacifico mondo nuovo”  – nove siluri sonori – è il loro debutto, la loro opera prima che tra testi e concetti muriatrici, li porta immediatamente – nel collettivo immaginario – ad essere paragonati alla versione italiana dei RATM o addirittura dei Dead Kennedys.
Franz Goria alla voce, Adriano  Cresto e Simone Cinotto alle chitarre, Luca Pastore al basso e Roberto Rabellino alle pelli, favorivano un suono arrembante, aggressivo e credibilmente “anti”, un tornado di giugulari infiammate e riff canaglia che scossero il pensiero alternativo di casa nostra al pari di un terremoto inaspettato, diabolicamente “main”. Un album questo dei torinesi che purtroppo è rimasto per sempre incastonato – come del resto la formazione – in un limbo seminascosto per nulla rassicurante – dietro quelle facciate chiamate “nicchie” in cui non si poteva andare più in la del semplice ascolto “carbonaro”, praticamente la discografia “altra” era più rivolta a certe schizofrenie commerciali che a questi immensi patrimoni elettrici di vera cultura underground.
Suono spesso, angolare e buio, cantato rigorosamente in italiano, violenza amplificata a mille, queste le attitudini della band, virtù senza difetti che rimbalzano nella tracklist come schegge funeste e understatemen, tra le tante a caso l’heavy metal coi cambi tempo incontrollati di “Vedo”, “Sabbia”, il basso che , in mid-tempo, istiga alla corsa la stupenda “Pelle”, il noise truculento e metallurgico contro la politica padronale della Fiat “7/8” o l’inciso iniziale di “O.C.” che prevede un cantilenare di una vecchietta prima della deflagrazione hardcore  che scombussola coni, woofer e trombe di Eustachio.
Seguiranno altri due album basilare per la storia dei Fluxus, Non Esistere del 1996 e lo straordinario Pura Lana Vergine del 1998, ma siamo sempre lì, tra il lusco ed il brusco senza mai – da parte del pubblico – elevare la band come invece si sarebbe dovuta elevare.
Immensa energia alternativa buttata alle ortiche.

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Pills Week Drie (consigli per gli ascolti)

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Questa terza settimana, il nostro staff ha ascoltato senza troppo entusiasmo, il nuovo lavoro dei Bachi Da Pietra e l’album d’esordio di Mario Diaz, frontman degli Aslándticos. Ma si è rifatto le orecchie con capolavori moderni e passati. Hex, Moment Of Forever, Heroes, La macarena su Roma, Ulteriormente, Sgt. Pepper’s Lonely Hearts Club Band, Rock Waves, Finally We Are No One, Dirty. Pillole multicolori per ogni vostra malattia.

Silvio Don Pizzica
Bachi Da Pietra – Quintale   (ITA 2013)   Alt Rock   2,5/5
Al sesto album, i bachi sono ormai una realtà affermata e, per tanti, uno dei migliori gruppi italiani partorito dagli anni zero. Non so che problema ho, ma non era scoccato l’amore col primo lavoro, Tornare Sulla Terra, e non è scoppiato ora. Se non avete gradito quanto già fatto non gradirete neanche Quintale.
Bark Psychosis – Hex   (UK 1994)   Post Rock   4,5/5
Tutto quello che trovate dentro Hex è la definizione esatta di cosa è il Post-Rock. Tutto il resto è altro. Voce, batteria e chitarre a metà tra lo Slowcore di Low, Galaxie 500 o Codeine e Dream Pop e Shoegaze di stampo Slowdive, inserti elettronici ambient e tastiere modern classical. Il tutto impreziosito da pause, silenzi e dilatazioni delle code sonore mai ascoltate prima.
16 Horsepower   (USA 2000)   Ghotic Country   4,5/5
Una miscela perfetta di Country vecchio stile, sprazzi di carica pura, brezze elettriche, corde taglienti, ballate e mantra e parole impenetrabili e monacali. Forse non proprio l’album più semplice per la band nata tanti ma non troppi anni fa nella città degli angeli.

