Operazione curiosa, quella di Walter Pradel, che mi informano essere un ex-modello la cui vera passione è la musica, qui al secondo disco, insieme a Rondò Anthology (che non si capisce se sia un gruppo, un quartetto d’archi, un altro artista…).
Il disco è prodotto molto bene, e si presenta come un progetto su cui s’è investito parecchio. È un prodotto breve (cinque tracce + relativi strumentali) di un pop classico, gonfio d’archi e pianoforti, una voce pulita (Renga con meno estensione… una specie di Giò Di Tonno), testi che più banali non si può, melodie da bel canto, ogni tanto parte una chitarra elettrica dal sound epico che non si capisce cosa ci faccia là in mezzo.
Poi si arriva alla terza traccia, esplode una batteria elettronica direttamente dal peggior pop radiofonico italiano, e io mi arrendo.
Un disco che può funzionare solo a Sanremo o come regalo a vostra nonna, che apprezzerà di certo (a parte la batteria elettronica: la traccia 3 verrà costantemente skippata).
Novità
Walter Pradel e Rondò Anthology – Calma Tempesta BOPS (recensioni tutte d’un fiato)
Duchenne Music Project – S/T BOPS (recensioni tutte d’un fiato)
Il Duchenne Music Project non è il lavoro di una band, ma di un collettivo di artisti, accomunati dall’origine livornese e della volontà di sensibilizzare sulla distrofia muscolare di Duchenne e Beker. Il cd, il cui ricavato infatti viene devoluto a Parent Project Onlus, l’associazione di genitori con figli affetti da questa malattia, raccoglie sedici contributi i cui unici denominatori comuni sono la lingua inglese usata per la redazione dei testi letterari e la presenza di Matteo Caldari e Alessio Carli, i due ideatori del progetto, che hanno chiamato a partecipare altri musicisti della loro città. Ciascuno di questi porta le sue esperienze musicali pregresse, i suoi gusti, il suo stile. Ne esce un prodotto disomogeneo ma molto interessante: si va dal brit-pop all’indie americano, dalla new wave al reggae, dall’hard rock al folk, in uno spaccato dell’underground livornese che diversamente non si sarebbe potuto esplorare. La qualità, naturalmente, varia da traccia a traccia, con esiti molto interessanti come nel caso della beatlesiana Anymore, dell’americanissima The answer, della super indie Our Summer Nights o della delicata Dorothy. Al di là dell’impegno sociale, vale la pena di ascoltare quest’album e farsi un’idea della ricchezza del panorama indipendente nostrano.
Git & Cri – Git & Cri Ep BOPS (recensioni tutte d’un fiato)
Non è facile giudicare il lavoro di un disco basandosi su un minuscolo Ep di quattro pezzi. Certo che se la proposta dei Git & Cri, band trevigiana che ruota attorno al duo Stefano Zulian (chitarra) e Cristina Pizzol (voce), si dovesse riassumere nel primo pezzo “Summersweet”, non ci penserei due volte a dirvi di lasciar perdere. Un melenso Folk Pop, con pochissime idee espresse senza troppo entusiasmo e senza dimostrare quantomeno una tecnica fuori dalla norma. Evidentemente il tutto risulta incentrato sulla vocalità ma anche qui, non ci sono molte buone parole da spendere. Voce intonata perché non rischia mai di avvicinare i propri limiti e timbro dalla disarmante banalità. Poi arriva “Filled With Grace” e mi rendo conto, che questa ballatona strappalacrime, minimale ma comunque ricca di strumentazione e voci, in realtà quantomeno è orecchiabile e gradevole all’udito. Per un attimo spero di aver sbagliato nel condannare troppo in fretta ma “Bittersweet” mi riporta alla triste realtà. Voce inutile, suoni inutili e ci manca solo un ballo di fine anno tra la sfigata di turno e il figo dal cuore tenero in sottofondo e potrei anche farla finita qui e ora. Tutto il male è arrivato in lingua inglese ed io non mi sono sforzato troppo a comprendere le parole. Ma il vero calcio nelle orecchie mi arriva con “L’elefante”, che, come intuirete, è in lingua italiana. Resto senza parole, veramente non capisco come non ci si renda conto che per fare qualcosa di cosi ultrastrasentito, con arrangiamenti, testi, rime, ritmiche e melodie tanto banali ci voglia quantomeno una voce strepitosa. Non capisco ma dai, in fondo è solo un Ep.
