Interviste

Alteria

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Finalmente sulle pagine di Rockambula torna Alteria, nota rocker che ultimamente sta dando tantissimo all’ Hard ‘n’ Heavy nostrano, anche grazie al programma che conduce su Rock TV e Rock’n’Roll Radio. Alteria è giunta al suo disco da solista, Encore e con grande onore abbiamo il piacere di intervistarla e scambiare quattro chiacchiere con lei.

Ciao Alteria e bentornata su Rockambula. Cominciamo l’intervista col botto; come mai hai scelto di proseguire da solista e non di creare un altro gruppo?
Ciao Vincenzo e ciao a tutti i lettori di Rockambula. Questo progetto viene proposto a mio nome e quindi come solista anche se insieme a me, dall’esperienza precedente (Nomorespeech) sono rimasti bassista e batterista. Continuo a sentire forte ed importante la band anche in questa nuova avventura, i miei musicisti sono parte integrante del progetto. Avevo voglia di riniziare dopo un annetto di pausa e di rimettermi in gioco, cosi ho deciso di lavorare su di me, sul mio percorso sia come cantante, che come autrice che come persona. In questo disco c’è un bel concentrato della mio “essere”.

Encore è appunto il tuo disco d’esordio da solista; a cosa ti sei inspirata per comporlo?
Per quanto riguarda i testi, sono sempre tanti gli eventi che nella vita ti danno da pensare. In particolare ho vissuto un periodo denso di emozioni, alcune belle altre brutte che ho deciso di trasformare in canzoni per poterle vedere e capire. Inoltre grazie al lavoro che faccio mi relaziono tanto con le persone e alcune storie, alcuni racconti diventano input utili per iniziare a ricamarci attorno un testo. Per quanto riguarda la musica, ogni canzone è stata composta da Nando de Luca, bassista con il quale suono da oltre dieci anni. Non abbiamo bisogno di spiegarci le cose, l’alchimia musicale è spontanea.

Per quanto riguarda le fasi di registrazione e mixaggio cosa ci dici, dove e come si sono svolte?
Il disco è stato interamente prodotto da me e Nando de Luca, registrato e mixato allo Zeta Factory di Carpi (MO) da Giuseppe Dualized Rossi, nello studio del mio amico Rusty, voce dei Klogr (con i quali ho collaborato per un loro brano). Il mastering invece è stato fatto da Alessandro Vanara. I giorni di studio sono stati rilassati: mentre tutti erano in ferie (agosto) noi eravamo rintanati nel bunker.

Invece del gruppo che ti supporta cosa ci dici, perchè non ci presenti gli altri ragazzi?
Come già ti anticipavo, la sezione ritmica suona con me da anni: Nando de Luca al basso e Roberto Fabiani alla batteria, entrambi ex NMS, sono una sicurezza per me , suonare con loro è la cosa più naturale del mondo. Alla chitarra c’è Pietro Quilichini, un gran manico, tecnico ma allo stesso tempo anche pieno di estro. Per me è importante poter cantare ad occhi chiusi e con loro è cosi. Apprezzo moltissimo il lavoro che è stato fatto specialmente da batteria e chitarra che non hanno partecipato alla       composizione del disco ma che al momento della registrazione hanno fatto propri i brani e li hanno suonati con l’intenzione e il pathos che immaginavamo io e Nando. Unione di sound ed intenti che percepisco anche ora che siamo partiti con le prime date live.

 Adesso oltre a condurre il programma su Rock TV, fare da DJ su Rock’n’Roll Radio e suonare con i Rezophonic, devi dedicarti anche a questa tua carriera da solista. Sono veramente tante cose che fai, come riuscirai a dividerti i compiti?
Ho le giornate super impegnate davvero! Inizio al mattino in radio, passo a Rock Tv, faccio i live e qualche volta metto qualche disco rock per far pogare la gente nei locali. Non mi piace stare ferma e soprattutto adoro vivere la musica sotto diverse sfacettature. Mi piace intervistare altre band su Rock Tv, adoro scoprire come gli altri musicisti vivono la loro passione, cosi come mi piace tenere compagnia alla gente con il mio programma in radio, chiacchero un sacco e passo della musica che difficilmente si può sentire in Fm. Ma ho iniziato a sedici anni con la mia prima band Rock a fare concerti in giro e continuo a cantare: questa è la prima e la più forte passione che porto avanti, ciò che sento più mio e in cui mi riconosco davvero.

Per Encore hai girato un video musicale sia per la canzone “Bad Trip” che per “Protection”. Perchè non ci parli di queste due canzoni e del tipo di lavoro svolto per i video?
“Bad Trip” e “Protection” sono due brani molto diversi tra loro, pur facendo parte dello stesso disco. L’eterogenità penso sia la prima caratteristica nonchè un punto di forza di questo album. Comunque …due brani diversi, con due video diversi. Il video di “Protection” nasce dall’idea del regista Luca Acerno che ha voluto omaggiare un dipinto di Gericault del 1818 dal titolo “La Zattera della Medusa”. Il dipinto ritrae un momento di un evento storico realmente accaduto: parla di alcuni sopravvisuti che dopo giorni come naufraghi in mezzo all’oceano, finalmente vengono salvati. E di tutte le polemiche e scandali venuti alla luce dopo il salvataggio. Il testo di “Protection” in qualche modo parla proprio della possibilità di salvarsi, di capire i propri errori, farne tesoro e riuscire a migliorarsi, quindi la proposta del regista mi ha subito convinta. La realizzazione non è stata affatto facile: in un teatro di posa abbiamo ricreato la zattera con travi e legni, c’è  stato ottimo lavoro da parte di chi si è occupato della scenografia. Ovviamente era nostro intento far capire che non eravamo in mare, ma che tutto era finto e volutamente fake. “Bad Trip” invece è  un brano più semplice, più d’impatto e anche il video è meno elaborato. Il regista Filippo Gasparini mi ha parlato di questo giovane artista emiliano, Psiko Patik che aveva in mente da tempo di realizzare un suo disegno su delle grosse lastre di vetro per poi distruggerle. Mi è sembrato perfetto! Nel video quindi al mio playback si intervalla il lavoro di Psiko Patik che poi con tanto di martello distrugge tanto (altro che Miles Cyrus)!

So che hai collaborato con i Klogr, come e quando è nata questa iniziativa tra  voi? E soprattutto ho notato che suonerai qualche data live con loro (tra cui quella di Napoli); immagino ci proporrete qualcosa insieme?
Quando Rusty  mi ha proposto un featuring non ho potuto dire di no: i Klogr sono una band Alternative Metal italiana davvero potente. Al di là della stima professionale ci lega un rapporto di amicizia. Insieme a loro sono andata allo Sweden Rock Festival quest’estate come guest sul palco ed è stata un’esperienza meravigliosa. Da quel live è stato fatto il video di “Vultures Feas” in uscita proprio in questi giorni! Da li è poi nata l’idea di registrare allo Zeta Factory (studio di Rusty) e anche la possibilità di fare qualche live con entrambe le nostre band ! (29 novembre al Sea Legend di Pozzuoli (NA) e il 30 Novembre al C-Lounge di Ascoli Piceno, oltre a qualche palco già condiviso quest’estate)

Una domanda che è probabilmente da un milione di dollari: con tutti questi impegni che hai, in generale Alteria a cosa aspira?
Non sono una dai facili entusiasmi e nemmeno disillusa. Diciamo che il mio obiettivo è quello di fare più concerti possibili: piccoli, medi e grandi..l’importante è suonare e portare in giro la mia musica. Conquistare le persone passo dopo passo, live dopo live e costruendo così il mio progetto. Di sicuro poi un altro obiettivo che mi sono posta è quello di portare enCORE anche fuori dall’Italia e ci stiamo già muovendo per questo.

Del tuo tour cosa ci dici, dove suonerai nei prossimi giorni?
Il tour enCORE inizia il 23 novembre con il Release Party all’Honky Tonky di Seregno(MI) per poi proseguire in diverse città di Italia (Napoli, Udine, Torino, Verona, Bergamo, Verbania, Padova, Firenze…) Speriamo di riempire il calendario il più possibile!!! La dimensione live è quella che preferisco in assoluto! Prima di questa tranche di tour abbiamo già fatto una decina di date in tutto il nord Italia tra locali e festival quest’estate.

Bene Alteria, l’intervista si chiude qui, concludi come meglio ti pare…
 Intanto vi ringrazio per l’attenzione che prestate a progetti alternativi, non mainstream. Grazie! E grazie per la recensione che avete fatto su enCORE!E poi…concludo sempre citando il grande Ronnie J.Dio: Long Live Rock’n’Roll !

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Preti Pedofili

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Questa volta Rockambula ospita i Preti Pedofili, un gruppo all’avanguardia che da poco ha sfornato il secondo disco, L’Age d’Or. Ai microfoni c’è Andrea che oltre a parlarci del gruppo ci chiarirà qualche dettaglio sul disco.

Salve ragazzi e benvenuti su Rockambula. Per cominciare l’intervista che ne direste di presentare il gruppo ai nostri lettori?
L’11 agosto 2012 ad Affile, un comune in provincia di Roma, è stato dedicato un monumento a Rodolfo Graziani, criminale di guerra, terrorista, responsabile di sistematici stermini durante l’imperialismo italiano in Etiopia. A Pietro Badoglio, altro criminale di guerra, è dedicato addirittura un museo. Entrambi, con il benestare del loro superiore Benito Mussolini, decisero l’utilizzo sistematico di armi chimiche per lo sterminio di donne, bambini e uomini. Il 3 ottobre 2013 sono morte in acque italiane quasi 200 persone, in parte provenienti da terre in cui l’Italia ha commesso efferati crimini in passato. Italia che è stata già condannata nel 2012 dalla Corte europea dei diritti umani di Strasburgo per l’utilizzo della pratica barbara dei respingimenti in mare. Siamo un popolo di nazisti. I Preti Pedofili sono una rock band. Proviamo a rappresentare con la musica il disagio che viviamo oggigiorno.

Il nome del gruppo è un moniker forte, critico e molto accusatorio. Come mai avete deciso di chiamarvi cosi? Ma soprattutto vi siete procurati rogne dal 2011 ad oggi?
L’obiettivo del nome è quello di generare reazioni forti, di sdegno deciso o di abluzione indotta nei confronti dell’ascoltatore. Il prete pedofilo è considerato il massimo livello di degrado raggiunto dal genere umano nell’età contemporanea, la guida spirituale che si fa profanatrice dell’infanzia, il custode della fede che tradisce la propria comunità. Non ci sono particolari implicazioni anticlericali in questo moniker, a nostro modo di vedere. Il prete pedofilo è un uomo. E nell’osservarlo, inevitabilmente, si finisce per guardarsi allo specchio.

Per quanto riguarda il vostro stile di musica cosa ci dite, da chi sono influenzati i Preti Pedofili?
I nostri ascolti sono molto eterogenei e le influenze numerose. Si va dal Post Punk americano di Fugazi e Jesus Lizard, alla New Wave inglese, alla scena italiana degli anni 80 che ha visto nascere numerose band di spessore, sottovalutate sia dai contemporanei che dalla critica odierna. In più noi proviamo a metterci un gusto letterario nella stesura dei testi che sicuramente va in scia a quanto prodotto dai Bachi da Pietra e dai Massimo Volume, ma che evidentemente trae spunto da differenti letture. Fernando Pessoa è presente nel nostro ultimo lavoro in maniera esplicita, ma tra le righe è possibile leggere, in ordine sparso, anche Ciòran, Mordecai Richler, John Fante, Wu Ming, Lovecraft, Dino Campana, Vittorio Sereni e qualcos’altro che adesso non ricordo.

L’Age D’Or è il vostro nuovo EP o sbaglio? Perché non ci parlate della sua realizzazione, dove e come si sono svolte le fasi di registrazione e mixaggio?
L’Age d’Or non è un EP ma un disco full lenght, quindi un LP. Il lavoro è completamente autoprodotto. Ci piace curare in prima persona tutti i passaggi della fase creativa, dalla composizione alla registrazione al mixaggio e mastering finale. Cerchiamo di proporre qualcosa di nostro, di originale e quindi affidarci a terzi potrebbe compromettere i nostri propositi, indirizzandoci su sentieri già ampiamente battuti.

