Interviste

Aeguana Way

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Per i lettori di Rockambula l’Alternative-Rock band lucana, Aeguana Way, che oltre a vantare collaborazioni con Marta Sui Tubi, Management Del Dolore Post-Operatorio e altri artisti di rilievo italiani, è inoltre salita su palchi prestigiosi come quello del Concertone del Primo maggio a Roma. Elogi a parte, li abbiamo voluti nelle nostre pagine web per farci raccontare qualcosa sulla loro terza fatica discografica Cattivi Maestri, titolo anche del loro primo singolo estratto di cui sta girando il video su You Tube da qualche giorno.

Ciao ragazzi, benvenuti su Rockambula. Iniziamo a parlare di questo vostro ultimo lavoro, Cattivi Maestri, perchè i nostri lettori (e non solo!) dovrebbero acquistarlo?
Ciao a voi. Ovviamente quasi nessuno compra a scatola chiusa ed è per questo motivo che abbiamo deciso di caricare tutto l’album su YouTube. Una volta ascoltati i brani in rete magari deciderete di acquistare l’album ad un costo ridottissimo sui principali digital stores. A quel punto, oltre ad aver comprato un prodotto “WOW!”, starete contribuendo al progetto in maniera concreta… non è fantastico

Cosa è che vi ha reso così turbolenti verso questo mondo e la società in genere, quanto è stato incisivo questo stato d’animo in fase di scrittura del disco?
Durante il processo creativo ci ha accompagnati un forte senso di inquietudine misto a tanta voglia di capirne le cause per poi, in seguito, reagire. La maggior parte del disagio scaturiva proprio da quello che leggevamo quotidianamente sui social network generando curiosità e insofferenza al contempo. Questa turbolenza è stata determinante in fase di scrittura, in realtà succede sempre così, ogni volta che inizio a scrivere questo fattore risulta fondamentale.

Visto che il vostro Cattivi Maestri parla di consigli e per passare ad argomenti più frivoli, consigliate ai nostri lettori un pezzo da proporre alla propria metà e uno per far baldoria con gli amici?
Ok, direi per la propria metà “Call Me A Dog” dei The Temple Of The Dog mentre per fare un pò di baldoria “Easy Money” di Johnny Marr.

E’ appena uscito il vostro videoclip della title track “Cattivi Maestri”, raccontate un aneddoto particolare avvenuto durante le riprese?
Il video è stato girato in piano-sequenza, ossia senza tagli per il montaggio, quindi il tutto doveva essere fluido e perfetto dall’inizio alla fine del brano. La cosa divertente era che, ogni volta che si rifaceva una take completa, la band era costretta a correre per ritrovarsi nel posto giusto tra una scena e l’altra totalizzando chilometri lungo i corridoi del grande palazzo. Alla fine eravamo tutti sfiniti, ma ne è valsa davvero la pena.

In Italia la musica mainstream è dettata sempre più da artisti confezionati dai reality show che monopolizzano radio, tv e media in generale. Mentre chi si discosta dal solito sound trova difficoltà anche solo nel portare un po’ di pubblico ai propri concerti. Il problema secondo voi dove sta?
Il problema risiede nella mentalità di pubblico e addetti ai lavori di tutto lo stivale. E’ il solito cane che si morde la coda. La massa, compresi i grandi media, segue e “spinge” i fenomeni da reality; i gestori o i promoter dei locali e dei festival, che quelli dei reality non possono nemmeno sognare di averli a prendere un drink al proprio evento, pretendono dagli emergenti sold out e numeri da rockstar però con cachet da operaio cinese part-time in nero; gli emergenti, a loro volta, si lamentano di questa situazione e se qualche collega ce la fa diventano pure invidiosi e “distruttivisti”.

A proposito di live, vista la vostra esperienza con band importanti e su palchi importanti. Quale concerto ricordate con più piacere e perché?
In assoluto il concerto del Primo Maggio ’13 a Roma, il perchè è abbastanza scontato, quel palco è davvero magico, l’adrenalina di quel giorno non la dimenticheremo mai.

Grazie mille, lasciamo a voi le ultime righe per concludere quest’intervista.
Grazie a voi! Speriamo di vedervi presto ai prossimi concerti…
Intanto vi invitiamo ad ascoltare il nuovo album (sui principali digital stores )
guardare il nuovo video e venirci a trovare sulla nostra pagina FB: www.facebook.com/aeguanaway

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Dead Bouquet

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Far si che la tua fonte d’ispirazione non solo ammiri il tuo lavoro ma addirittura lo produca, significa che qualcosa di speciale è stata creata. Sarà con il romanticismo, seppur “tragico”, insito nel loro nome, che i Dead Bouquet con il loro album di debutto As Far As I Know sono riusciti a conquistare le orecchie di chi li ascolta. Ma lasciamo a loro la parola per raccontarci come è andata…

Ciao ragazzi, benvenuti su Rockambula. Un disco d’esordio As Far As I Know dove a metterci mano sono state persone non proprio comuni per tutti gli artisti. Svelate voi ai nostri lettori di chi stiamo parlando e quali sono state le vostre sensazioni per questa collaborazione?
Stiamo parlando di Paul Kimble e di Joe Gastwirt; il primo bassista e produttore dei Grant Lee Buffalo, grande rock band degli anni ’90, noto anche per aver lavorato con Michael Stipe, Radiohead e Andy Mackay nella colonna sonora del film Velvet Goldmine. Joe invece, rinomato mastering engineer, ha contribuito a centinaia di dischi d’oro e platino per artisti del calibro di Bob Dylan, Neil Young, Pearl Jam, Jerry Garcia e Paul McCartney. Due grandi professionisti ma soprattutto due favolosi esseri umani che hanno contribuito senza riserva al nostro album offrendo la loro sensibilità musicale.

Parlateci di come sono nati i Dead Bouquet e la scelta di questo nome.
Il nome Dead Bouquet l’abbiamo preso dal testo di Fuzzy, una canzone dei Grant Lee Buffalo ci piaceva la visione ottocentesca di un bouquet di fiori appassito. Suoniamo insieme dal 2012 e dopo i primi live e la sintonia che subito si è creata, abbiamo deciso di registrare chiamando Paul… lui ha accettato ed eccoci qua!

Quello che proponete è Rock, è psichedelia, è Folk, quali sono gli artisti da cui vi fate ispirare maggiormente, per esempio: durante la scrittura di questo album stavate ascoltando qualcosa in particolare?
I Grant Lee Buffalo sono un ascolto primario per forza di cose, altri artisti di riferimento sono Neil Young, David Bowie, The Waterboys, Thin White Rope e Gordon Lightfoot. La sera, dopo le registrazioni, capitava di trovarci al nostro pub di fiducia ad ascoltare con Paul dischi di Scott Walker, Gordon Lightfoot, The Blasters…

Avete mai pensato di aggiungere componenti al vostro trio?
Il nostro sound è già molto pieno così, ma in futuro chissà, non poniamo un limite a questo… magari un polistrumentista…

Siamo in procinto del nuovo anno, quali sono i buoni propositi e gli obiettivi per questo 2015?
Stiamo organizzando un piccolo tour europeo che toccherà Svizzera e Francia… sarebbe bello girare tutta l’Europa… nel frattempo stiamo lavorando ai nuovi brani, abbiamo molto materiale!

Vi ringrazio per la chiacchierata, lascio a voi i saluti e le ultime news da lasciare ai nostri lettori.
Potete seguirci su Facebook alla pagina www.facebook/deadbouquet.net dove vi terremo aggiornati sulle nostre news. Il 14 gennaio torneremo sul palco del Contestaccio di Roma, dopodiché saremo a Milano il 6 febbraio. Vi aspettiamo! Un saluto a Rockambula dai Dead Bouquet

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Thomas

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In occasione del loro secondo full lenght dal titolo Fin dal sound funk e groove abbiamo scambiato qualche riga con i Thomas. Band piemontese la cui caratteristica è proprio quella di uscire dalle tipiche catalogazioni musicali.

Ciao ragazzi benvenuti su Rockambula. Partiamo subito col parlare dell’ultimo lavoro uscito, Fin, come potete descriverlo a chi ancora non ha avuto modo di ascoltarlo?
Fin è un disco che da tanto, ma che richiede anche un po’ all’ascoltatore. Per viverlo appieno bisogna ascoltarlo almeno una volta sul serio, per intero, e vi assicuro che ne uscirete appagati proprio come succedeva con un bell’ LP una volta.

