Il Sogno Il Veleno – Piccole Catastrofi

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I cassetti delle memorie di Alex Secone, in musica come Il Sogno Il Veleno, cantautore o meglio cronista e sovvertitore di ieri riportati al presente, abruzzese e titolare del progetto musicale “Piccole Catastrofi”, sono spalancati e alla portata di tutti, i suoi smarrimenti, voli, tracciati e criticità mai lineari vanno a rompere il monopolio di quella fantasia finto-indie per tirarsi su, spostarsi  – crescendo – in quei paraggi ideali che dell’oggetto “d’autore” ne fanno qualità ed un insperato “qualcosa da dire” che vale come acqua fresca in un deserto allampanato.

Dieci tracce che profumano di arcobaleni seventies casalinghi, piene di rimandi in bianco e nero, nuvolette e grandi cirri che scorrazzano rincorrendosi per tutta la trackist, amarezze, punti di fuga e le influenze di una forte cinematica di realismo fanno la sintesi, e perché no, il pensiero di un giovane artista che non ha “rinnegato” lo specchietto retrovisore volto verso certe radicalità musicali, anzi ne ha “raddrizzato” la visuale per centrarle meglio, ed il bello che l’intento è un successone che ti riempie orecchio e animo come un vecchio 45 giri moltiplicato per dieci che gira mutevole dentro un “mangiadischi” della Pioneer color carta zucchero.

Disco d’altri tempi insomma, lo-fi, una forma “cantautorale” che forse risulterà incomprensibile alla maggioranza infatuata e refrattaria alle piccole opere artistiche stuzzicanti, vere, ma la qualità di questa proposta è svettante che se distoglie dalla massificazione dell’underground non lo fa per  difetto retrò e dunque di spocchia intellettualoide, lo fa perche gli riesce d’essere “altro” nella sua semplice genuinità e anche di essere poesia appieno e non immagine da fenomeno “indiegesto” come tante; ballate in punta di fiato “Comizi d’amore” dove aleggia il pathos Pasoliniano,un pianoforte che fa ombra intima in “Le cose importanti”, il senso caracollante di una spensieratezza mal filtrata “Favole”, odori Caposseliani che intercettano il dinoccolamento di “Bistrot” o lo scoppio dolce di un rock gentile “Signora in foulard nero” sono alcune di quelle mercanzie mnemoniche contenute in quei cassetti sopracitati che l’artista abruzzese rovista, spaglia e mette all’aria per un posto d’onore tra le cose più belle ed intelligenti che, in questi ultimi mesi, ogni lettore ottico possa mai  aspettarsi.

L’essere umili nella presentazione dei propri sogni messi in musica premia, se poi ci si mette pure la grazia e il contenimento di un talento naif che si fa amare in punta di piedi, tutto assume una luce accecatamente vincente.

Last modified: 18 Luglio 2012

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