Vincenzo Scillia
Willie Nelson – Moment Of Forever    (USA 2008)   Country   5/5
Riascoltare Willie Nelson, guru, pilastro, caposaldo ed icona del Country è sempre un immenso piacere. Ogni volta che si sentono canzoni come “The Bob Song”, “I’m Alive” e “Gotta Serve Somebody”, l’ emozione è sempre tanta. L’ apice comunque, almeno per il sottoscritto è l’ immensa “Gravedigger”.
The Outlaws – Diablo Canyon   (USA 1994) Southern Rock, Country    4/5
E’ nel 1972 che nascono gli Outlaws, pensate a quanto sono vecchi anche loro, eppure non girano informazioni o lodi come quelle che si fanno agli Eagles, ai Deep Purple, ai Motley Crue ed ai Lynyrd Skynyrd tanto per fare qualche esempio. La pecca purtroppo sta nel loro percorso fatto di grandi alti e bassi, ma credetemi la loro musica ha dato tanto ed ha segnato momenti storici pari a quelli segnati dalle band citate prima; “Diablo Canyon” è uno dei loro ultimi dischi, ma nonostante ciò mantiene sempre un certo fascino.
Johnny Freak – Sognigrafie    (ITA 2007) Rock Alternative    4/5
Abbiamo ascoltato quel capolavoro di “Tra Il Silenzio e il Sole”, non potevamo certo perderci il debut album dei Johnny Freak, ovvero “Sognigrafie”. Anche questo è un disco d’ oro, musicalmente inferiore (di poco) al successore, ma forse i testi compensano e mettono tutto a livello. Insomma c’è poco da dire, i Johnny Freak sono una grande realtà italiana.

Max Sannella
Blur – Parklife   (UK 1994)   Brit-pop   4/5
La sostanza particellare del pop senz’angoli.
David Bowie – Heroes   (UK 1977)   Rock 5/5
Una delle trasformazioni immaginifiche del Duca Bianco
Bikini Kill – Revolution Girl Style Now   (Usa 1991)   College sound    4/5
Le ispiratrici civettuole di Kobain per la sua “Smells Like Teen Spirit”

Lorenzo Cetrangolo
Peggio Punx – Trent’anni di rumori   (ITA 2012)   Hc-punk    4,5/5
Collezione imprescindibile per dei pilastri di quel magico movimento che fu l’hc-punk italiano anni ’80. Per alcuni versi, i migliori: pungenti, incazzati, ma soprattutto con un gusto capace di sconfiggere il tempo.
Bonaparte – Too much   (GER 2008)   Punk, indie    3,5/5
Indie-punk follia. Un circo goliardico, un freak-show saltellante e minimale. Questo è il loro primo disco.
Iosonouncane – La macarena su Roma    (ITA 2010)   Cantautorato    4,5/5
Il cantautorato come dovrebbe essere, parte 1: una voce che odi o ami, arrangiamenti nudi, liriche al limite del fastidio, che toccano dove fa male.
Mario Diaz – Gloria bendita   (SPA 2010)   Latin pop, folk    3/5
Primo disco solista del frontman de Los Aslándticos, che si porta dietro tutti i cliché del caso: musica luminosa, aperta, un pop latino indipendente da portare nelle cuffie per una botta di sole aggiuntiva.

Marco Lavagno
Rainbow – Long Live Rock’N’Roll   (UK 1978)   Hard Rock   4/5
C’è qualcosa che si spera non muoia mai. Il rock’n’roll qui è incredibilmente epico e destinato alla storia.
Midnight Scraper – Coloured White   (SWE 2009)   Rock/Blues/Pop   3,5/5
Solo un’altra grande band dalla Svezia. Danzereccio e vintage, quest’album punta alla semplicità scarna della musica pop. Un (assurdo?) incrocio tra Abba e Hellacopters.
Francesco-C – Ulteriormente   (ITA 2005)   Punk/Rock   4,5/5
E’ pazzesco come questo disco sia diretto. Tutto pancia. Eppure arriva dritto al cuore.