Per quanto riguarda le tematiche cosa ci dite, di cosa parlate e qual è il messaggio che vorreste far passare?
Le tematiche di questo nuovo lavoro sono abbastanza intimiste e introspettive, narrano delle microstorie di degrado che provano a costruire un mosaico di totale sfiducia nelle sorti dell’umanità. Parole altisonanti. Forse sarebbe meglio rispondere a questa domanda con una bella supercazzola o dicendo che ci piacciono i videogame. Ci siamo resi conto che è in atto un costante processo di “rincretinimento” nel panorama della musica underground. Una sorta di controcultura fatta di assenza di contenuti, o di contenuti idioti, un’involuzione che ha anche un significato sociale oltre che antropologico. Della serie: studio fino a trent’anni, mi prendo 4 lauree e resto disoccupato, a sto punto faccio lo scemo anch’io, chissà che ne esce qualcosa. O semplicemente hanno dequalificato a tal punto l’istruzione pubblica che oggi un ignorante può anche laurearsi. In questo senso ci rendiamo conto che il nostro progetto è totalmente fuori contesto, forse anche anacronistico da un certo punto di vista.

Ebbi il piacere di recensire Faust, il lavoro che vi fece esordire, tempo fa. Lo trovai fresco, originale, di buona qualità insomma. A parer vostro quali sono le principali differenze tra Faust e L’Age D’Or?
Sono due lavori antitetici. Faust sviscera i suoi brani nella lentezza esasperante dei tempi e delle strutture, L’Age d’Or è fulminante, isterico nelle sue continue e inaspettate variazioni. Faust è un monolite Doom, compatto e coerente. L’Age d’Or invece è più eterogeneo, mischia sonorità completamente diverse tra loro anche nello stesso brano. La cosa incredibile è che nonostante la virata netta, nei nostri live i brani de L’Age d’Or si alternano alla perfezione con quelli di Faust. Stiamo mettendo in atto un processo identitario e siamo contenti di questo.

Ho notato sulla vostra pagina Facebook che c’è anche un tour di supporto al nuovo lavoro. Ho visto che le date toccano diverse città. Come siete riusciti a procurarvi  un tour cosi sostanzioso in  Italia, che tipo di lavoro avete svolto?
Le etichette che hanno co-prodotto il disco, Toten Schwan, Sinusite Record, Spettro su tutte, hanno fatto un ottimo lavoro per far girare la nostra musica il più possibile. Noi ci abbiamo messo del nostro fondando una Netlabel, L’Odio Dischi che di fatto gestisce il nostro booking. Per il resto abbiamo un repertorio di quasi due ore di musica e il nostro cachet è davvero basso, quindi c’è un buon rapporto qualità prezzo nella nostra proposta.

A cosa aspirano i Preti Pedofili?
Il nostro sogno è arrivare a San Remo. Chiaramente senza dover sborsare un solo euro. Sul palco dell’Ariston finalmente potremo realizzare la nostra maggior aspirazione: pestare a sangue Fabio Fazio.

Bene ragazzi l’ intervista si chiude qui, concludete come meglio vi pare…
Vogliamo semplicemente ricordare che L’Age d’Or è in streaming e download gratuito a questo indirizzo. Anche i nostri concerti sono tutti gratis, potete scegliere dove e quando venire a vederci consultando l’elenco delle date sulla nostra pagina facebook. Gratis il disco, gratis i concerti. A tal proposito sarebbe legittimo da parte vostra chiedervi come facciamo a campare. Avanti fammi quest’ultima domanda. Come fate a campare?

Come fate a campare?
Grazie all’8 per mille.

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Indelirium Records Festeggia Dieci Anni!

Written by Interviste

Indelirium Records festeggia dieci anni di attività e noi di Rockambula non potevamo non fare qualche domanda al fondatore Emiliano Amicosante (conoscenza importantissima di Rockambula). Una chiacchierata veloce ma intensa per cercare di capire cosa vuol dire stampare fisicamente cd e produrre Hardcore in un duemilatredici infettato dal sistema internet.

Indelirium Records festeggia dieci anni, ci vuoi spiegare cos’è e come è nata Indelirium Records?
Indelirium Records è una piccola etichetta discografica nata con la voglia di dare una mano ad amici e band HardCore e Punk Rock della scena musicale italiana.

Dieci anni sono una bella età, quali sono state le peggiori e le migliori cose fatte in questi anni?
La cosa peggiore che ho fatto è sicuramente stata mettere su la label, poi per rimediare a questo grande errore, ho dovuto fare 55 Release Top.

Pensi che le etichette indipendenti (ma anche non) abbiano ancora qualcosa da dire nella musica attuale? Le trovi ancora importanti? Perché?
Purtroppo proprio giorni fa pensavo a questo argomento. Dopo varie riflessioni posso affermare con tanto disagio (ma solo perchè a me diverte gestire band ed avere a che fare con loro) che le piccole label come le grandi label oggi hanno ben poco da dire. Un ruolo importante potrebbero averlo queste nuove figure di manager o uffici stampa che si occupano del marketing delle band, ma le etichette come una volta forse non servono più. Prima una label aveva i contatti diretti con i distributori e negozi di settore (diciamo in tutto il mondo e comunque in territori molto vasti). Oggi con il disco fisico che non ha più tiro diventa inutile tutto questo dispendio di energie per distribuire un album. Per concludere, posso dire che oggi la musica è al 100% della band che se la canta e se la suona grazie a servizi di distribuzione digitale.

Stampare dischi ha ancora senso?
Assolutamente no!! Diciamo che per massimo un paio d’anni il CD potrebbe rimanere il souvenir del concerto da affiancare alle tante maglie colorate da acquistare nei banchetti. Ma tra due tre anni non avranno più senso. Se pensate che già da più di un anno sui nuovi Mac non vengono più montanti i lettori cd questa cosa già basta per rispondere alla domanda.

Ci parli delle soddisfazioni che hai vissuto con le band del tuo roster?
Soddisfazioni tantissime ma senza fare nomi di band, una delle prime cose belle sono state le tante vendite di dischi che arrivavano dal Giappone e Sud America. Delle vere soddisfazioni…

Un episodio totalmente negativo che vorresti raccontare?
Forse in dieci anni sicuramente sono successe anche cose sgradevoli, ma posso dire che se ci sono state le ho totalmente rimosse… in fin dai conti Indelirium Records è una label TOP, BEST e DA PAURA.

Stampare dischi non ha più senso?
Assolutamente no!! Diciamo che per massimo un paio d’anni il CD potrebbe rimanere il souvenir del concerto da affiancare alle tante maglie colorate da acquistare nei banchetti. Ma tra due tre anni non avranno più senso. Se pensate che già da più di un anno sui nuovi Mac non vengono più montanti i lettori cd questa cosa già basta per rispondere alla domanda.

La tua è un etichetta quasi completamente HC, pensi che la linea vada seguita sempre e comunque evitando modaioli generi che spopolano nell’ambiente Indie italiano? Non credi che un estremismo eccessivo possa essere causa di autolesionismo?
Penso che una label che nasce esclusivamente per divertimento possa fare quello che vuole, variare dal Rock demenziale al Metal brutale. Io personalmente fin dall’inizio ho sempre voluto dare alla mia etichetta un taglio ben preciso e non penso che in futuro sperimenterò su cose diverse dal Punk Rock o Hardcore.

Progetti futuri?
Continuare per un po’ a fare uscite fisiche di Punk Rock Hardcore e poi meditare se buttare la spugna e fare solo uscite digitali.

Parlaci della tua visione della musica in Italia, cosa andrebbe o non andrebbe fatto per rendere accettabile la qualità della musica in circolazione?
Penso che grazie al web il livello qualitativo delle band si è alzato molto. Bisognerebbe salvaguardare e migliorare l’aspetto live e di conseguenza sarebbe bello se in Italia si iniziassero a valorizzare i Live Club e farli diventare professionali e rispettosi nei confronti delle band come per esempio succede in nel resto d’Europa.

Cosa ti piace fuori dal mondo HC, ascolterai anche altro?
Ascolto veramente tantissima musica dal Black Metal al Pop Punk per poi passare al Indie
Rock per quanto riguarda l’ HC non lo ritengo un genere musicale ma passione è stile di vita

Grazie, questo è un piccolo spazio per fare promozione alla tua attività…
Grazie a voi per lo spazio che ci avete concesso, veniteci a trovare sulla pagina Facebook per scoprire tutte le nostre produzioni!
https://www.facebook.com/indeliriumrecords

Una produzione Indelirium Records

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The Old School

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Quattro baldi giovincelli che fanno un buon vecchio (e sano) Rock’n’Roll! Un po’ di Beatles, un po’ di Elvis e altri mattacchioni del genere”. Cosi si definiscono The Old School, una delle band di punta del panorama indipendente della Valle Peligna. Niccolò, Mario, Giovanni e Luca sono ormai una realtà affermata, nonostante la giovanissima età. Il loro segreto sta tutto nell’energia e nella metodica perfetta durante le esibizioni live, nella scelta di un genere oggi tornato tanto in voga grazie alle sue ritmiche travolgenti, nella tecnica sopra la media dei quattro ragazzi trattandosi di ventenni e nella scelta di puntare anche sulla composizione di pezzi originali, oltre che di cover. Scelta che lascia presagire la necessità espressiva e la voglia di andare oltre i tanti live in regione e magari fare breccia nel cuore di un pubblico più ampio.

Ciao ragazzi. Inutile chiedervi di presentarvi perché è praticamente impossibile non conoscervi. Iniziamo con un tema ancora caldo e che mi sta particolarmente a cuore. Il Contest Streetambula 2013 dello scorso 31 agosto. Siete saliti sul palco con una freddezza unica (anche troppa), esecuzione inappuntabile ma quinto posto su otto partecipanti. Che cosa è successo?
Dopo la serata abbiamo riascoltato accuratamente l’esibizione e siamo concordi nel ritenere che la nostra esecuzione sia stata perfetta… probabilmente troppo nel senso che il Rock’N’ Roll è un genere che richiede molta estemporaneità soprattutto dal vivo, l’emozione di partecipare ad un contest di così alto livello ci ha reso troppo esecutori e meno spensierati di altre esibizioni. In fondo siamo giovanissimi ed è tutta esperienza positiva. Questo può aver influito sul risultato seppure non riteniamo di essere stati inferiori agli altri gruppi arrivati prima di noi, bisogna considerare che per partecipare alla finale abbiamo superato in preselezioni gruppi validi.

Il vostro Rock’n Roll è indubbiamente spassoso e trascinante, soprattutto quando suonate dal vivo. Tuttavia molto spesso vi è rimproverata la quantità eccessiva di date live (spesso vicine nello spazio) che rischiano di diventare tutte troppo uniformi tra loro. Non avete timore di stancare il pubblico o di metterlo nella condizione di non riuscire ad apprezzarvi in maniera esaustiva, causa assuefazione?
Il rischio indubbiamente può esistere, però abbiamo avuto sempre buon riscontro da parte del pubblico che ci ha ascoltato anche in date ravvicinate. Inoltre abbiamo un repertorio che permette di coprire un tempo che va dall’ora fino a due ore e mezza, quindi riusciamo a miscelare i brani a seconda delle serate e del pubblico presente. Questo possibile problema scomparirà quando inizieremo a proporre scalette composte quasi esclusivamente di pezzi di nostra composizione, inoltre proprio in questo periodo abbiamo deciso di ridurre le date dal vivo per concentrarci su prove in studio per nuovi brani e qualche nuova cover non necessariamente Rock’N’Roll.

Altra rimostranza che vi è stata sollevata anche dalla giuria di Streetambula è la scarsa originalità in fase compositiva. Voi nascete come cover band Blues e Rock’n Roll. Pensate che questo possa aver frenato la vostra vena creativa?
Riguardo la scarsa originalità è un aspetto che può interessare tutti i generi e gruppi, riteniamo di essere comunque più originali di molte band che a primo ascolto potrebbero sembrare innovative, la realizzazione del cd ci permetterà di farci notare come band che sta prendendo una direzione sonora definita. L’ascolto attento di gruppi storici RNR e Brit Pop ci ha fatto comprendere che partendo da un modello si possono trovare combinazioni e sfumature che ti rendono molto originali.

Tuttavia mi avete confidato che ci saranno delle importanti novità proprio in questo senso (svolta Garage Revival?). Cambiamenti che potrebbero aiutarvi a farvi notare anche fuori dall’Abruzzo. Che cosa potete dirmi in tal senso?
Si certo, siamo in fase di continua ricerca sonora in questo periodo soprattutto in studio. L’utilizzo probabile di nuova strumentazione ci permetterà di rendere il suono più personale, Garage Revival è un’etichetta un po’ restrittiva di quello che stiamo creando, ma può andare bene per alcuni pezzi come filosofia sonora. Lo scopo è certamente quello di crescere e di toccare progressivamente realtà nuove al di fuori della nostra.