Z-Felt – Come evitare la morte nei luoghi affollati BOPS (recensioni tutte d’un fiato)
Come evitare la morte nei luoghi affollati è l’album con il quale i pugliesi Z-Felt propongono sette brani, completamente improvvisati, senza struttura e senza testi. Musica tutta strumentale, per un certo verso ironica, pungente sperimentale al massimo. Ma come loro stessi scrivono Z-felt è non-musica, Z-felt è non-rumore, in realtà forse Z-felt è una scusa. La scusa di ciarlatani della musica. Forse tutto questo pensiero è costruito solo per poter suonare ciò che gli pare e piace, il che è apprezzabile perché, in fondo, non si nascondono dietro un genere o dietro all’idea stessa di non averlo. Il genere qui non esiste davvero e qualcuno potrebbe dire che non esiste neanche la musica. In effetti il trio, cresciuto tra musica e fumetti, lascia i virtuosismi ad altri, creando sicuramente qualcosa di nuovo e di inatteso. Come il significato di tutto il lavoro, che potrebbe voler dire tutto o niente, certo, dipende da chi ascolta. In effetti mi sembra di parlare di un quadro contemporaneo, ma forse un po’ lo è…
Makay – Equilibri Instabili BOPS (recensioni tutte d’un fiato)
Dentro questi cinque pezzi di Equilibri Instabili della band romana Makay, c’è una piccola bugia. Si tratta di un gruppo di cinque elementi (chitarre/basso/batteria/voce) nel quale artwork, testi e musica sono quasi tutta opera del chitarrista Alberto Marino. Eppure ogni momento del disco sembra essere destinato a promuovere la voce di Silvia Puddu più che la musica dei Makay. Sia nei brani più leggeri (“In Viaggio”, “Alla Ricerca Di Me”, “Mai Mai”), che in quelli più Rock (“Pensieri Rumorosi”), la melodia si tiene su linee soffici, morbide, precise e mai prepotenti, come a non voler minimamente rischiare di mettere in secondo piano quello che soffia dalle corde vocali di Silvia. Il più classico Pop proposto dalle varie voci femminili italiane (Giorgia, Elisa, ecc…). In verità, quella di Silvia è una voce gradevole, pulita, che ricorda a tratti la prima Elisa ma dal timbro fin troppo comune, nel suo mondo. A essere sincero, se dovessi basare il voto solo sui miei gusti, saremmo nell’ottica dell’insufficienza piena. Ma non posso negare la qualità vocale, l’esecuzione precisa, le sonorità distensive e accurate, perfette per fare da contorno alle parole. Se l’obiettivo era quello che ho intuito, i Makay ci sono riusciti alla grande. Fate una media di tutto questo ed ecco quel voto. La bugia? “Siamo una band, siamo i Makay”. Almeno in fase espositiva, non siete un gruppo, come non è un gruppo Vasco Rossi, Ligabue, ecc…. Tanti gregari, di cui uno straordinario nel suo eclettismo (Alberto Marino), al servizio del campione. Resta da capire se la voce di Silvia Puddu può davvero scalare la montagna del successo.
Thee Jones Bones – Stones of Revolution Ep BOPS (recensioni tutte d’un fiato)
Sono le 18,30 di un martedì grigio, salgo le scale di casa dopo il lavoro. Sono a pezzi.Giornata stressante, non voglio sentire nessuno. Mi cambio d’abito, butto dell’acqua sulla faccia per togliere la merda di questa giornata. Apro il frigo e prendo una birra, spengo il telefono, mi butto sul divano. Aaaaah.
Dura poco, l’angoscia comincia a sbranarmi. Come un cane randagio sui calzoni. Che palle!! Uffffff.