Rispetto all’esordio Mr Thomas’s Travelogue Fantastic come si è evoluta la band musicalmente?
Sotto diversi aspetti, in realtà. Abbiamo lievemente cambiato la line-up, curato con maggior dovizia di particolari gli arrangiamenti e siamo ancora più consapevoli di prima delle nostre potenzialità come formazione.

All’interno di questo full lenght sono presenti strumenti inusuali come quelli a fiato e il violino. Quando e perchè avete sentito l’esigenza d’inserirli per completare l’opera?
In realtà se avessimo il budget e la possibilità tutti i nostri brani sarebbero infarciti di strumenti di ogni tipo. Ampliare la tavolozza sonora a disposizione non può che essere un bene sia per chi crea che per chi fruisce, anzi sarebbe stupendo potersi permettere una sezione fiati stabile, nei Thomas!

Parliamo invece di “April Fool”, il singolo di presentazione del vostro album. A cosa è dovuta questa scelta?
E’ una canzone calda per un periodo freddo. Se tocca le stesse corde agli ascoltatori che tocca a noi, allora il periodo di Natale è perfetto per “April Fool”.

La critica ha risposto abbastanza bene al vostro lavoro; voi come band siete riusciti a raggiungere gli obiettivi prefissati?
Noi non facciamo sogni ad occhi aperti e abbiamo i piedi per terra, ma dentro sogniamo palchi e audience ben più grandi di quelli che abbiamo a disposizione ora.

Quali saranno le prossime tappe per far conoscere questo album, avete un nuovo singolo o video da lanciare?
Sicuramente ci sarà un singolo con relativo video per l’estate, ma ci occuperemo di quello e del tour dopo le feste. Programmiamo di girare in lungo e in largo, se possibile!

Passiamo ad un argomento cruciale per una band, il rapporto con il pubblico, i concerti. Nella vostra biografia si può leggere che quello a cui avete sempre puntato prima di far uscire il disco d’esordio è stata la dimensione live, live più che altro dettati dall’improvvisazione. Adesso invece che avete due album alle spalle come si preparano i Thomas per i loro concerti?
La differenza sta nell’avere uno spettacolo coerente, con un crescendo, una scaletta curata, e il solito amore per il suonare dal vivo. Non è cambiato il nostro rapporto con il pubblico, ma quello con la nostra musica, che finalmente prendiamo un po’ più sul serio.

Abbiamo concluso, lasciamo le ultime righe a voi per dire qualcosa ai nostri lettori…
Prendetevi il tempo per ascoltare il nostro nuovo disco, magari proprio nell’ordine corretto e senza pause, e se vi piace e ci trovate nella vostra zona, venite ad ascoltarci dal vivo! Un abbraccio dai Thomas!

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Hell In The Club

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Sano Rock’n’Roll con gli Hell In The Club. Con immenso piacere sulle pagine di Rockambula ospitiamo Andy, il bassista del gruppo. Tra una curiosità e l’altra saltano fuori interessanti informazioni sulla band e sul loro nuovo disco intitolato Devil On My Shoulder. Godetevi l’ intervista e fate occhio allerivelazioni.

Ciao Andy, direi di cominciare l’intervista parlandoci un po’ delle fasi di registrazioni di missaggio di Devil On My Sholuder. Dove, come e a chi vi siete affidati per questi processi?
Ciao Vincenzo! Come per il disco precedente, abbiamo eseguito le registrazioni agli Authoma Studios di Alessandria con il nostro batterista Federico Pennazzato. Invece del mix e del master se n’è occupato Simone Mularoni nei suoi Domination Studio di San Marino.

Pare che gli Hell In The Club siano diventati una vera e propria realtà nostrana. Come vi state dividendo con gli altri gruppi (Elvenking, Secret Sphere ecc…)? Riuscite a far combaciare i tempi?
In effetti a volte gli impegni sono molti e rischiano di accavallarsi ma con un po’ di organizzazione si riesce a fare tutto . Non accadrà mai che un disco degli HELL IN THE CLUB esca parallelamente ai dischi Elvenking o Secret Sphere . In questo modo riusciamo a concentrarci su un disco alla volta e possiamo lavorare al 100% su ogni progetto.

A cosa ti sei ispirato per la composizione dei testi di Devil On My Shoulder? Quali sono gli argomenti a te cari?
A differenza del primo disco ci sono due canzoni (Bare Hands e Snowman Six) ispirate a dei romanzi mentre tutti gli altri pezzi parlano di esperienze , sensazioni ,pensieri, emozioni personali come su “Let The Games Begin”. Parlando di ciò che ci accade o ci circonda spesso succede che l’ascoltare ci si ritrovi nelle nostre parole e senta la canzone un po’ anche sua . Come accade anche a noi quando ascoltiamo altri artisti.

Facciamo un passo indietro. Come mai decideste di metter su una nuova band, in questo caso gli Hell In The Club? C’è qualche motivazione in particolare tenendo conto che comunque le band di cui già fate parte sia tu che gli altri membri sono di un certo rilievo?
Il desiderio nasce dall’amore che abbiamo per il Rock n Roll. Erano già anni che cercavo di mettere in piedi una band del genere ma non trovavo le persone adatte. Con Dave Picco e Fede invece si è creato il giusto feeling e finalmente si è nato ciò che avevo in testa e ciò che volevo . Io come altri membri del gruppo ci siamo avvicinati alla musica con questo genere e anche se ascoltiamo di tutto questo e ‘ ciò che non ha mai smesso di emozionarci e divertirci.

Come vi trovate con la Scarlet Records? Che tipo di lavoro sta svolgendo l’ etichetta per la promozione del disco?
La Scarlet è fra le etichette discografiche migliori d’Italia e non solo. Abbiamo anche un bel rapporto al di là del lavoro . Io personalmente ci lavoravo già con Secret Sphere. Noi con loro e con l’agenzia Truck me Hard stiamo sviluppando un piano promozionale che possa far conoscere a più gente possibile il nome HELL IN THE CLUB e i nostri dischi. Sicuramente ci saranno molti live perché è quella la dimensione che più amiamo.

Ci sono determinate fasi o magari un processo che seguite per comporre una canzone?
La fase compositiva è molto libera e naturale. Tutti noi proponiamo agli altri idee e materiale e da li iniziamo a lavorarci . Ci lasciamo inizialmente trasportare dall’istinto. Creiamo uno scheletro musicale che verrà poi arrangiato e su cui poi Dave lavorerà alle linee melodiche vocali.

C’è un teaser di un vostro nuovo video. Collaborerete ancora con le Leather Girls? Come è nata la collaborazione con le due ragazze?
Si, presto uscirà il primo video clip estratto da questo disco. Nel video sarà presente Nisha una delle due ragazze che hai citato. Con loro sono amico da anni quindi ci è venuta l’idea di collaborare così come per il primo disco collaborammo con Chiara e Lory . Sicuramente con tutte loro collaboreremo ancora.

Invece riguardo il tour cosa ci dici, quando partirà e dove suonerete?
Il tour inizierà il 29 novembre ad Alessandria al live23 con il release party in onore del nuovo disco. Con noi ci saranno le Cellulite Star e sarà una vera e propria festa con ballerine, dj-set di ALTERIA, live show e tante sorprese. Proseguirà poi in molte città italiane nei mesi successivi e andremo sicuramente anche all’estero.

Una piccola curiosità che ho sempre voluto chiederti. Che impressione avesti 2 anni fa allo show di Bacoli a Napoli? Insomma come commenti l’organizzazione, l’ affluenza e la location?
L’organizzazione è stata impeccabile e gentilissima nei nostri confronti e noi ci siano divertiti davvero tanto. Peccato per il super freddo ma basta qualche birretta e passa tutto.

Bene Andy l’ intervista si chiude qui. Concludi come meglio ti pare…
Grazie mille a te Vincenzo per l’intervista e grazie a tutti i lettori di Rockambula per l’attenzione. Se vi piace il Rock date una chance a Devil on myShoulder e non ve ne pentirete!! Grazie ancora!
CIAO!

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Hikobusha

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Quasi dieci anni di carriera e alle prese con il terzo disco, le cui tematiche s’inseriscono bene nel vissuto quotidiano di tutti noi. Infatti gli Hikobusha ci parlano del loro Disordini e tutto quello che ruota attorno alla loro musica e non solo.

Ciao e benvenuti su Rockambula. Disordini è il titolo del vostro nuovo album e sia titolo che artwork della copertina suscitano un certo impatto. E’ presente un messaggio particolare che volete mandare a chi vi ascolta?