Nonostante vi troviate in una fase cruciale della vostra vita, qualcuno ha deciso di puntare su di voi e si è proposto di produrre il vostro primo album (Emme D Jey dei No Love Lost). Avete iniziato la registrazione ma non tutto è andato come doveva e l’appuntamento è prorogato. Che cosa è successo?
Da questo punto di vista siamo molto felici che Emme creda in noi e ci abbia proposto di produrre il nostro disco. Un supporto a 360 gradi in questo momento è fondamentale vista la nostra giovane età, in pratica possiamo concretamente ottenere un prodotto migliore da molti punti di vista, aspetto importantissimo per uscire dal nostro contesto usuale. In effetti, abbiamo conosciuto un nuovo aspetto della carriera del musicista, lo studio di registrazione che si è rivelato veramente ostico. Come dicevamo prima il RNR è una musica che dal vivo si esprime nella sua completezza ma ci siamo resi conto che la sua resa in studio è ostica nel senso che le registrazioni separate dei singoli strumenti rischiano di renderla fredda e asettica se non sono minuziosamente curate tutte le minime sfumature. Abbiamo deciso pertanto, con Salvatore Carducci di Musicalmente, dove stiamo registrando e a Emme D Jey di prenderci altro tempo per curare nuovi arrangiamenti e sonorità. E’ stato davvero un momento importante nel quale abbiamo fatto esperienza.

Da quanto ho capito, tre di voi quattro si sposteranno a Roma per studiare. Mi avete detto in passato di aver puntato forse troppo al live e poco alla sala prove eppure eravate a breve distanza. Ora come riuscirete a tenere unita la formazione e provare con frequenza e costanza?
Da questo punto di vista non si pongono problemi, ognuno di noi può gestire entrambi gli aspetti in maniera serena. Sappiamo che gli Old School sono per noi un momento fondamentale al quale non vogliamo assolutamente togliere spazio. Siamo grandi amici innanzitutto quindi ci intendiamo alla perfezione.

Scrivendo per diverse webzine nazionali di musica indipendente ho notato che molto spesso le formazioni di provincia vivono in una sorta di universo parallelo, fatto di autocompiacimento, che viaggia con ritmi più lenti rispetto alla scena indipendente nazionale. Si cercano spesso piccoli successi utili solo ad accrescere il proprio ego e si fa fatica a sfruttare le occasioni meno appaganti nel breve termine che possono presentarsi, pure per la difficoltà di accettare le critiche e i “No”. Questo anche perché poche band hanno un ufficio stampa dedicato e non si preoccupano di girare nei circuiti di webzine, riviste, locali, manifestazioni di stampo nazionale. Insomma, troppe hanno un approccio provinciale alla musica e la cosa è un ostacolo insormontabile verso il successo, che sia piccolo o grande, di pubblico o di critica ma comunque di livello nazionale. Ovviamente siete ancora molto giovani e la cosa non è di poco conto; ma com’è il vostro approccio nei confronti della scena indipendente? Pensate di essere abbastanza professionali o ancora troppo grezzi in tal senso?
Stiamo crescendo progressivamente ma la professionalità bisogna raggiungerla suonando e confrontandoci con nuovi contesti, in questo momento siamo consapevoli dei nostri mezzi ma sappiamo anche di dover prendere sempre esempio dai nostri modelli.

A questo proposito, cosa c’entra The Old School con Sanremo? È quella la strada giusta o solo una delle tante da percorrere sperando di arrivare chissà dove? Sapete dove volete arrivare e che tipo di band volete essere?
Sanremo rientra in un discorso di crescita professionale, una possibilità di capire meglio come può giudicarci un contesto diciamo “classico” e non proprio tradizionalmente RNR. Siamo perfettamente consapevoli di che band vogliamo essere nonostante la nostra giovane età, l’importante è cercare di lasciare un segno in chi ci ascolta.

Pensate di essere dalla parte del pubblico (con poca puzza sotto al naso ma anche molto volubile e sempre pronto a riprendersi la fama che ti ha dato, in un attimo e senza troppi scrupoli) o della critica (che si sforza di spingere chi ha davvero le qualità per emergere ma è spesso troppo lontana dai gusti della gente)?
Il confine tra pubblico e critica in fondo non è così marcato e siamo convinti che con la nostra musica possiamo lasciare un segno importante.

Ultima domanda. Sfondare in Italia è quasi impossibile e chi ci riesce, non è quasi mai il migliore e chi lo merita davvero. E allora perché lo fate?
Perché la musica è una parte irrinunciabile della nostra vita, avete detto bene è “quasi” impossibile, chi merita comunque può avere una chance importante.

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Stephanie

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Silvio “Don” Pizzica ha incontrato Stefania D’Amato, in arte Stephanie, cantante e cantautrice abruzzese (ma nata in terra americana) che insegue il sogno della celebrità per poter raccontare al mondo, il mondo che gira dentro la sua anima. Stephanie ci ha spiegato come è nata e si è evoluta la sua vita artistica e ci ha detto di più sulla sua voce, le sue parole e la sua musica indicandoci quale sia quel sogno che insegue da tanto tempo.

Ciao Stephanie. Per prima cosa, come stai?
Alla grande, grazie

Iniziamo con una domanda di una banalità imbarazzante. Il tuo vero nome è Stefania D’Amato ma hai scelto di cambiarlo artisticamente in Stephanie. Serviva davvero questa scelta per dare compimento alla tua proposta?
Sì, era necessaria e strettamente connessa alla mia tendenza a scrivere in inglese e a prediligere anche nell’ascolto pezzi di origine inglese, americana, canadese, volevo dare una coerenza alla lingua che uso nei miei testi (questo è il motivo principale), l’altra ragione è legata a una sorta di rivalsa per un nome che avrei sempre voluto mi venisse dato dai miei genitori (sai che sono nata negli Stati Uniti) che hanno invece preferito la “versione” italiana.

È la prima volta che il tuo nome compare tra le pagine di Rockambula eppure sono diversi anni che navighi nel mare della musica emergente. Che rapporto hai con la stampa e la critica di settore? Che canali prediligi per raggiungere il maggior numero di persone possibile?
Con la stampa ho buon rapporto, sarà perché finora le critiche sono state tutte positive! Ahaha  scherzo… decisamente un buon rapporto, la stampa e le tv locali mi seguono e sono sempre attente all’evoluzione della mia carriera. Poi qualora arrivassero critiche costituirebbero per me uno spunto per capire dove sto sbagliando, in cosa migliorare. Per diffondere la mia musica utilizzo i comuni social network Facebook e Twitter e la piattaforma di Youtube.

Non voglio certo essere inelegante rivelando la tua età ma non posso negare che tu non possa essere annoverata tra gli esordienti. Eppure sei ancora alla ricerca di una casa discografica e di un produttore. Credi che sia veramente cosi importante oggi avere una casa di produzione alle spalle?
Credo sia molto importante se non addirittura fondamentale,prima di tutto perché con una casa di produzione arrivi a mercati che con un’autoproduzione puoi solo sognare e anche per ovvie ragioni di natura economica. Per i miei due album Follow the Dream e Follow  the Dream vol.2 ho curato con le mie risorse la stampa  e la distribuzione e so cosa vuol dire in termini economici investire in un progetto musicale

Nelle esibizioni live ti accompagnano diversi musicisti. Vuoi presentarceli?
La band che mi accompagna attualmente è cambiata (se non per il batterista) rispetto alla precedente. Ma sono soddisfatta da questa formazione, siamo tutti molto affiatati e uniti, ci divertiamo tanto insieme. Alla chitarra ho Fabio Rosato, al basso Kristian Serafini e alla batteria la roccia del mio gruppo che è con me dall’inizio di quest’avventura, Giovanni Giannantonio.

Nella tua musica misceli alla perfezione le melodie del Pop, sia in lingua italiana che in inglese, alle ritmiche del Rock, sempre lasciando in primo piano la voce, assoluta protagonista. Cosa distingue la tua proposta da quella di tante altre ottime cantanti che circolano nel mondo della musica emergente?
Nelle mie canzoni ci sono io, le mie canzoni sono la mia lingua e la musica è il suono della mia anima che si racconta e narra la sua storia. Le mie canzoni hanno un filo conduttore che è il sogno inteso come realizzazione di se stessi e di quello che profondamente si desidera essere nella vita.  Racconto una verità. E’  questo ciò che mi distingue, perché quella verità è solo mia.

Cosa c’è di speciale nella tua voce?
Non so se la mia voce è speciale o no, la mia voce è solo uno strumento per comunicare qualcosa di forte, quello che sono e che sento, poi se essa è gradevole tanto meglio, ma non spetta a me dirlo

Nonostante i due album siano autoprodotti, c’è una notevole attenzione al supporto. In merito a questo, perché i due album “Follow the Dream” hanno lo stesso nome, Volume 1 e Volume 2? C’è un legame particolare tra i due lavori? Non è cambiato nulla in te, sia a livello espressivo che compositivo ed esecutivo tra i brani dell’uno e dell’altro?
Follow the Dream è stata una scommessa, avevo un entusiasmo tale quando iniziai a scrivere i miei primi pezzi che volevo farli conoscere al mondo intero. Da “Brand New Eyes” che è il primo testo che ho scritto, (la musica è di Andrea Tirimacco)  sono venuti fuori altre sei canzoni che ero in ansia di far conoscere ma non erano sufficienti per far uscire un disco , così ho deciso di registrare alcune cover di alcuni brani che ho sempre apprezzato e da qui è uscito il 1° volume. Il 2° volume è nato poco dopo perché avevo altri pezzi che nel frattempo avevo scritto che ho aggiunto a quelli contenuti nel vol.1. Ma ci sono altre due ragioni che spiegano l’uscita del 2° volume: un mio drastico cambiamento d’immagine che avrebbe destato confusione tra i seguaci, il desiderio di far capire a chi mi apprezzava che mi sentivo diversa e più decisa nel mio cammino artistico che stava iniziando a percorre  una direzione più consapevole; l’altra ragione è legata alla la produzione di una serie di videoclip  relativi ad alcuni miei pezzi che era giusto avessero un posto in una riedizione dell’album

Sempre in merito all’album Volume2, ho notato che oltre ai 10 brani, il supporto contiene tanti contenuti extra come clip, video in studio, live, interviste e tanto altro. Oggi che il Cd sembra sempre più in via d’estinzione, almeno come strumento di diffusione di massa, quale pensi che sia il futuro della musica? E quello del Cd?
Io credo che anche se  nel prossimo futuro il cd potrebbe essere rimpiazzato da supporti ben più moderni, è fisiologico che poi si tornerà a riutilizzarlo, come ultimamente si è tornati a scorgere i vinili sugli scaffali dei negozi, anche il cd tornerà ad essere apprezzato come lo è ora

Che rapporto hai con i nuovi strumenti di condivisione, gratuita e non, come Spotify, Soundcloud, Reverbnation, Youtube?
Ho il mio canale Youtube di cui “abuso”, nel senso che non posso farne a meno: è il principale veicolo di diffusione della mia musica, con un click puoi essere visto in ogni parte del mondo. Grazie al mio canale e alla visibilità che mi ha dato sul web, ho ricevuto  ad es. ordini del mio cd dagli Stati Uniti, dal Messico, dal Brasile

Assodata l’impossibilità a guadagnare vendendo dischi, agli artisti non resta che ripiegare con le date live. Tuttavia sempre più locali scelgono, per fare il pienone, pseudo Dj o cover/tribute band. Tu che hai anche fatto cover di brani famosi pensi che siano questi i nuovi nemici della musica indipendente ed emergente?
Purtroppo devo constatare che molti locali quando ti proponi come cantautore con i tuoi pezzi invece di apprezzare la grandezza di questa cosa, di complimentarsi per avere un progetto proprio di inediti, sminuiscono ciò che fai chiedendoti un repertorio vario che abbia soprattutto cover. E’ una realtà contro la quale si scontrano continuamente i cantautori come me. Tuttavia credo che proporre pezzi propri dia una soddisfazione impagabile all’artista che ha la fortuna di poterli presentare.

Quali artisti hanno ispirato la tua musica e a quale voce pensi di poter accostare, con rispetto, la tua voce?
Ascolto prevalentemente musica di artisti/e canadesi, americani ed inglesi. Con molto rispetto nei suoi confronti perché l’ammiro e la stimo smisuratamente, personalmente trovo che il mio timbro ricordi quello di Elisa. I miei fan concordano ma mi accostano spesso anche ad Alanis Morissette, Dolores O’ Riordan, Avrile Lavigne e Taylor Swift.

Chi pensa possa essere il tuo ascoltatore ideale?
Chiunque ascolti musica Pop/Rock, che ami il genere melodico adattabile all’acustico. Credo di avere un pubblico abbastanza eterogeneo, giovani e adulti senza distinzione.

