Il talentuoso musicista irlandese fonde infinite influenze e fonti di ispirazione in un capolavoro di creatività.
[ 05.07.2024 | autoprodotto | avant-jazz, experimental, psychedelic ]
Nel suo articolo comparso diversi mesi fa su Bandcamp Daily, la giornalista Mariana Timony traccia un esaustivo e interessante profilo dell’effervescente scena musicale odierna di Cork. Un vero e proprio tour virtuale che, partendo dalle vetrine contornate di giallo dell’iconico negozio di dischi Plugd Records, offre una panoramica più che completa sui nomi che contribuiscono ad attribuire un’identità al sound della vivace città irlandese.
Si passa dalle incursioni psichedeliche di Elaine Malone al camaleontico dream pop degli Altered Hours, dall’art punk di Pretty Happy e I Dreamed I Dream alle suggestive pennellate dipinte dall’ipercontaminato avant-jazz dei Trá Pháidín; un contesto sicuramente eterogeneo e in costante evoluzione, anche grazie ai numerosi legami – talvolta puramente casuali – intrecciati fra i vari artisti che ne fanno parte.
In un background così variopinto e in continua metamorfosi, Dan Walsh – talentuoso polistrumentista meglio conosciuto con il moniker di Fixity – è molto più di un semplice personaggio. Il polistrumentista è, all’interno di questa realtà, un vero e proprio catalizzatore che salta instancabilmente da un progetto all’altro senza sosta, instaurando connessioni e creando occasioni per dare vita a nuova musica.
Possiamo citare l’estroso collettivo The Bonk, in cui spesso il nome di Walsh compare fra i credits, ma anche (e soprattutto) la sua attiva collaborazione nel Cork Improvised Music Club, attraverso l’organizzazione di serate periodiche in cui svariati musicisti si mettono alla prova cimentandosi a turno in jam sessions e set improvvisati.
***
Sono proprio l’improvvisazione e la spontaneità a costituire la base della cifra stilistica di Fixity, le fondamenta sulle quali ogni volta costruire qualcosa di nuovo. Fra mini album e performance registrate dal vivo, con undici pubblicazioni all’attivo Dan Walsh dimostra un’innata abilità nel saper giocare la carta della casualità e della libertà di sperimentazione a proprio vantaggio, spaziando liberamente fra free jazz, psych rock, ambient ed elettronica.
In FIXITY 8 non troverete suite di un quarto d’ora, interminabili tracce strumentali, incomprensibili esercizi di stile fine a se stessi, bensì sette brevi brani, complessi nella loro apparente semplicità, eclettici e cinematografici. Un approccio a tratti “pop” – con tutte le dovute cautele – e quasi insolito per un’opera nata dall’improvvisazione e da una ricerca fitta e approfondita, che mette a proprio agio l’ascoltatore con la propria piacevole accessibilità.
Fra groove presi in prestito alla quota più lisergica dei lussureggianti Sixties e sonorità psichedeliche plasmate e reinventate l’album scorre veloce e piacevole, mutando aspetto e forma come un paesaggio indistinto osservato dal finestrino di un treno che attraversa una sterminata campagna.
Abbiamo l’intrigante walking bass dell’opener Silhouette Selector, che ne sostiene i repentini cambi d’umore, le percussioni dritte e incisive quasi post-punk di One One e G.U.T.S., ma anche gli ipnotici loop elettronici di Why Wait che vi cattureranno all’istante – l’illusione ottica in bianco e nero scelta per la copertina del singolo non è affatto casuale.
***
In tutto ciò non mancano poi momenti di profonda introspezione, in cui flauti e sax sembrano sostituirsi ad una presunta linea vocale per narrare malinconiche, magiche storie.
È il caso della magistrale Gestures, uno degli episodi più degni di nota dell’album: un avant-jazz intriso di folk, epico e carico di tensione, in cui ogni frammento di silenzio sembra raccontare molto più della musica stessa.
O ancora, della conclusiva e nostalgica River River: quel fiume, ripetuto due volte nel titolo stesso, che rappresenta alla perfezione il flusso di pensieri che solo una piovosa e fredda giornata osservata dietro il rassicurante vetro di una finestra può generare.
Fra organizzatissimo, controllato caos, imperturbabili dinamiche e quiete riflessioni, Fixity nasconde fra le righe una promessa ben precisa: una creatività all’apice del proprio potenziale, ancora troppo fervida per poter essere ostacolata, che assicura di potersi esprimere ancora e ancora in altri infiniti modi diversi.
LINK
SEGUICI
Web • Facebook • Instagram • Twitter • Spotify • Telegram
album 2024 album review avant-jazz Experimental Fixity FIXITY 8 Free jazz irlanda Psychedelic Rock recensione The Bonk
Last modified: 8 Luglio 2024