Dato che siamo nella (in)civiltà dell’immagine, partiamo dalla copertina: l’autore è Gianfranco Enrietto, un carissimo amico e uno stimato illustratore, famoso per aver dato volto (ammesso che si possa definire tale…) ai Gormiti, creature molto amate dai bambini. Incredibile, vero? Beh, forse non è un caso che ci siamo rivolti a un esperto di giocattoli… Disordini è innanzitutto un gioco, un rompicapo, un’invenzione partorita dall’intento di sperimentare, di sporcarsi le mani e fare qualche scoperta. Stiamo attraversando un momento storico complesso, articolato, confuso. Questo pugno di canzonette vorrebbe essere una risposta al qualunquismo e alla tentazione di abbandonarsi allo sconforto, alla rassegnazione. Ci vuole un po’ di (in)sana (in)coscienza per vedere un futuro oltre questo orizzonte. Ci vuole forse anche un po’ di coraggio… per guardarsi dentro, per lasciarsi stupire dalle possibilità. In questo senso, Disordini può essere ascoltato come un’opera intima che guarda verso l’esterno, un insieme di filastrocche semiserie, un manifesto pseudo-dadaista.

Quali sono le vostre influenze musicali e da cosa vi siete fatti ispirare per la scrittura di questo lavoro?

E’ difficile citare tutti i riferimenti che, più o meno consciamente, mescoliamo quando componiamo in gruppo. Siamo tutti e quattro musicisti non proprio “di primo pelo”… Nel tempo abbiamo imparato ad apprezzare di più quello che ci differenzia, in termini di gusto, rispetto a quello che ci accomuna. Se proprio dovessimo cercare degli artisti che hanno ispirato i suoni di Disordini, forse diremmo Captain Beefhart, i Renegade Soundwave, gli Interpol, Edoardo Bennato, David Bowie, Stevie Wonder… senza ovviamente dimenticare il grande Principe De Curtis, a.k.a. Totò.

Undici tracce rigorosamente in lingua italiana meno che una, la cover di “Baby Play Dead” del combo australiano, i The Wreckery, con lo stesso Hugo Race alla chitarra. Come è nata questa collaborazione e cosa avete tratto da quest’esperienza?

Conosciamo Hugo da tempo… E’ un grandissimo musicista e una persona realmente unica, un vero sciamano del blues elettronico, uno stregone zen, un pastore nomade della musica. Averlo potuto ospitare in Disordini è una di quelle cose che ti ripagano di anni di semi-anonimato, rintanati a suonare nei club della nostra amata/odiata Provincia. Quando è venuto a registrare, abbiamo cercato di prepare ogni piccolo dettaglio… Strumentazione, amplificazione, suono: tutto doveva essere perfetto e degno del suo nome. Al termine della prima take di registrazione, ci ha detto con il suo inconfondibile accento anglofono: “Mi sembra buona, anche se non sentivo bene il mio ritorno”. Abbiamo quindi scoperto di avergli fornito una cuffia malfunzionante! Inutile dire che era “buonissima la prima”… I grandi artisti si riconoscono per quello che riescono a tirare fuori dalle limitazioni e non certo dall’abbondanza di mezzi… L’ennesima grande lezione zen. Grazie infinite, Hugo. Ti siamo debitori come sempre, per questo e per tanto altro… lui lo sa bene. E non la fa tanto lunga per questo. Ecco un’altra perla di zen che tanti cosiddetti artisti nostrani dovrebbero mandare a memoria…

Qual’è il pezzo di Disordini che rispecchia quello che sono gli Hikobusha?

E’ difficile privilegiare un solo brano… Nel pezzo che chiude l’album, prima della bonus track, si sentono le nostre voci, tagliate e rimontate, che si accapigliano sulle scelte di copertina e di atrwork del libretto a corredo del disco. Noi siamo così: tensioni, litigi, fragili alleanze, grandi entusiasmi, spazi vuoti, pagine da riempire, sudore e saturazione. Stare in un gruppo è come una seconda famiglia… altrettanto disfunzionale e misteriosamente amorosa e protettiva. Hikobusha è proprio questo. E tanto altro.

Tre album e quasi 10 anni di attività. Come si trovano gli Hikobusha dal passare dai tempi degli esordi dove la tecnologia e internet non era così fondamentale ad adesso, dove tutto ruota attorno al digitale. Come è cambiato il vostro approccio alla musica e al pubblico?

Quando abbiamo iniziato questo progetto, nell’ormai lontano 2005, le potenzialità della Rete e della produizione digitale in Italia lasciavano intravedere orizzonti allettanti ma piuttosto fumosi, poco definiti. Oggi le cose non sono poi così diverse: il cosiddetto “panorama alternativo musicale” sembra essersi polverizzato in una miriade di micro-scene, rischiosamente autoreferenziali e inesorabilmente estranee agli ascolti di massa. Centinaia di “mi piace” su un profilo e pochi, sinceri amici nella vita reale. E va bene che sia così, in fondo. Sin dagli esordi abbiamo provato a raccogliere la sfida di proporre un suono articolato e sperimentale accanto a testi e a forme-canzoni tradizionali, rinunciando alla musica d’intrattenimento per inscenare la nostra personale visione di arte “invasiva”, che si fa spazio dal basso e prova a stimolare domande, critiche, sorprese, incontri. Come tutti, ci siamo progressivamente dedicati alla promozione multi-piattaforma: youtube, suoudcloud, twitter e altro. Ma niente di tutto questo eguaglia l’emozione di comporre insieme trovandoci nella stessa stanza, pensando a come questo sforzo, a tempo debito, incontrerà coloro che verranno al concerto, durante quell’ora e mezza che vale mesi di preparazione, attesa e incertezza. Quindi, le cose per noi non sono tante cambiate: si aggiornano le schede audio e si fa il backup delle registrazioni… poi però si sale sul furgone e lì inizia il divertimento.

A proposito dei 10 anni di attività, è un bel traguardo. State preparando qualcosa di speciale per i vostri supporter?

Stiamo raccogliendo materiale dei concerti dal vivo, sarebbe bello poter proporre un piccolo “bootleg” per i nostri fan e gli affezionati dell’ultima ora, in modo da offrire una specie di “istantanea” più istintiva e viscerale dei brani su disco, sia di quelli recenti che degli altri. In primavera realizzeremo poi un secondo video associato a Disordini; stiamo vagliando diverse ipotesi e collaborazioni. Infine, ci piacerebbe arrivare a suonare su nuovi palchi, girando il più possibile per i club dello Stivale e inserendoci nei Festival estivi.

Grazie per la chiacchierata ragazzi, lascio a voi le ultime righe.

E’ stato un piacere. Vi salutiamo ponendovi un quesito. D’altronde, la bellezza di una domanda spesso non risiede nella risposta ma piuttosto nel fatto di raccogliere una sfida, una provocazione. Come nelle interviste. Come in questa intervista. Ecco: vedere l’assurdo non è meglio che non vedere niente?

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Rumor

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Giovani e carichi, I Rumor sono un power trio del novarese, che con il loro Indie Rock energico e fresco ha sbaragliato la concorrenza al Pending Lips Festival 2014, tenutosi a Sesto San Giovanni, aggiudicandosi il titolo di vincitori. Scopriamo qualcosa in più su di loro e sula loro esperienza di giovani esordienti.

Ciao ragazzi grazie per essere qui con noi su Rockambula. Voi siete Giovanissimi, di talento e appassionati. Cos’altro dobbiamo sapere sui Rumor, volete raccontarci qualcosa su di voi e la vostra musica?
Le generalità sono più o meno queste. I Rumor sono tre e arrivano dal lato piemontese del lago Maggiore. Io (Marco) ed Elia abbiamo iniziato a suonare assieme come Rumor nel 2007, senza barba e senza patente. Anche se Elia di barba ne ha poca ancora adesso. Evita è arrivata nel 2013 a suonare la batteria, prima c’era un altro ragazzo, Andrea. Abbiamo pubblicato nel 2014 il nostro primo ep Pois, prodotto da Sergio Quagliarella che ci segue da qualche anno come produttore artistico e co-prodotto da Diego Cattaneo, che è un bravissimo ingegnere del suono della nostra zona. Pois lo si può trovare un po’ ovunque sulla rete.

