Fra Barcellona, l’Italia e il mondo – Intervista a The Death of Robert

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Scopri tutto quello che c’è da sapere su questa formazione alt rock italo-spagnola.

(di Marika Falcone)

Probabilmente non ne avrete ancora sentito parlare e questo è un gran peccato: noi siamo qui per farvi capire che super band vi state perdendo. Lara, Pablo, Robert e Simón sono i The Death of Robert, per un quarto italiani e per il resto spagnoli, sono più vicini che mai all’Inghilterra e all’America alternative, romantiche e innovatrici. Casablanca è il loro primo album in uscita il 15 maggio, composto da ben undici pezzi prodotti e registrati a Barcellona, nello studio Sol de Sants, che è uno degli studi di registrazione spagnoli più famosi per il rock, in particolare quello più ricercato e alternativo.

Mango e The Hater Poem, pezzi che anticipano l’uscita del disco, sono solo un piccolo assaggio delle profondità dei testi nelle freschezze di suoni diversi, fastosi e contrastanti che si rincorrono per tutto l’album. Testi in inglese su rock ballads, baroque pop e alt-indie-rock, la voce di Lara, le chiare influenze di artisti che amiamo, il talento e la passione del gruppo ci hanno fatto innamorare di questo progetto. Noi abbiamo chiacchierato con loro (virtualmente) per conoscere qualcosa in più riguardo l’album, la nascita del gruppo, il panorama musicale spagnolo, italiano e non solo: leggete qui.

Ciao ragazzi! Per prima cosa mi piacerebbe voi vi presentaste a chi ancora non vi conosce qui in Italia: come vi siete conosciuti e com’è nata la band?

Ciao! Dunque: Lara, Pablo e Robert si sono conosciuti a Barcellona nel settembre del 2018, tramite una app chiamata VAMPR, che funziona un po’ come Tinder (swipe left & right), che ti permette però di trovare musicisti. Simón si è unito dopo un po’.

E il nome da dove viene?

Al principio cercavamo di accordarci per incontrarci, decidendo il luogo, i pezzi da provare le prime volte eccetera. Robert non si presentò però al primo incontro, né al secondo, né al terzo… Era a casa “malato”, diceva lui. Sta di fatto che non lo vedemmo per più di un mese. All’inizio ci disse che aveva una febbre, poi una caviglia rotta… neanche noi sappiamo con certezza oggi cosa accadde durante quel mese! Però lo aspettammo. Provammo con altri bassisti nel mentre, per avere back-up di Robert durante le prove, ma lui ci trasmetteva, come si dice in Spagna, un “buen rollo” (good vibes) che si confermò tale quando alla fine guarì! E poi… niente, iniziammo a giocare sugli “incidenti” che aveva avuto, e così nacque The Death Of Robert. Inizialmente non eravamo molto convinti di questo nome.  Poi ci innamorammo.

Il fatto che proveniate da paesi diversi e abbiate raccolto esperienze diverse negli anni aiuta e stimola in qualche modo il vostro processo creativo?

Le esperienze raccolte e le situazioni vissute aiutano senza dubbio il processo creativo della scrittura dei testi. Quello è il momento in cui attingiamo dalle esperienze, memorie e sentimenti del passato, così come anche situazioni presenti e idee che abbiamo maturato circa tematiche specifiche.

L’influenza dell’alternative / indie rock, soprattutto inglese, in Casablanca si avverte tantissimo. Ci sono stati anche gruppi italiani o spagnoli che vi hanno ispirato durante la scrittura?


Purtroppo no. Ognuno di noi, ovviamente, ascolta a prescindere artisti italiani e spagnoli, ma gli artisti che principalmente ci hanno influenzato durante la creazione e composizione di Casablanca sono britannici e americani. 

E com’è nato quindi quest’album?

Dal momento in cui abbiamo iniziato a provare, non ci siamo più fermati. Abbiamo iniziato a scrivere canzoni sin dai primissimi incontri, sperimentando e scambiandoci opinioni. Inoltre, non ci siamo mai posti limiti riguardo che genere specifico seguire: ci sono pezzi molto pop e altri ispirati ai Joy Division o ai The Doors. Questo è il motivo per cui definiamo Casablanca come un album abbastanza eclettico.
Anche per la scelta degli strumenti: troverete riff di chitarra elettrica graffiata, così come un quartetto d’archi in molte canzoni, organi vari, Rhodes e Farfisa. Insomma, l’udito dei nostri ascoltatori sarà sufficientemente stimolato!
Abbiamo lavorato duro, siamo stati e continuiamo ad essere molto severi con questo progetto: ovviamente, ci divertiamo sempre, però per noi è qualcosa di così tanto importante che cerchiamo di controllare ogni minimo dettaglio del nostro lavoro per fare in modo che vada per la direzione giusta.