Marialuisa Ferraro
Benjamin Gibbard – Former lives    (USA 2012)  Indie Rock   3,5/5
Non è un discone e non si avvicina neanche minimamente alla grazia dei Death Cab for cutie, ma ha comunque una sua personale piacevolezza.
The Beatles – Sgt. Pepper’s Lonely Hearts Club Band   (UK 1967)  Rock   4,5/5
Quasi l’album perfetto, lisergico, divertente, ironico, profondo e caricaturale. Ad ogni ascolto si scoprono cose nuove: rimandi, riferimenti, riprese in lavori più recenti…

Ida Diana Marinelli
Maurizio Colonna – Rock Waves   (Ita 2008)   Classica/Rock   5/5
Molta della storia del rock suonata dal più grande chitarrista classico italiano. Suono dolce e tecnica perfetta.
Rosacoletti – Novantagradi   (Ita 2010)  Indie-Folk-Pop   4/5
Il gruppo originario si formò nel ’89 e quasi dieci anni dopo nacquero i Rosacoletti, scoperti poi da Mario Venuti. Musicanti dell’underground milanese, respirano il sapore della musica lontano dai social network.

Ulderico Liberatore
Múm – Finally We Are No One   (ISL 2002)   Electro, Post-rock, Glitch   4/5
Non avevo mai sentito nulla di così Glitch.

Riccardo Merolli
Sonic Youth – Dirty   (USA 1992)   Noise Rock   5/5
L’ottavo disco della band di New York, le chitarre diventano più aggressive rendendo chiaro il concetto di noise rock. Un disco epocale per la storia del rock, (e come sempre) niente è mai più stato come prima.

 

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“Diamanti Vintage” Stormy Six – Un Biglietto Del Tram

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Bei tempi davvero, tempi rosso fuoco, folgorazioni, ribellione e utopie concrete di comunismo erano ovunque, e gli sguardi collettivi  sempre rivolti ai paramenti Sovietici della giustizia proletaria. I Settanta della musica nazionalpopolare italiana – mischiata tra progressive e nuove tendenze d’avanguardia –  annoveravano tra le barricate sonore –  gli Stormy Six, formazione impegnatissima culturalmente ed ideologicamente, figlia di quell’idea diamantina già ampliamente illustrata in precedenti dischi, e “Un biglietto del tram”, è il disco politico e di quadretti sociali che più di tutti li rappresenta e che inneggia e si sacrifica alla giustizia popolare, testi che indagano sulle situazioni oppressive delle fabbriche, le condizioni operaie, le lotte partigiane e tutte quelle parvenze padronali del “tutto va bene”.
Per significare e rendere visivo quello che succedeva in quegli anni dentro e di lato del cosiddetto “Movimento”, va detto che gli Stormy Six furono additati e condannati moralmente dai tanti aderenti ai vari loghi politici di sinistra estrema, di essersi venduti al padrone e alla commercializzazione per via che la band effettivamente “riusciva a vendere” i loro dischi, ma non nelle catene industriali dei negozi, ma ai concerti, nei raduni, ecc, ma la confusione imperava e il periodo di contesto era davvero funesto, e tanto sangue ancora verrà versato nei anni a venire; “Un biglietto del tram” porta nove brani di immenso valore culturale, canzoni tra il folk e prog, immagini fermate per descriverle in musica e per tramandarle come fonte di poetica “guerra” ai posteri o semplicemente ai paladini della libertà.
Il “canto” di questa indimenticabile band milanese ancora riecheggia in tanti cuori, e questo disco è stato il continuo soundtrack che ha accompagnato migliaia e migliaia di manifestazioni e cortei che in quei frangenti di piombo scorrevano come vene gonfie e impetuose e tutto è rimasto immortalato in canzoni che oramai fanno parte della storia “rivoluzionaria” tricolore; senza tempo la ballata incitante e sulla via della redenzione rossa “Stalingrado”, i partigiani uccisi “8 Settembre”, “Dante di nanni”,  la bellissima “La fabbrica” sugli scioperi di una Torino agguerrita o l’amarezza metafisica della titletrack, che chiude l’album  con un mood da avanspettacolo,  ma che in fondo è  come un pugno sulla bocchetta dello stomaco a tanti, innumerevoli cretini di regime.
Non un semplice album, ma una scheggia poetica che ha trovato il suo posto all’infinito tra cuore e lotte di classe.