A maggio avete vinto l’edizione 2014 del Pending Lips festival. Ci raccontate la vostra esperienza da partecipanti, come ci si sente a suonare davanti ad una giuria, e il rapporto con gli altri gruppi? Sono più le gioie o più i dolori?
Al Pending Lips ci siamo trovati benissimo, per davvero. Lo schieramento di giurati tutti in fila su un grosso tavolone effettivamente è stato un poco straniante all’inizio, ma alla fine siamo riusciti a non badarci troppo. Anzi, avendo i giudici davanti cercavamo di guardare le loro facce per vedere se erano presi o meno dal live. In generale per noi direi che sono state quasi tutte gioie, momenti belli, belle serate. Per quanto riguarda gli altri gruppi è stato sicuramente interessante poter conoscere ed ascoltare un sacco di band che non conoscevamo. Con qualche gruppo abbiamo anche legato, ci sentiamo ancora e si cerca di darsi una mano a vicenda.

La partecipazione al festival vi ha aiutati ad avere maggiore visibilità e nuove opportunità musicali? Consigliereste ad altre band un’esperienza di questo tipo?
Decisamente. Solo partecipando al Pending abbiamo avuto modo di suonare davanti a un sacco di persone che non ci conoscevano, e qualcuna da lì ha iniziato a seguirci. Vincendo abbiamo suonato poi al Carroponte, uno dei palchi più importanti d’Italia praticamente. Adesso inizieremo a lavorare con Costello, ed è un’altra bella e grande possibilità per noi. Insomma, è chiaro che dopo tutte questo non potremmo che consigliare a chiunque di provarci.

Voi siete sicuramente giovani e talentuosi, ma com’è secondo voi in generale la situazione musicale in Italia? C’è spazio e possibilità per i giovani indipendenti? Cosa si potrebbe/dovrebbe migliorare?
Probabilmente la cosa che più manca oggi, ma a cui siamo ormai (purtroppo) abituati, è la mancanza di curiosità della gente rispetto alle piccole band. Le situazioni live che funzionano sono quelle che prendono in considerazione band con già una certa notorietà . I locali che propongono band sconosciute o semi-sconosciute continuano a chiudere, e quei pochi che rimangono hanno serie difficoltà ad andare avanti. Trovare possibili soluzioni, capire cosa si potrebbe fare per migliorare la situazione generale è complicatissimo. Quello che facciamo noi è continuare a crederci fortissimo e a lavorare sodo, giorno per giorno, cercando di raggiungere gli obiettivi che man mano ci poniamo.


Passiamo al lato divertente, raccontateci qualche aneddoto sul miglior e sul peggior live del 2014? Cosa non può assolutamente mancare ad un vostro live?

Metto assieme tutto e vi racconto di un concerto solo. Un concerto strano davvero, bello e brutto allo stesso tempo. Eravamo in Irlanda, a Dublino, e suonavamo in questo posto che si chiama Bruxelles. Famosissimo in città perché ogni mercoledì sera organizza questi concerti dove si susseguono sul palco un sacco di artisti. La parte brutta del concerto sta nella questione tecnica . Abbiamo suonato con gli ampli peggiori di sempre, la batteria era mezza nascosta dal bancone ed io ho cantato per tutto il concerto, e dico tutto il concerto, prendendo la scossa elettrica ogni volta che toccava con le labbra il microfono. Una roba bruttissima. Ce l’abbiamo messa comunque tutta per portare a casa il concerto. La gente era attenta, si vedeva che era lì per ascoltare, abbiamo lasciato perdere i problemi e ci siamo lasciti andare, cercando di dare tutto il possibile. Noi cantiamo in italiano, e il pubblico era esclusivamente irlandese, nessuno capiva una parola di quello che dicevamo. Malgrado questo durante Neve, uno dei nostri pezzi più intimi, vediamo una ragazza che si mette piangere. Forse l’aveva appena lasciata il ragazzo, questo non lo possiamo sapere, ma a noi piace pensare che si fosse emozionata per quello che stavamo suonando. È stata un gioia davvero grande. Lei non capiva niente di quello che dicevamo, ma eravamo comunque riusciti a toccarla, a farle capire lo stesso quello che volevamo dirle. È stato fantastico.

Vi ringrazio per il vostro tempo e vi lascio con la domandona finale. State lavorando a nuovi progetti? Dove vi possiamo ascoltare in questo periodo?
Grazie mille a voi! Al momento stiamo facendo un bel po’ di cose. Stiamo scrivendo molto, in vista del nuovo disco che speriamo possa esistere il prima possibile. Ma stiamo anche lavorando ad un’uscita di cui non diciamo niente ma che dovrebbe vedere la luce abbastanza a breve. Intanto non ci fermiamo per i concerti, e con l’anno nuovo riusciremo a raggiungere città in cui non abbiamo mai suonato. Per chi volesse vederci live in questo periodo chiudiamo l’anno con qualche data. A dicembre saremo il 6 a Verbania, il 7 a Verona, il 12 a Milano e il 27 a Vigevano. Sul nostro facebook (www.facebook.com/rumormusic) si possono trovare sempre tutte le nostre date aggiornate, vi aspettiamo a braccia apertissime!

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Mizarts

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Nasce Mizarts, cinque domande per capire di cosa si tratta…

Nasce Mizarts, uno studio artistico polifunzionale, ci spiegate meglio cosa significa?
Mizarts è nato dal bisogno di collaborazione che nel 2012, anno in cui decidemmo di iniziare a lavorare insieme, ci sembrava il modo migliore di inserirci sulla scena del territorio abruzzese e non. Inizialmente il bisogno era quello di creare uno studio fisico che ci permettesse di arrivare in maniera più diretta ed efficace a chi non ci conosceva, ma anche quello di essere uno spazio dedicato a tutti quelli che hanno voglia di esprimersi. Noi lo definiamo appunto un laboratorio creativo, senza la pretesa di sentirsi artisti ma con la consapevolezza di essere, ognuno a modo suo, creativi. Proprio per questo la parte di “shop” nella quale abbiamo inserito i brand che, oltre ad essere vicini alla nostra professione, fossero caratterizzati dalla “creatività”; di recente abbiamo ospitato Alessandro Chiarappa, giovanissimo pittore di Torre de’ Passeri, che ha dipinto live per un pomeriggio intero.

Chi e come può usufruire dei vostri servizi?
Principalmente ci rivolgiamo a chiunque abbia un progetto che necessiti di grafica e fotografia, come aziende, privati, gruppi musicali, associazioni ecc.. Più nello specifico ci occupiamo di brand identity, progettazione del logo, siti web / blog , materiale pubblicitario, fotografia still life, fashion, eventi, collaboriamo con magazine e associazioni. Per contattarci si può scrivere alla nostra mail info@mizarts.it , visitare il nostro sito www.mizarts.it, o passare direttamente a trovarci a Pescara in via Firenze 56.

Pensate di essere una proposta interessante? Perché?
Non siamo tanto noi la proposta interessante, quanto lo è il creare uno spazio. Pescara è spesso considerata come una terra di mezzo tra casa dei genitori e università, vorremmo che invece se ne scoprissero le infinite sfaccettature, le personalità interessanti e le passioni.

L’arte in generale in Italia vive momenti felici oppure bisognerebbe cambiare qualcosa? Cosa fareste voi se possessori di bacchetta magica?
Parlare di arte in generale è come parlare del meteo sull’Italia alla risposta “che tempo fa fuori?”. Non c’è una risposta, c’è chi resiste, c’è chi si mobilita, ci sono infinite realtà. Sicuramente se avessimo la bacchetta magica porteremmo spazi creativi e artistici, autogestiti o non, anche nelle città più piccole da dove spesso gli artisti fuggono per mancanza di spazi, di promozione, di contesto.

In questo spazio potete promuovere, dire o fare tutto quello che vi passa per la testa…
Invitiamo chiunque abbia un progetto, voglia di parlare, creare e mettersi in moto a passarci a trovare! Il nostro obiettivo è creare una rete che sostituisca i “cugini smanettoni” quando bisogna fare una grafica o le “amiche con la reflex” quando si parla di fotografia, insomma rimettere al proprio posto le professioni capendo che non tutti sappiamo fare tutto e per ogni competenza c’è un professionista!

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Invers

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In occasione dell’uscita del loro nuovo singolo Montagne, abbiamo scambiato qualche parola con gli Invers, band proveniente da Biella e attiva dal 2008. Il gruppo dono 60 concerti in giro per l’Italia è pronta a ritornare sulle scene con un nuovo album in uscita all’inizio del 2015. Scopriamo qualcosa di più sul loro nuovo progetto.