Non è solo l’amore al centro dei tuoi testi (che scrivi tu stessa). Come trovi l’ispirazione per creare le liriche?
Come rispondevo ad una delle domande precedenti, nelle mie canzoni racconto me stessa, il cambiamento che ho subito grazie all’incaponimento nel perseguire il mio sogno chiamato musica. Nelle mie canzoni non ho filtri e credo che altre persone possano rivedersi in ciò che scrivo , in fondo il mio sogno consiste fondamentalmente nel voler trovare la mia dimensione, un modo di esistere che mi appaghi che si manifesta naturalmente cantando e comunicandolo nelle mie canzoni

La musica invece è scritta da Andrea Tirimacco. In che modo mettete insieme le vostre idee per creare una canzone? E che cos’è una canzone?
I testi delle mie canzoni sono scritti di mio pugno, la capacità di Andrea che stimo moltissimo come musicista e come persona sta, nel capire immediatamente che tappeto musicale possa sposarsi con ciò che scrivo e con semplicità raggiungere alti livelli di comunione musico testuale. Il nostro processo creativo è sempre stato molto naturale, come se la sua musica dialogasse con le mie parole, come se parlassero la stessa lingua. Una canzone è un pezzo di te racchiuso in una storia, è la voce del tuo cuore, è il manifesto della  visione che hai del mondo esterno ma soprattutto del tuo mondo, è una vibrazione del tuo spirito, “piccoli spiriti che vogliono farsi ascoltare, storie fatte di zucchero e sale “– Le voci nel cuore (Follow the dream vol.2)

Dove speri di poter arrivare, sognando e dove credi che sarai, tenendo  i piedi per terra, tra 10 anni?
I sogni ti portano lontano e almeno nella dimensione onirica raggiungi vette che nella realtà sembrano inarrivabili, ti danno quell’ottimismo necessario ad osare, a tentare di realizzare qualcosa “escaping pregiudice and loss of faith” (“sfuggendo al pregiudizio della gente e alla mancanza di fiducia che la gente può dimostrarti” – Follow the Dream  (Follow the Dream vol.2) – Insegui il sogno. Per citare la mia artista preferita “l’anima osa”: la volontà della tua anima di realizzare un sogno ti dona il coraggio di provarci a far sì che esso diventi una realtà, di buttarti, di osare.

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Silvio “Don” Pizzica. Streetambula!

Written by Interviste

Per una volta non siamo noi ad intervistare ma sono gli altri ad intervistare noi. Simona Pace di Zac settimanale del Centro Abruzzo ha incontrato il nostro Silvio “Don” Pizzica per parlare di Streetambula, che come saprete è la costola di Rockambula che si occupa di organizzare contest e serate live senza scopo di lucro con l’unico obiettivo di dare spazio agli artisti emergenti, creare luoghi in cui questi possano esibirsi e una rete che leghi tutti quelli che credono nella musica, quella vera. Ne è uscita fuori una bella chiacchierata che getta una luce di speranza in un panorama che sembrava sempre più desolante e che parla apparentemente dell’Abruzzo e del Centro Italia ma in realtà racconta di tante provincie (e non solo) italiane.

In cosa consiste l’ufficio promozione di Streetambula?
Dopo la conclusione del contest del 31 agosto, noi di Rockambula e i ragazzi di Nuove Frontiere (le due forze di Streetambula), abbiamo avuto modo di parlare a lungo con i partecipanti; band, giurati, espositori e pubblico. Tutti erano soddisfatti dell’organizzazione e della riuscita della serata. Per questo ci siamo detti: “Perché non dare un seguito a questa cosa che vada oltre il contest?”. E cosi è nato il Progetto Streetambula. Quello che facciamo in concreto è raccogliere le iscrizioni gratuite da parte delle band del centro Italia che devono fornire solo una biografia, delle foto e informazioni utili che finiscono sul nostro sito (ogni band ha una sua pagina); più i contatti di almeno tre locali che ospitano musica dal vivo emergente, indipendente e originale. Noi, quindi, incontriamo questi locali caldeggiando le band del progetto. Garantiamo loro partecipazione alle serate, cachet economici e tantissima promozione, anche grazie all’appoggio del portale Rockambula nel quale possiamo inserire le news dei live ed eventuali report delle serate più riuscite. In pratica Streetambula è due anime; Music Contest in periodi dell’anno precisi mentre per 365 giorni è Progetto volto a organizzare live nel centro Italia per i suoi iscritti.

Come è nata l’idea e quali gli obiettivi?
Da qualche anno ho assistito al sempre crescente interesse verso la musica indipendente di qualità nella nostra zona. Ho notato il numero elevato di persone che gravitano intorno al mondo della musica e non parlo solo di musicisti ma anche di realtà molto più complesse, solitamente lontane dalla provincia. Intendo studi di registrazione, webzine (Rockambula ha sede legale a Goriano ma il direttore, Riccardo Merolli e il caporedattore, che sarei io, viviamo a Pratola Peligna), etichette indipendenti, uffici stampa e di promozione e potrei elencare tante altre belle realtà, in questo senso. Mi sono sempre chiesto come poter mettere in contatto queste realtà per far tornare anche nel pubblico e nei gestori dei locali l’interesse verso la musica originale ed emergente e l’occasione buona si è avuta quando le idee mie e di Riccardo hanno incontrato quelle di Piergiuseppe Liberatore e tutta l’associazione Nuove Frontiere. Abbiamo quindi creato Streetambula con la scusa del contest ma con l’idea che sarebbe potuto diventare qualcosa di più, che permettesse ai giovani di avere i giusti spazi per esprimersi e aiutarli ad avere i mezzi per realizzare i loro sogni. Non a caso il Progetto Streetambula (che di Streetambula è appunto la parte organizzativa) nasce senza alcuno scopo di lucro (nessuna quota d’iscrizione e nessuna quota sulle serate; l’unica cosa che ci guadagniamo è promozione e visibilità) e i nostri contest prevedono sempre premi di spessore che servono ai gruppi per completare e continuare i loro peculiari percorsi artistici.

Siete riusciti già a creare una rete?
Abbiamo iniziato da poco ma, grazie al tanto lavoro e i tanti contatti che abbiamo grazie al sito Rockambula, possiamo dire che una rete già esiste. Vanno ancora rafforzati alcuni punti cardine e vanno allargate le trame ma possiamo dirci più che soddisfatti di come si stanno mettendo le cose. La rete è comunque in continua espansione, le band possono iscriversi in qualunque momento. La fase attuale è quella di contatto con i locali. Diciamo che il Progetto Streetambula ha quattro protagonisti. La stampa come voi e come noi di Rockambula che deve dare risalto alla cosa; le band e gli artisti che devono iscriversi. E fin qui possiamo dire che le cose procedono egregiamente. Poi ci sono i gestori di locali, perché senza di loro Streetambula può fare tanto ma non abbastanza; e quindi il pubblico che dovrà supportare le band e partecipare alle serate. Speriamo di non dover scoprire che uno di questi quattro protagonisti è il nostro nemico perché sarebbe non la nostra rovina (non ci fermeremo comunque) ma una sconfitta per la musica tutta.

Quanti gruppi o anche solisti si sono affidati al vostro servizio per ora?
Al contest tenutosi ad agosto scorso, parteciparono ventuno band, di cui una dalla Slovenia. Solo otto arrivarono in finale. Al Progetto Streetambula invece partecipano, per ora, quattordici band. Nel frattempo stiamo raccogliendo le iscrizioni per la sessione invernale di Streetambula Music Contest, che garantiamo, sarà emozionante per chi suonerà e per chi potrà ascoltare. Sempre per il progetto, abbiamo invece i contatti di oltre trenta locali.

Puntate a farvi spazio e ad agevolare la visibilità dei musicisti anche fuori l’Abruzzo?
Per quanto riguarda i contest non c’è alcuna limitazione territoriale e infatti, come ti dicevo, alle preselezioni hanno partecipato band, non solo da fuori Abruzzo ma anche da fuori Italia. Certamente, giacché le finali si svolgeranno, almeno per ora, solo sulle nostre terre, è più facile che a partecipare siano band corregionali a noi. Per quanto riguarda il Progetto Streetambula, il discorso è più complesso. Anche qui non mettiamo nessun paletto alla provenienza, anzi l’idea è di abbracciare tutto il territorio dell’Italia centrale. Ovviamente, garantendo noi anche partecipazione alle serate nei limiti del possibile, non possiamo negare che, questi limiti tendono a ingrandirsi a mano a mano che ci si allontana dalla Valle Peligna. Tuttavia Streetambula ha tanti organizzatori anche fuori dall’Abruzzo e siamo certi che, se ce ne sarà bisogno, qualcuno di noi potrà gestire anche eventuali situazione extra regione che dovessero presentarsi. Inoltre, sempre grazie a Rockambula possiamo promuovere le band partecipanti ai contest e al progetto attraverso recensioni (ultima quella dei Ghiaccio 1) sempre tuttavia imparziali, interviste e altro che sono lette da un pubblico vasto proveniente da tutta Italia come è quello di Rockambula, appunto.

Streetambula Contest: un bilancio dell’evento estivo, quali le aspirazioni future?
Il bilancio è ottimo. Tutto è andato esattamente come ci si aspettava anche grazie ai tanti partner che ci hanno sostenuto e gli amici che ci hanno aiutato con le foto (Alessandro Baroni), il sito Web (Andrea), i trailer e i video (Andrea Puglielli), la promozione e ogni immancabile problema che si è presentato è stato risolto immediatamente. È andata benissimo anche la sezione artistica, dove hanno esposto sia artisti e fotografi locali sia provenienti da tutto l’Abruzzo. Abbiamo anche avuto qualche disapprovazione, a volte condivisibile, altre volte meno.  Quello che posso garantire è che tutto è stato fatto nella maniera più trasparente possibile e le poche critiche che ci hanno tirato addosso, le prenderemo come un modo per fare meglio il prossimo anno. Del resto, se anche una critica è ingiusta, sarà comunque utile se presa come uno spunto per migliorare perché chiunque può sempre fare di più e questa è la nostra prima aspirazione, fare di più per la musica e per il territorio.

Da come mi hai fatto capire è in programma un evento invernale di Streetambula, dimmi un po’!
Hai ragione. Infatti, faremo meglio non dal prossimo anno ma già da quest’inverno. Stiamo organizzando un nuovo contest dal titolo Happy Birthday Grace (Streetambula Winter Session). In occasione del ventennale di Grace, mitico album di Jeff Buckley, Streetambula mette in palio la partecipazione all’album tributo che sarà realizzato e distribuito dagli studi milanesi di Qb Music. La band che vincerà il contest avrà diritto a registrare gratuitamente uno dei brani (che sarà assegnato dalla stessa Qb Music) contenuto nella tracklist di Grace presso gli studi di Milano. Avrà inoltre a disposizione un rimborso spese pari a € 100,00. Il brano, insieme con quello di altre nove band, andrà a completare la tracklist dell’album tributo a Grace che sarà poi distribuito dalla Qb Music. Ancora stiamo decidendo location e data e soprattutto sono in corso le preselezioni. Quindi, iscrivetevi numerosi. Vi aspettiamo.

Qual è la filosofia che caratterizza il vostro operato, cosa vi spinge a questo impegno?
Per quanto riguarda me e Riccardo, è la stessa filosofia che ci spinge a gestire, sempre senza scopo di lucro, una webzine di carattere nazionale come Rockambula. È l’amore per la musica, più nei suoi aspetti emozionali che non ultratecnici e freddi, che ci spinge ad ascoltare anche trecento dischi l’anno, pubblicare news, andare ai concerti, fare interviste, interagire con etichette e uffici stampa, scrivere articoli, recensioni, report e quant’altro. Adoriamo la musica vera, che sia Elettronica, Industrial, Pop o Rap. Adoriamo la musica tutta purché non si tratti di cover. In quel caso la questione si fa spinosa. La filosofia di Nuove Frontiere invece è nota ormai da anni a chi vive a Pratola e dintorni. Tutti i ragazzi, da Alessio a Piergiuseppe, da Duilia a Fabiolino, da Matteo a Luca, da Pino a Nicole e Francesco, da Lorenza a Stefano (scusate se non nomino tutti, ma sono veramente tanti) sono sempre stati attivi, nei modi più disparati, per animare la cittadina e la sua piazza, organizzare feste, eventi, dare una mano e soprattutto rendere viva Pratola. Lo spirito è quello. Divertirsi e far divertire i bambini come i ragazzi e gli adulti (pensate ai giochi popolari in piazza durante la Street by Street) e soprattutto farlo non tra fredde quattro mura ma nelle piazze. Nuove Frontiere è partecipazione attiva, impegno sociale e amore per la Valle Peligna. Streetambula è il riassunto di Rockambula e Street by Street (l’evento principale di Nuove Frontiere), amore per la musica che incontra l’amore per le proprie terre e le sue piazze. Non a caso la prima edizione si è tenuta proprio in piazza Garibaldi.