Molti giovani artisti in Italia che hanno iniziato la carriera con testi in inglese, si ritrovano poi a passare all’italiano sia per un’esigenza espressiva, sia per arrivare ad un’altra fetta, spesso più larga, di pubblico. Sentite che potrebbe capitarvi la stessa cosa lì in Spagna? Sareste pronti, nel caso, a scegliere lo spagnolo per il tipo di musica che create e producete?

Dal punto di vista dell’espressività, scrivere in inglese ci riesce meglio. Ovviamente la padronanza della lingua inglese non è la stessa di quella che abbiamo dell’italiano per Lara e dello spagnolo per gli altri, però, avendo sempre ascoltato musica straniera, esprimerci in inglese non è un problema.
Per quanto riguarda lo scrivere in spagnolo o in italiano può darsi, magari un giorno lo faremo. Non ci limitiamo in nulla, né ci imponiamo troppe regole. Ci affidiamo al nostro “flusso di coscienza”, per poi trascriverlo in note musicali e melodie.

Oppure, al contrario, preferireste spostarvi? In Inghilterra, per esempio, molti musicisti italiani si trasferiscono per studiare e poi lì scoprono un mondo che li guida, li sostiene e gli dona opportunità così numerose tanto da farli rimanere e lavorare lì…

Anche qui, non abbiamo preferenze specifiche. Sicuramente, spostarsi in Inghilterra o comunque in paesi anglofoni aiuterebbe. In Inghilterra, per esempio, il terreno è abbastanza più fertile per la musica in generale. La gente è più incline ad ascoltare generi differenti, e i concerti (soprattutto di gruppi emergenti) sono molto più frequenti. Però pensiamo – o per lo meno, speriamo – che, con la giusta dose di impegno e con tanta fortuna, si possa fare anche da paesi quali Spagna, o Italia.

Questa è una domanda per Lara: cosa pensi dell’Italia? Secondo te prima o poi ci sarà più spazio per artisti italiani che vogliono cantare in inglese o la lingua sarà sempre una sorta di ostacolo nel nostro paese?

Lara: Sinceramente, lo spero. Anche se, a mio parere, il limite non è tanto la lingua con cui si canta, bensì il genere. Mi piacerebbe che ci fosse più spazio per la musica alternativa: quando do un’occhiata al panorama musicale Italiano, trovo poco materiale che ascolterei più di una volta.
Spesso, gli artisti che si dedicano alla creazione di musica alternativa sono nascosti e offuscati dal pop-trap elettronico che domina in questo momento in Italia. E con ciò, non c’è nulla di male. C’è sempre un genere/stile predominante durante specifiche epoche storiche. Vorrei semplicemente che, sia l’industria musicale italiana, sia l’ascoltatore italiano, fossero un po’ più aperti alla diversità musicale.

Mi piacerebbe ci parlassi della tua esperienza di musicista italiana all’estero: quali sono le differenze che noti di più nel panorama musicale e nella tua vita da artista lì?


Lara: Sono nuova all’interno del panorama musicale, ho iniziato da pochi anni, con l’esperienza principale qui a Barcellona, con i The Death Of Robert. La Spagna in generale mi sembra abbastanza simile all’Italia: qui va molto il trap e il pop spagnolo, un po’ come in Italia. E ovviamente, in Spagna il reggaeton è un indiscusso protagonista, tanto in radio come ai festival ed è ascoltato da chiunque, noi compresi! Ciò che noto qui è esattamente ciò che noto in Italia: è difficile che l’ascoltatore medio presti attenzione a un genere musicale magari più elaborato, meno commerciale e meno da “coro da stadio”.
Ovviamente, non voglio generalizzare, però le persone che ascoltano musica diversa dalla musica mainstream costituiscono solo una piccola parte, una nicchia. Mi piacerebbe semplicemente che questa nicchia si espandesse, ecco.

E noi siamo d’accordo con te… Immaginiamo poi che una volta passato lo stato di emergenza ci sarà un tour in programma… possiamo sperare di vedervi live anche in Italia? Noi, ovviamente, vi aspettiamo!

Speriamo presto! Avevamo due date programmate con la pubblicazione dell’album, una a Madrid e una a Barcellona, che ovviamente verranno posticipate. Ci piacerebbe molto poter suonare in paesi diversi dalla Spagna. Chissà!

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Last modified: 27 Aprile 2020