Il debut album del collettivo di trapper tra ostentazione e fratellanza.
[ 12.07.2019 | Thaurus | trap, hip hop, techno hardcore ]
(di Luca Dattisi)
Nel disco d’esordio la FSK Satellite si mostra come una crew, una famiglia malavitosa, una cosca clandestina. Ciascuno dei membri del collettivo – i trapper Chiello, Sapo e Taxi B – imprime su ogni canzone la propria matrice stilistica peculiare, e i tre appaiono invece molto di più come un gruppo di amici; ragazzi cresciuti in paese con il sogno di eguagliare i propri idoli americani, romani o dell’hinterland milanese.
Quella ostentazione del mondo trap – di droghe, macchine, armi e donne (quasi) angelicate in situazioni criminali – che sia reale o meno, delinea il punto di forza di FSK TRAPSHIT, ma allo stesso tempo punti deboli. Il disco spazia dai pezzi trap sporchi e aggressivi, passando per brani frenetici ed incalzanti che strizzano l’occhio alla techno, per arrivare ad atmosfere più emotive ed intime, senza dimenticare tracce più scanzonate e dall’approccio leggero ed ironico.
Seguire alla lettera gli stilemi della trap evidenzia sicuramente l’esagerazione, onnipresente nel disco, a partire dai titoli in caps lock, fino alla ripetizione inflazionata del nome della crew, di riferimenti a droghe, alcol e mafia che spesso rendono i testi semplicemente degli slogan (per esempio nell’opening track UP o in OK NO PLAY). Tutto questo risulta talvolta anacronistico considerando l’evoluzione che ha avuto la trap in Italia e all’estero negli ultimi anni, insieme all’uso del termine “negro” che, aldilà della sua tradizione nel gergo hip hop, è sicuramente problematico nella situazione sociale attuale.
Nei momenti in cui lo spirito da Trap Boy poggia i piedi a terra, libera uno spirito molto più apprezzabile, perché più autentico, di fratellanza, amicizia e vita quotidiana; che fa riferimenti reali al tedio della vita di provincia, alla difficoltà di emergere (“Siamo il sud italia, siamo un mondo apparte”) e alle proprie origini (il modo in cui viene pronunciata la frase “Siamo roccia pura” in LA PROVA DEL CUOCO dice molto più di tante altre liriche dell’album).
I rapper non rinnegano nulla di ciò che hanno dovuto fare per sopravvivere, sono ancora all’interno di un ambiente tutt’altro che sereno, non l’hanno escluso dalla loro narrazione; allo stesso tempo, però, stanno facendo di tutto per poterlo abbandonare definitivamente, per cambiare vita, per far sì che certi racconti siano solo al passato, e intendono farlo con la musica. Per questo motivo la storia d’amore adolescenziale di NON È MIA e lo spirito pop di CATENE JESUS emergono di gran lunga all’interno della track list. Complice la produzione di Greg Willen che riesce a creare un forte collante tra tutti i brani, ma variando tra techno hardcore, classici timbri trap e produzione hip hop old school, musiche con cui probabilmente i ragazzi sono cresciuti.
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Last modified: 9 Settembre 2019