Musica indipendente = cultura: vi state rendendo conto che state mettendo su un movimento culturale altro, puntate e in che modo a svilupparlo?
La grandezza di quello che stiamo facendo è solo il risultato del tanto che abbiamo fatto in passato, sia con Rockambula sia con Nuove Frontiere e che magari è meno sotto gli occhi di tutti. Musica (indipendente ma non solo) è uguale a cultura. È innegabile. Ma cultura è anche libertà e partecipazione. Sono concetti legati tra loro. Inutile scrivere recensioni su Rockambula se nessuno le legge, inutile organizzare eventi se le persone restano sedute al bar di altre piazze a guardare la partita e lamentarsi di quanto sia noioso vivere a Pratola. Nessuno dovrebbe essere schiavo dei suoi preconcetti, dei pregiudizi, delle sue false convinzioni, delle cattive abitudini. Purtroppo quello che fa più male è scoprire che persone a te vicine, conoscenti, amici, ragazzi che ritenevi potessero avere gli stessi tuoi interessi alla buona riuscita di Streetambula (contest e progetto) t’ignorano, non ti considerano e magari ti criticano in maniera cattiva, senza apparenti motivi. Tutti dovrebbero capire che Streetambula non è nostra ma è di tutti e che se Pratola Peligna o qualunque altro paese cominciasse a brulicare di musica, cultura e gente a guadagnarci sarebbero tutti, dal ragazzo che suona in una cover band perché solo cosi trova spazio e cachet dignitosi da queste parti, alla band arrabbiata per l’esclusione dalle finali, dal negozio di generi alimentari che non regala il minimo contributo perché non ha nulla da guadagnarci, all’appassionato di cinema che di musica s’interessa poco.  Come dicevo prima, Streetambula ha quattro protagonisti e tutti hanno la stessa valenza. Se solo uno di questi viene meno, il Progetto Streetambula può dirsi concluso, almeno per come lo conosciamo ora. Ma non sarà un fallimento comunque, perché almeno sapremo contro chi combattere.  Sapremo se la musica ha un nemico al suo interno e a quel punto dovremo portarlo dalla nostra parte oppure trovare il modo di sconfiggerlo. Noi crediamo in ognuno di questi protagonisti e sappiamo che Streetambula diventerà un movimento culturale e un centro nevralgico per tutta la scena musicale indipendente d’Abruzzo e chissà, magari di tutta l’Italia. Nessuno può essere nemico della Musica.

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Voglio un Piano Quinquennale: Massimo Zamboni

Written by Interviste

Massimo Zamboni regala a Rockambula una breve ma significativa intervista, tra reunion dei CSI, collaborazione con la Baraldi, David Gilmour e piani quinquennali. Ecco cosa significa non ascoltare Indie Rock negli anni dieci.

Gli ultimi due dischi li hai fatti con Angela Baraldi…come nasce la collaborazione con lei? (a proposito un mio caro amico vorrebbe sapere come lei possa essere sempre così bella e fantastica sul palco).
Per puro caso, come accade per tutte le cose sensate. Componendo una canzone per la colonna sonora di un film di Andrea Adriatico sull’AIDS, il regista mi ha proposto di farla cantare ad Angela, molto adatta alla canzone, a suo dire. Così è stato, e Angela è ancora qua.

Una “reunion” inaspettata quella con i tuoi ex compagni di squadra dei CSI… potrebbe mai portare a un nuovo disco in studio o live?
Questo davvero non lo sa nessuno. Godiamoci questa indecisione dove le idee si assestano su strade nuove….

A questo punto dopo quella dei primi Litfiba e quella quasi completa dei CSI cui accennavamo poco fa la domanda nasce spontanea:  “A quando una dei CCCP?”
Mi sembra davvero improbabile.

Sei stato autore di diverse colonne sonore. Qual è il tuo rapporto con il cinema?
Lavorare sulle immagini ti insegna a non privilegiare necessariamente la melodia, come accade nelle canzoni, ma a creare atmosfere o paesaggi sonori armonici, a lavorare sulle peculiarità espressive dei suoni; e ancor più, ti insegna a non mettere al centro della composizione il tuo io narrante, e ingombrante.

L’ex bassista dei CCCP, Umberto Negri, tempo fa ha pubblicato un libro fotografico sui suoi anni nel gruppo. Tu hai mai pensato di mettere mano al tuo archivio e di fare un’operazione simile?
Direi di no.

Quali erano i chitarristi che sognavi di emulare da ragazzino?
Quelli che sogno di emulare ancora oggi, David Gilmour su tutti e Neil Young.

Chi pensi che un giorno invece possa raccogliere la tua eredità musicale?
Ecco questo proprio non saprei. Non so neanche se augurarmelo! Credete che io possa avere una eredità musicale? Non ci avevo mai pensato….

Cosa ne pensi dell’attuale scena musicale indipendente italiana?
Davvero non ho pensieri, non ascolto mai nulla…

Vuoi ancora un piano quinquennale, la stabilità come diceva la canzone “Live in Pankow”?
Certo! Anche se so che non funzionano mai, continuo a lanciare mentalmente i miei piani quinquennali. Anche solo per me….

Secondo te Internet ha davvero rappresentato la morte della musica?
In fondo la pirateria musicale esisteva già 30 anni fa quando si registravano le cassette dai vinili o dalla radio… Non credo proprio, la musica non muore certo per Internet, né per le cassette che registravamo da ragazzini. La musica muore quando c’è interesse, economico e culturale, a farla morire. Ma poi non muore mai.

Che ricordi hai del Consorzio Produttori Indipendenti e dei Dischi del Mulo?
Bei ricordi di una grande fatica e di buone soddisfazioni. Sentirsi parte promotrice di tante realtà musicali/culturali è stato confortante e stimolante. Ma non si può fare più di una volta per vita!

Quali sono i tuoi progetti futuri?
Vivere?

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Carcharodon

Written by Interviste

Sulle pagine di Rockambula abbiamo il piacere di scambiare qualche parola con  i Carcharodon, una  band Ligure attiva dal 2003 e che ultimamente sta ottenendo una notevole visibilità grazie alla loro nuova creatura Roachstomper. A parlarci di come stanno andando le cose per la band c’è Pixo, bassista e cantante Growl del gruppo. Tra una domanda e l’ altra siamo riusciti a scovare interessanti dettagli.

Ciao ragazzi e benvenuti su Rockambula. Direi di cominciare l’ intervista presentando i Carcharodon ai nostri lettori.
PIXO: Ciao, siamo i Carcharodon, band ligure formata nel 2003 con parecchi demos, ep e due CD all’attivo, abbiamo una passione smisurata per l’alcol e tutto ciò che è disagio. Il nostro stile è Macho Metal (titolo anche del nostro primo cd), una perfetta miscela di Blues, Country e Old School Death Metal. La nostra seconda uscita è il full length Roachstomper, che a parere di molti ascoltatori e reviewers è una sorta di miracolo, in quanto ogni influenza è perfettamente amalgamata dando alla luce un “graboid” fattto di riffs, melodia, muscoli e attitudine. Il cd è uscito per la Altsphere Production, casa discografica francese attenta alle uscite Stoner, Doom e  Death n Roll.

Roachstomper è il vostro nuovo disco e vi chiedo: “A cosa vi siete ispirati per comporlo in quanto l’album sono presenti titoli ironici?”
PIXO: In fase di composizione non abbiamo mai dei punti fissi a cui ispirarci,  il tutto viene dai nostri ascolti, dalle nostre vite e dagli stati emotivi espressi col suono. L’ironia è gran parte del lavoro perchè passiamo gran parte del nostro tempo a scherzare e prenderci in giro, la vita sarebbe terribilmente noiosa senza divertimento! I titoli, ironici o meno, sono ciò che rappresenta le nostre canzoni che sono una sorta di brevi racconti e metafore su come viviamo e cosa ci circonda.

Come e dove si sono svolte le fasi di registrazione e mixaggio del disco?
PIXO: Il disco è stato un parto abbastanza sofferto. È figlio di un Ep chiamato Promo Herectus, indirizzato alle labels per la ricerca di un deal discografico. Purtroppo fino alla fine delle registrazioni di Roachstomper non avevamo alcun contratto, poi, mandando tonnellate di materiale promo ecco che Jeff della Altsphere si è accorto di noi e si è innamorato, descrivendo Pig Squeal Nation come un inno!! E vedo che la canzone piace anche a te.. Le fasi di registrazione e mixing si sono svolte agli Injun Studios, un piccolo studio immerso nei boschi, l’iter è stato quello classico; tracce di batteria, basso, chitarra e infine voci e cori. Il mastering è stato invece affidato a Giovanni Nebbia degli Ithil Studios, che ha fatto un gran bel lavoro!

Personalmente in Roachstomper e nel precedente Macho Metal ho trovato una proposta musicale che spazia dagli Entombed ai Lynyrd Skynyrd, dai Motorhead ai Terrorizer ma quali gruppi hanno veramente influenzato i Carcharodon?
PIXO: Domanda difficile ma di rito; io penso che gli ascolti che veramente ti influenzano sono quelli che ti flashano per la prima volta, che ti schiaffeggiano con groove/emozione/melodia/violenza. Alcuni nomi alla rinfusa sono Carnivore, Hank III, Johnny Cash, Elvis Presley, High On Fire, Mastodon, Entombed, Pungent Stench, Blood Duster, Lynyrd Skynyrd.

Mettendo proprio a confronto i vostri due dischi Macho Metal e Roachstomper a parer vostro quali sono le principali differenze?
PIXO: La differenza più riconoscibile, a parer mio, è ovviamente la qualità di registrazione, siamo passati dall’home studio e home mastering (in Macho Metal ho registrato le parti di voce avvolto in un tappeto per non disturbare i vicini) ad uno studio professionale. Poi ovviamente altra differenza è la maturità compositiva dovuta anche all’inserimento di Max, nostro nuovo chitarrista e dannato hillbilly picker, con uno stile Country che fa impazzire. Diciamo che nel nuovo Roachstomper tutte le influenze musicali hanno trovato un loro spazio pur amalgamandosi col tutto. E’ come un cocktail fatto alla perfezione, riesci a gustare ogni componente alla perfezione, poi ne bevi troppi e vomiti. HA!

Cosa intendete con lo “schiacciare lo scarafaggio”?
E’ una storia lunga: Roachstomper è il termine utilizzato negli stati dell’America “southern” per indicare gli stivali da “cowboy”, perchè con la loro punta riesci a schiacciare gli scarafaggi negli angoli. Abbiamo scelto questo titolo per sottolineare le nostre influenze Country e per indicare che l’album andrà a schiacciare i molti detrattori che si nascondono negli angoli del mondo musicale. Suonando ne incontri a migliaia, Roachstomper è la nostra risposta, della serie :“Beccatevi questo e non disturbate la serata di quattro cowboys!”.

Con le date live come siete messi, dove suonerete nei prossimi giorni?
PIXO: Abbiamo uno show il quattordici settembre al Babilonia di Cervo, spazio autogestito  in cui ci troviamo a nostra dimensione. Sarà la data zero del nostro Roachstomping Tour 2013 che ci porterà negli States (South Carolina, Alabama, Georgia, Louisiana) da fine Settembre a metà Ottobre. Stiamo inoltre definendo ora il planning dei live al nostro ritorno, saremo di sicuro impegnati in una data ad Alassio a fine ottobre, al Brixton, storico live club che ci ha visti sbocciare. Poi a fine anno/inizio anno nuovo abbiamo in mente di entrare in studio e cominciare la preproduzione di un nuovo lavoro.

Per quanto riguarda la promozione del disco cosa ci dite? Come vi state muovendo?
PIXO: Roachstomper ha portato a molte novità, rispondere ad un sacco di interviste e, cosa molto gradita, un bacino di utenza molto ampio che ha visto in noi quello che altri gruppi non sanno offrire. Quindi direi:  “Interviste, serate alcoliche nei bar (anche quella è promozione) e pubblicità capillare sul web”. La Altsphere sotto questo aspetto sta facendo un buon lavoro, abbiamo anche una distribuzione fisica via PlasticHead e siamo in download digitale in tutto il mondo. Inoltre uscirà tra poco il nuovo merch, quindi..novità ce ne sono tantissime! Insomma, volete  musica giusta? Roachstomper fa per voi!

