Un album elegante che non ha bisogno di virtuosismi per andare dritto al punto, che mette l’uomo a nudo servendosi di una scrittura e una musica minimali.
[ 13.03.2020 | Ribéss Records | cantautorato ]
A cinque anni di distanza da Houdini, è uscito da poco il nuovo lavoro di Houdini Righini. Il titolo, Lascaux, è un suggestivo riferimento alle famose grotte affrescate nel sud-ovest della Francia. Un viaggio per gli ascoltatori, quello attraverso le 9 tracce di quest’album, che prendendo spunto dell’arte parietale richiama il nostro senso più immediato, la vista, e conduce a una riflessione più globale sull’essere umano al suo stato primordiale.
Righini punta su un’atmosfera buia e cupa a partire dalla copertina dell’album, un’oscurità che non sta soltanto per la mancanza di luce in cui viveva l’uomo preistorico, ma rimanda alla contemplazione, alla riflessione sulla condizione umana, di cui il disco è figlio e portavoce.
A catapultarci in un’atmosfera primigenia sono i suoni profondi di Con le mie mani, i cori che richiamano il misterico e l’esoterico, quasi proiettandoci nel mezzo un rito religioso che si sta svolgendo in sottofondo, in una caverna, in un bosco o attorno al fuoco. Con una voce ed un modo di cantare che ricordano particolarmente la sensibilità di Cristiano Godano, Righini attraversa anche tematiche spirituali, sempre accompagnate ad immagini ancestrali, come in Cristo Baal.
Non mancano i riferimenti al mito, in particolare ad Odisseo, ad immagini di sacro e profano provenienti da epoche antiche ma anche dalla contemporaneità, come in Primavera Nera in cui si apostrofa continuamente un reverendo.
Le istantanee che Righini ci fa scorrere davanti agli occhi sembrano voler passare in rassegna di tutte quelle dimensioni che costituiscono l’uomo sin dall’inizio dei tempi e che non lo abbandoneranno mai perché strutturali al suo essere, ponendoci davanti al fatto che l’uomo è lo stesso di sempre. Un esempio ne è Hikikomori, che pare voler contrapporre la solitudine come condizione universale umana alla scelta di vita isolata in voga tra gli adolescenti giapponesi. Righini mette l’uomo a Nudo, e ci riesce, scardinando una serie di sovrastrutture con una scrittura e una musica minimali.
Un album elegante che non ha bisogno di virtuosismi per andare dritto al punto, ma si serve di immagini, come quella della morte richiamata dalla Polvere o del soprannaturale, in Satantango e Ora che ci sei che ricordano una preghiera.
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Last modified: 11 Aprile 2020