Ciao ragazzi e benvenuti su Rockambula. Cominciamo parlando del nuovo singolo “Montagne”, è un pezzo d’impatto, dal ritmo serrato quasi ossessivo, descritto da voi stessi come un brano che parla di senso di inadeguatezza e non appartenenza. Com’è nato il pezzo e cosa vi ha ispirato nella sua realizzazione?
I concetti di inadeguatezza e non appartenenza descritti dalle parole di “Montagne” sono stati il vero punto di partenza e spunto per la stesura del brano e della sua parte musicale. Abbiamo cercato di sostenere ed enfatizzare al meglio ciò che le parole descrivono, creando un ambiente sonoro teso, ipnotico e a tratti quasi claustrofobico, che solo in pochissimi e brevi momenti sembra rilassarsi, per poi tornare a contorcersi, proprio per evidenziare il senso di pressione, soprattutto psicologica, che prova chi si sente costretto a confrontarsi ogni giorno con una realtà che da tempo ormai non sente più sua, e che non lascia spazi per trovare uno spiraglio necessario a cambiare la propria condizione.

Sempre parlando di “Montagne” il video, uscito l’11 novembre, è stato girato da regista Stefano Poletti, vincitore come miglior videomaker al Mei del 2010 e autore di video di artisti come Tarm, Zen Circus e Baustelle. Com’è nata la collaborazione tra di voi, cosa vi portate a casa da questa esperienza?
Abbiamo cercato noi Stefano, l’abbiamo contattato e gli abbiamo passato il brano, chiedendogli di realizzarne il videoclip. Fin da subito si è mostrato entusiasta all’idea di lavorare su “Montagne”, e in breve tempo ci ha proposto diversi soggetti sui quali si sarebbe potuto lavorare. Dopo qualche confronto, giusto per capirsi meglio sulla direzione da seguire, abbiamo scelto di girare un videoclip semplice e diretto, volto ad esaltare il più possibile l’impatto sonoro di “Montagne”, attraverso quella che è l’unica componente fondamentale per una band, ovvero l’esecuzione live, e nel nostro caso specifico, così come la viviamo noi ogni volta che saliamo sul palco. Il risultato per noi è più che soddisfacente, Stefano ha compreso senza difficoltà quella che è la nostra natura, ed è riuscito egregiamente a trasmettere l’energia e la potenza non solo di “Montagne”, ma di tutti i brani che ci saranno in Dell’Amore, Della Morte, Della Vita.

Abbiamo detto che Il 2015 vedrà l’uscita del vostro nuovo album Dell’amore, Della Morte, Della Vita. A primo acchito sembrerebbe un titolo da film horror, ma invece cosa dobbiamo aspettarci rispetto al precedente Dal Peggiore dei Tuoi Figli? Volete darci qualche piccola anticipazione e curiosità sul vostro nuovo lavoro in studio?
Credo tu ti riferisca al film Dellamorte Dellamore, ma devo fermarti, e colgo l’occasione per dire che il titolo del nostro disco non ha niente a che vedere con nessuna opera precedentemente pubblicata, il cui titolo possa, per omonimia o similitudini lessicali, ricondurre al titolo che abbiamo scelto per il nostro nuovo lavoro. Dell’Amore, Della Morte, Della Vita semplicemente perché è di questo che parla il disco, ognuno di questi tre concetti è fortemente espresso in ogni brano, nei testi e nella musica; qualsiasi altro titolo non avrebbe mai potuto avere la stessa efficacia nel presentare e descrivere i contenuti di questo disco.

Siete una band che vive di live a attualmente siete in giro con una formula abbastanza inedita del live- anteprima. Com’è nata l’idea di queste anteprime musicali, c’è una particolare strategia dietro o è un modo per rodare voi e il nuovo disco con un pubblico di “fedeli”?
E’ essenzialmente una scelta legata all’esigenza di suonare dal vivo; per nostro conto, una band che non suona dal vivo, non è una band al cento per cento, e senza concerti, il lavoro che fa resta comunque fortemente incompleto e penalizzato. Senza mezzi termini, non ci andava di aspettare di avere il disco pronto e stampato per andare in giro a suonarlo. Non crediamo alla classica pausa pre-pubblicazione disco, perchè bisogna ammetterlo, serve solo a farti affossare; se ti fermi sei finito. Vero poi è che, in queste date-anteprima, abbiamo scoperto altri lati positivi, come ad esempio capire fin da subito che tipo di risposta si ha dalle persone che per la prima volta sentono i brani nuovi, quasi completamente diversi da quelli del disco precedente, senza ovviamente sottovalutare il fatto che si ha la possibilità di prendere veramente confidenza con i brani stessi, in tutte le loro parti, e con il live in sé, in ogni suo momento.

Arriva la parte divertente, vorreste condividere con noi qualche aneddoto particolare sulla lavorazione del nuovo album, come vi approcciate di solito nella composizione dei brani, siete un gruppo litigioso o trovate sempre la giusta armonia ?
Non ci sono stati colpi di scena o eventi particolari degni di nota durante la lavorazione di Dell’Amore, Della Morte, Della Vita; forse avremmo voluto metterci meno tempo, ma col senno di poi, ogni minuto che abbiamo dedicato alla lavorazione del disco è effettivamente servito a raggiungere il risultato che volevamo, e questo è ciò che conta. Non nascondiamo che ci siamo confrontati spesso, alle volte anche in modo abbastanza acceso, ma questo altro non è che la prova di quanto ognuno di noi abbia a cuore questo nuovo lavoro, e di quanto sentiamo sia importante poterlo offrire a più persone possibili.

Vi ringrazio per il vostro tempo e vi lascio con la domanda canonica. Ci sono altri progetti in cantiere oltre al nuovo album? Dove vi troviamo in questo periodo?
Abbiamo una lista di cose da fare prima ancora di pubblicare Dell’Amore, Della Morte, Della Vita: alcune più canoniche, altre un po’ meno. Stiamo pensando ad un eventuale secondo singolo con annesso videoclip, e ad altre iniziative secondarie, ma è ancora tutto in fase di pianificazione, non posso dire altro. Nel frattempo il giro di anteprime-live sta per finire, in programma abbiamo ancora una data il 13 dicembre al Magazzino sul Po, a Torino, e poi ancora il 20 dicembre all’Otto a Biella, vicino a casa. A seguire, dall’anno nuovo, nuove notizie e nuove date a supportare il nuovo disco.

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Don Boskov

Written by Interviste

Ci sono gruppi in Italia che si distinguono facilmente dalla massa per qualità e concetti; I Don Boskov sono sicuramente fra questi, portando avanti la loro musica e le loro idee con l’obiettivo raggiunto di ricamarsi una schiera di fedelissimi fans.

Come nacque il progetto Don Boskov?
La storia dei Don Boskov è molto banale: sei persone iniziano a suonare insieme senza sapere bene cosa fare e verso quali “generi” indirizzarsi. Probabilmente questa mancanza di idee chiare ci ha permesso di portare avanti un progetto musicale il più possibile privo da incasellamenti.

Da chi siete stati influenzati?
Nei nostri ascolti c’è una linea sottile che parte dalle atmosfere dilatate del Post-Rock e arriva al Postcore americano (quello di band come Norma Jean e The Chariot). Noi cerchiamo di colmare la distanza tra questi due “generi”.

Di cosa trattano i vostri testi?
Abbiamo quasi tutti 30 anni, abbiamo ormai perso la spensieratezza dei 20 e viviamo una fase piena di dubbi e instabilità come tutti i nostri coetanei. Osserviamo come le paranoie proprie della nostra generazione si esprimano in tanti modi e c’è un gran casino anche per quanto riguarda i rapporti, che sono il tema centrale dei nostri testi. In alcuni casi si tratta di storie autobiografiche, in altri il riferirsi ad una terza persona, spesso una “lei”, serve come pretesto per parlare dei dubbi e delle delusioni dei nostri tempi.

Come nasce in genere un vostro pezzo?
Cerchiamo di lavorare in maniera corale, partendo da un semplice spunto, di solito un giro di chitarra. Lavoriamo parecchio sulle parti di ciascun strumento, ci confrontiamo e ci incazziamo se serve, ma cerchiamo di produrre qualcosa che piaccia a tutti, mettendoci singolarmente sempre in discussione. Spendiamo un po’ di tempo in più in questo senso, ma scriviamo sempre pezzi di cui siamo parecchio soddisfatti. Grandi pacche sulle spalle a fine prove.

Possibile fare Emocore con il piano? (come vi è venuto in mente?)
Il realtà dagli At the Drive in ai Blood Brothers, diverse band Postcore e Screamo hanno usato occasionalmente sintetizzatori e piano. Noi ne facciamo semplicemente un uso più massiccio, con la convinzione che il piano fornisca una gamma amplissima di possibilità compositive e armoniche.

