Nome non nuovissimo per gli appassionati di musica cantautorale avendo collaborato con Local Natives, Ajimal e remixato “Hinnom, TX” di Bon Iver, il ventiduenne britannico tira fuori un album di debutto che, sono pronto a scommetterci, rimarrà tra le cose più interessanti del nuovo anno appena iniziato. La vicinanza stilistica proprio con Bon Iver è evidente, soprattutto nei passaggi più inclini al Folk Songwriting (“Posturer”) ma Ed Tullett si addentra ben oltre, miscelando con più risolutezza quelle atmosfere richiamate dall’artista di Eau Claire all’Elettronica, non intesa come elemento principale dell’opera ma piuttosto come un sostegno, uno scheletro funzionale e di grande impatto estetico come fosse l’armatura di un ipotetico Beauborg sonoro. Lo stile canoro dell’artista di Oxford teso all’acutezza potrà non suonare troppo originale ma la sua timbrica comunque calda e avvolgente riuscirà a trascinare la voce oltre l’ostacolo dell’anacronismo, il tutto grazie anche ad arrangiamenti essenziali ma perfetti. Dentro le nove tracce che compongono Fiancé, troverete una serie innumerevole di punti di riferimento, che vanno dal passato britannico del Songwriting, al Folk a stelle e strisce, passando per le moderne contaminazioni elettroniche con il Neo Soul, l’R&B e l’Art Soul di James Blake (“Saint”, “Ivory”) ma anche paradossali e pericolosi incroci con il Kanye West più fuori contesto di My Beautiful Dark Twisted Fantasy (“Canyine”). Fiancé è un full length splendido e magniloquente, che riesce a creare atmosfere eteree ai limiti del Dream Pop (“Kadabre”, “Ply”), costruite su strutture complesse e articolate, in grado di trasportarci senza mai annoiare. Un’opera non facile da definire, che sa gonfiarsi tanto di un unico lirismo, quanto di una potenza grave e inquietante (“Are You Real”) e che riesce a evocare i moderni fantasmi viventi del Pop rileggendoli in chiave introspettiva e più eterogenea, senza scorciatoie per un immediato gradimento.
Già dall’introduttiva “Irredeemer” appare chiaro l’obiettivo ultimo del lavoro di Ed Tullett eppure non ci lasci trarre in inganno dall’eccessiva delicatezza delle note di chitarra e della voce perché il seguito sarà ben più multiforme e a tratti veemente e, a tal proposito, basta la sezione ritmica martellante di “Malignant” a rendere l’idea. Il seguito è racchiuso tutto nelle mie precedenti parole, anzi, nelle note di questo gioiello che spero possa trovare spazio non solo nel vostro cuore ma anche nel tempo di chi cerca dalla musica qualcosa di più di belle e orecchiabili melodie. Se James Blake cerca un discepolo, credo lo possa trovare in Ed Tullett.
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Last modified: 4 Gennaio 2016