Hank – L’aria è tesa

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Il trio campano formato da Edoardo Frigenti chitarra e voce, Tommaso Siniscalchi basso e Mario Carillo alla batteria, per tutti nella musica Hank è in pista con “L’aria è tesa”, ed è una verità sacrosanta, tutto è teso ed elettrico in queste nove tracce che cavalcano senza sella le fisime interiori dei Verdena e i morsi sinceri del grunge visto dalla sponda Pearl Jam, coordinate sonore che miscelano chitarre furiose, fiatoni sostenuti, ritmi cocainomani che, anche se vanno a confezionare un contenuto lontanissimo dal far urlare qualsiasi novità, si attestano sufficienti per live-set tarantolati e worm-up calorosi.

Ma – c’è sempre un ma – gli Hank, con tutto il rispetto dovuto ad una band che comunque agita qualcosa, fanno parte di quella fittissima schiera di gruppi che hanno il formato espressivo del “siamo tutti uguali e senza speranze”, che arrivano trafelati da quei iperattivi ascolti multipli formativi – in questo caso i due gruppi sopracitati – e li ripropongono a sfinimento senza una minima personalizzazione, e di conseguenza quello che ne esce fuori è la stessa cosa di un air-guitar contest, un fedelissimo coveraggio tale e uguale all’originale che non ha senso né vita lunga; eppur la forza d’animo c’è, il pugno rock pure, la distruzione d’impeto altrettanta, e allora perchè sciupare tante energie ricalcando stereotipi che fanno solamente venire voglia di accantonare questo prodotto e di andare a ricercare gli eroi, gli unici dei ispiratori ?

Dicevamo nove tracce che sono la lezione imparata a memoria del compito del giorno, poche elaborazioni, molti watt  sporcati dai distorsori, testi in italiano che s’incazzano a dovere; a parte il pathos Soundgardeniano della ballata “Tutto sa di umido”, la destabilizzazione calma che ronza sotto “Canzone di febbraio”, il resto della compagine sonora è vissuta dai sussulti cinetici delle grandi pedaliere eccitate e degli ampli che – a parte il Pelù che balzella epilettico in un quadrangolare metal in “L’immagine perfetta” – guardano a quella Seattle Bergamasca come un souvenir d’import/export sonoro.

Grande forza collettiva, ma sprecata invano, speriamo in una crescita.

Last modified: 11 Maggio 2012

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