Esiste una scena italiana per questo genere secondo voi?
Ci sono moltissimi gruppi bravissimi che fanno Postcore in Italia. Per citarne alcuni: Fine Before You Came, Death of Anna Karina, Lantern, Ruggine e altri.

Avete mai l’impressione che nell’Hardcore sia già stato tutto detto?
E’ probabile, per quello noi pensiamo che può essere usato come uno degli elementi compositivi e non come genere inteso in senso classico. L’Hardcore non è il nostro genere, cerchiamo di non cadere nella trappola dell’incasellamento forzato che alla domanda: “che genere fate?” rispondi senza difficoltà: “Hardcore!”. Detto questo, pensiamo che l’Hardcore sia solo un mezzo per poter comunicare l’universo intero senza troppi fronzoli, in modo diretto e disperato. Quando abbiamo questa esigenza, nei pezzi, allora è lì che la vena “Hardcore” viene fuori.

Avete condiviso il palco con band quali Gazebo Penguins, OvO, Majakovich e Kill Your Boyfriend…Com’è stato aprire per loro?
Oltre che musicale, per noi è stata un’esperienza umana. Abbiamo avuto la possibilità di conoscere persone interessanti con il quale ci siamo confrontati. Un discorso a parte va fatto per i Majakovich, con i quali abbiamo suonato più di una volta e con i quali c’è stima ed amicizia, tale che hanno deciso di supportarci con la loro etichetta, la Metrodora Records.

Internet: rovina della musica oppure mezzo di comunicazione che vi può avvicinare a masse di fans?
La possibilità di poter ascoltare qualsiasi artista gratis, ha cambiato la musica in meglio. Sono tristi le persone che snobbano il presente e i gruppi giovani, convinti che il periodo d’oro della musica sia quello della loro infanzia. Non hanno la curiosità di sapere come si evolve nel tempo l’arte. In realtà ogni decennio ha portato con se i propri geni (se esiste un periodo d’oro del Rock comunque è quello che va dal 1965 al 1975, ma che ormai ha rotto veramente il cazzo). In questi ultimi 20 anni sicuramente sono nati una quantità enorme di artisti meravigliosi anche grazie a internet. Il mercato musicale invece si è indebolito, ma è inutile lamentarsene.

Siete orientati politicamente?
Proveniamo da una città storicamente comunista e in noi permane una coscienza di sinistra che, ci fa pensare, per esempio, che gli stranieri non siano un pericolo, e che il sistema economico in cui viviamo sia decisamente migliorabile. Ognuno di noi ha il proprio punto di vista nei confronti della società e ognuno di noi vive la cosa in maniera del tutto personale cercando di slegarsi il più possibile dalle ideologie e analizzando in maniera lucida il mondo in cui viviamo. Però non ce la sentiamo di essere portabandiera di chissà quale innovativa o scardinatrice propaganda politica e cerchiamo di fare ciò che ci viene meglio.

Progetti futuri?
Vogliamo suonare il più possibile dal vivo. Stiamo scrivendo pezzi nuovi perché vogliamo che l’Ep diventi un disco di almeno 8 – 10 tracce e intanto stiamo anche scrivendo le sceneggiature dei prossimi due video, uno dei quali accompagnerà un pezzo che è una chicca per gli amanti del pop anni 90. Un saluto per tutti i lettori di Rockambula.

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Necrodeath

Written by Interviste

Fanno parlare di sé puntuali come un orologio svizzero. Chi? I Necrodeath, storica band Thrash/Black nostrana, portabandiera della musica estrema made in Italy. Con gran piacere abbiamo l’onore di scambiare due chiacchiere con la band. Tra una curiosità e l’altra siamo riusciti a strappare qualche interessante informazione sul gruppo e sul loro nuovo disco The 7 Deadly Sins.

Ciao ragazzi e bentornati su Rockambula. Direi di cominciare l’intervista parlando del vostro nuovo disco intitolato The 7 Deadly Sins. Dove è stato registrato e con quali produttori avete lavorato?
PESO: Ciao a tutti. E’ un lavoro tutto . Due anni di composizione, pre-produzioni all’interno del nostro studio MusicArt (www.musicart.eu), registrazioni e missaggi tutti sotto la supervisione del nostro Pier, a parte il tocco finale del fido Giuseppe Orlando che ci segue da anni ormai nelle nostre produzioni. La masterizzazione invece l’ abbiamo affidata a Simone Mularoni a San Marino.

Delle fasi di registrazione e di mixaggio cosa ci dite, come si sono svolte?
PESO: Come sempre cominciando a registrare la mia batteria, poi seguono tutte le chitarre. Sono quattro tracce di ritmica, due per ogni canale: la solita e l’acustica per gli arpeggi. Finito il grossi lavoro di Pier Gianluca si aggiunge il basso, infine Flegias inserisce la sua voce. Abbiamo fatto tutto in maniera molto diluita nel corso dei due anni di produzione. Avendo ora uno studio personale possiamo lavorare con calma senza stress e arrivare al risultato finale che riteniamo ottimale senza fare le corse.

Mentre riguardo alle tematiche è assodato che vi rifate ai peccati capitali. Ma come mai avete scelto questo argomento, che significato hanno per voi i 7 peccati capitali?
FLEGIAS: Niente di personale, tranne per il fatto che siamo tutti peccatori e quindi conosciamo bene l’argomento. Semplicemente volevamo dare un supporto lirico alla violenza sonora di quest’album e i sette peccati capitali ci sono sembrati la cosa migliore.

Dando uno sguardo al passato c’è qualcosa che cambiereste? Magari una scelta piuttosto che un’altra?
PESO: No nessun rimpianto sulle scelte effettuate in passato.

Invece della collaborazione con la show girl Mila Ramos cosa ci dite? Come è nata?
FLEGIAS: E’ una nostra amica nonché fan del gruppo. La conosco perché abitiamo nella stessa zona e spesso mi chiede consigli sulla musica da adottare nei suoi spettacoli. E’ stata lei a propormi la collaborazione: sapeva che stavo lavorando all’artwork dell’album, e ha voluto darmi il suo supporto che abbiamo accettato più che volentieri.

Avete partecipato al Metal Camp Sicily. Ai vostri occhi come vi è sembrata la riposta del pubblico? C’era affluenza e possiamo dire che il Sud Italia ha qualche speranza con i Festival?
GL: Il Metal Camp Sicily è stato un bel festival e come sempre il pubblico siciliano ha risposto al nostro show con tutto il suo calore… quindi siamo soddisfatti di come è andata. Comunque, indipendentemente dall’affluenza o meno del pubblico, chi ha organizzato un evento del genere in un luogo apparentemente ostile alla musica estrema, riuscendo ad attirare quindi l’attenzione degli appassionati del genere, merita tutto il nostro appoggio.

Sempre riguardo al Metal Camp Sicily, come vi siete trovati con l’organizzazione, siete rimasti soddisfatti? Dareste un parere generale al festival?
GL: Dal mio punto di vista è stato un festival ben organizzato sia per la location che per le band che hanno partecipato, ci siamo divertiti e c’è stata l’occasione di rivedere amici e di stringere amicizia con altri musicisti, quindi mi auguro che ci siano molte altre edizioni del Metal Camp Sicily!

Pare che questa volta in Sicilia non ci siano state complicazioni con associazioni religiose e quant’altro. Ricordo ancora quel brutto episodio al Sikelian Hell Festival. Per caso vi è accaduta qualche altra scocciatura simile negli ultimi anni?
GL: Beh… non voglio commentare quanto accaduto per il Sikelian Hell Fest….si altre volte in passato sono accaduti episodi del genere. Penso che chi ha dei pregiudizi nei nostri confronti sicuramente non ci conosce personalmente e non conosce neanche la nostra musica
.

Farete una pausa prima di riprendere il nuovo tour? Come vi siete organizzati, magari ci dite cosa faranno o cosa hanno fatto in vacanza i Necrodeath?
PESO: Non ci sarà nessun tour di supporto a questo album ma solo date pianificate nei weekend. Perciò rimanete sintonizzati sul nostro sito ufficiale www.necrodeath.net dove potete trovare ogni aggiornamento sui concerti.

Bene ragazzi l’ intervista si chiude qui, concludete come meglio vi pare….
PESO: Grazie a voi per il tempo e il supporto che ci dedicate ad ogni nostra uscita. Ci vediamo in giro.

