DÌA è la catarsi emotiva di Ela Minus

Written by Recensioni

Il secondo album della producer colombiana è un crescendo elettronico per demolire i muri che costruiamo nella nostra mente.
[ 17.01.2025 | Domino | electronic, synthpop, atmospheric house ]

Dalle strade caotiche e disordinate di Bogotà al rigore della vita universitaria di Boston. Dall’adolescenza hardcore punk come batterista dei Ratón Pérez agli studi jazz e alla costruzione e programmazione di sintetizzatori, fino alla scoperta della club culture.

Un percorso di crescita umana e professionale non banale quello di Ela Minus (aka Gabriela Jimeno Caldas), a cui si affiancano le lotte femministe, il pensiero anticapitalista e tutti i temi che convergeranno in acts of rebellion, l’album di debutto datato ormai 2020. La copertina nera, il volto coperto, lo sguardo deciso, una manifestante che alza la voce e il volume.

Fast forward a gennaio 2025, quando, sempre per Domino, esce DÌA, l’atteso secondo album.
Cinque anni tra debutto e sophomore non sono pochi, soprattutto per un’industria musicale che predilige il tutto e subito, dove non puoi pensare di “pubblicare un album ogni 3 o 4 anni”, dove l’engagement continuo è tutto. Cinque anni di crisi e turbamenti interiori, di domande a cui ha dovuto trovare le risposte da sola, di canzoni diventate auto-psicanalisi mentre venivano scritte.

ABRIR MONTE apre l’album con un lento crescendo atmosferico, il beat che emerge timidamente. “Aprire un sentiero per la montagna attraverso la vegetazione” è il significato del modo di dire colombiano che titola la traccia, nello stesso modo in cui queste note più morbide ci introducono ad un lavoro decisamente più intimista di acts of rebellion. Si nasce incendiari e si muore pompieri, forse?

Alla ricerca di certezze.

BROKEN mette subito le cose in chiaro. A volte bisogna perdersi per ritrovarsi, altre è necessario focalizzarsi prima di tutto sulle battaglie dentro di noi. L’incipit è fulminante (“Mother, I’ve been a fool, I let them in / Even when you said to not listen / Went to hell and back, laughed all the way / Now I’m broken”) per un brano che scambia la propulsione techno del debutto per un synthpop in cassa dritta decisamente più accomodante, così come l’immagine di copertina, stavolta luminosa, il volto di Ela Minus scoperto, gli occhi che si perdono fuori campo.

Ci sono meno certezze in DÌA: è un disco che nasce da una crisi e che vuole trovare risposte a domande che nascono insieme ai brani. IDK segue una linea tematica simile, quasi ammettendo da subito la sconfitta (“I don’t know what I’m doing / I feel lost / Listening to the voices”) mentre il tappeto di synth si avviluppa su sé stesso, accartocciandosi come un pezzo di carta nel camino acceso. 

L’album è un crescendo. QQQQ è un inno da club che aiuta a rilasciare la tensione accumulata da una serie di brani tosti, ma sembra anch’esso trattenuto, come se la festa stesse avvenendo qualche stanza più in là rispetto alla nostra. I WANT TO BE BETTER è una canzone d’amore, una promessa non mantenuta, musicalmente una versione semplificata dell’ultimə Fever Ray, sia nel tappeto sonoro che nell’utilizzo della voce.

D’accordo, direte voi, ma si tratta di un disco solo di ricerca e catarsi interiore? Dove sono i bpm di acts of rebellion? Dov’è che si balla?

Ela Minus © Alvaro Arisó
“Non fermarti finché non è bruciato tutto”.

Ad ogni azione corrisponde una reazione uguale e contraria. ONWARDS e UPWARDS sono il punto di esplosione di DÌA, due facce della stessa medaglia.
La prima, scura e nichilista, rappresenta la consapevolezza di avere annullato sé stessi per compiacere gli altri (“I set myself on fire / Just to see / If I could get your respect”), mentre la seconda è scritta come mantra per il proprio benessere interiore, un consiglio dall’esterno per ricordarci che la lotta per stare meglio deve partire da noi (“I’d love to save you / But you’ve got to save yourself”).

Musicalmente è qui che si balla: il corpo può perdersi nei beat ossessivi e nel ritmo già insito nelle melodie, ma è bello accorgersi di come anche questi due pezzi potrebbero funzionare alla grande senza la componente da dancefloor, forse addirittura senza cassa in quattro. 

Una volta che ONWARDS e UPWARDS hanno fatto bruciare il club, COMBAT è la risoluzione finale, la cenere sul pavimento, il tempo di ricostruire. Curiosamente, è anche l’unico brano dell’album realizzato a partire da strumenti non elettronici (in questo caso strumenti a fiato), quasi a simboleggiare la rinascita, una nuova vita, il germoglio che cresce sotto i resti della foresta in fiamme.

Più i muri si avvicinano, più forte è il desiderio di abbatterli” declama una frase del brano finale, e forse la pubblicazione stessa di DÌA è la conferma che Ela Minus questi muri è riuscita a buttarli giù, o che comunque è sulla buona strada per demolirli.
Anche perché la risoluzione ora è forte, lo sguardo in copertina non sembra più così vacuo e assente ma ha una direzione precisa, uno scopo. È come dice il mantra con cui si chiude l’album: “De no parar hasta quemarlo todo”, non fermarti finché non è bruciato tutto.

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Last modified: 29 Gennaio 2025