Forte delle innumerevoli esperienze sui palchi di tutt’Italia al seguito di Lauzi, Lucio Battisti e Antonello Venditti, un giovane e concretamente sognatore Ivan Graziani, si “mette in proprio” accasandosi alla casa discografica Numero Uno del maestro Mogol, e, sempre accorto agli scambi artistici diretti e indiretti con l’amico e sodale Venditti, esce allo scoperto con questo ottimo disco “Ballata per 4 stagioni”, l’esordio ufficiale di un artista che in futuro colorerà la scena musicale italiana di canzoni simbolo nonchè scuola diretta per molti cantautori a venire.
Con una voce in falsetto, vero e proprio marchio dell’artista, Graziani è un personaggio di una genialità creativa non trascurabile, un talento poetico e diciamo anche chitarristico (anche se in questo album il suo amore primario sembra essere il pianoforte o le tastiere in generale, ma che in secondo tempo abbandonerà) che si fa notare subito e con interesse, la sua è una forma melodica malinconica e briosa nel contempo, amori, ricordi, trasparenze e brividi sono la costante delle sue opere/canzoni, e che in questo disco vengono fuori come gemme primaverili, quell’estetica cantautoriale che lo porterà tra i grandi della storia sonante italiana.
Dieci canzoni arrangiate anche da un valente Claudio Pascoli e che scorrono straordinariamente in una dolcezza di timbri e vezzi che in un certo modo rivoluzionano al contrario gli impeti della canzone contro di allora, praticamente ricollocando la poetica diretta sopra le metafore infingarde che si nascondevano nella protest song e che da li a poco andrà a scemare, e questo valore aggiuntivo proposto da Graziani viene premiato e salutato da stampa di settore e critica come una ventata di “tradizione in avanti” esemplare; canzoni tenere e luminose, canzoni a presa rapida come l’atmosfera slogata di “Dimmi ci credi tu?”, i ricordi in salsa progressive “I giorni di Novembre”, il folk-pop a giostrina di “Il campo della fiera”, o l’intimità di una donna “Come”, una tracklist pensante e ben costruita, subliminata nel finale dalla bella ballata lounge tra sax e trombe “E sei cosi bella”, traccia che chiude un primo successo discografico che ne aprirà altri, molti, nel dopo di carriera.
Disco basilare della discografia di un cantautore sfortunato ma che ha fatto luce – con la sua alchimia di semplicità e talento – su incomprensioni e marchette pop di cui la musica di allora godeva e ci si infagottava senza ritegno.
Last modified: 5 Novembre 2012