Dark Morph – Dark Morph II

Written by Recensioni

Il leader dei Sigur Ròs alle prese col canto delle balene.
[ 01.05.2020 | Pomperipossa Records | ambient, drone, nature recording ]

Qual è il grande stereotipo che ha da sempre contraddistinto i detrattori della musica ambient e le loro motivazioni? Spesso questo genere musicale è associato a una sorta di snobismo intellettualoide, di falso contenuto mascherato dietro un’estetica ridondante. Gli ascoltatori di musica ambient non ascoltano altro che ruscelli e canti di balene, mentre sorseggiano pinot neri che non capiscono, ammirando opere d’arte moderna che sotto sotto schifano.

Non crediate che io stia esagerando, perché questi cliché me li sono ritrovati sbattuti in faccia non più di due giorni fa, mentre guardavo una pellicola hollywoodiana. Eppure l’ambient è molto più di questi stereotipi, è elettronica, manipolazione sonora, scelta dei suoni e tanto altro. Ok, ora in effetti mi ritrovo ad ascoltare il nuovo lavoro dei Dark Morph e, cazzo, è un disco sul canto delle balene, ma cerchiamo di non cascare nel tranello dei luoghi comuni.

Il moniker nasconde due nomi molto importanti della scena mondiale. Da un lato Carl Michael von Hausswolff, artista che fa della contaminazione visiva e sonora il suo punto di forza e padre di Anna von Hausswolff, eccentrica cantautrice dark svedese diventata nome noto dal 2018 con quel gioiello che era Dead Magic e che qui riveste il ruolo di produttrice con la sua Pomperipossa Records. Dall’altro Jón Þór “Jónsi” Birgisson, ovviamente leader dei Sigur Ròs, band islandese che ha segnato un’epoca e non richiede ulteriori presentazioni. A completare il quadro, un altro artista come Edward Quist in arte Embryoroom, che ha firmato l’ultimo videoclip dei Dark Morph.

Il suono di questo secondo capitolo del progetto prende a prestito i suoni dell’Oceano Pacifico al largo di isole Figi e Tonga, con particolare attenzione a quelli prodotti dai giganti del mare, e li fonde con voci aliene ed elettroniche creando una sorta di sinergia surreale tra ambiente naturale e artificiale, cosa ottimamente espressa nel video di Dark Wave e che acquisisce altri significati oggi in cui la natura dei microorganismi, dei virus, dei batteri è entrata in così stretto e deleterio contatto con la natura umana che si è dimostrata quanto mai incapace di una serena e pacifica convivenza.

Il fascino che da sempre l’uomo nutre per le profondità oceaniche è innato; mentre cerchiamo l’ignoto con gli occhi rivolti al cielo, c’è chi comprende che il vero mistero è nascosto sott’acqua, in quei luoghi apparentemente tanto vicini a noi eppure lontanissimi, irraggiungibili e stracolmi di creature sconosciute; luoghi in cui potrebbero nascondersi le forme di vita aliene che bramiamo di incontrare, sotto forme microscopiche e tutt’altro che antropomorfe, come raccontato in tanta letteratura nordeuropea.

Un’opera che vuole avere una duplice funzione: quella di raccontare un mondo in cui suono e silenzio danzano in perfetta armonia ma quella di anche condannare il rapporto malsano tra l’uomo e questo pianeta che continua a distruggere e devastare con i propri scarti e rifiuti; ambientalismo come causa da sostenere ma in una maniera che non brilla per originalità, considerando, tra gli altri, che identica struttura fu utilizzata dallo scrittore tedesco Frank Schatzing nella realizzazione de “Il Quinto Giorno”, bellissimo ed evocativo romanzo che ho avuto il piacere di leggere ormai sedici anni fa. Il libro parla di una crisi globale che arrivava dal mare, di una pandemia scoppiata in Europa e in America (altra grande corrispondenza). Di un protagonista, Sigur Johanson (e qui la cosa si fa interessante, vista la presenza nella band del cantante dei Sigur Ròs) e di una conclusione che mette in dubbio il ruolo dell’uomo sulla terra e della stessa religione. Analogie che potrebbe essere casuali, eppure suonano fortissime.

Tornando al disco, esso si compone di tre pezzi, di venti, otto e tre minuti, in cui al citato canto del mare si aggiungono voci e droni. Il risultato riesce nell’intento di essere evocativo come sperato ma non ha la complessità e l’omogeneità che sarebbe richiesta a un’opera del genere. Un pezzo come Dive-In ha una vita propria e non ha alcun bisogno del resto; così come la conclusiva Dark Wave ha l’autorevolezza per farsi tragica e drammatica conclusione di un’ipotetica pellicola o romanzo, ma la sua fugacità cozza con il residuo, tanto che se ne fatica a trovare il senso, così come proposta che pare voler indicare un tentativo di sbarazzarsene al più presto. Anche la struttura stessa del disco, con ritmi più lenti e lunghi, musica più rilassante e dilatata nella parte iniziale che man mano che si va avanti acquista intensità e tensione, accorciando gli eventi, sembra seguire una logica narrativa da romanzo, e questo contribuisce a creare un collegamento con l’opera di Schatzing, mai citata nella presentazione ma per noi di grande interesse.

Dark Morph II non è molto di più di tutto quello che conoscete in ambito ambient; non aggiunge nulla e non presenta alcuna trovata stilistica particolare. Non ci sono scelte di suoni e un loro utilizzo per cui valga la pena esaltarlo più del dovuto e non ha la forza di trascinarci nel mondo che racconta se non per qualche fugace istante. Non palesa in alcun modo l’intento sociale che racconta a parole lontano dal suono e rischia solo di alimentare gli stereotipi. È un disco bizzarro, solo per chi non ha mai dato ascolto all’ambient naturalistico; ma che, siamo certi, v’incuriosirà più per la presenza di Jònsi o di Anna von Hausswolff.
A chi mastica Brian Eno o Tim Hecker abitualmente, o ancor meglio il nature recording, risulterà un lavoro un po’ inutile che non merita troppe lodi, se non per l’intento salvaguardistico del mondo sommerso.

LINK

Bandcamp

SEGUICI

Web • Facebook • Instagram • Twitter • Spotify

Last modified: 6 Maggio 2020