Electric Indigo – Ferrum

Written by Recensioni

Il rimbombo di una mente in attesa della tortura imminente.
[ 20.03.2020 | Editions Mego | musica concreta, industrial, IDM ]

Dopo avervi raccontato la musica concreta più standard, con il gioiello di
Beatriz Ferreyra, ho deciso di continuare su questa strada con un altro disco che esplora questo genere tanto antico quanto misconosciuto che non andrò ora a descrivervi nuovamente nello specifico.

A differenza della Ferreyra, Susanne Kirchmayr nasce in Austria e non è tra le veterane storiche del genere, ma piuttosto fa parte di una scuola relativamente più recente. Certo, l’austriaca ha alle spalle una carriera importante e decennale, con partecipazioni a diversi e importanti progetti sperimentali, ma la scelta stilistica in Electric Indigo e il fatto che sia al secondo lavoro con questo moniker la portano a un livello di maggiore attualità.

Ferrum si compone di sette tracce, da ferrum 1_2 a ferrum 8, in cui la musicista utilizza, tra le altre cose, suoni metallici campionati (il titolo lo suggerisce) su basi ritmiche deformi: un continuo crescendo in cui la musica passa da stati surreali ma pacati ad altri in cui viene fuori lo spirito industrial techno.

A differenza del lavoro della collega Ferreyra, Ferrum è meno evocativo e focalizzato, eppure dagli orizzonti più ampi, con un utilizzo glitch del rumore e accenni di intelligent dance music e minimal. Proprio grazie a questa maggiore varietà il suono pur inquietante si fa misterioso, non delineando uno scenario preciso e lasciando vagare le sensazioni in un tripudio di rumore meccanico misto a bassi secchi, campane, stridolii, fischi e quant’altro. Ferrum non si pone come un puro esercizio di stile ma prova a spostare l’asticella della musica concreta adattandola al moderno: Susanne va alla scoperta di cosa possa essere la musica deturpata della sua armonia, di quali sensazioni possa evocare una ritmica assillante se messa sullo sfondo di rumore ambientale ben riconoscibile eppure contraffatto.

Il risultato è un disco violento in maniera subdola e psichica, senza alcuna trivialità estetica aggressiva e che proprio per questo riesce a raggiungere luoghi nascosti della vostra mente generando sensazioni più profonde. Immaginate un incubo, uno dei più terrificanti. Uno in cui vi ritrovate legati a una sedia, in una stanza umida di un capannone in disuso che somiglia a una discoteca di Berlino, completamente soli o quasi mentre con la bocca tappata guardate il vostro aguzzino scegliere tra vari attrezzi metallici quello più adatto per iniziare la tortura.

Se poteste miscelare il rimbombo del vostro cervello che va in frantumi col suono amplificato dal silenzio di quello che vi accade intorno, sareste vicini a capire cosa sia questo Ferrum.

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Last modified: 13 Novembre 2020