Hawaii Zombies – Hawaii Zombies
[ 2017 | Uma Records | Bubblegum Pop ]
Non c’è nulla di particolarmente stupefacente nell’EP d’esordio dei milanesi eppure, fin dal primo ascolto, ho avuto l’impressione di aspettare qualcosa del genere da troppo tempo. Hawaii Zombies è un disco tutt’altro che pretenzioso, diretto, semplice, efficace, allegro e travolgente che guarda fuori dai confini italiani già nel cantato inglese ma poi anche in tutte le sue sfaccettature. Se nelle parti melodiche più solerti è evidente il riferimento al Brit Pop, quando il suono si fa più sporco, tra Lo Fi e Noise Pop, l’immediato collegamento va tanto ai Pavement quanto agli Archers of Loaf. L’energia Power Pop e Punk sembra fare il verso a certi Jeff Rosenstock in combutta con i connazionali The Exploding Hearts mentre le parti più armoniche hanno quel gusto bubblegum morbido adolescenziale di Weezer e Nada Surf. A tutto questo si aggiungono evidenti riferimenti alle band che hanno edificato le fondamenta di questo stile volutamente imperfetto, Dinosaur Jr su tutti e i Sonic Youth post duemila di Murray Street per intenderci ma anche i meno noti Thinking Fellers Union Local 282 nei loro momenti meno deliranti. Unica nota stonata il brano “Blue Is Turning Grey” che chiude l’album, ma nel complesso davvero qualcosa che ci voleva nel panorama italiano e che, nelle sue incompletezze (stavolta non quelle volute), lascia notevoli margini per farci sperare in futuro.
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HÅN- The Children
[ 2017 | Factory Flows | Alternative Pop ]
EP di debutto per l’italianissima classe ’96 Han, che miscela con classe Dream Pop, Elettronica a qualche sonorità retrò da dancefloor. Quattro brani proposti nella prima metà del disco nella loro versione originale e quindi nei remix di artisti come Klune, A Safe Shelter, Daykoda; una voce decisamente accattivante e piacevole pur non presentando alcuna peculiarità che la renda diversa dalle tantissime belle voci femminili sparse per la penisola. Un disco da ascoltare e goderselo nella triste pacatezza di un giorno di pioggia passato affacciati ad una finestra ma dal quale facciamo fatica a capire cosa potrà scaturire col passare degli anni per qualche scelta fin troppo elementare e un manierismo tutt’altro che coraggioso. I remix aggiungono poco altro ma sono una scelta intelligente per dare corpo all’esordio e fornire una versione diversa dei brani ma anche questi non convincono totalmente (vedi “1986”) per l’eccessiva discrezione e timidezza. The Children può essere la base di qualcosa di fantastico o la base del nulla; diamo tempo al tempo e lo scopriremo.
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Cumino – Godspeed
[ 2017 | autoprodotto | Elettronica ]
È da qualche settimana che si parla del londinese Burial e di quanto possa essere fondamentale la sua musica nell’evoluzione dell’Elettronica del nuovo millennio. Quale che sia la vostra opinione in merito, è indubbio che la cosiddetta Future Garage nasca con lui intorno al 2005 ed è indubbio che, a partire da quelle prime pubblicazioni, tanti siano stati gli artisti che hanno dovuto fare i conti con la sua musica, anche tra chi anagraficamente è arrivato prima di lui. Da qualche tempo c’è anche qualche italiano che ci prova e tra questi i milanesi Cumino, alla terza uscita autoprodotta. Godspeed è un disco che alterna scenari naturali e industriali, che evoca emozioni contrastanti e che, anche nell’uso della strumentazione (vedi le linee di chitarra), vive di dualismi continui tra analogico e digitale. Anche loro dovranno fare i conti con Burial eppure il suono dei Cumino si avvicina ancor più a quello precedente del Four Tet di Rounds, specie nella miscela Folktronica / IDM e a quello dell’ex duo Telefon Tel Aviv nei momenti più Ambient e Downtempo con qualche inserto quasi cinematografico. Godspeed è un buon lavoro, soprattutto considerata l’autoproduzione, ma che poco aggiunge ad un genere apparentemente semplice e proprio per questo estremamente complicato. Fare la differenza quando hai mostri che prima di te – ma non tanto tempo prima – hanno fatto cose come Fahrenheit Fair Enough, Rounds o Untrue rende l’impresa davvero ardua. Tutto deve essere perfetto per non finire in un calderone zeppo di buone cose e nulla più e qui di perfetto c’è purtroppo troppo poco.
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Last modified: 20 Febbraio 2019