Big Thief, Pond, Alice Phoebe Lou… e dopo gli ultimi annunci la lista si è arricchita.
Qualche settimana fa altri 17 artisti sono stati aggiunti alla line up del Primavera Sound 2019 ormai alle porte, su un nuovo palco Heineken all’interno del Parc del Fòrum. Your Heineken Stage occuperà lo spazio che era stato dell’Heineken Hidden, all’interno di un tendone con una capienza di 2000 persone, e oltre agli incontri con gli artisti ospiterà anche la proiezione della finale della UEFA Champions League (per quel che mi riguarda tutto molto bello, vuol dire che per 90 minuti sotto gli altri palchi staremo più larghi).
Degli artisti sull’Your Heinelken, metà sono stati scelti in quanto proposti dagli stessi fan e l’altra metà è composta da gruppi spagnoli che suoneranno canzoni delle loro band preferite. Si tratta dei protagonisti del “Grande libro della corrispondenza tra musicisti fan di altri musicisti”: Mujeres nelle canzoni dei Los Saicos, Me and the Bees in brani dei Breeders, Evripidis and his Tragedies negli inni dei Magnetic Fields, Viva Belgrado nella ferocia degli At The Drive In, Aliment nel repertorio dei Television Personalities, e ancora i Birkins insieme a Ken Stringfellow in memoria di Ziggy Stardust e Kokoshca nelle hit di Las Grecas.
Piroshka, Swervedriver, Él Mató a un Policía Motorizado, Bush Tetras, Chandra, 107 Faunos, The Comet Is Coming, Pylon Reenactment Society, Severed Heads, The Bevis Frond : questi invece i prescelti direttamente dal pubblico del Primavera Sound. Io non ho idea di come si facesse ad esprimere la propria preferenza, tant’è che non ho votato, ma la sorte per una volta è stata dalla mia parte senza bisogno di muovere un dito, perché nella discografia di questi artisti ci sono ben 3 degli album che più sto apprezzando in questo 2019, che vanno ad aggiungersi alla lista delle uscite fresche fresche di cui non vedo l’ora di testare la resa in versione live a Barcellona.
ALICE PHOEBE LOU – PAPER CASTLES
[ 08.03.2019 | autoprodotto | synth pop, funk, soul ]
Sudafricana di base a Berlino, al secondo lavoro in long-playing. La biondissima cantautrice conquista con una voce da usignolo morbida e confortante ma capace di sorprendere al momento giusto, di quelle che evocano eleganti timbri d’antan ma sono poi in grado di risultare estremamente contemporanee. Dagli arrangiamenti fluidi di Paper Castles – che si muovono in ambito pop ma, arricchiti da dettagli sintetici e suggestioni esotiche, dalla ovvietà dei motivetti riescono sempre a tenersi a debita distanza – viene fuori un’artista che ha il fascino sadcore glitterato di Lana Del Rey senza il bisogno di essere altrettanto teatrale.
SWERVEDRIVER – FUTURE RUINS
[ 25.01.2019 | Rock Action Records | alt rock, shoegaze ]
Dopo l’annuncio della presenza della band britannica, anche gli ultimi rimasti a lamentarsi della carenza di chitarre non avranno più nulla da obiettare. Future Ruins è un ritorno in grande stile per Adam Franklin e Jimmy Hartridge, i due superstiti della formazione originaria, pubblicato a febbraio dalla label di base a Glasgow fondata dai Mogwai. Conquista sin dall’opener Mary Winter, tra detonanti giri di chitarre e sterzate umorali. La precarietà di questi tempi è al centro della narrazione, raccontata con pochi elementi ben costruiti – sezione ritmica robusta e feedback a profusione – per una musica che parla fluentemente al futuro con linguaggio consueto e confortante, senza il bisogno di ricorrere a escamotage avveniristici.
THE COMET IS COMING – TRUST IN THE LIFEFORCE OF THE DEEP MYSTERY
[ 15.03.2019 | Impulse! Records | free jazz, funk, psych ]
Bis di performance per Shabaka Hutchings, che oltre al live coi Sons of Kemet in versione XL si esibirà anche all’Your Heineken con un altro dei suoi tanti progetti, fresco di una delle uscite più accattivanti di questo 2019. Ritmi afro mistici e perturbanti, a base di fiati eclettici e imprevedibili, un’armonia caotica che in nove tracce condensa solennità, sperimentazione e atmosfere ancestrali. Uno dei momenti migliori del sophomore targato The Comet is Coming è senza dubbio Blood Of The Past, impreziosito dallo spoken sferzante di un’ospite di riguardo come Kate Tempest, che ovviamente tutti ci aspettiamo di veder salire sul palco.
PIROSHKA – BRICKBAT
[ 15.02.2019 | Bella Union | alt pop, new wave ]
Un nome che potrebbe suonare poco familiare, ma dietro al moniker Piroshka ci sono quattro componenti che negli anni 90 con le loro formazioni hanno fatto la storia dell’alternative: Miki Berenyi dei Lush, K. J. McKillop dei Moose, Justin Welch degli Elastica e Michael Conroy dei Modern English. Il fatto che non poteva che venirne fuori qualcosa di interessantissimo era già chiaro dallo scorso anno, quando uscirono un paio di singoli ad anticipare questo Brickbat. Melodie decisamente pop rese accattivanti dall’attitudine new wave degli arrangiamenti e dalle incursioni di fiati e di archi al momento giusto: che si tratti di ballad malinconiche o di scanzonati uptempo, con quattro personalità come queste il risultato è garantito.
