Forse esiste ancora musica da conoscere. Forse gli orizzonti da esplorare non sono finiti. Forse la terra non è già tutta battuta e non c’è bisogno di riadattare il solito ed ormai arido paesaggio, sperando che i cambi di stagione conferiscano a lui una veste nuova. No, forse c’è ancora chi indossa una muta da esploratore in cerca di terre mai calpestate, con il rischio di rimanere impantanato in sabbie mobili. Forse è caparbio e impavido, o forse più semplicemente ha fortuna, in ogni caso quello che a noi interessa è che riesce ad ottenere un ottimo risultato con la magnifica naturalezza della musica pop.
Il secondo EP dei torinesi Il Terzo Istante ha dunque un titolo azzeccatissimo. “Forselandia” esprime al meglio la scoperta di un nuovo mondo, ma anche di nuove indecisioni, di vecchi vizi e nuovi desideri e (forse?) di una società che vuole cambiare, che trova in nuovi orizzonti nuove speranze ma (forse?) non ha nessuna intenzione e stimolo nel raggiungerle. Tutto ancora molto vago e per questo tremendamente affascinante. Certo che se l’analisi si ferma al suono, la band suona terribilmente nuova e moderna e non solo perché sfrutta tutte le nuove diavolerie del caso (leggete la loro intervista a Rockambula sul crowdfunding e capirete come sono all’avanguardia i ragazzi) ma perché, a partire dallo strampalato combo batteria-chitarra-tastiera, il loro sound è molto semplicemente fresco e spiazzante.
Le quattro tracce dell’EP spaziano tra la psichedelia (sempre ben dosata e tenuta al guinzaglio), il rock più viscerale e la melodia dei classici italiani, mai ripudiati o intrappolati nel muro di suono. La voce di Lorenzo De Masi (anche alle tastiere) graffia la schiena già nel ballo storto de “Il Primo Difetto”, pezzo molto intelligente e dedicato al vizio del fumo. Il ritmo non si smorza e si continua con la danza tetra di “C’è Chi Non Muore”, a graffiare qui ci si mettono anche le strisciate sulla chitarra taglientissima di Fabio Casalegno, a dire il vero spesso fin troppo tagliente nell’economia del suono. Anche la mancanza del basso a volte lascia un po’ la bocca impastata, marcando una leggera mancanza di amalgama e di pasta sonora. “Ogni cosa è di Tutti” è spietata e cinica ma non scade nelle solite banalità da giovane disilluso. Le ritmiche storpie di Carlo Bellavia aumentano il senso di angoscia e ci portano barcollanti ad una frase epica: “di una cosa sei certo, nel 70 il rock’n’roll era già morto”. Certo che ascoltando questo pezzo mi viene da pensare che non sia proprio così.
L’EP si chiude con la ballata “Forselandia”. L’equilibrio è più che mai precario e l’idea geniale dello xilofono a questo punto del disco sembra quasi naturale. Spunta l’ombra malefica degli abusatissimi Radiohead, ma Il Terzo Istante paga il suo scomodo tributo e supera il pesante paragone facendo vincere la propria entità in un finale ricco di delay, suoni lontani e un crescendo che ci lascia sospesi in questo nuovo mondo. Attendiamo ancora qualche altra cronaca da questi abili e astuti esploratori. Abbiamo trovato qualcosa di nuovo all’orizzonte. Forse.
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Last modified: 20 Febbraio 2022