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Pills || consigli per gli ascolti #2

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Eccoci, come promesso, ad una nuova razione delle nostre pillole settimanali. Questa volta, lo staff di Rockambula, si è mostrato più internazionale che mai, vagando tra le terre fredde norvegesi di Malice In Wonderland, fino alle strade dei nostri cantautori, errando tra le sperimentazioni germaniche dei Mouse On Mars fino agli psichedelici deserti americani di The Doors.

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“Diamanti Vintage” Roxy Music – For Your Pleasure

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Definito “un’orgia sonora senza confine” di glamour rock e stracolmo di  lussureggianti giochi di voce da parte di Brian Ferry e di architetture elettroniche degne solo di Brian Eno, “For Your Pleasure” dei Roxy Music arriva alla tenere e future coriacee radici degli anni Settanta, ed è pura “rivoluzione” del glamour come stile artistico e di vita, votato all’eccesso e al romanticismo dandy, tra luci e cupezze esistenziali i Roxy marchiano a fuoco la scena art dell’epoca – non solo per la partenza da li a poco di Eno – ma anche perché ultimo lavoro col fasto che ce li ha fatti amare, e questo potrebbe anche essere interpretato come un lascito ai posteri di immenso valore.

Disco stupendo per accoliti della notte, non intesa come buio catastrofico e non appariscente, bensì come inno alla sua eleganza interrogativa, fascino e ridondanza vengono salutati con traiettorie musicali affascinanti come non mai, e la contemporaneità di questo disco è allarmante, già si riconosce in un futuro a venire nel quale i dinamismo e la eccentricità del rock avrà sviluppi clamorosi quanto ineccepibili; un lavoro esplosivo che coniuga rock’n’roll anni cinquanta con brezze wave, pizzichi di elettronica e reminiscenza punk melodiche. Il tutto in una miscela sonora che non verrà mai segnata dalle cattiverie del tempo.

La teatralità della band si sente, il decadentismo romantico altrettanto come pure le dissonanze sfumate della follia interpretativa che corre con tollerante passione lungo la tracklist tra sesso, amori, perversioni minimali e canti notturni; se da una parte il verbo Presleyano si accomuna nello slow di “Beauty queen” o nelle fessure di “Strictly confidential” dall’altra il flanger di batteria ed una chitarra atmosferica che dipanano le ombre wave di “In every dream home a heartache” e i movimenti guasconi di sax  “The bogus man” bilanciano il costrutto con una fantasia gioiosa, epopeicamente pilotata da una creatività immensa. La ballata che poi da il titolo a questa opera sonora “For your pleasure” arriva a salutare l’ascolto con un modus da musical, un battito di ciglia truccate che riportano alla copertina nera dove una lasciva Amanda Lear con tanto di pantera nera al guinzaglio si appoggia  – pantera anch’essa –  ai sogni inconfessabili di Eno, Manzanera, Ferry, McKay e Thompson, tutto il resto è storia con la S maiuscola.

 

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Pills…(consigli per gli ascolti).

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Da oggi Rockambula inaugura un nuovo appuntamento nel quale vengono raccolti gli ascolti settimanali dei nostri collaboratori. Dai grandi capolavori del passato, alle perle nascoste del presente, la speranza è di riuscire a consigliarvi su cosa vi conviene e cosa non vi conviene ascoltare. La speranza è di non farvi perdere le cose migliori che la musica ci ha regalato nel corso degli anni e tenervi alla larga dalle immancabili “cagate pazzesche”. L’intenzione è di fare due chiacchiere (potete interagire grazie ai commenti) sui dischi che amiamo ed odiamo, svelarvi una chicca o smontare un mito.

Silvio Don Pizzica
Dubby Dub – Rocknroll Head   (ITA 2012)   Grunge, Stoner Rock, Garage   3/5
Dalla provincia di Ferrara, tanto Garage, tanta rabbia e chitarre sporche senza troppa originalità.
Yo La Tengo – Fade   (USA 2013)   Indie Rock   3/5
Disco non necessario per una band dalla storia trentennale. Only for fans.
Mountains – Centralia   (USA 2013)   Ambient, Drone   3/5
Quasi dieci anni di dura fatica e mai un vero salto di qualità. Forse questa è la conferma dell’inizio del declino.
Everything Everything – Arc   (UK 2013)   Indie Pop, Art Pop   4/5
Dopo lo splendido esordio “Man Alive”, Jonathan Everything e soci sono chiamati alla dura prova del secondo album. Prova riuscita? Non per tutti.