Voglio fare un piccolo passo indietro e tornare a qualche anno fa. Quando creaste Macho Metal non vi venne nessun timore per quanto riguarda critiche rivolte ad una sorta di sottogenere? Cosa è per voi il Macho Metal?
PIXO: Penso che il timore dovrebbe venire alle band  che non si impegnano nello sperimentare un genere nuovo ma decidono di nascere su generi che ormai hanno visto il loro tempo. La musica è evoluzione, sperimentazione, emozione. Ricalcare i passi di altri è come mangiare sempre pasta in bianco. Macho Metal è la nostra bandiera, stemma, leitmotiv: per noi significa essere liberi di vivere ogni cosa al massimo. A sorreggere lo stendardo trovi migliaia di bottiglie vuote, un legame fraterno tra noi 4 e con i fans, tonnellate di cd consumati, magliette di gruppi improbabili e biancheria sgommata.

Bene ragazzi l’ intervista si chiude qui, concludete come meglio vi pare.
PIXO: Un saluto a tutti i fans che ormai da 10 anni ci supportano e continuano a darci una mano emotiva, un sorriso dalla platea, una manata sulla spalla a fine concerto. Continuate a supportare il Macho Metal e l’underground! Grazie per lo spazio concesso su Rockambula!! CHEERS!

 

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À L’Aube Fluorescente

Written by Interviste

À L’Aube Fluorescente è la band vincitrice di AltrocheSanRemo Volume4. Nella nostra home potete vedere il loro banner e cliccandolo visitare la loro pagina Facebook mentre a breve avrete la possibilità di leggere la recensione del loro nuovo lavoro e vedere il primo videoclip proprio del pezzo che li ha portati alla vittoria. Nel frattempo Silvio “Don” Pizzica li ha intervistati e il risultato, che potete leggere di seguito, è una bella chiacchierata che spazia dalle curiosità del progetto, alla loro formazione, da qualche incomprensione (vedi domanda in cui si citano i MaDeDoPo, che volevano essere presi solo come esempio di band che ce l’ha fatta non solo grazie alla musica e non un riferimento stilistico), alle critiche e i complimenti della nostra redazione, per passare agli Smashing Pumpkins e a Steven Wilson, fino alle critiche alla critica musicale. Una lunga chiacchierata, una intervista vera in cui scoprirete l’anima di una band giovanissima che prova a fare le cose da grandi, districandosi con eleganza anche tra le questioni più spinose. Signore e signori, À L’Aube Fluorescente.

Ciao a tutti. Per prima cosa come state?
Ciao a te ed a tutta la redazione di Rockambula che ci ha concesso questa intervista. Siamo tutti carichi al punto giusto, pronti per i prossimi live!

Partiamo dalla domanda più banale di questo mondo. Come è nato il nome À L’Aube Fluorescente? Cosa significa, oltre il mero significato letterale? Perché il francese, visto che non c’entra molto con il vostro stile “anglosassone”?
Diciamo che la risposta che cerchi è all’interno della domanda che hai posto. Il nome si basa proprio su questa voglia di distaccarsi, almeno per quanto riguarda il primo impatto, da quello che è lo standard dei gruppi alternative rock italiani e stranieri. Ormai siamo abituati ad una marea di termini inglesi che sono entrati costantemente nel nostro vocabolario (e non fraintenderci, è assolutamente un bene) ma semplicemente ne eravamo un po’ stufi. È stato anche un modo per rinnovarsi, per respirare aria fresca. È dunque più che altro un’esigenza personale, senza nulla di particolarmente pretenzioso. Inoltre crediamo che in un certo senso la musicalità della lingua francese si sposi in maniera perfetta con la musica che cerchiamo di proporre, nonostante i testi siano scritti in inglese. È una sorta di assonanza inconscia che ci è venuta naturale sin da subito, già dalle prime prove quando lavoravamo ai primi arrangiamenti. Per quanto riguarda il significato preferiamo rimanere piuttosto coperti a riguardo, proprio per non togliere la possibilità a nessuno di associare il nome a quello che sente quando ascolta i nostri pezzi. Possiamo solo dirti che per noi esprime un profondo senso di rinascita, musicale e non.

Raccontateci molto brevemente come nasce questo progetto, cosa avete fatto fino ad ora e quali sono le strade artistiche percorse dai vari membri.
Le nostre strade artistiche sono molto simili; pur ascoltando generi di musica a volte molto distanti, abbiamo sempre avuto un’enorme passione per quella che suoniamo, eccezion fatta forse per Alberto, il nostro batterista, che dopo l’incontro con Paride (chitarra) in una cover band antecedente a questo progetto, si è avvicinato in modo prepotente all’alternative rock (che poi nella nostra musica ha un infinità di sfumature per i motivi sopra citati), entrando dunque nella line up definitiva. Jacopo (voce e basso) porta avanti diversi side project, come i Sixty Drops (l’ep uscirà ad Ottobre) e l’Articolo Il (duo con Lorenzo Lucci ormai super affermato in zona). Francesco (chitarra) lo trovate a suonare ovunque ci sia bisogno di un chitarrista, ci dorme pure con la chitarra, anche se ormai abbiamo abbastanza monopolizzato la sua attenzione!

Come descrivereste la vostra musica?
Beh domanda da un milione di dollari. Facciamo molta fatica anche noi a classificarci e a dire il vero non ci piace nemmeno molto. Sicuramente possiamo essere inquadrati in quell’enorme calderone che è l’Alternative Rock ma è un po’ come dire tutto e dire niente. Per far riferimento ad una cosa un po’ inusuale diciamo che in ogni arrangiamento cerchiamo sempre di essere il più raffinati possibile, evitando quelle che secondo noi sono scelte vistose, atte a far emergere il singolo strumento penalizzando il risultato finale. Facciamo tutto in funzione del pezzo. Se un chitarrista deve fare due accordi tutto il tempo per la miglior riuscita del brano non c’è nessun problema. La voglia di emergere come singoli non ci appartiene. In questo senso definiamo la nostra musica raffinata (non tanto per chi ascolta, quello è un giudizio che spetta agli altri) ma proprio per il modo che abbiamo di lavorare.

Parlateci del vostro ultimo lavoro in studio. Credo sia anche il primo, giusto?
Si è il nostro primo EP e si chiama Soar. Sarà anticipato dall’uscita del videoclip di Brand New Stupid Words, che avete già avuto modo di ascoltare. È stato registrato durante il maggio di quest’anno presso l’Acme Recording Studio di Davide Rosati, che è stato anche a tutti gli effetti un produttore artistico. Quello che ne è venuto fuori è un qualcosa ben oltre le nostre aspettative proprio perchè in studio si è creata subito una forte alchimia tra noi e Davide, che ci ha permesso di lavorare molto bene e senza nessun timore di esprimere in modo sincero la singola opinione su ogni arrangiamento. Questo aspetto è stato molto importante per dare ad ogni pezzo quel qualcosa in più che temevamo mancasse alla fine delle registrazioni. Siamo molto soddisfatti.

Come nasce una vostra canzone e cosa ritenete che sia una canzone?
Molto spesso Jacopo costruisce quelli che ci piace chiamare “scheletri”; si tratta sostanzialmente di bozze di testo e linea vocale su una melodia di basso o pianoforte. Da lì cominciamo a costruire gli arrangiamenti e ne prepariamo diversi per ogni strumento, finché non troviamo la combinazione ottimale. Altre volte si parte da riff o giri di chitarra molto semplici che vengono man mano resi più articolati, sempre nel rispetto del registro stilistico del pezzo. Poi Jacopo fa un lavoro altrettanto meticoloso di completamento dei testi, accompagnato da discussioni che spesso facciamo tutti insieme sul loro significato . Siamo piuttosto pignoli sulla questione grammatica e pronuncia, è un aspetto a cui teniamo tantissimo, forse spesso sottovalutato da molte band nostrane. Una canzone è nient’altro che un’evasione dal concetto di tempo per noi. Viviamo le nostre giornate scandite in un certo modo e molti non sanno nemmeno bene perchè. Una canzone è quell’elemento che messo nell’equazione dello scorrere del tempo quotidiano la scombina, la sbilancia.

La vostra dimensione ottimale è quella “elettrica” ma non disdegnate serate live in acustico. In fondo è uno scendere a compromessi per poter avere più spazio possibile, no? A cosa sareste disposti a rinunciare e a cosa non rinuncereste mai per un pezzo di successo. Cosa sareste disposti a fare per diventare i nuovi Management Del Dolore Post Operatorio (perdonatemi la provocazione)?
Ma no, non si tratta di scendere a compromessi, anzi. Amiamo profondamente l’acustico, siamo cresciuti col mito di quegli unplugged straordinari che solo gli anni 90 hanno saputo darci ed è logico che ne siamo allo stesso tempo estasiati ed affascinati. Ci piace (ri)arrangiare i pezzi, trasformarli e dargli una nuova luce. È quello della musica che più amiamo. Gli acustici per noi non sono uno scendere a compromessi, ora come ora sono quasi un’esigenza. È bello ritrovarsi in intimità e far ascoltare i propri pezzi come sono nati: con un basso praticamente spento, la porta della camera socchiusa ed una chitarra acustica. Per quanto riguarda il discorso delle rinunce è una politica che non ci appartiene. Noi sappiamo fare musica solo in questo modo, non conosciamo altre strade. Speriamo di riuscire a piacere per quello che siamo, è l’unica cosa che possiamo augurarci. Un pezzo pop non sapremmo nemmeno farlo! Per quanto riguarda la domanda sui Management la risposta è molto semplice: nulla. Ma non è una risposta dettata da gusti personali. Oggettivamente non abbiamo proprio nessun elemento che possa essere di contatto con una realtà come quella del gruppo abruzzese che hai citato (a parte essere abruzzesi, è ovvio!), non vediamo dunque come possa essere possibile seguire un percorso artistico simile. Sicuramente le strade che dobbiamo battere sono altre, e sono quelle che vogliamo perchè ce le siamo scelte.

Siete i freschissimi vincitori del nostro concorso AltrocheSanRemo Volume4. Perché avete scelto di parteciparvi e cosa vi è rimasto di questa esperienza?
Ci sembrava un’ottima vetrina per poter far ascoltare il singolo prima che uscisse ufficialmente, per testarlo diciamo, ed è andata molto bene. È stata un’esperienza che ha consolidato in noi ancor di più la consapevolezza riguardo l’importanza che ha oggi il web nel proporre musica.

Vincere un concorso come questo non è solo questione di qualità ma anche di conoscenze. Quanto è importante per voi avere un pubblico di affezionatissimi, spesso amici, che vi supporta? Non pensate che avere sempre quel gruppo di supporter della porta accanto ai vostri concerti, possa trasformarsi negativamente in un’ancora che vi lascia agganciati ad una dimensione provinciale?
Beh per una band che esiste ufficialmente da qualche mese (dato che siamo stati per molto tempo in sala prove ad arrangiare la scaletta che oggi proponiamo dal vivo) è già tantissimo avere un gruppo di supporter della porta accanto. Basta rendersi conto di dove si vive, di che situazione musicale c’è e quali possibilità di suonare in giro. Non abbiamo paura di confrontarci con realtà estranee alla nostra, basti pensare che siamo stati selezionati per suonare al Voci Dal Sud music festival a Salerno dove apriremo , insieme ad altre band, il concerto di Meg, Ettore Giuradei e Valerio Jovine. Un risultato assolutamente stupefacente se si pensa che la nostra prima data insieme ufficiale è stata il 4 maggio scorso ( se escludiamo una breve apparizione “confusionaria” nei primi mesi di sala prove).