Mi alzo, non mi va di uscire, non mi va di sentire nessuno, non mi va di fare un cazzo!! Eppure non sono sereno. Mah… Mi sparo un disco. Mmmmm…. Fresco, Fresco. Appena arrivato. Vediamo un po’. La copertina colorata mi piace, arancione. Un uomoa dorso nudo che sembra un Hippy in sella ad un cavallo, con in mano una chitarra classica. L’angoscia sembra lasciar piede alla psichedeliadi copertina. Il mio cervello è fritto al punto giusto. L’olio di quest’ascolto comincia a gocciolare sull’mio impianto HiFi. La prima traccia Free si rivela un inno alla libertà. Superficialmente potrei dire: “Into the wild” Eddie Vedder. L’ho detto. Comunque a me il country Rock piace. Ha sempre quel sapore vintage di tempi andati e fa molto scafato. Buono…. Cazzo il secondo pezzo parte dritto. Tre strimpellate di chitarra e Allright for you. Una ballata, un misto tra RollingStones e David Bowie. Siamo passati dal country rock al puro rock’n’roll. Ci può stare, anche se finora niente di nuovo. Continuo. Ogni canzone un richiamo diverso. Una moltitudine di influenze per questa band. Sicuramente rock. Sicuramente seventies. Chitarre dure, ballate, arpeggi malinconici, cori soul. C’è tutto in quest’album. Un meltingpot. Bravi ragazzi l’esecuzione è perfetta, forse manca un po’ di fantasia e innovazione.
Chewingum – Nilo BOPS (recensioni tutte d’un fiato)
In questi giorni mi sono perso in lunghe discussioni sul valore di una recensione e, parallelamente, sulle caratteristiche che rendono l’indie pop italiano un genere cosi prendere o lasciare, “o lo ami o lo odi”. Perché vi dico questo? Perché i Chewingum fanno un album secondo me godibile, divertente, sentito, “di pancia”, in 11 canzoni che stanno tra electro-funk e pop bagnatissimo, testi nonsense spalla a spalla con liriche perfette e dolci come un’alba sul mare, atmosfere eteree e follie senza capo né coda, con una voce che mi si incolla in testa e non se ne va più. Ce ne sono tanti in giro così, lo so, ma rimane un disco che si lascia ascoltare (e ricordare). So anche che molti di voi, a leggere queste righe, faranno una smorfia disgustata: ma mettetevi il cuore in pace, è una recensione, e come spesso accade, l’oggettività si perde dopo i primi quattro aggettivi.
Lennon Kelly – Lennon Kelly Ep BOPS (recensioni tutte d’un fiato)
Il bello della musica folk è che quando la combini con altre ispirazioni non perde di naturalità: in fin dei conti è una musica che arriva dal basso, dal cuore e dal senso popolare e quando trova commistioni sincere non può che guadagnarne. I nostri Lennon Kelly riescono a convincerci. Non aspettatevi certo l’EP che sconvolgerà la scena folk-punk italiana, ma comunque un lavoro solido, fresco e ispirato: tempi terzinati, ritmi in levare, violini e fisarmoniche sapranno sicuramente convolgervi, anche solo per quei due secondi in cui terrete il tempo con il piedino. A tutti quelli che Van de Sfroos parla in una lingua strana e che i MCR dopo un po’ li ho consumati, questa release fa per voi.
Dead Man Watching – Love, come on!
Genere arduo, almeno per il sottoscritto, quello con cui si misurano i Dead Man Watching, trio veronese che dopo due Ep pubblica il suo primo “Full lenght”. Genere in cui è facilissimo sbagliare e risultare, come dire, un po’ banali. Fosse realmente alt country sarebbe facile bollarlo come un tedioso tentativo di sentirsi piccoli Neil Young alla riscossa. E invece l’album è una piacevolissima scoperta ascolto dopo ascolto. Ricchissimo di spunti, contaminazioni che vanno dallo slowcore al brit-pop i Dead Man mostrano di saperci fare e di catturare l’attenzione a piccoli colpi di classe e intelligenti accorgimenti che denotano stile ed eleganza. Avete presente quell’arguzia di Jeff Tweedy in grado di riabilitare cantautori solitari mid-seventies e farli apparire moderni e sensati rileggendoli in chiave anni novanta? E’ più o meno così che suona quest’album. Mascherata la tecnica e messe da parte volontà individuali di eccellere, il trio trova costantemente il giusto equilibrio tra i moltissimi ingredienti desiderati senza sbilanciarsi mai troppo. Minimale quanto basta per dare sensazioni più che lasciare soddisfatti, il disco passa con disinvoltura da momenti più acustici e intimisti (August Burns, Love, come on!) a spunti più devoti al classic rock (Give it a sound) sempre affrontati in maniera consapevole e originale: il crescendo finale di chitarra in Red Baloon non solo è da manuale ma è ancor più intrigante e spettacolare l’idea di smorzarlo quasi sul nascere evitando un evolversi banale e scontato. Piccoli grandi Wilco di casa nostra crescono.
