Al primo giro può sembrare un disco “disarmato”, senza forze da misurare o ancora peggio privato dei “classici testicoli” atti a gareggiare con le voglie smorfiose di un lettore ottico viziato al meglio, e la cantonata e proprio qui che si prende, questo disco omonimo degli inglesi King Tuff è un piccolo tesoretto di suoni garage-pop “Anthem” contaminati da psichedelica, easy-folk e ballads neo-freak che si fanno voler bene nel tempo necessario d’un battito di ciglia.
Indagando a fondo si scopre che dietro King Tuff si cela l’artista americano Kyle Thomas, musicista “zingaro” già conosciuto in vari progetti sonori quali Happy Birthday, Flamin’ Groovies, Feathers ed in quello splendido disegno stoner-metal chiamato Witch insieme al grande J.Mascis dei Dinosaur Jr., ed ora – in un guizzo ulteriore d’energia pirica – arriva a questo registrato, un caleidoscopico mix di Fleetwood Mac, Sweet, Marc Bolan e chi più ne ha più ne metta che si integra perfettamente con la voglia di ascoltare un disco che tiene su come un’iniezione di adrenalina pura, un disco che sicuramente colora di varie nuances una qualsiasi giornata che capiti a tiro.
Una marea di chitarre elettriche, stiloso rock’n’roll, quei passi old school che si fondono con il linguaggio lo-fi e indie e quelle bellissime infiltrazioni glammy circoscrivono un disco di immenso attaccamento al vintage come nessun altro, hooks radiofonici a profusione, del resto basta accostare l’orecchio al beat che scorre in “Alone & stoned”, “Keep on movin’” con i T-Rex nel cuore, “Bad thing”, disfare i muscoli nelle sferragliate rockenrollate “Stranger”, tuffarsi nel folkly Dylaniano “Baby just break” fino ad innamorarsi di un qualcuno che sta al di la dei sogni irrealizzabile “Swamp of love”, per consacrare questo disco come una partenza a tempo indeterminato verso un altro senso di ascolto; insomma un lotto di bellissime canzoni che una volta ascoltate non vi daranno pace di silenzio. Non sfuggitegli, non serve a niente.
Last modified: 8 Ottobre 2012