Passiamo alle domande più “toste”, derivanti anche da alcune considerazioni scaturite dalla vostra partecipazione alle preselezione di Streetambula (p.s. complimenti, siete tra le 8 band finaliste che suoneranno il 31 agosto a Pratola Peligna (AQ)). La redazione di Rockambula ha evidenziato in voi alcuni limiti e alcuni punti di forza importanti. Ad esempio hanno criticato la poca originalità e l’eccessiva somiglianza con band come Placebo o con Melissa Auf Der Maur; qualcuno non ha apprezzato l’apparente necessità di scandire le parole da parte di Jacopo e la troppa povertà del suono delle chitarre. Particolarmente apprezzata invece la capacità di ricerca melodica, cosi come la tecnica vocale (evidente che Jacopo non si sia improvvisato cantante), e anche la pulizia sonora. Rispondete voi, come preferite, alle critiche e ai complimenti. P.s. uno solo dei redattori è stato particolarmente duro affermando che “non sono di nessun impatto e dovrebbero rivedere l’intera struttura sonora”.
Beh essendo una primissima uscita era ovvio che le critiche non potessero mancare. Sicuramente già ora, rispetto a quando abbiamo preparato i pezzi per l’ep ci sentiamo musicalmente molto cresciuti;di certo non credevamo di arrivare sulla top ten americana con un primo ep, registrato in 4 giorni. Ha ovviamente tutti i limiti che un primo lavoro , fatto molto in fretta, può avere. Ci sono delle cose da migliorare e da correggere, certo prima di esprimere giudizi di una certa rilevanza si dovrebbe tener conto delle tempistiche in studio che una band agli inizi può avere. Per quanto riguarda il sound delle chitarre è una scelta fortemente voluta. Non siamo i primi a farla e non saremo gli ultimi, è una questione di gusti di chi ascolta. Alla fin fine è solo il gusto personale che determina il successo o l’insuccesso di un brano, i tecnicismi servono a chi fa le recensioni, ma non sono quelle che fanno andare bene un singolo. Potrei dirti che il suono di Slash a me personalmente non piace, così come quello delle chitarre dei My Bloody Valentine (quasi vuote) mi faccia impazzire. A critiche e complimenti va dato il giusto peso. Siamo consapevoli di dover lavorare, le critiche ci aiutano a capire dove e come possiamo alzare la qualità.

Sul discorso dell’originalità, non siete certo gli unici che hanno guardato alle strade sicure e già battute del passato. È cosi pericoloso rischiare e provare a fare qualcosa di nuovo o semplicemente è impossibile essere considerati se si prova a sperimentare?
Questa è una domanda che leggiamo spesso nelle interviste di molte band. Molte webzine battono su questo discorso dell’originalità pensando che sia ancora una domanda “scomoda”. In realtà non lo è affatto. Seguendo questa linea di pensiero non avrebbero senso il 90% dei movimenti musicali che oggi esistono e vengono portati avanti. Dovremmo far chiudere baracca a tutto il Punk, a tutto il Post Punk, il Black Metal, il Post Grunge ed a tutti quei generi che vengono costantemente riproposti. Basti pensare che perfino i Sigur Ròs sono riusciti a diventare banali agli occhi della stampa musicale. Senza nulla togliere al grande lavoro che Rockambula fa per la musica emergente è una questione su cui c’è veramente poco da dibattere. Se c’è il talento emergi, qualunque sia il genere che proponi. Questo discorso poi in Italia vale doppio, proprio perchè rispetto agli altri paesi del mondo, a parità di genere, serve molto più talento.

Torniamo a cose più leggere. Abbiamo parlato di Placebo e Melissa Auf Der Maur. Ma quali  sono le band che più vi hanno influenzato e a cui più somigliate?
Beh due le avete già citate, le altre sono tantissime. Sarebbe impossibile farti un sunto. Diciamo che i punti fermi sono due: Smashing Pumpkins e A Perfect Circle. Non sappiamo quanto le ricordiamo, ma sicuramente ci hanno influenzato tantissimo.

Consigliatemi due band esordienti, una italiana e una straniera e quello che ritenete sia il miglior disco del 2013, italiano e straniero.
Beh in Italia gli About Wayne sono riusciti ad avere un grande seguito, nonostante le critiche nei loro confronti fossero sempre le solite, riguardo l’originalità e la questione delle strade conosciute. Per quanto riguarda l’estero i Bwani Juction sono una realtà scozzese molto interessante (restando sempre nell’ambito di gruppi strettamente esordienti). Sul discorso del miglior disco la domanda si fa molto personale. Diciamo che possiamo consigliare quelli che secondo noi sono due buoni dischi: l’omonimo Giuradei dei fratelli Giuradei e The Raven That Refused To Sing (and other stories) del mitico Steven Wilson.

Non vi chiedo certo perché cantate in inglese ma invece sono curioso di sapere di cosa parlano i vostri testi. Pensate che a chi vi ascolta interessino veramente le parole? Sono cosi importanti i testi nella musica Rock soprattutto?
Non sono semplicemente importanti, sono importantissimi. Veicolare un messaggio è il primo obiettivo che qualunque artista dovrebbe porsi e non essendo un gruppo strumentale il testo assume un’ importanza primaria. I nostri testi riconducono esperienze spesso personali ad una dimensione più ampia, generalizzata, attraverso un forte processo di trasformazione che a livello del tutto teorico dovrebbe portare l’ascoltatore a poter dare il significato che vuol vedere all’interno di quel pezzo. Tutto questo ovviamente tenendo costante il messaggio di fondo che deve essere percepito in maniera inconscia. Diciamo che è un grande metodo per mandare un messaggio senza imporlo. Crediamo molto nella forza delle idee non imposte, ma condivise.

Perché un ascoltatore, un nostro lettore, dovrebbe dare fiducia e il suo tempo a voi, prima che agli altri, non potendo darli a tutti?
Ci piacerebbe che chi sceglie di seguirci e supportarci possa avere il tempo per fare la stessa cosa con tutti i gruppi emergenti che ritiene meritevoli. È proprio il fenomeno delle “tifoserie” che ha contribuito ad uccidere la qualità della musica in Italia. Che trovi il tempo allora per tutti quelli che vuole supportare; la musica restituisce sempre molto più di quello che chiede.

Dove pensate di poter arrivare, in concreto? Quale è invece il vostro sogno e il vostro incubo di musicisti?
Per ora, molto in concreto, vogliamo solo arrivare alla realizzazione del nostro primo full length Non facciamo piani decennali. Il nostro sogno è quello di fare un buon disco ed entrare nella casa di qualche sconosciuto che decide di accendere lo stereo ed ascoltarci. Niente di più. Di incubi al momento non ne abbiamo, solo tanta voglia di fare e di fare bene.

Per un attimo non parliamo di voi. Come sempre, provo a farmi dare un nome. Quale è la band o l’artista Indie italiano più sopravvalutato in circolazione?
Dai, diciamo che tu ci hai provato e il tuo dovere l’hai fatto! Noi manteniamo il silenzio stampa per adesso, è troppo presto per giocarsi qualche nome. Metti che poi ci tocca suonarci, che si fa?!

Come detto, il 31 agosto parteciperete alle finali di Streetambula, music contest organizzato dalla nostra testata in collaborazione con Nuove Frontiere. Tanti premi importanti in palio, presenza garantita di etichette come la Indelirium Records, la V4V, la To Lose La Track (e tante altre) e rappresentanti di webzine importanti come Rockit, Ondarock, Mola Mola, Stordisco, ecc… Voi perché avete scelto di partecipare? E avete avuto modo di conoscere le altre band in gara? C’è qualcuno che vi ha colpito?
Beh che domanda! Abbiamo voluto partecipare proprio perchè avete fatto un lavoro straordinario di organizzazione e di coesione. Un’occasione che un gruppo emergente come il nostro non poteva farsi sfuggire. Abbiamo avuto modo di conoscere la musica dei Too Late To Wake in maniera approfondita e sono davvero una grande band. Sarà un piacere conoscerli e condividere il palco con loro (così come con tutti gli altri). Nei prossimi giorni ascolteremo per bene anche tutti gli artisti in gara. Non sentiamo la competizione, solo una grande voglia di confrontarci e imparare magari qualcosa dagli altri. È sempre bello passare delle giornate con dei musicisti.

Cosa avete in programma per l’immediato futuro? Album, live, video, qualunque cosa!
Intanto è imminente l’uscita del videoclip di “Brand New Stupid Words”. Sarà un videoclip animato realizzato da Tonino Bosco. Non vi diciamo di più per adesso. Poi gireremo a breve un altro video per promuovere un secondo singolo, dobbiamo ancora definire diversi dettagli. Sotto il punto di vista live avremo un agosto stra-pieno e ne siamo ben felici. Gireremo davvero parecchio e appena possibile pubblicheremo un calendario ufficiale. Poi sicuramente ci rimetteremo per bene a lavoro su tutti i pezzi che faranno parte del nostro primo album. Per ora non ci siamo dati una scadenza, vediamo come va la promozione dell’ep e poi decideremo il da farsi. Insomma, tanto lavoro e tanta strada da fare, ma tanta voglia di farla!

Ditemi quello che avrei dovuto chiedervi e non vi ho chiesto? Poi, se volete, rispondetemi.
Diciamo che essendo la nostra prima intervista non siamo abituatissimi a parlare, e per ora, ci sembra di aver parlato fin troppo! Speriamo che le canzoni possano essere per tutti una spiegazione più che sufficiente in merito a tutto quello che ci riguarda!

Ciao Rockambula e grazie di tutto! Stay alternative!

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Hard Grooves Drum School

Written by Interviste

Giorgio Di Giannantonio, classe 1981, è un batterista, un insegnante e uno dei fondatori della Hard Grooves Drum School di Raiano (AQ). Dopo la preparazione con Vincenzo Tortoris, Giorgio ha perfezionato la tecnica sul cajon con il M° Antonio Frangiosa, frequentando parallelamente l’Istituto Timba di Roma, sotto la supervisione del M° Marco Rovinelli. Ha inciso, tra gli altri, con Il Grande Scisma d’Oriente, con Trigger Boy e Bones Bag. Il suo curriculum si completa, poi, con una fitta attività di turnista, che l’ha visto esibirsi in Italia e all’estero. Giorgio e la Hard Grooves Drum School hanno messo in palio uno dei premi del Rock Contest Streetambula organizzato da Rockambula: i tre migliori batteristi selezionati dalla giuria avranno la possibilità di seguire gratuitamente delle lezioni intensive con lui. Per farvelo conoscere meglio e per tastare il polso della didattica musicale nostrana, abbiamo preparato una piccola intervista.

Ciao Giorgio benvenuto. Vorrei che ti presentassi brevemente ai nostri lettori, spiegando la tua preparazione e di cosa ti occupi esattamente.
Ciao Marialuisa, sono due anni che mi occupo del progetto Hard Grooves Drum School. Hard Grooves è una realtà nata da una idea mia e di Alessio D’Alessandro, batterista dei One Trax Minds. Volevamo creare una community al fine di attrarre l’interesse dei ragazzi verso quello che era la nostra passione più grande: l’amore per la batteria. Sentivamo l’esigenza di dar vita ad una piattaforma dove poter condividere le nostre esperienze, idee, gusti musicali. Successivamente è stata mia l’idea di arricchire quella piattaforma con dei corsi di batteria. Devo ammettere che per me questa è stata una sfida interessante, volevo buttar fuori tutto quello che avevo incamerato in anni di studio dello strumento. Dalle prime lezioni prese a Sulmona passando per i corsi seguiti al Timba di Roma finendo con la magnifica esperienza fatta con il Berklee College dove ho preso uno Specialist Certificate.

In Italia, oltre ai conservatori che hanno finalmente approvato l’indirizzo jazzistico, sono recentemente nate diverse scuole di musica specifiche per il pop e il rock. Come si inserisce la tua scuola in questa corrente? Che tipologia di corsi offre e in cosa credi si distingua particolarmente?
Per prima cosa ho voluto, dopo anni di studio, cercare di proporre ai ragazzi una scuola così come io la sognavo da studente. Voglio che i miei ragazzi abbiano accesso a quanto di meglio offre oggi la didattica, voglio vederli sempre interessati e curiosi. Credo poi che per mantenere alto il livello di apprendimento sia essenziale dar loro l’opportunità di suonare su strumenti di prim’ordine ed avere delle attrezzature adeguate. Per quanto riguarda il discorso dei conservatori e delle scuole indirizzate su generi specifici credo che questa scelta sia ad oggi necessaria. Non è più pensabile proporre una didattica distinta e separata rispetto quello che poi andremo a suonare. Detto questo, è essenziale stimolare il gusto dei ragazzi al fine di renderli non solo degli ottimi esecutori ma degli artisti capaci di creare musica valida. In questo voglio che la mia scuola sia diversa dalle altre. Devono diventare consapevoli dell’importanza degli ascolti.

Quali sono le qualità che deve avere secondo te un bravo insegnante di musica? Credi che sia indispensabile essere prima di tutto anche un buon esecutore?
Credo che un bravo insegnante di musica non debba mai smettere di essere un bravo studente. Se si cercano costantemente delle vie per migliorarsi sarà più semplice indicarle anche ai ragazzi. Non so se sia necessario essere dei buoni esecutori per poter insegnare. Quello di esecutore è un concetto che non amo, preferisco parlare di musicisti.

Nei tuoi anni di carriera, avrai senza dubbio visto passare numerose band. Quali sono secondo te le debolezze maggiori che le giovani formazioni mostrano di avere in studio? Come potrebbero migliorare?
Credo sarebbe più appropriato rivolgere questa domanda ad un fonico. Per quel che riguarda la registrazione della batteria ritengo sia importante curarne il suono e renderlo quanto più adatto al genere che si va ad affrontare. È altrettanto importante saper suonare bene con il metronomo.