 

Vincenzo Scillia
Master – Master    (USA 1990)   Death Metal   5/5
L’ album e la band che hanno dato lezioni di Death metal, i Master dei capisaldi irremovibili, insomma sono loro i Maestri
Entwine – Gone   (FIN 2001)   Gothic Rock   3/5
Anche se non tecnico ed innovativo, questo disco degli Entwine suscita belle emozioni, predispone di melodie che in pochi sanno fare.
Iggy Pop & The Stooges – Raw Power   (USA 1973)   Punk Rock   4/5
Guru del Punk, Iggy e gli Stooges hanno sempre fatto capire come si fa della vera e buona musica, “Raw Power” è un disco rivoluzionario. Ascoltatelo e capirete.
Blue Oyster Cult – Spectres   (USA 1977)   Hard Rock   3,5/5
Non è certo il miglior disco dei Blue Oyster Cult, ma sa come prenderti. Tra aggressività ed atmosfere quasi sinistre è un disco che ha tanto da dire.
HIM – Love Metal   (FIN 2003)   Gothic Rock   4/5
Dite ciò che volete, gli HIM nel bene o nel male hanno saputo comporre e fare ottima musica. Amati ed odiati, dipende sempre dai punti di vista, per il sottoscritto sono un grandissimo gruppo e “Love Metal” è un gran lavoro.

 

Max Sannella
Vand Der Graaf Generator – A Grounding In Numbers   (UK 2012)   Psichedelia progressive   3/5
La magia dei voli e l’apoteosi dei suoni meccanici romantici.
Oh No Oh My – People Problems (USA 2011)   Lo-Fi   4/5
L’avventura alternativa vintage in una bolla pop di grande autonomia. Imperdibile.

 

Lorenzo Cetrangolo
Flying Lotus – Until The Quiet Comes   (USA 2012)   Elettronica, Jazz   4/5
Psichedelia colta, sogni impalpabili e viaggi inquietanti.

 

Marco Lavagno
Imagine Dragons – Night Visions   (USA 2012)   Pop   3,5/5
Accozzaglia terrificante tra Killers, One Direction e Coldplay, il risultato è terribilmente attraente e pericoloso come le slot machine della loro Las Vegas.
Rival Sons – Head Down   (USA 2012)   Blues, Hard Rock   3/5
Un’altra brutta copia dei Led Zeppelin? no, questi ragazzi hanno soul, blues e musica del diavolo nelle vene. In sostanza gli Zeppelin li copiano davvero bene.
Fabrizio De Andrè – Rimini   (ITA 1978)   Cantautorato   5/5
Le storie di Fabrizio sono più che mai scure, distaccate, disilluse. Surreale ma incredibilmente vero.

 

Marialuisa Ferraro
Glen Hansard – Rhythm and repose   (IRL 201)   Rock   4,5/5
Cantautorale, riflessivo ed emozionante. Cosa chiedere di più?
Paul Banks – Banks   (USA 2012)   Indie   3,5/5
Meno immediato di quanto ci si aspetterebbe e allo stesso tempo decisamente non artefatto. Da meditare.

 

Ida Diana Marinelli
Soap Trip – Soap Trip   (2012)   Alternativo / Elettroacustica / Indie   4/5
Si potrebbero pensare così : dentro ogni bolla un piccolo viaggio in silenzio, con tanti suoni. Melodie che si mescolano dentro le mille influenze che la musica può offrire, con una tecnica fine e un timbro caldo.
Shelly Johnson Broke My Heart- We Own The Afternoon   (ITA 2012)   Dream Pop   5/5
Tre ragazzi di provincia e le loro voci che sembrano moltiplicarsi, sette brani, venticinque minuti di musica nostalgica e soprattutto piena di chitarre volanti.

 

Ulderico Liberatore
Kyuss – Blues for the Red Sun   (USA 1992)   Stoner Rock   4,5/5
Uno degli album più cattivi e duri degli anni ’90.
Il chitarrista Josh Homme utilizzo per la sua chitarra un amplificatore per basso
per ottenere un suono più cupo.
Deftones – Adrenaline   (USA 1995)   NU Metal   4/5
L’EP è considerato uno dei primi lavori Nu Metal. I Deftones ebbero qualche problema di “diffusione” perchè MTV si rifiutò di pubblicare il singolo “7 Words” a causa dei vaffanculo contenuti nel ritornello.

