Ho avuto il piacere e l’onore di seguire il percorso dei Bretus (una band di Catanzaro dedita allo Stoner/Doom) sin dagli albori. Il loro disco d’esordio, In Onirica, è riuscito a suscitarmi parecchio interesse, un lavoro pregno d’oscurità e qualità. Oggi mi ritrovo ad ascoltare The Shadow Over Innsmouth, il secondo album dell’affiatato quartetto. Come dicevo pocanzi ho avuto diverse occasioni di ascoltare l’operato della band, per questo non mi sono certo fermato solo al disco che li ha lanciati ma ho avuto l’opportunità di farmi un parere personale anche con l’ omonimo del 2010 e con lo split con i Black Capricorn. La band ha doti innate, la lezione dei Black Sabbath, dei Saint Vitus e dei Cathedral l’hanno appresa bene, perciò, non è un caso che i loro dischi siano di alto livello. Questo nuovo concept risulta essere una sorta di consacrazione per i Bretus, mostrando una spiccata personalità in un contesto underground dove risulta sempre più difficile mettersi in evidenza. Le otto tracce sono marcate da ottimi giri di chitarra e da un sensazionale basso. Ognuna di esse ha una propria atmosfera, un proprio punto di forza. Personalmente non saprei individuare il pezzo migliore perchè The Shadow Over Innsmouth riesce a farsi ascoltare in un solo colpo. Sembra di seguire un percorso dell’animo in cui è lo stesso disco a dettare i tempi di rabbia e di quiete. Non c’è che dire, questo è sicuramente un altro colpo messo a segno per la Bloodrock Records che, puntualmente, sa individuare e proporre gruppi di alto calibro. Di questo passo la band potrà solo ottenere buoni risultati; sono capaci, volenterosi ma soprattutto amano questo genere e The Shadow Over Innsmouth ne è la dimostrazione.
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Bretus – The Shadow Over Innsmouth
Bretus – Bretus (Ristampa)
Il Doom proposto in Italia va trattato con i guanti e in maniera particolare in questi ultimi tempi ed il motivo è semplice, almeno per il sottoscritto: la mancanza di band capaci di farti entusiasmare nell’ascolto. Non parlo di una mancanza della scena, di band se ne trovano ma molto spesso (e questo è accaduto a chi scrive) sfociano totalmente nello Sludge, nello Stoner oppure nel Ghothic. Nella nostra penisola se vuoi ascoltare qualcosa di buono devi fare affidamento sempre alle solite band come i Doomraiser, L’Impero Delle Ombre, Thunderstorm o Misantropus per citarne qualcuno dei “vecchi” senza sperare sulle nuove leve. Negli ultimi cinque o sei anni l’unico gruppo che veramente mi ha colpito viene da Napoli e sono i Kill The Easter Rabbit, purtroppo anche loro l’ anno scorso hanno messo fine alla loro storia.
Questa sorta di crisi del Doom in Italia è nota ancor di più grazie a piccoli avvenimenti che messi tutti insieme fanno il punto della situazione. Per esempio una nuova edizione dell’ omonimo dei Bretus uscito nel 2010 e ristampato dalla slovena Doom Cult Records questo 2014 ne è la prova. Il nocciolo della questione è ancora più semplice e banale: è possibile che un genere come questo debba riemergere lentamente attraverso delle ristampe di un certo rilievo come questo lavoro dei Bretus? Ad ogni modo anche se questo andazzo lascia un pò l’amaro in bocca con la riscoperta di queste piccole perle il sorriso potrebbe tornare sulle labbra. L’omonimo in questione che anticipa lo split dei Bretus in uscita prossimamente, contiene cinque tracce di stimato valore, sono all’ incirca venticinque minuti d’ ascolto da mandare giù tutti d’un fiato. Ora che è stato riadattato con le nuove tecnologie il supporto suona decisamente meglio, tutti i particolari che prima potevano sfuggire adesso sono accentuati in maniera egregia. Per questo sarà difficile non notarli nonostante la band abbia cercato comunque di mantenere un suono “primitivo”, provando a mettere d’accordo tutti. Complessivamente l’operato dei Bretus è più che discreto, vi basti ascoltare “Sitting On The Grave”, la traccia d’ apertura, che nel bene o nel male soddisfa anche i guru di vecchia data. Un occhio di riguardo va a “Dark Cloaks” che anche se è la traccia più corta mostra comunque le grandi doti tecniche dei musicisti. Infine è d’ obbligo citare “In Onirica”, una traccia pulsante e baritonale, l’ esecuzione di questa mette a tacere chiunque abbia dubbi sulla bravura dei Bretus. La conclusiva “The Only Truth” chiude il lavoro alla grande. C’è poco da rifletterci su questo piccolo gioiello ristampato, si tratta di uno dei pochi lavori ben riusciti sfornato soprattutto da un gruppo nostrano, perderselo sarebbe un sacrilegio.