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Marco Ligabue

Written by Interviste

In occasione della penultima tappa del suo tour, abbiamo avuto modo di scambiare due parole con Marco Ligabue, parlando del suo primo disco solista, del rapporto col fratello, dei Rio, del Rock e dei suoi progetti futuri. Una chiacchierata con una rockstar che si è rivelata spontanea e sincera in ogni singola parola.

Da dove viene il nome del tuo primo disco Mare Dentro?

Mare Dentro perché tutte le canzoni che ho scritto per questo mio primo lavoro sono nate sulla spiaggia della Sardegna dove abito insieme alla mia compagna; io che arrivo dall’Emilia ho scoperto il mare negli ultimi anni e devo dire che grazie ad esso ho trovato quel luogo dove ispirarmi e tirar fuori tutte le emozioni da mettere poi in canzoni. Per quello il mare che ho visto fuori, è il mare che ho visto dentro il disco.

Com’è nata la collaborazione con Corrado Rustici (al lavoro in passato anche con grandi artisti quali Zucchero?)

Corrado lo inseguivo in realtà già da anni; quando ero con i Rio mi sarebbe piaciuto fare una collaborazione con lui perché l’ho sempre stimato artisticamente e quando mi sono sganciato dal gruppo ed ho deciso di fare il mio primo disco la prima persona a cui ho pensato è stata proprio lui; gli ho fatto ascoltare le canzoni, gli sono piaciute e da lì è nata la voglia di fare questo disco insieme.

Quanto ha pesato il cognome che porti? E quanto ti ha dato una spinta verso il successo?

Guarda, è difficile fare un bilancio diciamo da un lato ovviamente  uscire come Marco Ligabue, con questo cognome, crea un po’ di curiosità… Beh è ovvio che vai a “scontrarti” con il top in Italia… Intendo che è chiaro che se dicessi Marco PINCOPALLINO magari sarei un perfetto sconosciuto… Invece uscendo come Marco Ligabue la gente ascolta le mie canzoni anche solo per curiosità, per capire chi sono o viene ai miei concerti; d’altro canto però devo dire che crea anche un forte pregiudizio perché tante persone mi dicono sarà il solito fratello fortunato e raccomandato e quindi quando devi combattere con questa realtà diventa dura; diciamo che ci sono risvolti positivi ma talvolta anche negativi.

Sicuramente comunque ha avuto un suo vantaggio seguire Luciano?

L’essere stato al suo fianco sin dall’inizio mi ha aiutato molto perché è come un’università della musica

Da lui avrai tratto sicuramente tanti segreti del mestiere, sarà stata una buona palestra.

È stata una buona palestra ma ripeto la paragonerei più a un’università…

Tuo fratello ha diretto anche film di successo… Hai mai pensato di gettarti anche tu in un versante diverso dalla musica?

Almeno per quanto riguarda film o libri sicuramente no; a me piace molto organizzare; da sempre lavoro con Luciano, mi occupo però più di altri settori come la comunicazione online e non di cinema o di letteratura

Il tuo tour ha attraversato tutta l’Italia… Ci puoi raccontare qualche aneddoto di una precedente data?

Ce ne sono stati tantissimi perché le date sono state oltre sessanta e devo dire che una delle caratteristiche di questo tour è stata che lo abbiamo fatto girando in duo acustico ed entrambi abbiamo gusti simili, perché ci piace il mare e le bellezzedel nostro paese

Però a volte capita che gli opposti si attraggano e che si trovino anche meglio, magari anche abituati a gusti musicali differenti…

In generale abbiamo gusti sia simili sia diversi ma insieme abbiamo trovato una bella alchimia. L’aneddoto è quindi che anche se abbiamo fatto 5-600 km al giorno per arrivare da un posto all’altro abbiamo cercato sempre di trovare una mezz’oretta / oretta per andare a fare un tuffo in mare  e tutti morivano d’invidia dicendoci frasi tipo siete sempre al mare, a non fare niente!” mentre in realtà eravamo sempre a suonare o in viaggio. Nonostante ciò riuscivamo sempre a “regalarci” un po’ di tempo da dedicare al mare o alle bellezze del nostro paese

Si dice che le canzoni siano come figli…ne hai una scritta da te “prediletta”?

No, è difficile scegliere una canzone perché ognuna viene scritta in un momento in cui vivi un’emozione, un’eventuale riflessione , un qualcosa che hai osservato e che ti ha colpito e quindi in base allo stato attuale in cui sei ti rappresenta; Io dico sempre che le canzoni sono come una pagine del diario , come una fotografia di un bel momento che ti metti in casa.

Ce n’è una in particolare, “Casomai”, che, se non erro, è dedicata all’indimenticato Piermario Morosini che morì proprio qui vicino a Pescara durante una partita di calcio… Ti va di parlarne?

Piermario era un grande amico, ci eravamo conosciuti tramite degli amici in comune, anche loro calciatori, e ci siamo frequentati per anni. Lui veniva spesso a Correggio e siamo diventati molto amici. Purtroppo  poi ciò che è successo in quella maledetta partita (Livorno – Pescara del 14 aprile 2012) lo sappiamo un po’ tutti ed ho cercato di trasformare dopo qualche settimana la rabbia ed il dolore per quel momento in qualcosa di bello perché se c’era una persona che meritava di esser ricordata al meglio sicuramente era Piermario Morosini.

Domanda forse un po’ spigolosa… Com’è stato il divorzio dai Rio? Senti ancora qualcuno della band?

Diciamo che si è spenta una scintilla, perché probabilmente dopo dieci anni  non sentivo più quell’affinità artistica, quell’alchimia con gli altri ragazzi della band e mi sono fatto da parte. È come negli amori, a volte partono a razzo, poi dopo 7-8 anni finiscono anche senza un perché. È stato quindi un “divorzio” di questo tipo…

Potresti mai pensare a un’eventuale reunion con loro (oggi vanno molto di moda)?

Mai dire mai… Tuttavia sicuramente in questo momento ho altro in testa perché mi trovo talmente bene nei panni del cantautore, a raccontare le mie cose, che forse in questo momento non mi sentirei di tornare a fare il chitarrista e basta perché mi piace andare sul palco e raccontare la mia storia

Chi ti ha influenzato artisticamente maggiormente?

Ho ascoltato tantissima musica negli anni, sin da quando ero piccolino. Diciamo che nell’ultimo periodo quella che mi piace maggiormente però arriva dalla California, tipo Ben Harper e Jason Mraz; insomma tutti questi artisti, cantautori che scrivono le canzoni sulle spiagge californiane…

Cosa pensi del fenomeno tribute band (molto diffuso qui in Abruzzo)?

In realtà sono diffuse un po’ dappertutto… Io sto suonando un po’ in tutta Italia, vedo la programmazione dei locali  e dei posti e noto che il fenomeno spopola un po’ dappertutto…

Tuttavia qui in Abruzzo almeno tre quarti delle band sono dei veri e propri tributi, spesso persino ad artisti “minori”.

Vuol dire che la gente vuole quello… Il locale tendenzialmente cerca solo di fare ciò che piace al suo pubblico. Forse però è un periodo di stanca, in cui si vuol sentire qualcosa di già creato senza avere la curiosità di confrontarsi con qualcosa di nuovo. Ovviamente io essendo cantautore sono più stimolato da chi racconta la propria vita in prima persona.

Si può vivere di musica in Italia? Dovrebbe cambiare qualcosa secondo te nel sistema del music business?

Penso di sì… Anche in questo momento di crisi… Per quanto mi riguarda ad esempio questo è stato l’anno in cui ho suonato di più , però bisognerebbe cambiare un po’ le regole… Diciamo sempre che dobbiamo sburocratizzare l’Italia e forse dovremmo iniziare proprio dalla musica. Io ho fatto tantissimi concerti perché non mi sono più appoggiato a un’agenzia musicale, né ad una casa discografica; probabilmente il fatto di aver snellito tutta la mia struttura ha giovato molto… Non bisogna necessariamente aspettare la bacchetta magica di un manager o di una casa discografica per risolvere la propria vita…

Cosa pensi di servizi di streaming quali Spotify e Deezer?

Io sono un fan della musica; vedo però che ormai l’oggetto fisico interessa poco, soprattutto alle nuove generazioni; c’è stato un cambio generazionale importante (Colpa di Internet???? ndr.). Io sono un quarantenne che aveva bisogno di avere a casa il vinile, la musicassetta o la vhs, di riempire la mia libreria, mentre i ragazzi di oggi hanno bisogno di usufruire del contenuto, non della forma. Se sta cambiando quindi qualcosa, prendiamone atto e basta  e sorridiamo di fronte a queste nuove tecnologie che ci fanno comunque ascoltare la musica dove vogliamo…

Gene Simmons dei Kiss ha detto che il Rock è morto… Tu cosa ne pensi?

