Protomartyr – Relatives in Descent
[ 2017 | Domino | Post Punk, Indie Rock ]
(di Gianluca Marian)
Ad ogni disco dei protomartiri ho la stessa vivida immagine: un branco di pirati senza denti e sbraitanti, in una putrida locanda a bere improbabili boccali di grog. Il parlato sbiascicato di Joe Casey, molto spesso paragonabile ad un cane randagio idrofobo ed affamato, rende le canzoni tese ed irreali, alienanti e decadenti. In questo Relatives In Descent la band di Detroit ha deciso di amplificare la propria potenza e ricreare una specie di continua riproposizione di quella “Why Does It Shake?” che ancora riesce a farmi vibrare, mentre i riferimenti restano sempre gli stessi: The Fall, Pere Ubu e Wire, fino ai contemporanei Preoccupations, Savages e Iceage. Un album molto compatto che non lascia tanto scampo ad esperimenti, ma forse la pecca è la riproposizione degli stessi schemi da ormai tre dischi: il piano-forte è una tecnica molto efficace ma di cui abusano e le deflagrazioni delle chitarre, seppur avvolgenti e coinvolgenti, alla lunga diventano monotone e prevedibili. In molti per mancanza di idee diventarono vittime del primo Post Punk (vedi i Public Image Ltd.) e si spera che la lezione eviti alla nuova ondata di commettere gli stessi errori.
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Giulia’s Mother – Here
[ 2017 | INRI | Alt Folk, Alt Pop ]
(di Maria Pia Diodati)
Il loro esordio fu tra i 30 album nostrani che più mi stuzzicarono lo scorso anno, alle prese col Folk di chitarre gentili. Tracce delle intenzioni di Truth restano nei brani più morbidi di Here, precoce sophomore che arriva a distanza di appena un anno, come in “Orion” e in “Everything We Need”, ma rinnovate da un’infatuazione per certi apporti elettronici che col genere ci stanno un gran bene (Bon Iver docet). Altrove invece le ispirazioni sono di altra natura, a partire dalla title-track, dove le ritmiche e le virate umorali rimandano agli Alt-J migliori, quelli dell’imperturbabile Alt Pop del debut An Awesome Wave (“Past”, “Event Horizon”). Tra i passaggi più derivativi, tanti episodi che al contrario sono ben miscelati, come “We Are Free” e “Consciousness”, fluidi e fedeli a un fil rouge melodico ma con gli elementi necessari per tenersi a distanza di sicurezza dalla forma canzone. In chiusura, l’unico brano in lingua madre, in cui il sound esterofilo muta in una versione più docile dell’Emo Rock all’italiana, qualcosa che ricorda gradevolmente i primissimi lavori dei Negramaro. Tanta carne al fuoco, sì, ma alla resa dei conti ogni cosa sembra essere al posto giusto. Se i Giulia’s Mother non sono ancora pronti per definire i propri contorni, Here è un ottimo sottofondo con cui attenderli.
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Night Owls – Boomerang
[ 2017 | Witchgirl Recordings | Grunge, Pop, Lo Fi ]
(di Antonio Azzarone)
Ha ancora un senso suonare Grunge nel 2017? A giudicare dal nuovo EP dei Night Owls parrebbe proprio di sì. Il trio di Leeds formato da William Pollard (voce e basso), Liam Waddell (chitarra) e Dominic Reed (batteria) riparte da quello d’esordio, Informaldehyde, addolcendone un po’ i toni e confermandosi una realtà da tenere d’occhio. Apre la title-track “Boomerang” che si impone all’attenzione per il suo riff insistito (You were my boomerang but you won’t come back to me). “Strange”, vera e propria Indie ballad, ci porta in territorio più romantico e disperato per procedere poi con la successiva sognante “Out of my head”, in cui uno stile à la Smashing Pumpinks di Siamese Dream non è difficile da scorgere. In chiusura “Honestly” si concede un suono quasi Britpop. Con un sapiente mix tra toni più duri e aperture romantiche, nostalgia per il passato e suoni Pop, i Night Owls portano a casa un buon lavoro, rielaborando la lezione dei padri e mantenendo un legame con il sound del proprio territorio. Dettaglio di una vera e propria retromania: l’EP è in formato audiocassetta, una consuetudine della britannica indie label Witchgirl.
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Last modified: 20 Febbraio 2019