Carnesi, Mimes Of Wine, Sycamore Age e molto altro per il gennaio dell’Agorà
Il Circolo Agorà di Cusano Milanino (MI) inaugura il 2013 con un mese di grandi concerti, ospitando il meglio della musica indipendente italiana. Gennaio inizierà con l’ alt-rock psichedelico dei SAKEE SED, band di Bergamo che fonde suggestioni blues, stoner, passando dalle atmosfere polverose dei saloon a quelle lisergiche dei loro amici Verdena, con i quali fra l’altro hanno diviso il palco al Ferrara Sotto Le Stelle. Si continua poi con una delle più interessanti realtà bluesy della Penisola, i THERE WILL BE BLOOD, tra il Mississippi e la West Coast, una delle tante ottime band marchiate Ghost Records. Ci si immergerà poi in mondi onirici, dove ogni oggetto può diventare uno strumento per creare nuovi universi sonori, con l’attesissimo live dei SYCAMORE AGE.
Prosegue la bellissima rassegna “ROBA DI CLASSE – Bonus Tracks” che nei mesi scorsi ha visto salire sul palco dell’Agorà nomi come Oratio, The Dad Horse Experience, Nicolas J.Roncea+Carmelo Pipitone (Marta Sui Tubi). A gennaio sarà la volta di MIMES OF WINE, il progetto della bravissima cantautrice LAURA LORIGA che, con le sue ballate noir a metà strada fra Cat Power, P.J. Harvey e atmosfere più dream-pop, ha conquistato il cuore dei Giardini Di Mirò, accompagnandoli per tutto il tour. Come tutti i concerti della rassegna, anche questo sarà con ingresso ad offerta libera. Un live davvero imperdibile.
Prosegue anche la rassegna “QUIET IS THE NEW LOUD – Suoni nuovi dal resto del mondo”, che dopo aver fatto arrivare dall’Europa band come Sea+Air, Rue Royale e AlascA, da quest’anno si spinge anche oltre oceano per portare sul palco del Circolo, tra gli altri, il cantautore statunitense DAVE MULDOON. Influenzato dalle atmosfere sporche e alcoliche di Tom Waits, Muldoon ha trascorso gli ultimi anni girando l’Europa e scrivendo canzoni. Il risultato è il bellissimo esordio Little Boy Blue, prodotto da Cesare Basile e mixato alle Officine Meccaniche di Mauro Pagani. Anche questa rassegna, come l’anno scorso, è ad offerta libera.
Il mese si chiuderà poi nel migliore dei modi, con il ritorno di NICCOLO’ CARNESI, il cui esordio “Gli eroi non escono il sabato” è stato unanimemente giudicato tra i migliori dell’anno appena finito. Ad aprire il live del cantautore siciliano, un’altra band proveniente dalla stessa terra, gli ANELLI SOLI, che presenteranno per la prima volta a Milano il loro primo album “Malomodo”, tra Verdena e Marta Sui Tubi.
Di seguito tutti gli appuntamenti di Gennaio, nel dettaglio.
Venerdì 4 gennaio
SAKEE SED + LACTIS FEVER
Rock psichedelico dalle basi della Roncola, ad alto tasso di whisky e blues.
€ 3
Venerdì 11 gennaio
THERE WILL BE BLOOD + MILK THEM
Le acque del Mississippi e la polvere della West Coast si fondono in questo trio sotto Ghost Records.
€ 3
Venerdì 18 gennaio
SYCAMORE AGE + MIR + LAST MEN ON THE MOON
Un’ immersione nei luoghi del sogno e della visione, là dove il sogno sconfina nel delirio poetico.
€ 3
Domenica 20 gennaio
“ROBA DI CLASSE – Bonus Tracks” fa MIMES OF WINE
Arrivano le ballate noir di Laura Loriga, sotto la maledizione dei Giardini Di Mirò.
up to you
Giovedì 24 gennaio
“QUIET IS THE NEW LOUD” – DAVE MULDOON
Direttamente dagli Stati Uniti, con in testa Tom Waits.
up to you
Venerdì 25 gennaio
DENIMOR
Questo trio torinese fonde rock, musical e arti circensi in una favola “mirabolante e fantabulosa”.
€ 3
Sabato 26 gennaio
NICOLO’ CARNESI + ANELLI SOLI + MARCO CRUPI
Il cantautore siciliano torna finalmente al Circolo, accompagnato da promettenti conterranei.
€ 3
Circolo Arci Agorà
Via Monte Grappa, 27
Cusano Milanino
web: http://www.agoracircolo.it/
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