Rockambula sta organizzando un Rock Contest per il mese di agosto. Tra i tanti premi, tra cui una sei giorni in full immersion nello studio di registrazione Acme, verrà assegnato un riconoscimento speciale per i tre migliori batteristi, che avranno l’onore di poter seguire gratuitamente le tue lezioni. Come e perché è nata questa collaborazione? Quali sono i parametri che pensi debbano essere presi in considerazione dalla giuria?
Questa collaborazione è figlia della stima che nutro per il vostro lavoro. Inoltre non nascondo che questa è un ottima occasione per far conoscere il progetto Hard Grooves. Per quel che riguarda i parametri credo che ogni giudice dovrebbe lasciarsi guidare dal proprio gusto personale. Non amo infatti una eccessiva razionalità nel giudizio musicale. Credo che nella musica conti il trasporto ed il ‘sentire’ (to feel) piuttosto che quella componente razionale e logica.

Lasciando stare le soluzioni e gli espedienti che una giovane band può intraprendere per cercare di emergere, quali sono le possibilità concrete di un eccellente strumentista in Italia?
Non credo si possa ambire oltre il ruolo da turnista. La formazione di molte scuole italiane è finalizzata a quella figura professionale.

Concludendo e salutandoti, vorrei chiederti di lasciarci con un piccolo consiglio pratico a tutti i musicisti che leggono Rockambula.
Ragazzi, uscite, vedete concerti e consumate quanta più musica vi è possibile.

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Christine Plays Viola (video intervista)

Written by Interviste

Dopo aver recensito Leocadia il nuovo Ep dei Christine Plays Viola il nostro Ulderico prova a fare di più e in occasione della registrazione del nuovo videoclip della band coglie l’attimo e realizza un’intervista esclusiva. Forti del tour Europeo appena terminato, dove i CPV hanno cavalcato i migliori palchi dei club live più esclusivi di mezza Europa, e della campagna su Musicraiser che ha permesso  alla band la realizzazione del nuovo Ep Leocadia, la redazione di Rockambula non si fa scappare l’occasione e fa il punto con la band di come sta cambiando il panorama musicale della musica indipendente grazie anche alle nuove tecnologie digitali.

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Granturismo

Written by Interviste

Dicono di fare Calypso Punk, con Caulonia Lumbo Ya Ya tornano a fare parlare di loro a tre anni dall’esordio discografico (Il Tempo di Una Danza, per Live Global) e si beccano il massimo dei voti dalla sottoscritta. Claudio Cavallaro (voce, chitarra e autore dei testi) ed Enrico Mao Bocchini (batteria e cori), mi hanno raccontato come è nato il disco, com’è stato il ritorno in studio e quali sono i loro criteri compositivi. Genuini e poliedrici come si intuisce dall’ascolto dei loro lavori, i Granturismo (per lo meno i due terzi intervistati) mi hanno anche confidato un paio di opinioni forti e ben delineate sul panorama musicale attuale, tanto nostrano quanto straniero, sull’eterno conflitto tra live e studio e su Music Raiser

Caulonia Limbo Ya Ya è un gran bell’album e anche un gran bel titolo, che risulta davvero azzeccato dopo aver sentito l’album anche solo una volta. Da dove arriva la scelta del nome?
Claudio: è una specie di formula voodoo che usiamo contro le cattive vibrazioni, contro il maltempo, la grandine, gli avvocati, la calvizie, gli hipster, le malattie veneree, le bollette del gas, gli sbirri, cose così. Una notte mi ha fermato un carabiniere e mi ha chiesto patente e libretto, poi voleva farmi il test dell’alcool ma io gli ho urlato in faccia appena in tempo CAULONIA LIMBO YA YA!!! Così lui si è messo sull’attenti, mi ha fatto il saluto militare e mi ha lasciato andare augurandomi la buonanotte.

Come sono nati i brani dell’album? Chi anticipa l’altro fra musica e testo?
Claudio: Ho scritto le canzoni  principalmente in casa, su una chitarra acustica, in autunno e inverno. Poi quando ci siamo trovati a provare a febbraio del 2012 con l’attuale formazione di Granturismo – che al momento oltre a me, alla chitarra e alla voce, comprende Enrico Mao Bocchini alla batteria e Alfredo Nuti alla chitarra – capitava che ne tirassi fuori qualcuno e lo usassimo come ceppo da modellare insieme come dei veri mastri falegnami. Di solito scrivo prima la musica e poi ci adagio sopra un testo, che oltre a raccontare qualcosa deve avere il sound giusto per poter essere cantato. La parte musicale è molto più intuitiva, appena ho l’idea per una melodia la sviluppo in maniera rapida, mentre i testi mi portano via molto più tempo. Sono capace di aspettare la parola giusta per mesi e mesi. Ho un limbo di una cinquantina di canzoni praticamente finite ma che non tiro fuori da lì perché magari qualche sillaba non mi suona ancora bene.

Non era la prima volta che entravate in uno studio di registrazione. Avete notato qualcosa di diverso rispetto ai vostri precedenti lavori? Mi riferisco tanto a una maggiore consapevolezza tecnica, quanto a una tendenza stilistica diversa.
Claudio: la sostanziale differenza rispetto al primo disco dei Granturismo è che questa volta abbiamo fatto esattamente quello che ci pareva, mentre magari in passato è capitato che mi affidassi a produttori navigati perché pensavo di non avere abbastanza esperienza e di non essere in grado di produrre un disco come si deve. Puoi anche farti produrre da Phil Spector o Danger Mouse, ma se non condividete un immaginario comune, c’è il rischio che il tuo suono e il tuo messaggio vengano stravolti. Registrando questo disco invece avevamo molta fiducia nei nostri mezzi e c’era molta coesione, e questo si sente.
Enrico: Abbiamo arrangiato i pezzi insieme, cercando di usare al meglio il poco che avevamo (una batteria, due amplificatori e due chitarre), abbiamo fatto attenzione a non suonare troppo, lasciando anche molti spazi vuoti. Poi siamo corsi in studio e li abbiamo spuntati in tre giorni.

I vostri testi sono spesso ironici, sia discorsivi, sia frammentari e cinematografici. L’immaginazione sembra essere sì un espediente comunicativo ma anche una via di fuga. Da cosa scappano i Granturismo e il loro pubblico?
Claudio: Di sicuro siamo in fuga, è una cosa che avverto, anche se non ho ben focalizzato da cosa stiamo scappando. Forse scappiamo dalle “perversioni del tempo che fa”. Forse scappiamo da qualcosa che ci ha già trovato.

Tropici, Mambo, giungle urbane, rime più o meno sottili, riferimenti letterari e richiami Pop. C’è sempre una grande attenzione a ciò che è “altro”. Come si inseriscono i Granturismo in questo panorama così variopinto?
Claudio: C’è sempre una grande attenzione a ciò che è altro: bello, hai individuato il punto di tutta la questione. Siamo sempre alla ricerca di nuovi stimoli, cerchiamo sempre di spingere i confini un po’ più in là. Sono una persona molto pigra, quindi se decido di attivarmi di sicuro non mi va di fare la stessa cosa due volte. Bisogna sempre temere quello che può partorire una mente cauta, o peggio, annoiata.
Enrico: Mi è sempre piaciuto il termine altro. Con i Granturismo cerco sempre di suonare in modo lontano forse perché i miei ascolti vengono da lì, sinceramente di musica attuale italiana ne ascolto veramente poca. Però mi sembra che il panorama italiano sia molto frammentato, direi che c’è posto anche per noi.

Nordici come i Kings of Convenience e caldi come Gilberto Gil. Secondo voi c’è un futuro geografico della musica? E quale potrebbe essere il ruolo dell’Italia? Insomma: il nostro panorama musicale attuale può tenere testa a quello estero e magari arrivare a influenzarlo?
Enrico: Forse non riuscirà mai a fare i grandi numeri come quello americano, però può influenzarlo sicuramente, anzi penso che succeda tutt’ora come in passato. Riesco benissimo a immaginarmi un produttore americano che gira su Youtube cercando qualche cosa di italiano che lo possa ispirare… sicuramente non esiste più un solo centro geografico della musica, sempre che sia esistito…
Claudio: Con la rete e canali come Youtube o Spotify non esiste più un tempo né un luogo: galleggiamo tutti nello stesso sconfinato, disordinato oceano. C’è da dire che tendenzialmente all’estero sono più aperti ad ascoltare prodotti di altri paesi. Basti pensare che proprio lunedì scorso la Radio Nacional De España (la RAI spagnola, per capirci) ci ha dedicato un’intera monografia durante uno dei suoi programmi più seguiti. Invece in Italia spesso non consideriamo nemmeno gli stessi italiani.

Il live è la dimensione più importante di ogni produzione musicale, sia per il contatto diretto con il pubblico dovuto alla compresenza di emittente (l’artista) e ricevente (il pubblico), sia per la chiarezza con cui emergono le competenze tecnico-strumentali. Voi vi sentite fedeli alla resa in studio? Come definireste il pubblico di un vostro concerto? Rispecchia il vostro ideale di pubblico?
Enrico: Secondo me lo studio e il live sono due cose abbastanza diverse, esistono tantissime band che dal vivo sono fortissime ma in studio non riescono a fare bei dischi, e viceversa. Noi cerchiamo di stare in mezzo a questo, anche se ultimamente lavorare in studio ci piace tantissimo!
Claudio: Con questo disco la resa studio e live praticamente combaciano, dal momento che abbiamo registrato tutto in presa diretta con quattro microfoni. Il nostro pubblico cambia continuamente, a seconda delle zone d’Italia e dai momenti. A volte il pubblico cambia per motivi che vanno aldilà della musica. Per farti un esempio, nel tour del primo disco abbiamo suonato in un paesino in Toscana, vicino a Lucca. Era pieno di ragazzine, boh. Io quella sera non ero molto in forma e durante il concerto ho vomitato sul palco e poi sono svenuto. Quando siamo tornati a suonare nello stesso posto un anno dopo, il pubblico era composto solo da ultras e punkabbestia.

Tra tutte le diavolerie che ci si è dovuti inventare per emergere, promuoversi, trovare finanziamenti a un progetto musicale, c’è Music Raiser, che è arrivato non solo ad attirare l’attenzione di artisti emergenti ma anche di musicisti che sono emersi da parecchio e che cercano nuovo lustro e festival come ArezzoWave. Che ne pensate?
Claudio: Lo stai chiedendo a uno che per realizzare Caulonia Limbo Ya Ya e promuoverlo si è autofinanziato e ha fatto un buco di svariate migliaia di euro in banca, e non sa se riuscirà mai a recuperarle. La cosa positiva è che la banca mi chiama ogni settimana per sapere come sto, e questo mi fa sentire meno solo, so che qualcuno mi pensa e ci tiene a me. Non sono d’accordo sul fatto che gli artisti promuovano collette per finanziare i propri lavori, le raccolte fondi per me andrebbero fatte solo per beni di prima necessità o per cose tipo i cataclismi e i terremoti. Se ami una cosa e ci credi devi essere pronto a rischiare tutto quello che hai, e anche di più, senza nessuna certezza… altrimenti che amore è? Avevo un amico che si era innamorato di una ragazza che era scappata in India, così lui qualche mese dopo ha mollato il lavoro e tutto quanto, ha comprato un biglietto di sola andata per Bombay ed è andato là a cercarla dappertutto, senza sapere se la cosa sarebbe andata a buon fine o meno, ma solo perché sentiva di doverlo farle. I veri artisti dovrebbero avere un tipo di atteggiamento del genere.
Enrico: Se non ci sono soldi per fare musica sarebbe giusto che la musica venisse realizzata senza quelli, pensa anche a che nuove estetiche musicali potrebbero nascere…

La domanda è scontata ma d’obbligo: in quale direzione muoverete i prossimi passi?
Claudio: è un po’ presto per parlare, però nella pausa tra un concerto e l’altro io ed Enrico ci incontriamo per suonare. Abbiamo improvvisato uno studio casalingo e, dal momento che abitiamo molto vicini, ogni volta che abbiamo qualche ora libera la dedichiamo a lavorare su qualche idea nuova. Abbiamo anche registrato 5-6 nuove tracce. Hanno un suono molto radicale, e un attitudine piuttosto Rock’n’roll: alcune si basano su groove torbidi e scuri, altre sono delle gioiose esplosioni di eccitazione selvaggia. Voglio proprio vedere che testi riuscirò a scrivere sopra delle cose del genere! Ma non è detto: all’ultimo momento potremmo sempre decidere di buttar via tutto e ripartire verso un’altra direzione.

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