ELENA SETIÉN – ANOTHER KIND OF REVOLUTION
[ 15.02.2019 | Thrill Jockey | alt folk ]
Con un paio di pubblicazioni alle spalle, la polistrumentista di San Sebastián è approdata su etichetta statunitense con l’album uscito all’inizio di quest’anno, un lavoro che si lascia apprezzare per la leggiadria degli arrangiamenti, estremamente caratterizzati dalla presenza di un piano Wurlitzer, ma soprattutto per la pregnanza del songwriting che coinvolge il personale universo di Elena così come le questioni sociali della piccola fetta di mondo in cui è nata. “We grow like a tree with roots that remain / Much more endurant than our simple name”: Another Kind Of Revolution non è un disco politico, ma i suoi versi che parlano di legami e distacchi sono costantemente tesi a sviscerare le implicazioni di una frattura collettiva – quella tra il governo spagnolo e i separatisti baschi – sulle singole esistenze. Il coinvolgimento sociale per molti versi è vicino a quello delle composizioni di Amanda Palmer, ma qui si esplicita in atmosfere fiabesche e sussurrate, a dimostrare che una rivoluzione gentile è possibile.
CHAI – PUNK
[ 15.03.2015 | Heavenly Recordings / PIAS | bubblegum pop ]
Not exactly my cup of tea, è il caso di dirlo, ma riguardo al sophomore delle giapponesi ho sentito pareri così contrastanti che a questo punto è d’obbligo aggiungere la resa live prima di emettere un giudizio complessivo sul lavoro di questa band tutta al femminile. In ogni caso non lasciatevi ingannare dal titolo: anche a volersi lanciare in un volo pindarico di quelli che ora vanno di moda – quelli in cui qualsiasi tentativo di definire una roba si conclude con un “è il nuovo punk” – di punk vero e proprio in Punk ce n’è pochino. Quello delle Chai è un pop emblematico della proposta proveniente dall’estremo Oriente (qualcuno lo chiama j-pop): massimalista, martellante e caramellato. Non saranno le uniche rappresentanti del genere: insieme a loro anche Haru Nemuri e le pioniere Shonen Knife, scelte che ancora una volta testimoniano l’intento della kermesse catalana, ossia quello di offrire uno spaccato di contemporaneità geograficamente quanto più ampio possibile.
ALDOUS HARDING – DESIGNER
[ 26.04.2019 | 4AD | alt folk ]
Sotto l’egida di John Parish, due anni fa la neozelandese pubblicava Party, un album dal fascino spigoloso, che questo suo successore non possiede. Intendiamoci, non che affascinante non lo sia, ma Designer sembra avere altra natura, è pacifico, evita le linee vocali sghembe che evocavano Joanna Newsom e si priva delle screziature dark goth e che tanto caratterizzavano le composizioni prettamente acustiche del capitolo precedente. La sfida sembra essere quella di ridurre ai minimi termini e riuscire comunque a disegnare tensioni emotive con scarni stilemi folk. Ecco, diciamo che io parto con delle riserve, ma diciamo pure che i concerti servono a scioglierne, e sono abbastanza certa del fatto che con la sua presenza scenica asciutta e magnetica Aldous Harding mi stregherà così come è accaduto quando si è esibita a Ypsigrock 2017.
POND – TASMANIA
[ 01.03.2019 | Interscope | alt pop, psych, glam rock ]
Una presenza incombe sull’ottavo lavoro in studio degli australiani: quella di Kevin Parker. Non che sia la prima volta che il frontman dei Tame Impala contribuisce alla produzione di un disco dei Pond, ma stavolta il tono glam rock sintetico e scintillante inaugurato da Parker con Currents suona netto e determinante nel ridisegnare la materia psych di cui sono fatti Nick Allbrock e soci. Altro fattore determinante elemento che in questo cambio di rotta dev’essere stato il passaggio a una major, anche se a casa Interscope ci tengono a mantenere intatte le peculiarità alternative. Detto questo, se ogni volta che una band cede agli istinti pop viene fuori un disco bello come Tasmania, allora ben vengano più infatuazioni melodiche per tutti.
BIG THIEF – U.F.O.F.
[ 26.04.2019 | 4AD | sadcore, songwriting, alt country ]
Se anche dopo il suo debutto solista dello scorso anno a qualcuno fossero rimasti dubbi in merito alle capacità di scrittura di Adrianne Lenker, il terzo capitolo discografico dei suoi Big Thief li ha spazzati via tutti definitivamente. E non pesa meno la componente dell’interpretazione, con la sua voce eterea, versatile e deliberatamente sbavata, capace di dipingere il mood con semplici dettagli. Alle motivazioni oggettive per cui U.F.O.F. è un ottimo disco, io nel consigliarveli aggiungo tutto il mio soggettivissimo trasporto emotivo verso questa band, per cui se non sono nella vostra lista degli imperdibili beh, pazienza, vuol dire che siete delle brutte persone ma io non ci posso fare nulla.
NILÜFER YANYA – MISS UNIVERSE
[ 22.03.2019 | ATO Records | alt pop, soul, R’n’B ]
Di certo uno degli esordi in long playing più interessanti di quest’anno, quello della giovane londinese di origini turche. Il sostrato è soul pop sintetico, orecchiabile e non scontato, per un lavoro che – sebbene non possa definirsi un concept album – ha un filo conduttore nitido ed estremamente attuale: il senso di inadeguatezza. Lo scarto tra l’individuo che siamo e quello che riteniamo di dover essere è il grande cruccio dell’uomo contemporaneo, e i brani di Miss Universe ruotano intorno alla questione con ironia e sensualità R’n’B. Ambizione, maturità nel songwriting, perizia nel modellare le linee melodiche…: insomma, l’unico difetto di Nilüfer Yanya è che a Barcellona la sua esibizione clasha con quella dei Built To Spill.
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Last modified: 19 Giugno 2019