La Premiata Forneria Marconi, appena li ascoltò in un concerto durante un festival pop di avanguardie e nuove tendenze li presentò ad un allora giovane Lucio Battisti direttore e discografico della Numero Uno il quale non ci pensò su un attimo a scritturarli, mentre Mamone – allora il manager della scena live per antonomasia – dopo avergli fatto cambiare nome da Immortali in Acqua Fragile, li fece esibire come supporto in concerti memorabili con Curved Air, Gentle Giant, Soft Machine e vari altri, e la notorietà non si fece attendere, tanto che anche la critica – mai ampollosa e rassicurante come in quegli anni storti – ne scrisse grassettati ed euforici commenti.
Bernardo Lanzetti, Pier Emilio Canavera, Gino Campanini, Maurizio Mori e Franz Dondi, si fecero conoscere in tutta Italia, la loro musica – un condensato di Genesis, Gentle Giant e sprazzi chiaroscuri di Velvet Underground – diventò man mano la colonna sonora dei affollatissimi raduni di massa alternativi che in quei tempi si tenevano in ogni cm quadrato della nazione, e il loro universo sonoro approdò in questo primo lavoro discografico omonimo, un disco che mise d’accordo la critica formale, ma scatenò la reazione di quella underground che non gli perdonò mai – alla band emiliana – di fare la controfigura inverosimile dei Genesis e di Peter Gabriel in primis. Ora può essere anche vero che il sound d’oltre manica influenzasse morbosamente la costruzione parziale del disco, ma da farne una guerra ce ne correva, ed ascoltare quelle sette tracce che costituivano l’ossatura del disco non tutto è andato in malora, specialmodo nelle brezze west coast di “Science fiction suite”, “Going out” come nella dolcezza immutabile di “Morning comes”, inno agli svolazzi del progressive in alta uniforme.
Un disco che divise la controcultura, un disco che come arrivò non se ne volle più andare, ed ora un disco da ripescare e risollevare verso l’alto.
Last modified: 15 Ottobre 2012