Il Rock è uno stato d’animo… Per quanto riguarda invece il Rock inteso come musica sono tanti anni che non sento nulla di nuovo. L’ultima vera ondata fu quella del Grunge nei primi anni Novanta. Mentre prima ogni 3-4 anni nasceva un nuovo movimento, mentre si passava dal Punk alla New Wave, ora sento che il Rock si è un po’ fermato. Tuttavia come dicevo prima il Rock è un’attitude e finchè le persone avranno questa attitudine nel sangue il Rock non morirà mai

Progetti futuri? Se non erro è in preparazione la tua seconda fatica discografica solista…

Non chiamiamola fatica perché per me fare un disco è una cosa bella… Adesso in effetti mi fermo proprio domenica con l’ultima esibizione live (a Palermo)edentro in studio di registrazione per un mesetto e mezzo per finire il mio secondo album. Sei brani li ho già pronti, devo solo completare gli ultimi tre pezzi per poterlo pubblicare poi il prossimo anno.

Parliamo di preproduzione oppure sei nel rush finale?

I sei brani di cui parlavo prima sono praticamente completi, mancano solo del mixaggio finale, mentregli altri tre devo ancora registrarli, ma li ho già scritti ed andranno modificati insieme al produttore, Corrado Rustici che mi aiuterà anche negli arrangiamenti

Ci sarà quindi ancora lui dietro la consolle?

Sì, sempre lui

Grazie mille Marco per la tua disponibilità…

Grazie a voi…

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Unalei

Written by Interviste

Sulle pagine di Rockambula abbiamo il piacere di ospitare Federico Sanna degli Unalei che ci parlerà dell’ultimo disco A Sua Immagine. Tra una curiosità e l’altra si è parlato dell’influenza del gruppo e delle ispirazioni che l’hanno portato alla creazione del disco. Non resta che godersi l’interessante intervista.

Ciao Federico e benvenuto su Rockambula. Direi di cominciare a parlare degli Unalei. Come è nato il progetto?
Ciao a voi e grazie per lo spazio! Riguardo alla nascita del progetto non mi ero prefissato nulla in partenza. In realtà venivo da un periodo di circa tre anni in cui non ero soddisfatto di nulla della musica che portava il mio nome e quindi accantonai tutte le mie idee personali per dedicarmi a suonare con progetti di terzi. Non avevo motivo, voglia e un soggetto per poter scrivere! Poi all’improvviso…

A Sua Immagine è il vostro nuovo disco ma a chi ti sei ispirato per comporlo? C’è stata una musa ispiratrice?
Mi ricollego a ciò che ho detto prima; Si, ad un certo punto è arrivata questa musa grazie alla quale ho riconsiderato le mie idee su tutto quanto, o quantomeno, le ho definite. Sull’arte, sulla vita, sui sentimenti…avevo trovato, insomma, il mio soggetto che rendeva la vita più simile all’arte e in un paio di mesi A Sua Immagine ha preso forma: le varie bozze e riff andavano incastrandosi con assoluta naturalezza e come il nome del lavoro dice, è una rappresentazione di lei nel modo in cui la vedo io. Solo che nessuno a me vicino condivide quest’idea ed a conti fatti (il disco è stato scritto un anno fa) ho dato un valore estremo a qualcosa che in effetti sembra non averne affatto. Dico però che in parte l’ho fatto volontariamente, di idealizzarla per portarmi da solo a scrivere qualcosa di nuovo, infatti è la prima volta che sono soddisfatto al cento per cento di quanto ho fatto. Davvero, non ho mai sentito qualcosa di cosi immenso. Ascoltate “I Giorni della Monotonia” di Battiato!!

Ho trovato il sound dell’album limpido e pulito, una chicca considerando che il disco è un’ autoproduzione. Dove è stato registrato e a chi ti sei affidato?
Purtroppo a volte si tende ad essere prevenuti verso un nuovo lavoro perché è autoprodotto, soprattutto dagli ascoltatori. Ma la produzione è un fatto di soldi, più ne hai e più il tuo disco risulterà pulito. Adesso, questo discorso non c’entra col mio caso. Il tecnico del suono che mi ha affiancato per tutte le fasi del lavoro è Daniele Pensa , che raccomando a tutti quelli che vogliano avere un disco di qualità e voce in capitolo allo stesso tempo. E difficile trovare un fonico che si faccia gli affari suoi in alcuni frangenti e diciamo che Daniele è molto accondiscendente su qualsiasi cosa. Ma di nuovo questo non è il nostro caso, perché rispetto e considero molto il suo parere in merito. Ha conseguito la certificazione a livello internazionale come operatore Pro Tools, abbiamo registrato nel suo studio personale. Lui è molto competente, sia di fonia che di tecnica musicale, è infatti il chitarrista e mente principale di una band romana molto valida, gli Oblivio. A Roma è sicuramente tra i dieci migliori. Ed è anche un caro amico. Ringrazio e saluto!

Puoi fare un primo sunto dei riscontri del disco? Le vendite vanno bene?
Non mi posso lamentare, essendo questo il primo lavoro con tale nome. Qualcuno si ricordava di me e sto vendendo soprattutto il formato fisico, nonostante il lavoro sia disponibile anche su bandcamp.

Come è stato accolto il disco dalla critica?                                                                              Magnificamente! I singoli pareri risultano essere molto diversi, tuttavia la sensazione che lascia all’ascolto è sempre positiva. La diversità delle opinioni su un’opera d’arte, se vogliamo chiamarlo cosi, dimostra che l’opera è nuova, complessa e vitale. Di conseguenza mi ritengo molto soddisfatto. Qualcuno mi ha comparato ai Verdena, Carmen Consoli e Baustelle, credo sia la prima volta per un disco Gothic Metal/Post-Rock. Insolito, ma soddisfacente !


Per quanto riguarda il tour cosa puoi dirci? Dove suonerete nei prossimi giorni?
Questo è un problema! Sono ancora in fase di valutazione e conferma degli eventuali turnisti, avendo suonato tutto io ad eccezione del basso, suonato da Federico Petitto degli Unminutodisilenzio al quale darò sempre un ringraziamento speciale in ogni occasione come questa per il supporto, fa sembrare quello che fai più bello! Per ora posso solo dire che ci sarà un release -party entro la fine dell’anno, a Roma. Tuttavia mi sono arrivate diverse richieste di live soprattutto nel Lazio, spero di essere attivo presto! Se farò un tour penso di organizzarlo europeo più che italiano, ci sono già molti contatti.

Siete alla ricerca di qualche etichetta? Avete avuto qualche richiesta?
Si! Cerchiamo disperatamente un’etichetta, sia per un po’ di promozione in più che per l’utopico finanziamento del prossimo lavoro. Ci siamo proposti ad alcune di recente, speriamo in risposte positive! Purtroppo sono anche un po’ schizzinoso, il lavoro che fa l’eventuale piccola etichetta possono farlo un gruppo di amici. Ho bisogno di una grande mano, mezzi e garanzie. Solamente col marchio non ci faccio nulla. Ovviamente mi riferisco all’industria discografica italiana.

Quando pensi potrà uscire un prossimo disco degli Unalei, siete intenzionati a rimettervi a lavoro a breve o volete aspettare un po’?
Il prossimo disco è già pronto, sarà la chiusura di ciò che è iniziato con A Sua Immagine e già ho rivelato troppo! Per quanto mi riguarda mi rimetterei a lavoro in studio subito, ma in questo periodo sia io che Federico siamo occupati con altri aspetti della nostra vita. Spero di muovermi ad inizio 2015 per farlo uscire tra un anno circa!

Bene Federico l’ intervista si chiude qui, concludi come meglio credi….
Ok Vincenzo! Innanzitutto grazie per la bella intervista e lo spazio dedicatomi! Ci tengo ad invitare chiunque se la sentisse di aiutarmi in veste di turnista per i live a contattarmi! Poi invito tutti i lettori a dare un ascolto al disco e soprattutto a scrivermi per darmi i loro pareri e supportarci, sono sempre molto utili! Ecco dove ci trovate:

www.facebook.com/unaleiofficial

www.youtube.com/unalei2

unalei.bandcamp.com

soundcloud.com/unalei-terrena

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