 

Riccardo Merolli
Povia – I Bambini Fanno “ooh…” La Storia Continua…   (ITA 2006)   Pop Cantautorale    0/5
Ha vinto il festival di Sanremo con Vorrei avere il becco e niente è più stato come prima.
Diaframma – Tre Volte Lacrime   (ITA 1986)   Pop/Rock, New Wave   5/5
L’Italia incontra uno dei suoi migliori dischi New Wave. Qualcosa sta cambiando.

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“Diamanti Vintage” Alberto Camerini – Rita & Rudy

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Mentre nel resto d’Europa e del mondo imperversava la magra melodia, il cantos dell’ossessione e della perdita di ogni dettaglio di “Futuro” intrapreso dalla wave più inconsolabile e fredda che si possa immaginare (vedi Pere Ubu, Suicide, Joy Division per citarne alcuni) in Italia sull’onda della filosofique du Baudrillard, del prendersi in giro e sminuire le composizioni nefaste della società, Albero Camerini, il cyber-punk della scena nostrana, l’Arlecchino elettronico mascherato da clown da alle stampe il suo sesto album “Rudy & Rita”, il primo per casa CBS dopo aver lasciato la Cramps l’anno prima, quattordici tracce che – specialmente con l’apripista “Rock’N’Roll Robot” –  porterà l’artista italo/brasiliano al top delle charts per settimane intere.
Un artista apparentemente strampalato, invece fine e acuto sulla società avulsa che gli gira attorno, attento osservatore di mode da innalzare o affondare e autore di melodie angolari che seducono e attirano ascolti da ogni angolazione, brani che si piazzano in testa e non scendono più, forti di quella bella commistione di rock metropolitano frammezzato a punteggiature brasile ire che fanno dei suoi dischi delle bombe radiofoniche estremamente azzeccate; definito dalla critica di allora “automatic clown”, Camerini esprimeva il suo essere uomo/artista come una seconda pelle Bowieana, truccato con un make-up alla Ziggy Stardust nostrana ed un groovy sonoro ora  epilettico ora con interstizi classic romantic, praticamente un ambasciatore definito e tonico delle esigenze rivoluzionarie che nel resto dell’Europa già stavano per invadere il mondo intero, gobale.
Lui provò a cambiare l’Italia della consuetudini musicali, canta e provoca con la grazia di un birichino Gianburrasca vestito di colori e ritmi nevrotici, anticipa e vive la “gioia al potere” delle nuove scene alternative, ma non sempre viene capito – anzi a pensarci bene – pochissimo o quasi per niente,  ma i suoi sberleffi e le sue belle cose rimango in piedi tutt’ora; visionario e avanti di cento anni sulla cultur(ina) tricolore, Camerini ci regala un disco effervescente e aggraziato, le sguaiate mosse di un Presley pelvico ruggente “Rock rap”, i voli d’amore a  lungo raggio “Astronauta”, le aspirazioni da rock star “Johnny”, un pizzico di barocco veneziano “Miele” e uno dal sapor latineggiante “Il ristorante di Ricciolina”, ma è con l’arrivo del madrigale “Quando è carnevale” che il disco prende ancor più punti di valore sulle onde dolci di un Brasile rimembrato e rimpianto.
Svezzò e bilanciò una generazione a metà tra inconsapevolezza e sfiducia, regalò i suoi gloss, matite, fard e ombretti al buio della vita e a quella debolezza pop-patriottica già in “odore” di putrescenza.

