Quarto disco per gli americani Cloud Nothings, capeggiati da un reinventato Dylan Baldi. Tutto completamente diverso rispetto ai precedenti lavori, questo Life Without Sound. Diverso perché si è persa la precedente intimità a vantaggio di chitarroni impetuosamente anni novanta, con una struttura decisamente più massiccia, e la consapevolezza dell’avvenuto riconoscimento internazionale.
Chiaro è che il disco gira bene, e non potrebbe essere altrimenti, il prodotto è studiato per scavare nelle viscere del pubblico più disparato, rompendo il muro della musica indie d’oltreoceano. Basti pensare al singolo “Modern Act”, che apre con un presente evidentissimo a “In Between Days” dei Cure. In preda a comparazioni sonore immaginarie riesco a vederci dentro Merci Miss Monroe (“Internal World”), e anche qualcosa di estremamente pungente come regola fondamentale di un delicato Punk californiano. Tutto composto nelle perfette regole del buon gusto Grunge New York style, quando assaporo vecchi ricordi alla Thurston Moore in “Enter Entirely”. Mi considero addirittura ultra nostalgico quando intravedo l’ombra onnipresente dei Mudhoney in “Sight Unseen”, ma queste percezioni sono sempre più evidenti ogni qualvolta ripeto gli ascolti per tirarci fuori qualcosa di importante da riportare.
Life Without Sound è la lampante dimostrazione di una scena ‘indie’ viva e degna di portare i propri prodotti in alte competizioni da classifica. I Cloud Nothings registrano un album per certi versi lusinghiero, che riesce subito a farsi volere bene. Sicuramente si griderà al miracolo, al suo posizionamento prematuro nelle classifiche di fine anno (che già si fanno da ora), ma non possiamo nasconderci, Life Without Sound è un lavoro ben fatto, con dei canoni di superiorità evidenti e sotto gli occhi di tutti. Ce ne fosse di roba cosi versatile in giro, la musica sarebbe un posto migliore.
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Last modified: 20 Febbraio 2019