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“Diamanti Vintage” Talking Heads – Fear of Music

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I rapporti con il resto della band, ovvero ( e più che altro) i contenziosi tra Byrne e l’ego smisurato di se stesso,  minano i resoconti a tavolino delle nuove progettualità discografiche, ma come si evidenzia sin dal primo ascolto di “Fear of music”, il suono e il carattere pare più maturo del solito, meno schizofrenie e più accenti melodici, anche se la nevrosi urbana è lungi dallo sparire categoricamente; con Brian Eno e Robert Fripp a capo della spiritualità di gruppo, i Talking Heads con questo disco sorpassano già i futurismi a venire delle new culture di Remain in Light, un salto qualitativo superiore che  porta il gruppo a manifesto di un arte urbana scolpita nel suono, quella insoddisfatta frenesia di battere – con ritmiche ossessive, visioni, deliri e tribalità urbane – l’avanguardia che in quegli anni targati ’70 correva forte e stranita.
E come sempre la musica delle “teste parlanti” è musica contagiosa, ma che molti invece trovano – specie in questo lavoro – un pochetto sotto le righe, al netto di quelle curve a gomito, distorsioni, psichiatria a fumetto e alienazioni contemporanee che poi sono le credenziali della formazione, ma sono abbagli, anche perché il suono totale comprende il meglio delle espressioni culturali internazionali e il joker Byrne – genio/uomo dal carattere dittatoriale – è al massimo della sua forma interpretativa; una cascata di strumenti, tele wave, chitarre angolarti e ancora wave a risintonizzare la mira sonora che i newyorkesi oramai hanno adottato come direttrice di successo e forse – con le dovute cautele –  allungate poi a quegli appannaggi poppyes “Heaven”, “Air” che costituiranno un domani come base per altri brani di successo mondiale.
L’Africa rimaneggiata nelle ritmiche electro-funk “I Zimbra”, l’aria Ottantiana che respira “Mind”, i batticuore accelerati dei ClashCities”, i move-.shuffle che sculettano nel funk secco “Life during wartime” o i parallelismi sperimentali, quei tocca e fuga psicotropi che strozzano divinamente “Drugs”, fanno di questo capolavoro “cangiante” la punta di diamante del diamante intero che verrà allo scoperto, anche se il caratteraccio di Byrne è una continua lacerazione d’insieme e una potenza esplosiva che lima le già ben limate esasperazioni del resto della band.
La musicalità griffata in Fear Of  Music è straordinaria, quella presa affamata che ti addenta per il polpacci e te li mette in moto, sempre che un signor Brian Eno “il consigliere di stato” ne dia il permesso!

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Alka for Children

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Musica  come abbraccio, musica come nervo teso, musica come amica dei bambini, ovviamente a tutti i bambini del mondo nell’insieme ideale, ma nel concreto dei bambini di Mirabello (FE) , uno dei comuni terremotati in Emilia, e l’intento è quello di raccogliere fondi per la ricostruzione della Scuola Elementare, oltre che l’acquisto di materiale e attrezzature mediche da destinare ai reparti pediatrici dell’Ospedale di Ferrara. L’idea di Massimiliano Lambertini (Amministratore di Alka Records Label) era quella di un disco i cui proventi andassero a questo nobilissimo scopo, e presto fatto, il disco si è materializzato subito come a sostenere ancora che la magia e  la forza della musica abbatte barriere e tempi morti.

I fondi raccolti saranno coordinati dall’Associazione “Vola Nel Cuore”, che provvederà a promuovere, pubblicizzare e sostenere il progetto musicale; il disco in sé è una bellissima raccolta di brani  – 12 in tutto – o meglio, grandi hit dei migliori artisti nazionali e non, reinterpretati dalle band prodotte da Alka, band che “festeggeranno” con i loro sound questo encomiabile modo di essere sempre più vicino alla gente che soffre e che non sta bene (nella tracklist anche la partecipazione straordinaria di Enrico Ruggeri), ed il risultato è straordinario, il sintetismo tra sociale e note, la vera ed unica forza che ancora rimane incontaminata.

Ci sono momenti della nostra esistenza che pensare a qualcun altro sembra come nuotare controcorrente, dissipare anche il minimo sforzo che in fondo si considera come sforzo sciupato, senza regole, nudo da ogni velleità umana; nulla di più falso, è come un anticipo di vita, donare tanto e fornire amore sotto ogni forma o cubatura di spazio, e la musica conosce da sempre questo scopo, è nata per questo, per diffondere, accumunare, e amare chiunque ti graviti attorno al tuo giro corporeo.

Il progetto di Alka Record Label non è solo una presa di posizione, ma una tremenda accelerazione d’amore.

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